3
INTRODUZIONE.
In questo lavoro si prenderanno in esame alcuni capitoli (in particolare il famoso “Prologo” ed
i primi 8)del Vangelo di Giovanni, considerato il Vangelo più “antiebraico” e buona parte
delle lettere di Paolo di Tarso, dapprima ebreo e persecutore dei cristiani, e poi cristiano
convertito. Affronterò la nota diatriba inerente alla misura in cui si possa parlare nel senso più
appropriato di “negazione”, “opposizione”, “allontanamento” o “superamento” dell’ebraismo
nei due autori, tra l’altro coevi, sempre tenendo presente come, molto probabilmente, il
Vangelo giovanneo sia stato dettato da Giovanni ad un suo discepolo, e non sia quindi di
mano diretta dell’autore.
Il lavoro seguirà la metodologia dell’esegesi più rigida, i cui frutti saranno presentati nella
conclusione del presente studio.
Costante sarà il collegamento tra i due testi del Nuovo Testamento, anche alla luce delle più
recenti interpretazioni storiografiche.
Molti concetti saranno esemplificati anche mediante l’utilizzo di schemi, scalette, mappe
concettuali e tavole sinottiche.
Essendo questo un lavoro fondato essenzialmente su una rigorosa analisi testuale, la
storiografia sarà considerata solo nei suoi testi principali.
Il presente studio si articolerà quindi in 2 sezioni distinte, un primo capitolo dedicato al
Vangelo giovanneo, ed un secondo ed ultimo capitolo riservato all’Epistolario paolino;
seguirà una conclusione comparativa sui due autori trattati.
4
CAPITOLO I°: IL VANGELO GIOVANNEO.
I.1. Introduzione e contestualizzazione. Il problema dei Vangeli apocrifi ed il giudeo-
cristianesimo.
Il Vangelo giovanneo è il più “alto” fra tutti i Vangeli, ha interessato ed interessa tuttora
anche correnti spirituali non cattoliche, come la “New Age”, o anche non credenti. Ha
affascinato filosofi, letterati, poeti e mistici; è un testo affascinante, assai più dei suoi
commentatori. Anche la Scuola del teologo e filosofo Von Balthasar, nel ‘900, ha studiato ed
interpretato in particolare il Prologo del Vangelo giovanneo; proprio a partire dal Prologo,
questo Vangelo ha affascinato generazioni di intellettuali. Nel Prologo, quindi in soli 18 versi,
sono enucleati in sintesi tutti i temi del Vangelo. Anche nel Vangelo lucano c’è
un’introduzione, ma non paragonabile, nemmeno minimamente, al Vangelo di Giovanni.
L’opera giovannea è costituita, oltre che dal Vangelo, dall’Apocalisse e da 3 Lettere, tra
queste è particolarmente importante la I, per il concetto di “Agape”, ossia di “Amore” in
senso cristiano, e quindi contrapposto all’ “Eros” greco, indisciplinato.
“In principio era il Verbo” riprende l’incipit della Genesi, come afferma Aurelio Agostino
d’Ippona.
Il mistico speculativo tedesco Meister Eckhart, nel Trecento, ha studiato e commentato il
Vangelo di Giovanni: per Meister Eckhart il Vangelo giovanneo supera in profondità gli altri,
nel penetrare i misteri divini. Nel suo testo
1
, l’aquila è il simbolo dello stesso evangelista
Giovanni, quello che è più vicino a Cristo, come nell’ultima cena; l’aquila può contemplare i
raggi del sole senza venirne abbagliata, è l’uccello che vola più in alto, e questo ricorda il
platonico mito della caverna
2
. E’ l’uccello che vola più alto degli altri, è lo stesso Vangelo
giovanneo che “vola più in alto” dei Sinottici.
Brown
3
confronta invece il primato di Pietro e quello di Giovanni: Pietro è il fondamento
della Chiesa di Cristo, ma Giovanni è il discepolo più amato.
Cosa sono i Vangeli? Gesù muore, secondo la cronologia di Giovanni, intorno all’anno 30. Il
Vangelo giovanneo è l’ultimo ad essere scritto, tra il 90 ed il 100. Non per questo è meno
affidabile degli altri, sul piano storico. I Vangeli nascono da un’esigenza ovvia delle prime
comunità cristiane: come mantenere e trasmettere in modo incorrotto il messaggio di Gesù,
dal momento della morte di Gesù. Morto Gesù, si ricorre alla sua cerchia più stretta, tra cui gli
1
Meister Eckhart, Commento al Vangelo di Giovanni.
2
Platone, Repubblica, VII.
3
R. Brown, Un ritiro spirituale con l’evangelista Giovanni, Queriniana, Brescia, 2000.
5
apostoli. Morti anche i testimoni della parola, sorge un’esigenza reale e concreta: mettere per
iscritto la parola dei testimoni che hanno quotidianamente frequentato Gesù.
I Vangeli Sinottici (Matteo, Marco, Luca) sono stati scritti tutti prima dell’anno 80; una critica
razionalistica, distruttiva, tende a post-datare i Vangeli.
Altri, in base ad un frammento ritrovato, hanno voluto anticipare a prima del 50 il Vangelo di
Marco. Sono due tesi erronee: il Vangelo marciano è il più antico ed il più breve, databile al
70; i Vangeli di Luca e Matteo sono databili tra il 70 e l’80; il Vangelo di Giovanni è del 90
circa ed è il più tardo ed il più complesso, il più filosofico. Ma è anche un Vangelo in cui si
presenta un Gesù molto umano, che piange, che ha fame e sete.
I Vangeli apocrifi (Atti di Pilato, Vangelo di Maria, Vangelo di Tommaso, Vangelo di Giuda,
Vangelo dell’Infanzia) sono successivi al Vangelo di Giovanni. Può darsi che l’imperatore
Costantino, nel IV° secolo, abbia avuto una certa influenza nello stabilire l’autenticità dei
Vangeli, ma la decisione non è stata imposta dall’alto, bensì è partita dal basso, dalla
comunità. Nel Vangelo dell’infanzia si presenta addirittura in Gesù cattivo e violento, fin da
bambino, con gli altri bambini. Il Vangelo di Tommaso, apocrifo, presenta dei tratti
interessanti: è una semplice raccolta di “detti” di Gesù, senza una “cornice”. Tutti i Vangelo
apocrifi sono comunque scritti fra il II° ed il III° secolo. Brown, nel suo testo
4
, nella parte in
cui parla del dialogo tra lo stesso Brown e l’evangelista, afferma la specificità del Vangelo di
Giovanni in cui:
a. Mancano le parabole;
b. Mancano i detti;
c. Usa un vocabolario semplice, astratto, volutamente simbolico, ripetitivo, non
compreso dagli interlocutori di Gesù;
d. I discorsi, ad una prima lettura, appaiono spesso complessi;
e. Il linguaggio di Giovanni è “povero” nel senso di “ripetitivo”;
f. I dialoghi non sono veri e propri dialoghi, ma quasi monologhi di Gesù, e questo
perché l’incontro fra Gesù e l’interlocutore serve a Gesù per comunicare un messaggio
che è universale, e non rivolto all’interlocutore presente in quel momento;
g. Il Vangelo di Giovanni ha una struttura originale, essendo aperto da un prologo di 18
versi, assente negli altri Vangeli;
h. Giovanni non insiste sui miracoli, differenza dei Vangeli Sinottici, ma ne sceglie 7, ed
usa l’espressione “segni” nel senso di “simboli”.
4
Ibid.
6
i. Nel Vangelo giovanneo, infine, si presenta sempre la netta separazione tra buoni
(rappresentati dalla luce) e malvagi (rappresentati dalle tenebre), e per questo è il
vangelo ritenuto dai Catari come unico autentico.
Gli studiosi hanno distinto 4 parti nel Vangelo giovanneo:
1. Prologo, vv. 1-18, fortemente teologico e filosofico;
2. Libro dei 7 Segni, capp. 1-12, v. 50;
3. Libro della Gloria, centrato sulla vicenda pasquale, capp. 13-20;
4. Epilogo, cap. 21.
Lo scrittore del Vangelo di Giovanni può darsi che sia stato “un discepolo del discepolo
prediletto”, cioè di Giovanni, scrive ancora Brown
5
, visto che ci troviamo intorno al 90. Il
Vangelo sarebbe comunque stato dettato da Giovanni stesso, ormai molto vecchio.
I.2. Il PROLOGO: IL “LOGOS-VERBUM” E LE SUE IMPLICAZIONI FILOSOFICO-
TEOLOGICHE.
Il Prologo
6
può essere diviso in 3 parti:
a) Il Verbo e la sua opera rivelatrice
7
;
b) L’Incarnazione del Verbo
8
;
c) Il dono della Rivelazione escatologica e perfetta
9
.
a)Nella prima parte si ripetono molte volte delle categorie, delle parole chiave, il 1° verso “In
principio era il Verbo” ripete il 1° verso della Genesi “In principio Dio creò”. Inizia qui una
nuova creazione. Il termine latino “Verbum” si traduce nel greco “Logos” (il Vangelo
giovanneo è infatti scritto in greco), che ha una serie infinita di significati, da Parmenide ad
Eraclito, a Platone, ad altri filosofi greci). Anche Filone d’Alessandria, filosofo ebreo, usa il
termine “Logos”. Per Filone il Logos è “parola in atto”, “Dabar” in ebraico, parola che fa
essere le cose. Si trova il termine Logos nella gnosi tra il I° ed il III° secolo d. C.: il Verbo è
qui l’unico intermediario tra Dio e l’uomo, è la circolazione trinitaria. In questi versi c’è
anche il tema dell’esistenza di Cristo, preesistente, “contemporaneo” a Dio e che presiede la
creazione insieme a Dio. Cristo non è creato, ma generato, e della stessa sostanza del Padre,
quindi “Omusias”, non c’è differenza di qualità spirituale tra Dio Padre e Cristo Figlio. Non
c’è subordinazione. La Vita è la Luce, è la Vita autentica, posseduta solo da Gesù, mentre le
5
Ibid.
6
Giovanni, Vangelo, vv. 1-18.
7
Ibid., vv. 1-5.
8
Ibid., vv.6-14.
9
Ibid., vv. 15-18.
7
tenebre costituiscono la luce inautentica, prive della Luce del Logos. Rappresentano,
rispettivamente, Mazda ed Ariman nell’antica religione persiana di Zarathustra o Zoroastro.
E’ presente anche il tema del presunto antigiudaismo del Vangelo: le tenebre sono gli Ebrei,
che non hanno accolto la Luce. Negli anni 30 muore Cristo, nel 70 i romani distruggono il
tempio di Gerusalemme. La distruzione del tempio cambia la società ebraica, che si divide in
Farisei, Sadducei, Esseni, Zeloti. I Sadducei non credevano nella resurrezione dei corpo e
nella vita ultraterrena; i Farisei erano scrivi, rabbini, molto amati dalla popolazione. Gli Zeloti
erano guerrieri, mentre gli Esseni scelsero la via dell’esilio a Qumran ed erano “puritani”
all’eccesso. Le prime comunità cristiane erano costituite da ebrei. I Sadducei spariscono in
pochi anni, mentre aumentano i Farisei, perché dopo la distruzione del tempio il popolo ha
bisogno di guide. Gli Zeloti si suicidano a Masada. Siamo intorno al 90, sta per nascere il
Vangelo di Giovanni. Rimangono pertanto a Gerusalemme soltanto cristiani ed ebrei Farisei. I
giudeo-cristiani che non rinnegano le novità introdotte da Cristo vengono cacciati dal tempio.
Il fenomeno del giudeo-cristianesimo prosegue fino al V° secolo; Paolo di Tarso, un ebreo
decide di aprire l’esperienza cristiana anche ai pagani. I cristiani che non rinnegano Cristo
sono espulsi dalle sinagoghe ebraiche; i cristiani sono quindi stati perseguitati, innanzitutto,
dagli ebrei. Molto complessi, nella Chiesa primitiva, erano pertanto i rapporti tra ebrei e
cristiani
10
. Grazie all’apertura, da parte di Paolo, del cristianesimo ai pagani, il cristianesimo è
sopravvissuto ed ha avuto maggiori proseliti rispetto agli ebrei: per questo Paolo, e non
Cristo, è considerato il “fondatore” del cristianesimo. La figura di Cristo è stata rivalutata
dall’ebraismo contemporaneo, mentre Paolo, ebreo convertito al cristianesimo, resta il grande
traditore.
b)Nella seconda parte del Prologo (vv. 6-14), relativa all’Incarnazione del Verbo, si parla di
un uomo, Giovanni, si nota quindi un abbassamento del livello teologico
11
. Giovanni è
mandato da Dio per dare testimonianza (“Martyria” in greco) della Luce. Giovanni è il primo
uomo che segue Gesù
12
. Gesù è venuto tra gli ebrei, ma questi non l’hanno accolto; quelli che
lo hanno seguito, i figli della Luce, sono i figli di Dio. Il Verbo si fece carne: questo è il
mistero dell’Incarnazione, in cui il Logos si è fatto uomo, cioè Cristo:
10
Sulle tematiche della Chiesa primitiva e del giudeo-cristianesimo si segnalano gli importanti studi di P.C. Bori,
La Chiesa primitiva, Queriniana, Brescia, 1982; M. Simon- A. Benoit, Giudaismo e cristianesimo, a c. di A.
Giardina, Laterza, Bari, 1978; E. Schweizer-A. Dìez Macho, La Chiesa primitiva. Ambiente, organizzazione e
culto, a c. delle Benedettine di Civitella S. Paolo, Paideia, Brescia, 1980; O. Cullmann, La fede e il culto della
Chiesa primitiva, AVE, Roma.
11
Giovanni, Vangelo, v. 6
12
Ancora oggi, in Iraq, i cristiani Mandei seguono Gesù.