D’altro canto, anche volendosi limitare alla realtà nazionale e trascurando
quindi le influenze del diritto e delle organizzazioni internazionali, è innegabile
che una simile trattazione non esaurisce la descrizione dell’assetto della “funzione
sanità” italiana perché da un lato trascura l’esistenza di molti organismi, sia
regionali che dell’amministrazione centrale, diversi dalle aziende sanitarie e che
hanno competenza in materia di tutela della salute, dall’altro, e soprattutto, non
entra nel dettaglio di come i principi dettati dalla normativa nazionale abbiano
trovato specificazione e attuazione in ambito regionale.
È noto invece come la sanità italiana sia stato un settore che può essere
considerato precursore, al pari forse solo dell’ordinamento degli enti locali, di
tendenze regionalistiche che hanno in tempi recenti trovato compimento nella
riforma della Costituzione, approvata con la l. cost. 18 ottobre 2001, n. 3
“Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione”. Queste “spinte
centrifughe”, già esplicitamente presenti fra le linee ispiratrici della l. n. 833 del
1978 cit., istitutiva del servizio sanitario nazionale, sono state accentuate dal
riordino degli anni ’90, nell’ambito del quale è stato riconosciuto alla regione un
ruolo fondamentale della programmazione, organizzazione e gestione dei servizi
sanitari
3
.
Pertanto allo stato attuale si è in presenza di più sistemi sanitari regionali,
alcuni dei quali dotati di tale originalità da costituire dei modelli di riferimento e
che, nell’insieme, scompongono il sistema sanitario unitario in venti realtà
diverse.
I.2 - La salute quale diritto costituzionalmente tutelato
L’ordinamento italiano riconosce espressamente l’esistenza di una
posizione soggettiva individuata quale diritto alla salute e vi attribuisce la
massima rilevanza, inserendola nel dettato costituzionale
4
.
3
M. C. CLAUDI, Il diritto alla tutela della salute nello scenario europeo e federalistico, in
Ragiusan, 2003, fasc. 142/143, 32; E. JORIO, F. JORIO, Riforma del “welfare”, devoluzione e
federalismo della salute, in Sanità pubblica, 2002, 622.
4
Art. 32 Cost.: «1.La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e
interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. 2.Nessuno può essere
6
L’esplicita previsione dell’art. 32, tuttavia, non ha escluso che dal 1948 –
anno di entrata in vigore della Costituzione italiana – ad oggi la definizione del
contenuto di questo diritto e della sua stessa natura giuridica abbia assunto
connotazioni diverse nel tempo. E ciò è vero sia per quanto attiene
all’interpretazione data dalla Corte costituzionale sia per il significato che il
legislatore e la stessa società ha voluto riconoscergli.
Questa successione negli indirizzi interpretativi della giurisprudenza e
della dottrina riveste una notevole rilevanza per questa trattazione poiché a
ciascuna qualificazione del diritto alla salute è correlata una diversa tipologia di
organizzazione del sistema e, pertanto, diverse forme concrete mediante le quali si
pone e si esercita il potere della pubblica amministrazione.
Pertanto ciò che rileva in questa sede è approfondire il concetto di diritto
alla salute in quanto diritto a prestazioni sanitarie, quindi relativamente all’onere
per lo Stato-istituzione di assicurare prestazioni sanitarie assistenziali e di
prevenzione, coerentemente al mandato sociale caratterizzante il nostro
ordinamento.
I.3 - Analisi della previsione costituzionale
L’art. 32 della Costituzione è inserito nella parte I – titolo II che disciplina
quelli che sono i “Rapporti etico-sociali”, caratterizzato da una diffusa
programmaticità e dall’intento di estendere l’area dei diritti sociali rispetto a
quanto garantito fino a quel momento, fornendo loro un più sicuro fondamento.
Il concetto di norma programmatica – e la sua differenziazione da quella
immediatamente precettiva – ha trovato organica definizione in dottrina, negli
anni immediatamente successivi all’entrata in vigore della Costituzione, proprio in
relazione ad alcune prescrizioni in essa contenute alle quali venne riconosciuta
tale natura
5
.
obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge
non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana».
5
Si veda in particolare V. CRISAFULLI, Le norme programmatiche della Costituzione, in Studi
di diritto costituzionale in memoria di Luigi Rossi, Milano, Giuffrè editore, 1952, 62.
7
La contrapposizione tra le due fattiscpecie, sicuramente esistente in termini
sostanziali, viene tuttavia espressa con vocaboli impropri in quanto tutte le norme
sono precettive, ed anzi immediatamente precettive
6
; ma le prime lo sono nei
confronti di tutti i soggetti dell’ordinamento giuridico, in quanto direttamente
regolatrici delle materie che ne formano l’oggetto specifico; le altre, invece, sono
precettive soltanto nei confronti degli organi statali, quanto meno del legislatore,
cui prescrivono certi comportamenti per la disciplina da dare alla materia che ne
costituisce l’oggetto mediato o indiretto.
Inoltre il concetto di norme programmatiche, pur se indipendente da
quello di principi generali del diritto, risulta essere ad esso strettamente connesso,
quasi confondibile, poiché le norme costituzionali programmatiche sono quasi
tutte – di fatto – principi generali e viceversa i principi generali (anche quando
rivolti all’immediata disciplina di certe materie) hanno pure al tempo stesso valore
programmatico nei confronti della futura disciplina legislativa
7
.
La norma dell’art. 32 ha, in questo contesto, la caratteristica di essere
inserita nel catalogo delle norme programmatiche ma di racchiudere in sé una
molteplicità di significati e contenuti, alcuni dei quali dotati di immediata
efficacia: non solo il diritto all’integrità psico-fisica ed a vivere in un ambiente
salubre, ma anche il diritto alle prestazioni sanitarie, alle cure gratuite agli
indigenti e il diritto a non ricevere trattamenti sanitari se non quelli di carattere
obbligatorio
8
. L’obbligatorietà di tali trattamenti discende dalla considerazione
che questi sono volti a tutelare non solo il destinatario, con il limite invalicabile
del rispetto della persona umana, ma soprattutto la collettività, come avviene nel
caso delle vaccinazioni o degli interventi effettuati in tema di salute mentale.
Soffermandosi su un’interpretazione letterale dell’art. 32 Cost., in dottrina
9
si è posto l’accento sul fatto che, a differenza di altre norme consimili parimenti
dedicate a rapporti-etico sociali, emerge che la tutela del diritto alla salute è
affidata alla Repubblica, intesa quale una pluralità ampia e indistinta di soggetti.
6
V. CRISAFULLI, op. cit., 1952, 64.
7
V. CRISAFULLI, op. cit., 1952, 64.
8
R. FERRARA, Salute (diritto alla), in Digesto delle discipline pubblicistiche, Torino, UTET ,
1995, XIII, 519.
9
R. FERRARA, Salute (diritto alla), cit., 519.
8
La disposizione costituzionale non enuclea peraltro una competenza assoluta dei
soli organi amministrativi pubblici.
Parrebbe, quindi, in ogni caso enucleata una collocazione privilegiata e
centrale, nel sistema composito e complesso dei diritti sociali, più evidente di
quanto non avvenga per esempio nel caso dell’art. 38 Cost. che prevede,
all’ultimo comma, che «l’assistenza privata è libera», con conseguente
canonizzazione, in questo caso, di una posizione qualificata a vantaggio degli
operatori privati del settore
10
. Tuttavia, questo indirizzo dottrinario, relativo ad
una presunta “debolezza” del diritto all’assistenza sociale, presenta incongruenze
se si considera il comma immediatamente precedente dello stesso art. 38 Cost., il
terzo, che dispone che ai compiti previsti nel campo dell’assistenza sociale
«provvedono organi ed istituti predisposti o integrati dallo Stato».
In ogni caso, valutato il momento storico in cui la Costituzione
repubblicana veniva elaborata, caratterizzato da una gestione sostanzialmente
privata della sanità, emerge la percezione di una scelta di indirizzo politico “forte”
effettuata dal Costituente.
È pertanto plausibile ritenere
11
che il Costituente abbia voluto delineare i
compiti della Repubblica nel campo della sanità alla stregua di funzioni pubbliche
e cioè di funzioni in senso stretto delle quali lo Stato non può spogliarsi, in quanto
il loro esercizio è connesso con la sua natura di “Stato sociale di diritto”.
Questa tesi trova conforto sia nella lettura testuale della disposizione
costituzionale, sia nell’analisi dei lavori preparatori della Costituzione, che
portarono alla sua formulazione definitiva: il riferimento alla “fondamentalità” del
diritto alla salute non era presente nel progetto originario e fu introdotto proprio
per rafforzare ed elevare la garanzia data dalla Costituzione alla salute
12
.
In questa accezione il termine “funzione pubblica” assume tuttavia un
significato estensivo rispetto a quello originario
13
. Alle origini dello “Stato di
10
R. FERRARA, Salute (diritto alla), cit., 519.
11
R. FERRARA, Salute (diritto alla), cit., 514-519 e 536.
12
Dibattito alla seduta del 24 aprile 1947, in Atti Ass. cost., 3295 ss, citato da M. LUCIANI, in
Salute (diritto alla salute – dir.cost.), in Enciclopedia Giuridica Treccani, Roma, Zecca
poligrafica dello Stato, 1994, XXII, 4.
13
P. CIRIELLO, Servizi pubblici, in Enciclopedia Giuridica Treccani, Roma, Zecca poligrafica
dello Stato, 1994, XXVIII, 1-2.
9
diritto” la distinzione tra queste e la categoria dei “servizi pubblici” era agevole:
appartenevano alla categoria delle funzioni pubbliche le attività essenziali alla
sopravvivenza dello Stato quali la difesa e amministrazione della giustizia,
appartenevano alla seconda quelle attività, a carattere prevalentemente
imprenditoriale, che lo Stato liberale concedeva di svolgere a favore della
collettività. Il confine diventa difficilmente individuabile nel momento in cui lo
“Stato di diritto” in senso stretto si evolve in “Stato amministrativo”, nel quale
l’intervento pubblico inizia a dispiegarsi in aree di attività e di interessi prima
estranei ai pubblici poteri.
Se quindi lo “Stato di diritto” può dichiarare il proprio non intervento nel
campo della tutela della salute, lo “Stato sociale di diritto”, così com’è configurato
nell’ordinamento italiano dalla Costituzione stessa
14
, è portato a riconoscere una
più vasta area di diritti, costituita dai diritti sociali, il cui riconoscimento è
connaturato all’adempimento dei compiti essenziali dello Stato, pur nella libertà
di scegliere i soggetti, i mezzi e gli strumenti grazie ai quali gli obiettivi di
benessere della popolazione debbano essere perseguiti.
In questo modo anche quel nucleo di servizi pubblici, considerati
essenziali ad assicurare il riconoscimento dei diritti fondamentali, possono essere
considerati alla stregua di funzioni pubbliche in senso stretto.
Una tale conclusione non è assolutamente indifferente per la definizione
della tipologia di intervento.
La riconduzione alla categoria della funzione pubblica, infatti, produce la
conseguenza di rendere imprescindibile l’intervento diretto dello Stato anche
nell’ambito dei “diritti sociali”, pur in un quadro di complessiva facoltà di scelta
circa forme, mezzi e strumenti.
Di contro limitare la natura di funzione pubblica all’esercizio delle attività
dello Stato di tutela dei soli “diritti di libertà” può portare alla conclusione che lo
Stato possa legittimamente spogliarsi dei compiti relativi a generici servizi sociali,
nel senso che si può anche ritenere giustificato un atteggiamento di totale non
14
Tale qualificazione non è testualmente contenuta nella Costituzione italiana, ma la si desume
dal notevole rilievo attribuito ai cd. diritti sociali. Diversamente accade per lo Stato federale
tedesco che è definito dall’art. 20, c. I della nella Legge fondamentale uno “Stato sociale di
10
intervento da parte dei pubblici poteri, arrivando all’estremo di un mero esercizio
di controllo sulle attività private
15
.
Questa riconduzione alla categoria della funzione pubblica, assume
tuttavia il carattere dell’ambiguità se si considerano aspetti quali la
contradditorietà che comunque caratterizza le definizioni di “funzione pubblica”,
di “servizio pubblico” e di “Stato sociale” e la continua evoluzione interpretativa
che la giurisprudenza fornisce dello stesso diritto alla salute.
La previsione costituzionale in tema di diritto alla salute, infatti, è
caratterizzata da una definizione mutevole, tale da portare a diversi orientamenti
giurisprudenziali rispetto al suo stesso contenuto. Questa problematica verrà
approfondita nei prossimi paragrafi.
In relazione alle categorie di funzione pubblica e servizio pubblico,
occorre rilevare che queste sono relativizzate e storicizzate, cioè mutevoli nel loro
contenuto in relazione al contesto in cui si innestano, e la riflessione fin qui
delineata conferma questa asserzione; inoltre entrambe si collegano alla categoria
di “Stato sociale di diritto” il quale, in quanto idealtipo
16
, è una nozione
caratterizzata da un certo grado di imprecisione e di non immediata trasposizione
sul piano reale.
Collegandosi poi ai recenti orientamenti interpretativi
17
, la nozione stessa
di “Stato sociale di diritto” diventa tanto più imprecisa, e soprattutto
concretamente storicizzata, quanto più «l’adempimento dei doveri inderogabili di
solidarietà politica, economica e sociale» (art. 2 Cost.) venga subordinato all’esito
positivo dei flussi variabili della finanza pubblica, nel senso che sembra ormai
diritto”. PALICI DI SUNI PRAT, COMBA e CASSELLA Le Costituzioni dei paesi della comunità
europea, Padova, Cedam, 2001.
15
R. FERRARA, Salute (diritto alla), cit., 520.
16
Il concetto di idealtipo è introdotto da Max Weber in relazione al processo cognitivo. Gli
idealtipi sono delle costruzioni di pensiero di cui lo scienziato sociale, in particolare, si serve
per generalizzare i fenomeni reali osservati; sono astrazioni attraverso cui è possibile condurre
l'infinita varietà della realtà a insiemi di categorie più maneggevoli che, in quanto costruzioni
teoriche, non si manifestano nella realtà in forma pura. Esempi di tipi ideali utilizzati da
Weber sono concetti come burocrazia, potere carismatico, capitalismo occidentale moderno.
G. BONAZZI, Come studiare le organizzazioni, Bologna, Il Mulino, 2002, 27.
17
Cfr. pp. 21-24 e 29 in tema di diritti condizionati.
11
consolidarsi il principio che, ove vi sia “crisi fiscale” dello Stato, sarebbe
possibile il naturale allentamento dei vincoli solidaristici
18
.
Questa posizione si fonda sulla convinzione che sia possibile una netta
distinzione tra diritti di libertà e i diritti sociali, ancorché entrambi riconosciuti
dalla Costituzione, in relazione all’atteggiamento dello Stato: nel primo caso di
astensione ovvero di non invasione della sfera privata, nel secondo di intervento.
Una simile impostazione comporta, quale presupposto e al contempo
conseguenza, la convinzione che soltanto i diritti sociali abbiano un costo per la
collettività.
Recenti orientamenti dottrinali, tuttavia, hanno evidenziato come questa
posizione sia culturalmente scorretta non trovando corrispondenza in alcun
postulato teorico né in alcun in alcun riscontro empirico, poiché, per un verso, la
struttura dei singoli diritti è complessa e sovente non facilmente riducibile ad una
sola tipologia; per l’altro anche i diritti di libertà hanno un costo e richiedono
specifiche prestazioni sociali.
Si pensi ad esempio al più classico dei diritti negativi, quello alla proprietà,
ed al costo in termini di amministrazione della giustizia che comporta la sua
tutela
19
.
Da quanto finora detto appare percepibile la difficoltà nel dare una
definizione univoca all’attività dello Stato diretta alla tutela dei diritti sociali
ovvero rivolta alla garanzia dei servizi pubblici. Questo accade perché la
disciplina giuridica della materia è caratterizzata da leggi e regolamenti di settore,
anziché da una regolamentazione organica, così come altrettanto frammentata
risulta essere la previsione delle forme di erogazione del servizio pubblico
stesso
20
.
Nel nostro ordinamento l’organicità della disciplina del servizio pubblico
può considerarsi conseguita attraverso l’utilizzo della categoria concettuale dei
principi, visti come opera di sistemazione di interventi normativi settoriali, come
18
R. FERRARA, Salute (diritto alla), cit., 521.
19
Un interessante approfondimento sul tema può reperirsi in S. HOLMES, C. R. SUNSTEIN, Il
costo dei diritti. Perché la libertà dipende dalle tasse, Bologna, Il Mulino, 2000, passim.
12
riduzione del molteplice ad unità, come “valori” unitari di un ordinamento che
contemporaneamente costituiscono il limite all’autonomia degli ordinamenti da
questo dipendenti (enti locali, governo, autonomie funzionali, ecc.)
21
.
La rilevanza dei principi nella disciplina dei servizi pubblici è dimostrata
dal fatto che questi abbiano in tempi recenti trovato formale definizione proprio in
tema di erogazione di pubblici servizi.
Possono essere citati in materia due esempi l’uno nazionale l’altro
comunitario: in ambito nazionale il d.P.C. 27 gennaio 1994 “Principi
sull’erogazione dei servizi pubblici”, in ambito comunitario la Comunicazione
interpretativa della Commissione sulle concessioni nel diritto comunitario in data
12 aprile 2000
22
.
Entrambi i documenti, partendo da principi posti dal costituzionalismo
europeo, segnalano l’esistenza di principi idonei a disciplinare i servizi
dell’amministrazione pubblica anche in assenza di specifiche norme
23
.
In particolare il d.P.C. 27 gennaio 1994, cit., intende fornire una direttiva
nella regolamentazione dei servizi pubblici intendendo per tali «quelli volti a
garantire il godimento dei diritti della persona, costituzionalmente tutelati, alla
salute, all’assistenza e alla previdenza sociale, all’istruzione e alla libertà di
comunicazione, alla libertà e alla sicurezza della persona, alla libertà di
circolazione, ai sensi dell’art. 1 della l. 12 giugno 1990, n. 146 e quelli di
erogazione di energia elettrica, acqua e gas», anche se svolti in regime di
concessione o mediante convenzione.
I principi enunciati dal d.P.C. 27 gennaio 1994 sono sei, tre dei quali
riferiti a concetti che possono essere considerati tradizionali nell’ordinamento
20
R. CAVALLO PERIN, I principi come disciplina giuridica del pubblico servizio tra ordinamento
interno ed ordinamento europeo, in Diritto Amministrativo, 2000, 41-45.
21
Tale opera di sintesi non è comunque priva di aspetti problematici consistenti nella presenza
sia di principi espressi che di principi inespressi; nell’esistenza di un limite al riconoscimento
della natura normativa di questi; nella questione della natura creativa o interpretativa della
giurisprudenza che li elabora e nella loro riconduzione o “relativizzazione” all’epoca storica in
cui vengono espressi. Inoltre ogniqualvolta un ordinamento riconosce come rilevanti nuovi
interessi ovvero accoglie norme di un ordinamento sovranazionale, come accade in Italia con
la disciplina data dall’ordinamento europeo, emerge la necessità di nuove sistemazioni
concettuali. R. CAVALLO PERIN, op. cit., 2000, 45-48.
22
in G.U.C.E., 29 aprile 2000, C 121
23
R. CAVALLO PERIN, op. cit., 2000, 51.
13
italiano –consistenti nel principio di uguaglianza, in quello di imparzialità e in
quello di continuità – mentre gli altri tre si riferiscono all’individuazione di nuovi
diritti da parte sia dell’ordinamento italiano che da quello europeo
(partecipazione, diritto di scelta, efficienza ed efficacia).
La Comunicazione interpretativa della Commissione sulle concessioni nel
diritto comunitario, oltre al principio di uguaglianza e di continuità, introduce
quello di proporzionalità (che può essere collegato nell’ordinamento italiano al
principio di imparzialità e al vizio di eccesso di potere), di partecipazione
(riconducibile al principio di trasparenza), di mutuo riconoscimento (analogo al
diritto di scelta) ed infine i principi di obbligo di motivazione e tutela
giurisdizionale
24
.
L’aspetto rilevante di questi documenti è che, rivolgendosi a tutti i soggetti
che erogano pubblici servizi, anche in concessione o in regime di convenzione,
testimoniano il superamento della contrapposizione “soggettiva” e “oggettiva”
della nozione di pubblico servizio nel nostro ordinamento.
Mentre la prima aveva portato alla ridefinizione dell’attività della pubblica
amministrazione, contemplando sia gli atti amministrativi che i servizi pubblici
intesi come attività di utilità sociale rivolta ai cittadini, la seconda ha richiamato
l’attenzione sulla differenza tra attività di impresa pubblica e privata, includendo
nella definizione di pubblico servizio l’attività svolta da soggetti privati in
conformità a programmi definiti dall’ente pubblico
25
.
24
Brevemente, il principio di uguaglianza sottende in particolare il divieto di discriminazione a
motivo di nazionalità; il principio di continuità attiene alla continuità nel tempo e alla
sistematicità nell’offerta delle prestazioni; il principio di proporzionalità «esige che ogni
provvedimento adottato sia al tempo stesso necessario e adeguato rispetto agli scopi
perseguiti»; il principio di partecipazione viene posto a tutela della libera concorrenza e degli
interessi dei consumatori e prevede che gli enti che intendono affidare a terzi la gestione di
un’attività economica devono rendere pubblica la loro intenzione con modalità appropriate, il
principio del mutuo riconoscimento è posto nell’intenzione di superare i monopoli
nell’erogazione dei servizi pubblici ponendo criteri di scelta del contraente che non
discriminino soggetti economici degli altri stati della comunità; ed infine i principi di obbligo
di motivazione e tutela giurisdizionale prevedono che i provvedimenti delle pubbliche autorità
siano motivati e possano essere oggetto di ricorso giurisdizionale da parte dei loro destinatari.
25
Per ulteriori approfondimenti R. CAVALLO PERIN, op. cit., 2000, 57-59.
14
I.4 - Evoluzione interpretativa del contenuto del diritto alla salute
I.4.1. Il diritto alla salute quale norma programmatica
Il dettato costituzionale del c. I dell’art. 32 Cost., era, fino ai primi anni
’70 del secolo scorso, interpretato quale norma programmatica, e non
immediatamente precettiva
26
.
Inoltre non veniva riconosciuta la connessione, individuata
successivamente, tra l’art. 32 e gli artt. 2
27
e 3 – c. II –
28
; pertanto non vi era un
pieno riconoscimento del diritto alla salute quale principio fondamentale
all’interno del sistema della tutela civile della persona umana.
La dottrina prevalente, nel periodo immediatamente successivo all’entrata
in vigore della Costituzione, ne circoscriveva la portata normativa alla sola libertà
di sottoporsi a cure mediche o, al più, ne descriveva il contenuto attuativo con
formule vaghe ed equivoche. L’art. 32 Cost. era pertanto considerato norma a
garanzia d’un interesse della collettività e non certo esplicitazione d’un diritto
fondamentale
29
.
26
La differenza nel significato tra norma precettiva e norma progammatica, già citata, conduce
alla conseguenza che la prima, in quanto contenente un precetto che si indirizza a tutti i
soggetti dell’ordinamento, è immediatamente azionabile davanti al giudice (T. MARTINES,
Diritto costituzionale, Milano, Giuffrè editore, 2000, 37 e 205). Non così agevole, invece, la
tutela offerta in caso di violazione della norma programmatica in quanto questa si indirizza
agli organi dello Stato complessivamente considerato ed in particolare al legislatore, al quale
spetta di dare loro concreta attuazione. Se, infatti, in caso di attuazione difforme dal disposto
costituzionale, può darsi luogo al sindacato di costituzionalità, nel caso di inadempimento
totale o parziale non sembra potersi rintracciare uno strumento idoneo di tutela, se non il
ricorso responsabilità politica del Parlamento di fronte al corpo elettorale ovvero del Governo
di fronte al Parlamento. (V. CRISAFULLI, op. cit., 1952, 74-76).
27
Art. 2 Cost.: «La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come
singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento
dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale».
28
Art. 3 Cost.: «1.Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge,
senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni
personali e sociali. 2.È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e
sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno
sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori
all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese».
29
P. FRATI, Del diritto alla salute nell'evoluzione interpretativa della corte costituzionale, in
Ragiusan, 1996, fasc. 142/143, 7.
15
Per citare alcuni esempi, le sentenze della Corte Costituzionale 22 gennaio
1957, n. 29, e 14 marzo 1964, n. 21
30
, riconoscono il principio, consacrato nell'art.
32 Cost., del supremo interesse che lo Stato ha nei riguardi della tutela della
pubblica salute, tale da giustificare le limitazioni all'iniziativa economica privata
dell’art. 41 Cost.
Di contro, la sentenza C. cost. 22 luglio 1966, n. 81
31
, in relazione ai
precetti dell’art. 32 afferma che questi «si limitano ad enunciare dei principi etico-
sociali la cui attuazione (…) può assumere modalità e misure in ordine alle quali il
legislatore ha una ampia e libera facoltà di scelta».
Ed anche in tempi relativamente più recenti, la sentenza C. cost. 21
maggio 1975, n. 112
32
, ribadisce che «i richiamati principi degli artt. 32 e 38 Cost.
(…) sono - in primo luogo - norme di legislazione, che prefissano alla legge futura
l'obiettivo di soddisfare certi bisogni di fatto emergenti nella vita associativa,
mediante la prestazione di determinati servizi. Postulano, cioé, per questa loro
natura, l'introduzione delle necessarie riforme con la relativa provvista dei mezzi
finanziari, senza precisarne le modalità (tranne, forse, che in ordine al carattere
pubblicistico degli interventi assistenziali, come può ricavarsi dall'ultimo comma
dell'art. 38)».
L’indirizzo sia giuridico che politico che portò a ricondurre questo diritto
ad una prospettiva di immediata operatività incominciò ad emergere all’inizio
degli anni ‘70, periodo contraddistinto dall’allargamento degli indirizzi politici ad
ambiti più radicati nel sociale.
Il modello preso a riferimento fu quello del National Health Service
inglese
33
, che proprio in quegli anni veniva istituito come sistema di protezione
30
In http://www.giurcost.it.
31
In http://www.giurcost.it.
32
In http://www.giurcost.it. È interessante in particolare l’oggetto di questa sentenza n. 112 del
1975. La Corte rigetta la questione di legittimità costituzionale relativa all’art. 1della legge 3
dicembre 1931, n. 1580, “Nuove norme per la rivalsa per le spese di spedalità e manicomiali”
confermando la facoltà attribuiva alle Amministrazioni comunali, agli ospedali e manicomi
pubblici il diritto di rivalersi delle spese di spedalità inerenti al ricovero degli indigenti nei
confronti dei loro congiunti che fossero in grado di sostenerle in tutto o in parte.
33
The National Health Service Reorganisation Act 1973 (1973 Act) che entrò in vigore il 1°
aprile 1974, costruisce un sistema di protezione globale della salute in tutti i suoi aspetti,
prevedendo, da un punto di vista organizzativo l’inserimento sotto la direzione del Secretary
of State for Social Service il Department of Health and Social Security che includeva le
16
globale della salute in tutti i suoi aspetti (prevenzione, diagnostica, terapia,
riabilitazione).
I.4.2. Il diritto alla salute nel consolidamento dello Stato sociale
Il punto d’arrivo di questa evoluzione è costituito dall’approvazione della
l. 23 dicembre 1978, n. 833 “Istituzione del servizio sanitario nazionale”, che
costituisce una delle manifestazioni più importanti dell’affermazione dello “Stato
sociale” in Italia.
La legge si fonda sul concetto che la tutela della salute si colloca in un
quadro normativo costituzionale composto dallo stesso art. 32, dall’art. 2 – che
sancisce il riconoscimento e la garanzia dei diritti inviolabili dell’uomo come
singolo e come componente di formazioni sociali – e dall’art. 3, in particolare il
c. II, che segna il momento dinamico di questo principio, in quanto attribuisce allo
Stato il compito di garantire il pieno sviluppo della persona umana, prescindendo
da qualsiasi limitazione che possa comprimere la libertà e l’uguaglianza dei
cittadini
34
.
Emblema del cambiamento è lo stesso articolo 1 della l. n. 833 del 1978,
cit., che definisce il diritto alla salute come fondamentale diritto dell’individuo ed,
insieme, interesse della collettività. Individua pertanto due diversi profili di tutela
aventi pari dignità: la finalità pubblica, da sempre riconosciuta, e il diritto del
singolo, titolare di un preciso diritto soggettivo a difesa della propria salute,
qualificato quale diritto pretensivo
35
nei confronti di una serie di servizi e
prestazioni diagnostiche o terapeutiche appositamente predisposti.
La Corte costituzionale registra e rafforza questo cambiamento con
un’importante sentenza, la n. 88 del 26 luglio 1979
36
, nella quale afferma che
l’art. 32 Cost. tutela la salute «non solo come interesse della collettività, ma anche
funzioni di: Social security, Personal social services e National Health Service; per un quadro
riassuntivo: http://www.bristol-inquiry.org.uk/final_report/annex_a/chapter_2_4.htm.
34
P. FRATI, op. cit., 1996, fasc. 142/143, 6.
35
Il diritto pretensivo non riceve tutela per il solo fatto della non ingerenza nella sfera
individuale – e quindi del non facere – ad opera del potere pubblico, come accade per i diritti
di libertà, ma solo a seguito di comportamenti positivi posti in essere dal legislatore e dagli
apparati amministrativi. R. FERRARA, Salute (diritto alla), cit., 531.
36
In http://www.giurcost.it.
17
e soprattutto come diritto fondamentale dell’individuo, sicché si configura come
un diritto primario ed assoluto, pienamente operante anche nei rapporti tra
privati».
Inoltre, nelle motivazioni della sentenza, la Corte procede ad una lettura
combinata degli artt. 2 e 32 Cost. e conclude che il Costituente non ha voluto solo
stabilire formalmente il diritto del singolo ad un completo svolgimento della
propria personalità, ma ha inteso renderlo operante in concreto grazie
all’attuazione dei cosiddetti diritti personalissimi
37
, tra i quali include appunto il
diritto alla salute.
Secondo questa linea interpretativa, il diritto diventa assoluto e inviolabile
e gli individui assumono la posizione di titolari di un diritto soggettivo a
pretendere, in difesa della loro salute e senza limitazioni di alcun genere, una serie
di servizi forniti dalle strutture adibite a tal fine.
La stessa Corte di cassazione, più volte pronunciatasi in materia a partire
dai primi anni ‘70
38
, ha avvalorato l’interpretazione data nel 1979 dalla Corte
suprema, a sua volta attribuendo a tale diritto natura di diritto soggettivo e «modo
di essere della persona umana».
Questo orientamento della giurisprudenza è stato, nel decennio successivo
all’istituzione del servizio sanitario nazionale, supportato dall’emanazione di leggi
che hanno periodicamente ripianato il debito accumulato dalle strutture pubbliche
di finanziamento e/o erogazione dei servizi sanitari (regioni, U.s.l., Istituti di
ricovero e cura a carattere scientifico e Policlinici universitari)
39
, a testimonianza
37
I diritti personalissimi o diritti della personalità sono quei diritti che si considerano esistenti
indipendentemente dal sistema politico o sociale entro il quale si inseriscono, poiché nascono
con l’uomo e costituiscono la garanzia primaria dei beni inviolabili ed inalienabili della vita,
dell’integrità fisica e psichica, dell’uguaglianza e della libertà. Essi sono individuati nei diritti
della personalità in senso stretto, - assoluti per definizione, - quali il diritto alla vita,
all’integrità fisica, alla salute, al nome, all'onore, alla libertà personale, ecc., e nei diritti
familiari, relativi, secondo la dottrina prevalente, perché esercitabili solo nei confronti di
soggetti determinati, e non erga omnes. Sono caratterizzati dall’essere indisponibili e
imprescrittibili. F. GALGANO, Diritto privato, Padova, Cedam, 2001, 88-90 e 782.
38
Cass. S.U. 21 marzo 1973, n. 796; Cass. S.U. 6 ottobre 1975, n. 3164; Cass. S.U. 6 ottobre
1979, n. 5172, in www.deaprofessionale.it.
39
Si possono citare a tal fine vari provvedimenti legislativi “di ripiano” del debito quali: il
d.l. 12 settembre 1983, n. 463, “Misure urgenti in materia previdenziale e sanitaria e per il
contenimento della spesa pubblica, disposizioni per vari settori della pubblica
amministrazione e proroga di taluni termini.”, convertito in legge con l. 11 novembre 1983, n.
638; il d.l. 25 gennaio 1985, n. 8, “Ripiano dei disavanzi di amministrazione delle unità
sanitarie locali al 31 dicembre 1983 e norme in materia di convenzioni sanitarie”, convertito
18
di un indirizzo di pensiero che attribuiva alla salute natura di bene primario
assoluto, tale da richiedere uno sforzo finanziario dello Stato anche oltre quanto
preventivato con le leggi annuali di bilancio.
Ad una tale situazione di disavanzo finanziario contribuiva la stessa
struttura organizzativa della USL che era caratterizzata da una direzione politica
“pura”, in quanto espressione diretta delle formazioni elette nei Consigli
comunali. Questa si dimostrò molto più attenta a guadagnare consenso
soddisfacendo pienamente ogni aspettativa del cittadino-elettore, piuttosto che alla
gestione oculata delle risorse attribuite.
Uno dei primi segnali di una volontà di effettivo contenimento della spesa
si ebbe in materia di spesa farmaceutica, per la quale l’art. 8, c. XI, della l. 24
dicembre 1993, n. 537 “Interventi correttivi di finanza pubblica” definì un tetto
massimo di 10.000 miliardi di lire, a fronte di una spesa effettiva di 9.993
miliardi, secondo la relazione annuale del Ministero del bilancio
40
.
L’art. 10 della legge finanziaria dell’anno successivo
41
registrò il tentativo
generalizzato, e non solo più in tema di assistenza farmaceutica, di contenimento
della spesa, con l’attribuzione alle regioni dell’obbligo di intervenire con le
proprie risorse di bilancio in caso di disavanzo delle UU.ss.ll., esonerando da ogni
onere lo Stato.
Questi due “indizi” del cambiamento si inseriscono comunque ancora in
una società caratterizzata dalla convinzione che il cittadino fosse in ogni caso
titolare di un diritto ad ottenere prestazioni sanitarie senza limiti.
in legge con l. 27 marzo 1985, n. 103; il d.l. 19 settembre 1987, n. 382, “Misure necessarie
per il ripiano dei bilanci delle unità sanitarie locali e di altri enti che erogano assistenza
sanitaria per gli anni 1985 e 1986 nonché per il ripianamento dei debiti degli ex enti
ospedalieri”, convertito in legge con l. 29 ottobre 1987, n. 456; il d.l. 25 novembre 1989, n.
382, “Disposizioni urgenti sulla partecipazione alla spesa sanitaria e sul ripiano dei
disavanzi delle unità sanitarie locali”, convertito in legge con l. 25 gennaio 1990; il d.l. 15
settembre 1990, n. 262, “Misure urgenti per il finanziamento del saldo della maggiore spesa
sanitaria relativa agli anni 1987 e 1988 e disposizioni per il finanziamento della maggiore
spesa sanitaria relativa all'anno 1990” convertito in legge con l. 19 novembre 1990, n. 334;
l. 24 dicembre 1993, n. 537, “Interventi correttivi di finanza pubblica” (legge finanziaria
1994); l. 28 dicembre 1995, n. 549 “Misure di razionalizzazione della finanza pubblica”
(legge finanziaria 1996).
40
P. FRATI, op. cit., 1996, fasc. 142/143, 8.
41
l. 23 dicembre 1994, n. 724 “Misure di razionalizzazione della finanza pubblica” (legge
finanziaria 1995).
19
Infatti nel primo caso, nonostante il tetto di spesa sia stato rispettato, sono
intervenute sentenze pretorili che hanno obbligato a prestazioni farmaceutiche
altrimenti non concesse, nel secondo caso i disavanzi accumulati dalle UU.ss.ll.
nel 1995, nonostante le previsioni normative, furono nuovamente ripianati con la
legge finanziaria del 1996.
I.4.3. La crisi del modello assistenziale “illimitato”
La concezione purtroppo utopistica di un diritto individuale alla salute
pressoché assoluto andò in crisi, quindi, di fronte all’evidente insostenibilità della
spesa sanitaria che ne era la conseguenza.
L’aumento dei costi della sanità – dovuto alla combinazione di più fattori
quali l’aumento della vita media, la diminuzione della forza lavoro, l’aumento dei
costi delle tecnologie – e la scadente qualità di organizzazione del sistema hanno
fatto emergere un dato fondamentale: per consentire la sopravvivenza di un
sistema sanitario nazionale e sociale occorreva renderlo compatibile con risorse
finite e predeterminate. La richiesta da parte del paziente di un accesso ai servizi
sanitari senza limitazioni si scontrava con la realtà economica caratterizzata, in
tutti i paesi industrializzati e a maggior ragione nel nostro, da un alto debito
pubblico
42
.
In questa direzione si posero le basi per la riforma del sistema sanitario,
così come delineata dall’art. 1 della l. 23 ottobre 1992, n. 421 “Delega al Governo
per la razionalizzazione e la revisione delle discipline in materia di sanità, di
pubblico impiego, di previdenza e di finanza territoriale”, che costituisce il
fondamento per l’approvazione di quella che viene abitualmente denominata la
riforma bis, approvata con d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502 “Riordino della
disciplina in materia sanitaria, a norma dell’art. 1 della legge 23 ottobre 1992,
n. 421”.
Gli obiettivi che si intravedono analizzando la legge di riforma possono
essere riassunti nella ricerca di una ottimale e razionale utilizzazione delle risorse;
nel perseguimento della migliore efficienza a garanzia del cittadino; nella volontà
di assicurare l’equità distributiva, perseguendo contemporaneamente il
42
P. FRATI, op. cit., 1996, fasc. 142/143, 8.
20