3
Introduzione
L’industria discografica, ed in primis la RCA, assunsero un ruolo molto importante
nella ripresa economica italiana del secondo dopoguerra, in quanto, oltre alla
realizzazione di ottimi livelli di fatturato, permisero il recupero della vita culturale del
paese, profondamente devastato dalla guerra.
Lo scopo di questo lavoro di ricerca sarà quello di esaminare in dettaglio come si
sviluppò l’industria discografica italiana nel dopoguerra, e di come essa riuscì, a partire
dagli ultimi anni Cinquanta, ad essere una delle principali artefici del “boom economico
italiano”.
Per raggiungere l’obiettivo di questo studio verranno analizzati numerosi libri ed
articoli, realizzati da esperti ed appassionati del settore discografico italiano.
Nella prima parte di questa analisi si illustrerà l’evoluzione dell’industria discografica
italiana dal secondo dopoguerra fino alla metà degli anni Settanta.
Partendo dall’analisi dei primi anni del dopoguerra, andando ad esaminare quali fossero
i generi musicali maggiormente diffusi del periodo, si parlerà di come le poche case
discografiche presenti sul mercato italiano riuscirono, attraverso l’immissione dei
cataloghi stranieri ed il lancio di artisti italiani, a dar nuova vita al settore discografico.
Inoltre si analizzeranno, da una parte, la trasformazione della figura dell’editore con
quella del produttore discografico, ed il conseguente mutamento nel lavoro di
produzione di brani di musica leggera; dall’altra il fenomeno della nascita di moltissime
etichette discografiche in Italia, che nel giro di pochi anni raggiunsero cifre notevoli.
In seguito si illustrerà come il mercato discografico italiano raggiunse, grazie anche
all’importanza della televisione e al ruolo centrale dei festival, il periodo di maggiore
4
splendore, a cavallo tra gli ultimi anni del Cinquanta e la prima metà del decennio
successivo.
L’approfondimento poi verterà ad illustrare gli anni delle prime flessioni del mercato
avvenute verso il finire degli anni Sessanta, e le forti difficoltà che l’industria
discografica italiana dovette affrontare nei primi anni Settanta.
Nella seconda parte di questo studio, si affronteranno in particolare i principali
avvenimenti che hanno caratterizzato la crescita esponenziale dell’industria discografica
italiana nel dopoguerra.
Partendo dall’analisi delle maggiori case discografiche operanti nel settore, e dal ruolo
rivestito dalle etichette indipendenti, passando dall’individuazione nella televisione,
nella radio e nei festival di mezzi fondamentali per l’espansione del mercato, si
evinceranno i motivi di tale crescita.
Si spiegherà, inoltre, l’evoluzione dei mezzi di riproduzione utilizzati, la disciplina
legislativa stabilita dai vari governi per quanto riguardava la tassazione del disco, ed il
fenomeno del plagio musicale, fortemente diffuso specialmente negli anni Sessanta.
Nell’ultima parte di questo lavoro si analizzerà il ruolo giocato dalla RCA italiana,
etichetta leader del settore discografico italiano per oltre un decennio.
Verrà descritta la storia della RCA italiana, suddividendola in quattro principali fasi. La
nascita ed i primi anni all’interno del mercato. I primi successi, dovuti principalmente
alle capacità manageriali di Ennio Melis e di Giuseppe Ornato. Il periodo d’oro che può
essere ricollegato agli anni Sessanta, attraverso l’affermazione di un lista numerosa di
artisti, ed infine, gli anni Settanta e la successiva vendita dell’azienda alla casa
discografica BMG Ariola.
5
Colgo l’occasione per fare qui i miei più sinceri ringraziamenti alla mia famiglia, a mia
madre e mio padre per la forza e l’affetto che mai mi hanno fatto mancare. Un pensiero
speciale va ai miei nonni, a quelli che ho la fortuna di avere ancora al mio fianco e a
quelli che non ci sono più, che penso sarebbero stati orgogliosi di tutto ciò.
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CAPITOLO I
L’evoluzione dell’industria discografica italiana dal
secondo dopoguerra alla metà degli anni Settanta
1. Un’atmosfera di serena “routine”
Nel secondo dopoguerra l’industria discografica cercava, come l’Italia intera, di
riorganizzare le sue fila. Nonostante le molte difficoltà causate dal secondo conflitto
mondiale appena conclusosi, la popolazione italiana era animata da un forte spirito di
rinascita e cambiamento che pose le basi per la diffusione, in ambito culturale, della
musica.
Il supporto sonoro che in quel periodo veniva utilizzato da moltissime aziende italiane
ed estere era il disco 78 giri, prodotto in copertine standard e suonato su apparecchi a
manovella per riprodurre i generi musicali più diffusi ed apprezzati: la canzone
“italiana” costituita principalmente dal repertorio napoletano e dai primi tentativi di
riproduzione del jazz americano, i brani tratti dalle opere liriche, la musica “leggera” e
la musica d’importazione americana. Occorre precisare che il primo ingresso sul
mercato dei mezzi tecnici di riproduzione sonora interessò solo marginalmente la
musica colta, mentre il jazz, la canzonetta, la musica da ballo e gli altri generi di musica
leggera seppero immediatamente utilizzare le nuove tecniche e l’industria collegata
7
come formidabili veicoli di diffusione
1
. Anche negli anni a seguire la musica leggera
rimase assai più duttile nel recepire gli elementi di novità del settore, sia dal punto di
vista funzionale, sia dal punto di vista estetico rispetto ai brani di derivazione classica:
la principale ragione di tale diversità era riconducibile al maggiore interesse
dell’industria culturale verso quei prodotti più facilmente commerciabili.
Napoli e la sua musica erano senza dubbio il miglior esempio di come l’Italia si trovasse
proiettata verso il futuro ma con il peso ancora ingombrante del proprio passato:
“Munasterio ‘e Santa Chiara”
2
è l’esempio di come il conflitto mondiale avesse
trasformato l’animo cittadino. Vi era inoltre la necessità di far ripartire nel più breve
tempo possibile l’attività radiofonica. Grazie ad essa il jazz, forma sonora di origine
Afro-Americana, si impose come uno dei principali generi musicali presenti in Italia
dalla fine degli anni ’40 fino alla prima metà degli anni ’50. Ciò fu possibile soprattutto
grazie all’aggiornamento musicale creatosi in seguito all’avanzare delle truppe degli
Alleati sul territorio italiano durante il secondo conflitto mondiale
3
. A questi generi
sonori si affiancava la musica cosiddetta “leggera” nata per scopi essenzialmente
ricreativi e diretta ad un pubblico ampio per il quale non era necessaria una specifica
preparazione musicale. Questa a partire dalla seconda metà del ventesimo secolo
assunse un ruolo sempre più centrale all’interno del mercato discografico passando
dall’essere considerata come semplice canzonetta e musica da ballo, a colonna portante
di un colossale complesso di arte-industria considerato tra i più fortunati e producenti
1
A. LANZA, Il secondo Novecento, volume 12, Torino, EdT, 1991, pag. 14.
2
Fu proposto da Giacomo Rondinella nella rivista di Galdieri, autore del testo, nel 1945. La melodia fu
composta da Alberto Barberis. Il brano cantava il desiderio di tornare a Napoli dopo la guerra e, allo
stesso tempo, la paura di trovare solo distruzione. La devastazione lasciata dai bombardamenti non era
solo quella delle strade, dei palazzi, ma era anche quella dei costumi, del “core”, motivo centrale della
canzone. “Munasterio ‘e Santa Chiara” ottenne un immediato successo in Italia ed all’estero, diventando
un classico del repertorio dei più grandi interpreti della canzone napoletana. La canzone d’autore italiana,
www.italica.rai.it, 22/05/2012, ore 15.17.
3
M. PAGLIARDI, L’Influenza della Civiltà Musicale Afro-Americana nell’Italia dell’immediato secondo
dopoguerra, www.jazzitalia.net, 05/05/2012, ore 18.18.
8
del secolo
4
. In questo ambito il lavoro di produzione era ben diverso da quello che si ha
oggi: al centro del processo vi era la figura dell’editore, a cui gli autori facevano capo e
da cui dipendeva il lancio di un brano sul mercato; se tramite le trasmissioni
radiofoniche, quasi tutte diffuse in diretta, il pezzo sembrava riscuotere il favore del
pubblico, le case discografiche ne curavano la registrazione assegnandolo ad uno o più
artisti della propria << scuderia >> e il successo era proporzionale al numero delle
incisioni che esso riusciva a raccogliere. Con tale metodo le vendite erano equamente
distribuite tra numerosi artisti e tra le varie case discografiche: questo era anche il
motivo per il quale in quegli anni le classifiche di vendita non avevano ragione di
esistere; la popolarità delle canzoni veniva misurata con esattezza attraverso l’importo
complessivo dei diritti d’autore che le stesse maturavano
5
.
I meccanismi della produzione e della distribuzione, invece, non differivano troppo da
quelli attuali, mentre le dimensioni delle vendite erano notevolmente più ridotte rispetto
a quelle odierne. Il ruolo delle radio era indubbiamente decisivo nel dare spazio alle
canzoni vecchie e nuove dei cantanti più popolari come Nilla Pizzi
6
, Natalino Otto
7
,
4
F. PASQUALI, Musica leggera, www.fabriziopasquali.it, 05/05/2012, ore 18.27.
5
M. DE LUIGI, L’industria discografica in Italia, Foligno, Lato Side Editori srl, 1982, pag. 12.
6
Vincitrice nel 1942 (su diecimila concorrenti) di un concorso per voci nuove indetto dall’Eiar, mutò in
Nilla il nome vero Adionilla e, dopo un tirocinio con le orchestre Zeme e Angelini, iniziò nel 1944 a
registrare dischi per la Voce del Padrone e, sotto pseudonimi, per la Cetra. Alla fine del decennio divenne
l’autentica “regina della canzone” in Italia, grazie al suo timbro caldo e alla consumata tecnica, che la
resero in grado di muoversi agevolmente in tutti i brani. Nel 1951 vinse la prima edizione del festival di
Sanremo con “Grazie dei fiori”, mentre nel 1952 se ne aggiudicò le prime tre posizioni con “Vola
colomba”, “Papaveri e papere” e “Una donna prega”. Fino al 1958, quando a Sanremo fu surclassata
sul fino di lana da Modugno con la canzone “Volare”, dominò la scena italiana. Dagli anni ’60 le sue
apparizioni diradarono, ma non lasciò mai definitivamente il mondo della canzone. M. DE LUIGI, Storia
dell’industria fonografica in Italia, Milano, Musica e Dischi, 2008, pagg. 127-128.
7
Il suo vero nome era Natale Codognotto. Imbarcatosi come batterista di bordo, nel 1934, sul
transatlantico Conte di Savona, per un anno frequentò a New York grandi personaggi della scena jazz
negli Usa e, tornato in Italia l’anno seguente, fu il primo artista a proporre sul nostro mercato il genere
swing con varie orchestre. A partire dal 1937 fu voce stabile nell’orchestra di Gorni Kramer, con il quale
strinse un sodalizio per molti anni sia sul fronte radiofonico sia su quello discografico (Fonit). Nel corso
della carriera registrò circa 3 mila brani, un centinaio dei quali da lui stesso firmati in veste di
compositore. Fra i titoli spiccano successi come “Mister Paganini”, “Ho un sassolino nella scarpa”,
“Mamma voglio anch’io la fidanzata” e “Tristezze”. M. DE LUIGI, Storia dell’industria., op. cit., pag.
134.
9
Oscar Carboni, Flo Sandon’s ed Ernesto Bonino; un fattore altrettanto importante era
costituito dalle orchestre che accompagnavano i cantanti per almeno una stagione
utilizzando un metodo lavorativo non differente dalle compagnie teatrali.
Nei primi anni del secondo dopoguerra mentre in Italia si posavano le basi per la
rinascita dell’intero paese, nell’industria culturale, nello specifico nel settore
fonografico, aleggiava un’atmosfera di serena routine, immersa in un clima di fiducia
nonostante le mille difficoltà ancora presenti sul territorio a seguito del conflitto
mondiale
8
.
2. L’inizio dell’era discografica: i primi successi
Gli anni ’50 segnarono l’inizio di un periodo di grandi successi per l’industria
discografica, tuttavia i risultati raggiunti furono la conseguenza di una serie di
avvenimenti che nel 1948 diedero nuova linfa ad un mercato già in pieno fermento. In
primis vi fu la nascita di due case discografiche, la Compagnia Generale del Disco
9
fondata dall’artista di musica leggera Teddy Reno
10
e la Celson
11
creata dai fratelli
8
Ibidem.
9
La CDG (acronimo) è stata una casa discografica italiana attiva dal 1948 al 1988. Si dedicò, oltre che
alla diffusione dei propri dischi, alla scoperta e al lancio di nuovi artisti italiani. Compagnia Generale del
Disco, www.it.wikipedia.org, 22/05/2012, ore 15.28.
10
All’anagrafe Ferruccio Merk Ricordi. Esordì nell’immediato dopoguerra lavorando per Radio Trieste,
imponendosi ben presto come crooner all’italiana attraverso successi come “Te vojo ben”, “Trieste mia”,
“Addormentarmi così”, e partecipando a numerosi film. Nel 1948 creò la società discografica CGD
(Compagnia Generale del Disco) affiancato da Lelio Luttazzi a cui affidò la direzione artistica. Azienda
che negli anni successivi cedette in due riprese (nel ’52 e nel ’59) all’editore Ladislao Sugar. Nel corso
degli anni ’60 decise di orientarsi sui settori dell’organizzazione di eventi e della produzione di
programmi per la Rai. M. DE LUIGI, Storia dell’industria., op. cit., pag. 127.
11
La Celson Hi-Fi Records è stata una casa discografica italiana fondata nel 1948 ed attiva fino agli anni
’60. Celson, www.it.wikipedia.org, 22/05/2012, ore 15.32.
10
Walter
12
ed Ernesto Guertler. Quest’ultima era specializzata nella produzione di jazz sia
d’importazione sia locale ed operava secondo modelli molto simili a quelli già utilizzati
sul mercato americano. Entrambe erano distribuite da un’azienda agli esordi nella
distribuzione di dischi, le Messaggerie Musicali: era il preludio di una rivoluzione degli
schemi tradizionali utilizzati fino a quel periodo
13
. In quello stesso anno iniziò a
prendere consistenza, da parte delle case, il lavoro di acquisizione e lancio dei cataloghi
stranieri. Non che in precedenza le etichette straniere non fossero rappresentate sul
mercato italiano, ma l’attenzione era concentrata sui singoli prodotti anziché sulla
tipologia del repertorio in funzione degli sbocchi in campo nazionale. Nel ’48, dunque,
la Fonit
14
lanciò l’etichetta Decca e la VCM
15
rispose con la MGM. Nel febbraio del ’49
la Fonit realizzò un’altra etichetta, la Polydor, mentre da Odeon e Parlophon, due
etichette straniere che operavano anche nel mercato italiano, prese vita la Carish.
Furono le prime avvisaglie della << battaglia dei cataloghi >> che sarebbe esplosa,
nella sua forma più violenta, dieci anni più tardi.
L’inizio degli anni ’50 costituì la fine dell’era editoriale e l’avvento di quella
discografica: alla figura dell’editore musicale che si occupava del lancio di un brano sul
mercato subentrò la casa discografica che, oltre alla produzione del disco e la sua
successiva immissione nella catena di distribuzione (per farlo giungere ai negozianti)
12
Pioniere della discografia in Italia, cominciò verso la fine degli anni ’40 insieme al fratello Ernesto (che
nel ’65 lasciò ogni attività appartenente all’industria musicale) a importare dischi e licenziare cataloghi
esteri per il mercato italiano. Nel 1948 creò la Celson, quindi nel 1951 la Music, aziende che nel 1958
confluirono nella Saar, unico caso di grande azienda italiana indipendente in grado di resistere per molti
anni alla concorrenza delle multinazionali, da loro sempre osteggiata con ogni mezzo. Nel catalogo delle
etichette rappresentate dal gruppo figuravano, oltre ad un ampio repertorio jazz, registrazioni di nomi
come Celentano, Jannacci, Dallara, Battiato, Tenco, Concato, Gagliardi, Ferri, ecc. Fra i meriti della Saar
anche il varo, nel 1967, della prima “budget line” proposta sul mercato, ovvero la collana Joker. M. DE
LUIGI, Storia dell’industria., op. cit., pag. 128.
13
M. DE LUIGI, L’industria disco., op. cit., pag. 13.
14
La Fonit (Fonodisco Italiano Trevisan) fu una casa discografica nata nel 1911. M. DE LUIGI,
L’industria disco., op. cit., pag. 11.
15
La VCM (Voce del Padrone-Columbia-Marconiphone) fu una casa discografica nata alla fine del 1920,
dalla fusione della Columbia inglese con la Società Nazionale del Grammofono, creata a Milano nel 1912
da parte di Alfredo Bossi. Ibidem.