4
CAPITOLO I
La normazione, l’accreditamento e la certificazione.
1.1 Storiografia
Il contesto relativo alla normazione, l‟accreditamento, la certificazione si sviluppa in
seguito all‟adeguamento italiano a due fondamentali “risoluzioni” dell‟Unione Europea.
La prima è relativa al “Nuovo Approccio” e si colloca nell‟arco temporale della
primavera del 1985; è finalizzato alla creazione di un grande mercato comune in cui sia
garantita la libera circolazione dei prodotti che devono essere conformi agli standard,
alle direttive europee e di conseguenza sicuri.
La seconda riguarda “l‟Approccio globale alla certificazione e alle prove”. Diffusasi nel
dicembre 1989 ha l‟obiettivo di aumentare il livello qualitativo delle imprese europee
divulgando la cultura delle qualità mediante l‟applicazione delle norme UNI EN ISO
9000 al fine di rendere le imprese europee competitive con i grandi mercati
internazionali come USA, Giappone e Sud Est Asiatico.
Nel contesto nazionale quindi coesistono due diverse forme di conformità: una verso le
Regole tecniche, la cui conformità è obbligatoria e verso le norme tecniche
caratterizzate da una certificazione volontaria.
Una norma è un documento redatto e approvato da un organismo riconosciuto che
fornisce, per uno scopo comune delle regole, degli orientamenti, delle best practices
finalizzate ai prodotti o ai relativi processi, la cui osservanza e conformità non è
cogente.
Può riguardare esclusivamente requisiti in materia di terminologia, simboli, etichettatura
applicabili ad un prodotto, ad un processo o ad un metodo di produzione.
Una definizione per Normazione potrebbe essere quella di “ un processo finalizzato ad
elevare il livello di ordine di un determinato sistema, attraverso la ricerca delle soluzioni
ottimali ai problemi che si ripetono costantemente”.
1
. Queste soluzioni ottimali sono
generalmente costituiti dalle norme, o anche dette standard, ovvero dei documenti creati
da gruppi di esperti che rappresentano le parti interessate (stakeholder) che possono
1
Lucidi del corso di Sistemi di Gestione Integrati. Prof. R.Beltramo, Università di Torino.
5
contenere implicazioni tecniche o specifici criteri al fine di garantire la “conformità” dei
prodotti, del materiale, dei processi.
1.2 Enti di formazione
L‟attività della normazione consiste quindi nell‟elaborare documenti tecnici i quali
seppur di adozione volontaria, forniscano delle linee guida di riferimento agli operatori
che si trovano ad utilizzarli e che godano di una rilevanza contrattuale. Si pensi a quanto
sia importante la presenza delle norme che hanno gettato gli standard dimensionali per
le carte di credito o per i formati dei fogli di carta permettendone così la diffusione e la
compatibilità mondiale. E‟ importate specificare che le norme non sono delle leggi ma
standard di compatibilità.
Risulta fin qui chiaro, cosa si intenda per Normazione. Gli organismi che svolgono
questa attività si chiamano organismi di normazione e sono tre:
1. ISO: acronimo di International Organization FOR Standardization;
2. CEN : acronimo di European Committee for Standardization ;
3. UNI: acronimo di Ente Internazionale Italiano di Unificazione.
L‟ISO è una ONG creata nel 1947 con sede a Ginevra, la quale rappresenta una
federazione di organi di normazione nazionali provenienti da oltre 140 paesi che si
propone di raccogliere le migliori “best practices” da ognuno di questi paesi in merito
alla qualità, ai processi e metodi aziendali, ambientali, di salute e sicurezza,
responsabilità etica al fine di emettere norme valide al livello mondiale. I principi
portanti dell‟„ ISO sono: valore, partnership e ottimizzazione.
Il CEN fondato nel 1954 ha sede a Bruxelles ed è composto da organismi di normazione
dell‟Unione Europea, dell‟EFTA (European Free Trade Association, la quale
comprende l‟Islanda, il Liechtenstein la Norvegia e la Svizzera).
Il suo obiettivo è promuovere l‟armonizzazione tecnica volontaria delle normative UNI
cosi da assicurarne il recepimento a livello prettamente europeo.
Il recepimento delle norme internazionali a livello italiano è assicurato dall‟UNI,
fondata nel 1921 con sede a Milano. Nel 1996 l‟organismo ha coniato un proprio
esclusivo marchio così da conferire maggiore visibilità agli enti e alle aziende
d‟eccellenza operanti nell‟ambito del Sistema Qualità Italia.
6
Per quanto riguarda l‟attività di accreditamento la cui definizione è “attestazione della
competenza degli operatori della valutazione delle conformità (OdN, Odl, Laboratori) in
termini di conformità alla normativa applicabile”.
2
Due sono gli organismi di accreditamento degli organismi di certificazione in Italia:
1. L‟Accredia: è l‟ente unico nazionale di accreditamento riconosciuto dallo stato il
22 dicembre 2009, nato dalla fusione di SINAL.
3
E SINCERT come
associazione senza scopo di lucro.
Con Accredia l‟Italia si è adeguata al regolamento del parlamento europeo e del
consiglio n, 765 del 9 luglio 2008 che dal primo gennaio 2010 è applicato per
l‟accreditamento e la vigilanza in tutti i paesi UE;
2. Il SIT: Servizio di Taratura Italiano;
Il SIT svolge la funzione di accreditamento dei laboratori quali centri di taratura.
L‟ACCREDIA (SINCERT e SINAL) creato nel 1991 sempre su iniziativa UNI e CEN,
ha lo scopo di accreditare organismi di certificazione di sistemi di qualità, prodotti,
personale, sistemi di gestione ambientale e organismi di ispezione.
La certificazione è la “ attestazione di conformità a determinate norme rilasciata da un
ente terzo riconosciuto e indipendente”.
4
Vi sono tre tipi di certificazione: di prodotto o di servizio, del personale e dei sistemi di
qualità.
La certificazione di servizio o prodotto consiste nella verifica da parte di organismi di
certificazione accreditati della conformità del prodotto/servizio e di laboratori che ne
effettuano le prove di conformità.
2
Definizione presa da: Lucidi del corso di Sistemi di Gestione Integrati. Prof. R.Beltramo, Università di
Torino.
3
Sistema Nazionale Italiano di Accreditamento del Laboratori: SINAL fu creato nel 1998 su iniziativa
dell‟UNI e del CEN ed ha come obiettivo l‟accreditamento, al livello nazionale, di laboratori di prova
italiani ed esteri per assicurare che i risultati delle prove da essi effettuate siano accettati ovunque.
4
Definizione presa da: Lucidi del corso di Sistemi di Gestione Integrati. Prof. R.Beltramo, Università di
Torino.
7
La certificazione del personale viene effettuata sempre da organismi di certificazione
accreditati che verificano la presenza di determinate caratteristiche come la scolarità, la
partecipazione ai corsi di formazione del personale impiegato in particolari attività.
La certificazione dei sistemi di qualità consiste poi nella verifica della rispondenza delle
caratteristiche di un sistema della qualità dell‟azienda alle norme della serie UNI ISO
9000.
1.3 Le principali certificazioni
Le principali norme per le quali è prevista la certificazione sono:
1. ISO 9001:2008 sistemi di gestione per la Qualità;
2. ISO 14001:2004 sistemi di gestione per l‟Ambiente;
3. OHSAS 18001:2007 sistemi di gestione per la Salute e Sicurezza sul Lavoro;
4. SA 8000 sistemi di gestione per la Responsabilità sociale d‟azienda.
Per quanto riguarda la norma 18001:2007, verrà ampiamente analizzata nei capitoli
successivi.
8
CAPITOLO II
La legislazione italiana cogente in materia di salute e sicurezza sul posto di lavoro.
2.1 Anni ‘50.
Nel 1942 furono introdotte in Italia nel codice civile le prime leggi sulla sicurezza dei
luoghi di lavoro mentre le prime leggi specifiche sull'argomento risalgono agli anni
cinquanta. Di particolare importanza furono il D.P.R. NT 547 del 1955, il D.P.R. NT
303 del 1956 e il D.P.R. NT 164 del 1956 per le costruzioni. Questi decreti, molto
corposi e ben costituiti, sono tra i meno applicati nella storia italiana, infatti, ancora oggi
c'è un numero enorme di infortuni sul lavoro sia in fabbrica che nell'edilizia.
Con la creazione dell’Unione Europea, si è messo in luce che un mercato comune
necessita di norme uniformi, omogenee, in modo da rendere i singoli Stati Membri
comparabili e compatibili fra loro nelle norme cogenti.
Dopo un periodo, durato dagli anni iniziali del Trattato sul Mercato Comune di Roma
fino agli anni 80, in cui si è continuato a produrre normativa cosiddetta “Command and
Control” ossia impositiva e sottoposta a vigilanza sanzionatoria, l’Unione Europea ha
concretamente affrontato il problema dell’esigenza di una normativa comune a tutti gli
stati membri in merito alla condizione del lavoratore, cittadino dell’UE, per cui devono
valere particolari normative che provvedano a garantirgli quella sicurezza e quella
salute, doni naturali, in contemporanea con il diritto al lavoro per il sostentamento.
L’Unione Europea ha deciso quindi di regolare la materia, utilizzando i principi del
“Nuovo Approccio”, con la Direttiva 89/391/CEE del 1989 (Miglioramento della
sicurezza e salute dei lavoratori durante il lavoro) che nasce come quadro di riferimento
della normativa UE successivamente elaborata sulla materia.
Alcuni elementi innovativi erano già stati introdotti nelle Direttive interessate dai gravi
problemi relativi agli agenti chimici, fisici e biologici quali il piombo, il rumore e
l’amianto
1
. Tali elementi consistono nella valutazione dei rischi e nella figura del
Medico Competente.
1
Recepite in Italia dal D.Lgs. n. 277/91
9
I nuovi elementi predispongono nelle imprese, innovazioni di organizzazione che
necessitano di:
• Abitudine a percorsi procedurali come la valutazione dei rischi, regolati cioè su passi
successivi e peraltro da ripetersi ad ogni nuova conoscenza appresa, ciò che induce
immediatamente ad un miglioramento dinamico;
• Introduzione di figure (Medico Competente) dedicate espressamente alla sicurezza ed
alla salute dei lavoratori con compiti definiti e con responsabilità sia aziendali che
personali.
La Direttiva 89/391/CEE allarga questi elementi indicando alle aziende
un’organizzazione di base (requisiti minimi) che si articola su:
- Designazione di dipendenti per le attività di prevenzione
2
e qualora le capacità di
questi risultino insufficienti, ricorso a persone ovvero servizi esterni;
- Designazione di dipendenti per le attività specifiche di emergenza;
- Necessità della valutazione dei rischi, ampliata alla determinazione delle misure
di prevenzione e alle attrezzature di protezione
3
.
Appare chiaro che, pur non esplicitamente imponendolo, il legislatore UE ritiene
l’impresa capace di darsi un’organizzazione adatta alle proprie attività; l’organizzazione
prevedibile ha gli elementi costitutivi definiti come sopra descritto e deve soltanto
prendere la forma e la sostanza necessarie per l’attuazione di quella “partecipazione
equilibrata” di tutti i componenti dell’azienda, premessa indispensabile per la
salvaguardia della sicurezza e della salute dei dipendenti
4
. L’elemento più innovativo
peraltro è apparso allora il richiamo agli obblighi dei lavoratori, non lasciando sola
l’impresa con i suoi dirigenti e dei loro obblighi verso la sicurezza dei dipendenti.
2.2 D.Lgs 626/1994
Negli anni novanta, dopo l'ingresso dell’Italia nell’Unione Europea e l'emanazione di
queste direttive europee in materia, sono stati promulgati altri decreti, proprio per il
recepimento da parte dell’Italia di questa direttiva e di altre sette in materia di salute e
sicurezza dei lavoratori quali il NT 626 del 1994 e il NT 494 del 1996, poi abrogato dal
2
Art. 7 Direttiva 89/391/CEE
3
Art. 9 Direttiva 89/391/CEE
4
http://www.lisaservizi.it/uploads/assets/files/Generalita.pdf
10
Testo Unico sulla sicurezza nei luoghi di lavoro D.Lgs n.81/08, che obbligano le
imprese, i committenti e i datori di lavoro al rispetto dei decreti precedenti, a gestire il
miglioramento continuo delle condizioni di lavoro, ad introdurre la formazione e
l'informazione sui rischi per cui sono state create nuove figure professionali responsabili
per la sicurezza.
5
Con l’aggiornamento annuale, sono seguiti altri decreti di chiarimento
e di miglioramento oltre a leggi regionali.
La principale novità introdotta dal D.Lgs. 626/94, in coerenza con concetti espressi
nelle direttive CE in esso recepite, l'obbligo della valutazione del rischio (c.d. risk
assessment) da parte del datore di lavoro e l'introduzione di un Servizio di Prevenzione
e Protezione (con la nomina di un RSPP) di cui, appunto il datore di lavoro, ne è il
responsabile. La valutazione del rischio, quindi, è un processo di individuazione dei
pericoli e, successivamente, di tutte le misure di prevenzione e protezione volte a ridurre
al minimo sostenibile le probabilità e il danno conseguente a potenziali infortuni e
malattie professionali.
Rispetto alla normativa precedente oggi il datore di lavoro non è solo "debitore della
sicurezza nei posti di lavoro" ma deve essere partecipe e responsabile di un processo di
miglioramento delle condizioni di sicurezza nei luoghi di lavoro attraverso una
periodica valutazione dei rischi la quale viene documentata in un apposito "documento
di valutazione dei rischi"
6
, che non determina solo i requisiti oggettivi di sicurezza, ma
considera anche gli aspetti organizzativi e soggettivi associati allo svolgimento
dell'attività lavorativa introducendo il concetto di gestione aziendale della sicurezza.
2.3 La legge delega n. 123 del 2007
La legge delega n. 123 del 2007 conferisce al Governo il mandato entro maggio 2008 di
riformare la legge 626, introducendo:
Un'armonizzazione delle leggi vigenti;
L'estensione della 626 a tutti i settori, tipologie di rischio e lavoratori autonomi e
dipendenti;
5
http://it.wikipedia.org/wiki/Legge_626
6
http://lsc.ilcannocchiale.it/2010/08/12/la_sicurezza_del_lavoro_non_si.html
11
Un adeguato sistema sanzionatorio;
L'obbligo di indossare tesserini di riconoscimento, indicanti dati del lavoratore e
del datore di lavoro, all'interno dei cantieri e altri luoghi di lavoro, a pena di
un'ammenda;
Un rafforzamento degli organici degli ispettori del lavoro;
Introduce inoltre la necessità di modificare il decreto legislativo 231/01 al fine di
estendere il campo di applicazione (art.25 -septies) ai reati di omicidio colposo e
lesioni gravi ovvero gravissime, commessi con la violazione delle norme
antinfortunistiche e sulle tutele dell'igiene e della salute sul lavoro
7
.
2.4 Decreto Legislativo del 9 Aprile 2008 n.81: il TUSL
Nel febbraio 2008, l’allora Ministro del Lavoro Cesare Damiano firmò, di intesa con
Cgil, Cisl e Uil, il decreto legge n.81 che unifica, grazie alla sua natura di “raccoglitore”
la giurisprudenza degli ultimi 50 anni in materia di sicurezza e salute nei luoghi di
lavoro.
La nuova norma, che contiene 306 articoli e 51 allegati, costituisce il Testo Unico in
materia di sicurezza sul lavoro.
Per Testo unico in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro (TUSL), si intende,
l'insieme di norme contenute nel Decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 che, in
attuazione dell'articolo 1 della legge n. 123/2007, “ha riformato, riunito ed
armonizzato, abrogando, le disposizioni dettate da numerose precedenti normative in
materia di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro succedutesi nell'arco di quasi
sessant'anni, al fine di adeguare il corpus normativo all'evolversi della tecnica e del
sistema di organizzazione del lavoro”.
8
7
http://it.wikipedia.org/wiki/Legge_626
8
http://it.wikipedia.org/wiki/Testo_unico_sulla_sicurezza_sul_lavoro
12
Il nuovo Testo unico ha previsto l'abrogazione delle seguenti normative:
D.P.R. 27 aprile 1955, n. 547;
D.P.R. 7 gennaio 1956, n. 164;
D.P.R. 19 marzo 1956, n. 303, fatta eccezione per l’articolo 64;
D.lgs. 15 agosto 1991, n. 277;
D.lgs. 19 settembre 1994, n. 626;
D.lgs. 14 agosto 1996, n. 493;
D.lgs. 14 agosto 1996, n. 494;
D.lgs. 19 agosto 2005, n. 187;
Art. 36 bis, commi 1 e 2 del D.L. 4 luglio 2006 n. 223, convertito con
modificazioni dalla L. 5 agosto 2006 n. 248;
Artt. 2, 3, 5, 6 e 7 della L. 3 agosto 2007, n. 123.
La struttura del D.lgs 81/2008 è impostata prima con l’individuazione dei soggetti
responsabili e poi con la descrizione delle misure gestionali e degli adeguamenti tecnici
necessari per ridurre i rischi lavorativi.
Come precedentemente citato il D.lgs 81/2008 è formato da 306 articoli, suddivisi in
XIII titoli, in seguito viene riportato il testo con l’esplicitazione degli articoli solamente
per il Titolo I:
Titolo I
Capo I Disposizioni generali
Art. 1. Finalità.
Art. 2. Definizioni .
Art. 3. Campo di applicazione.
Art. 4. Computo dei lavoratori.
13
Capo II Sistema istituzionale
Art. 5. Comitato per l’indirizzo e la valutazione delle politiche attive e per il
coordinamento nazionale delle attività di vigilanza in materia di salute e sicurezza sul
lavoro.
Art. 6. Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro
Art. 7. Comitati regionali di coordinamento.
Art. 8. Sistema informativo nazionale per la prevenzione nei luoghi di lavoro .
Art. 9. Enti pubblici aventi compiti in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.
Art. 10. Informazione e assistenza in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.
Art. 11. Attività promozionali.
Art. 12. Interpello.
Art. 13. Vigilanza.
Art. 14. Disposizioni per il contrasto del lavoro irregolare e per la tutela della salute e
sicurezza dei lavoratori.
Capo III Gestione della prevenzione nei luoghi di lavoro
Sezione I MISURE DI TUTELA E OBBLIGHI
Art. 15. Misure generali di tutela.
Art. 16. Delega di funzioni.
Art. 17. Obblighi del datore di lavoro non delegabili.
Art. 18. Obblighi del datore di lavoro e del dirigente.
Art. 19. Obblighi del preposto.
Art. 20. Obblighi dei lavoratori .
Art. 21. Disposizioni relative ai componenti dell’impresa familiare di cui all’articolo.
230-bis del codice civile e ai lavoratori autonomi .
Art. 22. Obblighi dei progettisti.
Art. 23. Obblighi dei fabbricanti e dei fornitori.
Art. 24. Obblighi degli installatori.
Art. 25. Obblighi del medico competente.
Art. 26. Obblighi connessi ai contratti d’appalto o d’opera o di somministrazione.