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INTRODUZIONE
L‟ordinamento giuridico italiano regolamenta la crisi dell‟impresa ed il fallimento tramite la
legge fallimentare, emanata dal Governo Mussolini il 16 marzo 1942 tramite il r.d. 267/1942.
Il contesto sociale, economico e tecnologico dell‟Italia repubblicana ha vissuto un susseguirsi di
trasformazioni dal 1945 in poi; nonostante ciò il testo della legge fallimentare è rimasto
pressoché inalterato. Da più parti sono state avanzate nel corso dei decenni, in particolar modo
dagli anni ‟90 del XX secolo, richieste di ammodernamento della legge fallimentare ormai
inadeguata; la situazione di obsolescenza della norma giuridica è rimasta tale fino
all‟approvazione del d.lgs. 5/2006 e alla sua successiva entrata in vigore il 16 luglio 2006.
Tale decreto è il frutto dei lavori della Commissione Trevisanato, formatasi nel 2001 con lo
scopo specifico di “modificare la disciplina del concordato fallimentare, accelerando i tempi
della procedura e prevedendo l’eventuale suddivisione dei creditori in classi che tengano conto
della posizione giuridica e degli interessi omogenei delle varie categorie di creditori, nonché
trattamenti differenziati per i creditori appartenenti a classi diverse; disciplinare le modalità di
voto per classi, prevedendo che non abbiano diritto di voto i creditori muniti di privilegio,
pegno e ipoteca, a meno che dichiarino di rinunciare al privilegio; disciplinare le modalità di
approvazione del concordato, modificando altresì la disciplina delle impugnazioni al fine di
garantire una maggiore celerità dei relativi procedimenti”.
La commissione negli anni di lavoro ha registrato sovente difficoltà nel mettere d‟accordo i suoi
componenti1, allungando in maniera significativa i tempi di emanazione del nuovo testo
normativo, nonché producendo una riforma incompleta rispetto agli obiettivi indicati dal
governo. Conseguenza delle divisioni interne alla Commissione Trevisanato e al parlamento
1
Come indicato anche da Lo Cascio, si veda nel capitolo II.
4
italiano è stata la non completezza dell‟azione riformante del d.lgs. 5/2006, incentrato
prevalentemente sulla procedura di fallimento.
Nel 2006 e nel 2007 la Commissione Trevisanato ha continuato la sua azione riformante
concentrandosi sulle parti della legge fallimentare non rinnovate con il d.lgs. 5/2006, arrivando
alla formulazione del definitivo testo normativo nel 2007.
I cambiamenti apportati nel 2006 riguardano principalmente la procedura di fallimento, di cui
sono stati modificati i criteri di fallibilità, nonché i poteri e i ruoli degli organi della procedura.
Cardine principale della modifica normativa è stata l‟introduzione di una visione più
contrattualistica – privatistica e meno punitiva del fallimento; con il primo concetto si intende la
strategia adottata dal legislatore per fa sì che le parti in causa, ovvero i creditori e il debitore
abbiano un maggior potere sostanziale e d‟iniziativa, potendo avanzare proposte di liquidazione,
esprimere pareri sull‟effettiva bontà delle mozioni presentate dalle altre parti. Viceversa il
giudice delegato ha visto in questo contesto ridurre il proprio peso ed ha assunto il ruolo di mero
controllore di legittimità della procedura.
Il secondo cardine della modifica della legge fallimentare è stata la riduzione della portata
punitiva del fallimento nei confronti del soggetto fallito: nell‟originale testo normativo il fallito
andava incontro a pesanti limitazioni della libertà personale2, quali la privazione della
corrispondenza e l‟iscrizione del proprio nome nel Registro dei falliti, che equivaleva
sostanzialmente all‟impossibilità di contrarre futuri debiti o di aprire nuove attività economiche.
Il legislatore fascista ha prodotto una legge fallimentare repressiva nei confronti dei soggetti in
difficoltà economiche per incentivare questi ultimi ad evitare il fallimento, che comporta
inevitabilmente alti costi e lunga durata della procedura, nonché grandi difficoltà per i creditori
a vedere soddisfatte le proprie aspettative. Al contempo la legge fallimentare era però troppo
2
Ciò poneva anche problemi di compatibilità costituzionale, per contrasto con la libertà di corrisponda prevista
ex. art. 15 cost.
5
rigida nelle modalità di accesso alle procedure alternative al fallimento, decretando in sostanza
una scarsa applicabilità delle stesse.
La riforma fallimentare ha attenuato questa inclinazione punitiva del fallimento modificando le
disposizioni inerenti la corrispondenza del fallito, che ora viene indirizzata al fallito stesso, il
quale deve inoltrare quella inerente la procedura al curatore fallimentare; è stato eliminato
l‟infamante Registro dei falliti; sono stati semplificati i criteri di accesso alla procedura di
esdebitazione per la cancellazione dei debiti non pagati dal patrimonio sociale nel caso in cui il
soggetto fallito abbia attivamente collaborato con gli organi della procedura.
A sancire la riduzione della portata punitiva del fallimento, il legislatore è intervenuto
precludendo al pubblico ministero la possibilità di chiedere il fallimento di sua spontanea
iniziativa.
Data l‟incompletezza della riforma fallimentare del 2006, e le richieste di Confindustria e
Assonime di prevedere una riforma anche delle procedure concorsuali alternative al fallimento,
la legge fallimentare è stata modificata una seconda volta con l‟introduzione del d.lgs.
169/2007, entrato in vigore il 1 gennaio 2008. Il decreto ha modificato le procedure di
concordato preventivo, degli accordi di ristrutturazione dei debiti e dei piani attestati di
risanamento. L‟intenzione del legislatore è stata quella di potenziare procedure già esistenti (ma
poco praticate per eccessive complicazioni e mancanze di garanzie per i creditori) al fine di
intervenire prima che la crisi aziendale diventi troppo grave ed insanabile.
Intervenendo prontamente si intende avviare un programma di salvataggio e ripresa dell‟attività
economica, o qualora questo non sia più possibile, liquidare la società in tempi e con costi più
contenuti.
6
Per dare maggiore sicurezza, e quindi incentivare i creditori ad accettare procedure diverse dal
fallimento, è stata decisiva la modificazione della legge fallimentare nella parte in cui si regola
la revocatoria fallimentare, che è stata ampliata a favore dei creditori.
Il presente lavoro vuole analizzare l‟impatto della riforma della legge fallimentare dal punto di
vista delle imprese che anno avuto accesso alle procedure concorsuali, in particolare fallimenti,
concordati preventivi e accordi di ristrutturazione dei debiti nelle Province di Varese e Milano.
L‟impatto della riforma legale vuole essere analizzato quantitativamente sotto il punto di vista
del numero di imprese che hanno avuto accesso alle procedure concorsuali e da un punto di
vista più qualitativo studiando se esistono indici di bilancio con proprietà identificative o
predittive di una situazione di “crisi d’impresa”, poiché la stessa non viene definita con
oggettività dal legislatore, causando problemi interpretativi nella giurisprudenza e nella dottrina
italiane.
L‟impatto della riforma della legge fallimentare sul numero di imprese che hanno avuto accesso
alle procedure concorsuali non può prescindere da un‟analisi della crisi economica – finanziaria
scoppiata nel 2008, poiché il periodo successivo all‟entrata in vigore del d.lgs. 169/2007 è stato
caratterizzato da una delle più forti crisi economiche dell‟età contemporanea, che ha abbracciato
tutti i paesi e settori economici in una spirale recessiva globale e sistemica.
A questo scopo nel presente lavoro viene presentata un‟analisi della crisi economica, con
particolare attenzione alle dinamiche registrate nelle Province di Varese e Milano.
Per studiare l‟impatto quantitativo della riforma della legge fallimentare è presentato uno studio
del numero di procedure di fallimento, concordato preventivo e accordi di ristrutturazione dei
debiti aperte dal 2001 al maggio 2010 presso i Tribunali di Busto Arsizio, Varese e Milano.
Per analizzare qualitativamente gli indici di bilancio anticipatori o segnalatori della crisi
d’impresa è stato realizzato uno studio empirico su un campione di 90 imprese la cui sede
7
principale, e pertanto il loro tribunale di competenza, siano siti nella Provincia di Varese. Il
campione è stato suddiviso tra aziende sane normalmente operative, imprese ammesse alla
procedura di concordato preventivo e imprese fallite nel periodo che va dal 31 dicembre 2001 al
maggio 2010. Di queste imprese sono state analizzati i principali indici di bilancio.
Lo scopo di questo lavoro è stato quello di formare uno strumento di analisi utile per studiare la
crisi d‟impresa e non di proporre parametri per un disegno di legge di modifica della legge
fallimentare attuale.
Il presente lavoro si sviluppa con una prima parte nel quale vengono presentati i principali
cambiamenti apportati dalla nuova legge fallimentare da un punto di vista giuridico, con
particolare riguardo alle procedure di concordato preventivo, accordi di ristrutturazione dei
debiti e fallimenti.
Nella seconda parte viene analizzata la crisi economica scoppiata nel 2008, con un‟analisi a
livello globale, italiano, della Regione Lombardia e infine focalizzandosi sulle Province di
Varese e Milano.
Nella terza parte del lavoro vengono presentati i lavori di analisi qualitativa sugli indici dei
bilanci aziendali per identificare se esistono degli “indici spia” anticipatori di una situazione di
crisi aziendale che si concluderà probabilmente con l‟accesso ad una procedura concorsuale.
Viene inoltre presentata l‟analisi quantitativa sull‟impatto della riforma della legge fallimentare,
analizzando il numero di imprese che hanno avuto accesso alle procedure concorsuali negli
ultimi 8 anni nelle Province di Varese e Milano.
Nell‟ultima parte vengono presentate le conclusioni del lavoro.
8
CAPITOLO I: IL CONCORDATO PREVENTIVO
Il Titolo III della legge fallimentare, dall'art. 160 all'art. 186 contiene la disciplina relativa al
concordato preventivo, oltre a quella sugli accordi di ristrutturazione. Il concordato preventivo
appare essere la principale procedura concorsuale autonoma alternativa al fallimento, sia in
termini di numero di articoli di legge ad esso dedicati, sia nel numero di procedure
effettivamente aperte presso i Tribunali della Lombardia e della Repubblica italiana.
Scopo del concordato preventivo è quello di permettere all'imprenditore o all'azienda in crisi di
sanare la propria posizione e tornare alla normale attività aziendale, oppure liquidare l'attività
senza andare incontro ad un fallimento. Il ricorso alla procedura concorsuale alternativa ha il
fine di evitare gli strascichi legati procedura fallimentare quali lo spossessamento del
patrimonio dell'imprenditore, il controllo della corrispondenza, gli alti costi e i lunghi tempi
della procedura, oltre alla “macchia” reputazionale che il fallimento comporta rendendo
difficoltoso nel futuro per il fallito accedere al credito.
Punto di partenza per la revisione della normativa sul concordato fallimentare è stata
l'istituzione il 28 novembre 2001 della Commissione Trevisanato , lo stesso organo che ha
curato più in generale la riforma della legge fallimentare. Le indicazioni impartite dal Governo
alla commissione vertevano inforno alla modifica della disciplina del concordato fallimentare,
in modo da accelerare i tempi della procedura e prevedendo la suddivisione dei creditori in
classi. Essendo l'indicazione del governo indirizzata al concordato fallimentare, ciò ha creato
alcuni ritardi nel completamento della riforma del concordato preventivo, che è stato infatti
aggiornato con il decreto d.lgs. 169/2007, legge che risolve dubbi interpretativi nati in seguito
alla riforma della legge fallimentare con il d.lgs. 5/2006.
9
L'indirizzo ispiratore della Commissione Trevisanato è stato quello di sostituire le procedure
concorsuali allora vigenti (fallimento, concordato preventivo, amministrazione controllata,
liquidazione coatta amministrativa, amministrazione straordinaria) con una disciplina più
unitaria e basata su meccanismi di prevenzione della crisi d'impresa, così da far emergere
situazioni economico-finanziarie-patrimoniali sofferenti prima che la situazione sia
irrimediabilmente compromessa. È infatti dimostrato dalla finanza d'impresa che il complesso di
beni e know-how che costituiscono un'azienda hanno un valore molto di più altro rispetto ad un
insieme di beni da liquidare separatamente.
Punto centrale della riforma è stato l'abbattimento della caratteristica sanzionatoria delle
procedure concorsuali nei confronti dell'imprenditore; si è anzi lavorato per far sì che sia
l'imprenditore stesso a chiedere l'accesso alla procedura di concordato preventivo quando la
crisi d'impresa risulti ad uno stato iniziale e sanabile. Questo è stato possibile grazie ad
un'impostazione più privatistica e contrattuale del concordato preventivo e delle altre procedure
concorsuali; ciò avrebbe dovuto portare secondo il legislatore a diminuire la durata delle
procedure e i relativi costi.
1 Presupposti per l'ammissione
Per poter accedere alla procedura di concordato preventivo devono essere rispettati due
presupposti: uno oggettivo ed uno soggettivo, come indicato dall'art. 160.
Il primo presupposto trova fondamento nel primo e ultimo comma del citato art. 160: viene
infatti indicato che l‟unico soggetto legittimato a proporre ai creditori un concordato preventivo
è l‟imprenditore e che questi deve trovarsi in uno stato di crisi. Per crisi bisogna intendere anche
lo stato di insolvenza, come indicato dal d.lgs. 37/2005, come indicato espressamente nell‟art.
36 del citato decreto, che ha integrato l‟art. 160 della legge fallimentare.
10
Non esiste una definizione univoca di crisi d‟impresa che può essere collegata all‟ammissibilità
al concordato preventivo, tuttavia segnali validi ad indicare una crisi aziendale in atto sono
squilibri negli indici di bilancio, calo delle vendite, difficoltà a reperire nuove fonti di
finanziamento, ridimensionamento del patrimonio a seguito di perdite pregresse.
Il secondo presupposto ci si rifà a quanto indicato dall‟articolo 1 della legge fallimentare;
appare pertanto che tutti gli imprenditori assoggettabili al fallimento possano avanzare richiesta
di ammissione al concordato preventivo. Con la riforma della legge fallimentare sono stati
eliminati i requisiti di meritevolezza, tra cui l‟iscrizione al registro delle imprese da almeno due
anni, pratica che risultava discriminante nel caso di difficoltà aziendali per le società irregolari.
È possibile fare domanda di concordato anche per le società poste in liquidazione3. Il fatto che
siano venuti meno i presupposti di meritevolezza ha facilitato il salvataggio di un numero
maggiore di imprese, oltre che eliminare un aspetto “punitivo” della vecchia normativa.
2 Piano di concordato
Il debitore in crisi4 che intende accedere alla procedura di concordato preventivo deve
predisporre un piano5 che contenga una proposta finalizzata al risanamento dell'impresa oppure
alla sua liquidazione.
Tale proposta viene esplicitata in un piano secondo l'art. 160 può prevedere la ristrutturazione
dei debiti e la soddisfazione dei crediti attraverso qualsiasi forma oppure tramite l'attribuzione
3
Il concordato può infatti realizzare la soddisfazione dei creditori anche mediante la cessione delle attività con
funzione esclusivamente liquidatoria; si veda Tribunale di Salerno, 5 ottobre 2005.
4
Ai fini dell‟ammissione alla procedura è indifferente che lo stato di crisi sia dipeso da cause imputabili al
debitore o da eventi del tutto estranei dalla sua volontà, ed è irrilevante il fatto che la crisi affondi le proprie
radici all‟interno o all‟esterno dell‟impresa (Nigro e Vattermoli, 2009).
5
Tale piano costituisce un presupposto di ammissibilità alla procedura, in mancanza del quale la proposta di
concordato rimane priva di contenuto, si veda Tribunale di Roma, 8 marzo 2006.
11
delle attività d'impresa ad un assuntore, che può estromettere l'imprenditore in crisi (accollo
liberatorio) o agire in solido con lui6 (accollo cumulativo).
A differenza del concordato fallimentare, la legge richiede che la proposta si basi su un piano
che verrà attestato da un professionista esterno incaricato dall‟imprenditore7 in possesso dei
requisiti di cui all'art. 67 c. 3 lett. d)8 e dal quale dovrebbero emergere tutti gli elementi rilevanti
ai fini dell'esatta esecuzione del concordato. Il piano dovrebbe essere sviluppato comprendendo
un piano finanziario, con l'indicazione delle risorse necessarie all'adempimento e le fonti di
finanziamento, eventuali garanzie prestate da terzi, un piano dei pagamenti con l'indicazione del
tempo e delle modalità di soddisfacimento dei creditori e un piano di liquidazione9.
La ratio che attribuisce la possibilità al solo debitore di iniziare la procedura per l‟ammissione al
concordato preventivo è legata al fatto che il legislatore ha inteso evitare l‟ingerenza dei
creditori, ancora non toccati direttamente dalla crisi, in certe scelte che, attendendo
all‟organizzazione dell‟attività economica, debbono rimanere lasciate alla discrezionalità del
debitore. L‟imprenditore è inoltre incentivato a richiedere l‟apertura del concordato preventivo,
in quanto una volta dichiarato il fallimento egli non può presentare una proposta di concordato
fallimentare se non trascorso un anno dall‟apertura della procedura come da art. 124 c. 1.
Le lettere c) e d) c. 2 dell'art. 160 attribuiscono al debitore la possibilità di suddividere i
creditori in classi secondo la posizione giuridica ed interessi comuni prevedendo trattamenti
6
L'assuntore può essere un soggetto terzo, uno o più creditori, una società già esistente o una new co. di nuova
costituzione: quest'ultimo caso può risultare particolarmente interessante per acquistare la proprietà della società
in crisi, poiché limita il rischio di fallimento per l'assuntore, il quale crea una società di capitali staccata
dall'impresa principale e facilmente finanziabile tramite leva finanziaria elevata.
7
Secondo quanto espresso dalla Cassazione in data 4 febbraio 2009 n. 2.706 il professionista può aver svolto in
precedenze attività in favore della società.
8
La riforma ha reso la norma più stringente rispetto a prima, indicando espressamente che il professionista deve
essere iscritto nel registro dei revisori contabili, oltre che godere delle caratteristiche per svolgere il compito di
curatore come indicato dall'art. 28.
9
Si veda a tale riguardo Nigro e Vattermoli (2009).
12
differenziati tra i creditori appartenenti a classi diverse10 differenziati per posizione giuridica e
interessi economici omogenei. La possibilità lasciata al debitore di formare classi con
trattamenti differenziati insegue l'interesse generale di garantire ai creditori un trattamento
migliore rispetto a quello che essi potrebbero ottenere da soluzioni alternative effettivamente
praticabili.
È inoltre concessa la possibilità a norma dell'art. 160 c. 2 di prevedere che i creditori privilegiati
possano essere soddisfatti parzialmente, alle seguenti condizioni:
a) il creditore privilegiato pagato parzialmente deve essere soddisfatto in misura pari o superiore
rispetto a ciò che avrebbe ricavato in caso di liquidazione, avuto riguardo al valore dei beni sui
quali sussiste la causa di prelazione;
b) un professionista in possesso dei requisiti di cui all'articolo 67, terzo comma, lettera d) deve
redigere una relazione giurata da cui risulta il valore di mercato11 attribuibile ai beni o diritti sui
quali sussiste il privilegio.
La possibilità per il debitore di identificare dei metodi di trattamento differenziati per i vari
soggetti si può intendere come una parziale deroga al principio di par condicio creditorum che è
alla base delle procedure concorsuali. Tuttavia in questo caso il legislatore ha voluto privilegiare
la formazione di accordi di natura più contrattualistica tra i soggetti, in modo da favorire la
fattibilità del concordato preventivo e la velocità attraverso cui i soggetti potranno vedere
soddisfatto il loro credito.
10
Il Tribunale di Milano in data 16 aprile 2008 ha precisato che nel concordato preventivo il tribunale valuta la
formazione delle classi, verificandone la loro coerenza con il piano e funzionali alla sua fattibilità. Il tribunale
verifica inoltre il rispetto della posizione giuridica dei creditori privilegiati e l'omogeneità degli interessi
economici quale parametro di aggregazione all'interno di ciascuna classe.
Il tribunale milanese ha inoltre specificato che è corretto inserire tutti i creditori chirografari in un'unica classe, in
quanto essi si possono considerare accomunati da un interesse antagonista rispetto a quello dei privilegiati.
11 Secondo la tale valore non deve essere quello commerciale o oggettivo astrattamente considerato, ma quello
determinato con riferimento ad un impresa in crisi (Mandrioli, in Memento pratico Ipsoa Fallimento 2010).
13
Sulla scia di questa visione contrattualistica il la Cassazione con sentenza n. 2706 del 4 febbraio
2009 ha stabilito che i soci finanziatori, in quanto creditori postergati, non possono essere
ricompresi nella stessa classe dei chirografari, dato che tale collocazione violerebbe il criterio
dell‟omogeneità dei degli interessi economici che deve ispirare la formazione delle classi.
Tuttavia secondo la Suprema Corte, trattandosi di creditori da soddisfare dopo l‟estinzione degli
altri crediti, si potrebbe derogare al principio della postergazione, se risulta il consenso della
maggioranza di ciascuna classe.
Il rischio derivante da una discriminazione dei creditore differenziandoli per classi è mitigato
dal controllo che il tribunale esercita sulla procedura12: in questo modo un soggetto che vanta un
credito piccolo, e che non ha quindi in termini reali un peso influente sul voto può non vedere
pregiudicati i propri interessi.
È importante notare il fatto che il legislatore ha cancellato i limiti di rimborso del 40% per i
creditori chirografari e del 100% dei creditori privilegiati, limiti che rappresentavano molto
spesso un ostacolo insormontabile alla possibilità di presentare domanda di ammissione al
concordato, specie quando l‟azienda si già si trovava una fase di crisi avanzata.
12 Il tribunale è chiamato a valutare esclusivamente la “correttezza dei criteri di formazione delle diverse classi”
(art. 163 c.1). Ciò significa che ogni verifica riguardo la verifica della ragionevolezza del trattamento diseguale è
rimessa esclusivamente ai creditori chiamati ad accettare la proposta.
14
3 Ammissione alla procedura
Di seguito viene riportato uno schema riassuntivo che illustra le varie fasi della procedura di
concordato preventivo.
15
3.1 Presentazione della domanda di ammissione
La presentazione delle domande di ammissione alla procedura di concordato preventivo è
regolata dall‟art. 161. La proposta viene presentata con ricorso sottoscritto dal debitore13 al
tribunale del luogo in cui l‟impresa ha la propria sede principale14; nel caso in cui la sede sia
stata trasferita nell‟anno precedente la domanda di ammissione, questa non rileva ai fini
procedurali e pertanto, come nel caso di fallimento, il tribunale competente risulta essere quello
in cui era sita la vecchia sede principale dell‟impresa.
Al momento della presentazione del ricorso il debitore deve presentare in allegato la
documentazione richiesta dal c. 2 dell‟art. 161, ovvero:
a) Una relazione aggiornata sulla situazione economica, patrimoniale e finanziaria
dell‟impresa;
b) Un elenco analitico ed estimativo delle attività e l‟elenco nominativo dei creditori,
indicando i relativi crediti e cause di prelazione;
c) Un elenco dei titolari di diritti e reali o personali sui beni di proprietà o in possesso del
debitore;
d) Il valore dei beni e i creditori particolari degli eventuali soci illimitatamente
responsabili.
Quanto sopra indicato deve essere accompagnato da una relazione di un professionista in
possesso dei requisiti imposti per essere nominati curatore ex art. 28 ed iscritto al registro dei
13
Nel caso di imprenditore individuale è l‟imprenditore stesso a proporre il ricorso, mentre per le società la
presentazione del ricorso deve essere deliberata dagli amministratori (art. 152 c. 2 lettera b) come rimandato
dall‟art. 161 c. 4. La legge esclude che la sottoscrizione possa essere apposta dal solo legale dell‟impresa, sia
pure munito di apposita procura, in considerazione della particolare importanza che la legge riconosce alla
proposta di concordato.
14
La competenza del Tribunale è funzionale e come tale inderogabile (Del Giudice, 2008).
16
revisori contabili. Tale relazione deve attestare la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del
piano (art. 161 c. 3).
Se il debitore intende proporre domanda di transazione fiscale avente ad oggetto i crediti
tributari, egli deve provvedere anche al deposito di tale domanda.
Come indicato dall‟ultimo comma dell‟art. 161 copia della domanda di concordato deve essere
trasmessa al Pubblico Ministero, il quale viene così messo in condizione di intervenire e di
esercitare i poteri che la legge gli riconosce in quanto organo posto a tutela di interessi
pubblici15.
3.2 Relazione del professionista
Come indicato nel precedente paragrafo, il piano di concordato preventivo deve essere
accompagnato dalla relazione di un professionista avente i requisiti indicati dall‟art. 67 c. 3 lett.
d) che ne attesti la veridicità dei dati e la fattibilità16 senza guardare alla sola conformità dei dati
del piano con le scritture contabili17, ma considerando la reale possibilità di implementare il
piano industriale tenendo conto della situazione della fase congiunturale e della situazione di
15
“Nella procedura di concordato il P. M. ha il ruolo di controllo della regolarità del suo svolgimento e può
impedire che l beneficio sia indebitamente concesso, potendo attivarsi se ritiene che il rimedio al concordato
penalizzi la massa concorsuale” (Cassazione 24 luglio 2007 n. 16.396).
16
Nel caso di piano liquidatorio, la fattibilità si riferisce all‟assenza di limitazioni circa la vendita dei beni, mentre
nel caso di piano dinamico, cioè finalizzato al risanamento dell‟impresa, si devono valutare comparativamente le
ipotesi alternative ed indicare gli obiettivi e le risorse che permettono all‟impresa il recuperio di una condizone
di equilibrio per i piani di risanamento (Tribunale di Bologna 17 febbraio 2009).
17
La legge non indica nei dettagli il contenuto della relazione, tuttavia essa non può limitarsi ad una semplice
rendicontazione della situazione contabile, come indicato dal Tribunale di Messina, secondo cui “il
professionista deve: a) attestare la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano medesimo; b) rendere
ricostruibile l’iter logico posto a base delle sue valutazioni;c) compiere una serie di controlli articolati nelle
seguenti fasi: 1) accertamento delle scritture contabili e della regolare tenuta dei libri sociali obbligatori, 2)
controllo (sia formale che sostanziale) della corrispondenza dei dati esposti nella situazione economico-
finanziaria della società prodotta a sostegno della proposta di concordato con le scritture contabili del corrente
anno; rilevazione del contenuto dei verbali di verifica redatti dal collegio sindacale e delle relazioni di
quest’ultimo organo per verificare l’attendibilità delle scritture contabili e dei libri sociali, nonché della
corretta redazione dei bilanci d’esercizio chiusi negli anni precedenti […]; controllo incrociato delle
esposizioni debitorie attraverso il riscontro della documentazione contabile d’appoggio della debitrice con i
documenti provenienti dai creditori, 3) riesame del passivo e predisposizione del prospetto relativo al passivo
rettificato allegato alla proposta; indicazione delle passività potenziali riferibili a contenziosi prendenti o
prevedibili, 4) attestazione della veridicità dei dati aziendali e fattibilità del piano medesimo, dando conto dei
riscontri e della documentazione esaminata, nonché della metodologia eseguita nei controlli effettuati”.
17
crisi dell‟impresa, che sicuramente può comportare scetticismo nell‟erogare credito da parte dei
finanziatori e dei fornitori.
Secondo la giurisprudenza la relazione non costituisce una condizione di ammissibilità, ma solo
un elemento di regolarità della domanda di concordato, tanto che potrebbe essere presentata in
un secondo momento, se mancante, oppure integrata, se non conforme alla legge (Tribunale di
Sulmona 19 gennaio 2006, Tribunale di Milano 7 novembre 2005).
Per ciò che concerne la responsabilità del professionista, la legge fallimentare non indica una
disciplina specifica, pertanto, in applicazione di principi generali, il professionista è
responsabile sia dei nei confronti dei creditori sia dei terzi danneggiati da suoi comportamenti
dolosi o colposi. Secondo la dottrina la responsabilità nei confronti dei creditori ha natura
contrattuale: egli infatti deve valutare la fattibilità del piano avendo presente la soddisfazione di
tutti i creditori e la sua relazione è destinata alla pubblicazione e perciò incide sulla formazione
del consenso dei creditori. Ad ogni modo il nesso di causalità fra il comportamento colposo del
professionista e il danno lamentato dal creditore o dal terzo si deve ritenere interrotto dal
decreto di omologazione del tribunale, che in tale sede esamina nel merito il piano di
concordato proposto, anche alla luce delle relazione del professionista.
Il professionista è responsabile a titolo contrattuale nei confronti del debitore che lo ha
nominato. Tale responsabilità si fonda sulla valutazione della diligenza professionale (art. 1176
c. 2 c. c.) e nasce nel caso di condotta che si dimostri negligente, imperita o imprudente. Se il
debitore fallisce l‟azione di responsabilità del fallito è fatta valere dal curatore.