PREFAZIONE
Ultima tappa del decennale processo di armonizzazione della normativa contabile comunitaria,
l’adozione dei principi contabili internazionali ha rappresentato una novità di portata
rivoluzionaria, sia sotto il profilo contabile che in ambito fiscale.
Si tratta infatti di un set di regole contabili in tanto radicalmente innovative in quanto
dichiaratamente pensate perché i principali fruitori (“stakeholders”) del bilancio siano gli
investitori - attuali e potenziali - in capitale di rischio (e non i creditori, come nella tradizione
civilistica nazionale).
Cosicchè, come ha osservato G. Zanda, “nell’ambito dei differenti soggetti interessati alle
informazioni di bilancio, il Framework evidenzia che tali soggetti non sono tutti sullo stesso piano:
lo IASB privilegia, volutamente, le aspettative informative degli investors, ipotizzando un
allineamento tra le esigenze di questa tipologia di utilizzatori e quelle della maggior parte degli
altri destinatari del bilancio. Ciò sembra rispondere alla fondamentale esigenza dell’economia di
mercato in cui i conferenti il capitale di rischio appaiono i principali protagonisti che necessitano
ampie informazioni al fine di una efficiente allocazione delle risorse”.
Un bilancio che, per espressa previsione normativa, intende porsi quale strumento utile per
le decisioni economiche degli investitori, non può che essere orientato a rappresentare, nello stato
patrimoniale, il valore del patrimonio a fine esercizio espresso a valori economici, e, nel conto
economico, la variazione, registrata nell’esercizio per effetto della gestione, del valore economico
del capitale netto iniziale.
Il marcato orientamento al mercato degli IAS/IFRS, dunque, fa si che al tradizionale modello
contabile basato sul “costo storico”, si sostituisca un paradigma contabile nel quale il criterio del
fair value rappresenta un costante driver di valutazione delle poste di bilancio, talvolta alternativo
al criterio del “costo storico”, tal altra obbligatorio ed incondizionato modello contabile di
valutazione.
Da quanto supra premesso occorre prendere le mosse per rilevare che, con l’esplosione
della crisi finanziaria e reale che ha interessato le principali economie mondiali a far data dal
settembre 2008
1
, il predetto paradigma del fair value è stato oggetto di dure critiche, insinuando,
tra studiosi e addetti ai lavori, più di un dubbio sulla opportunità di ripristinare un sistema contabile
maggiormente ancorato al più prudente criterio del costo.
Infatti, in condizioni turbolente di mercato, laddove i prezzi non esprimono tali condizioni
in ragione dell’incapacità del mercato di “diffondere” correttamente il valore, il principale
1
Crisi, è appena il caso di ricordarlo, innescata dal default di alcune delle più importanti banche d’affari
americane (su tutte, Lehman Brothers)
problema connesso all’adozione di un sistema contabile fair value oriented è costituito dai possibili
errori di misurazione generati rispettivamente dal riferimento a prezzi di mercato che non sono
espressivi del fair value o dall’utilizzo di modelli valutativi inadeguati ad esprimere le effettive
perdite economiche.
Gli errori di misurazione sono a loro volta fonte di volatilità artificiale, ovvero di volatilità
aggiuntiva rispetto a quella del fair value in sé.
Peraltro, come affermano L. Guatri e M. Bini, “la volatilità artificiale indotta dall’applicazione del
fair value accounting in un contesto di crisi di mercati finanziari può assumere tali dimensioni da
causare instabilità del sistema finanziario e creditizio”. In altre parole, “il timore nasce dalla
convinzione che in un contesto di generalizzata crisi finanziaria e reale un sistema contabile
incentrato sul fair value non sia neutrale (ovvero non si limiti a rappresentare la realtà, ma finisca
con deformarla) e quindi possa generare effetti indesiderati, in grado di aggravare la crisi senza al
contempo accelerarne la soluzione”.
In effetti, in discussione non appare solamente il carattere pro-ciclico dei bilanci IAS
compliant, ma più in generale la capacità di questi di costituire un efficace strumento di
rappresentazione dello stato di salute delle società nelle congiunture sfavorevoli dei mercati
finanziari.
Ad accelerare la crisi finanziaria ha concorso cioè una grave crisi di fiducia nei bilanci quali
indicatori della effettiva performance delle aziende.
Rileva in proposito autorevole dottrina che “il venir meno della fiducia nei bilanci ha fatto perdere
al mercato un riferimento essenziale al quale ancorare le valutazioni fondamentali degli strumenti
finanziari di debito e di rischio; e ciò costituisce una delle principali cause (unitamente
all’illiquidità) che impediscono ai prezzi (comprese le quotazioni di borsa) di esprimere
indicazioni attendibili di valore”.
Non può tacersi che il quadro delineato appare ulteriormente complicato dagli effetti dell’adozione
dei principi contabili internazionali sulla tempistica di formazione degli imponibili.
Infatti, la descritta volatilità dei risultati contabili, alla luce del cd. “principio di derivazione
rafforzata dell’imponibile” dall’utile, pone la questione, ad oggi poco dibattuta, della volatilità
degli oneri fiscali, nell’ottica delle imprese, e del prelievo impositivo, in ottica erariale.
D’altra parte, sotto questo profilo, gli IAS/IFRS sono molto più imprevedibili dei principi
nazionali, posto che, in primis, il principio substance over form porta alla qualificazione e alla
rilevazione di determinate operazioni secondo logiche non facilmente prevedibili, ed in secondo
luogo che gli stessi standards sono in continua evoluzione.
Ne consegue una certa difficoltà del legislatore tributario a pianificare gli imponibili, ossia un
vincolo per la finanza pubblica ad agire efficacemente sulla leva fiscale, circostanza assai
indesiderabile soprattutto nel pieno di una congiuntura economica sfavorevole.
È solo tenendo in debita considerazione quanto sinora argomentato che si può comprendere
la cruciale importanza, specie in contesti di crisi finanziaria, di un corretto esercizio
dell’impairment test in bilancio.
Al test di riduzione di valore infatti, quale strumento cui gli IAS/IFRS affidano il compito di
“guardiano” della rappresentazione veritiera e corretta delle poste di bilancio, “spetta in questa
fase di crisi di fiducia il compito di rimediare alle inadeguatezze che i principi di consolidamento e
di cancellazione di attività finanziarie cartolarizzate hanno consentito di non far emergere in
bilancio. L’ i m p airment test dovrà essere in grado di allocare il più rapidamente possibile nei
bilanci delle società le perdite di valore effettivamente subite per effetto di errati investimenti
finanziari e reali e non ancora per intero emerse (…); se l’impairment test fallirà in questo
compito e una parte rilevante delle perdite non verrà allocata nei conti delle società che redigono i
bilanci ai sensi degli IAS/IFRS, ne soffriranno i mercati finanziari e (…) i tempi di uscita dalla
crisi saranno inevitabilmente più lunghi. Le esigenze di ricapitalizzazione non emergeranno con
immediatezza e si procrastineranno nel tempo, con gli inevitabili effetti di distruggere
ulteriormente valore per gli azionisti, di rendere opaca l’informazione contabile, di perpetuare la
crisi di fiducia nei bilanci”
2
.
In buona sostanza solo un impairment test guidato da fattori economici, e non da
politiche contabili, può evitare che le imprese possano mantenere in bilancio attivi
sopravvalutati.
Quanto detto assume primaria importanza per le imprese bancarie, oggetto di indagine nel presente
lavoro, alla luce della preponderanza degli strumenti finanziari nei bilanci delle stesse.
È soprattutto con riferimento ai bilanci delle banche che amministratori e consulenti, società di
revisione e organi di controllo, autorità di vigilanza e organismi nazionali di contabilità, sono
chiamati ad affrontare una delicata sfida: promuovere un significativo progresso nella direzione
di una maggiore qualità e trasparenza dell’impairment test.
Il capitolo 4 di questa tesi vuole costituire un contributo in tal senso: illustra infatti i
risultati di un’indagine condotta sui bilanci consolidati relativi agli esercizi interessati dalla crisi
finanziaria (2007,2008, 2009 e soprattutto 2010
3
), indagine connotata da un duplice respiro: si è
2
L. Guatri, M. Bini, “L’impairment test nell’attuale crisi finanziaria e dei mercati reali”, Egea, 2010.
3
È appena il caso di sottolineare, essendo opinione diffusa tra gli analisti finanziari, che per effetto del rally
che ha caratterizzato le principali Borse a partire dal Marzo 2009, dando sollievo soprattutto ai titoli bancari,
gli effetti più significativi della crisi verranno infatti riscontrati nei bilanci 2010.
inteso da una parte verificare ex post l’ampiezza e la qualità dell’informazione contabile sino ad
oggi fornita in “nota integrativa” per gli impairment tests; dall’altra, registrare il profilo meramente
quantitativo del fenomeno in esame.
Ai restanti capitoli è affidato l’onere di esaurire la trattazione squisitamente teorica
dell’elaborato: dalla normativa di riferimento del bilancio bancario (capitolo 1) all’analisi delle
principali poste ivi iscritte e dei relativi criteri di iscrizione/valutazione (capitolo 2), dall’esame
degli standards vigenti – IAS 32 e IAS 39 - , delle modifiche intervenute – Regolamento CE n.
1004/2008
4
- e di quelle in via di adozione – IFRS 9 – all’approfondimento delle accennate
interrelazioni tra impairment test e crisi finanziaria (capitolo 3).
4
Con cui l’UE ha recepito uno specifico emendamento dello IASB allo IAS 39.
La normativa di riferimento del bilancio bancario
1
CAPITOLO PRIMO
LA NORMATIVA DI RIFERIMENTO DEL BILANCIO BANCARIO
SOMMARIO: 1.1 Il processo di armonizzazione contabile – 1.1.1 L’armonizzazione diretta – 1.1.2 Le novità
introdotte dal Decreto “Milleproroghe” – 1.1.3 L’armonizzazione indiretta – 1.1.4 Gli sviluppi innescati
dalla crisi finanziaria – 1.1.5 Considerazioni sulla armonizzazione della normativa contabile – 1.2
Evoluzione normativa in materia di bilancio delle banche
1.1 Il processo di armonizzazione contabile
Il processo di standardizzazione della disciplina dei bilanci in sede comunitaria ha preso avvio tra la
fine degli anni ’60 e i primi anni ’70.
1
Si possono individuare, ad oggi, tre fasi di tale percorso:
I. Emanazione delle “direttive contabili”:
- Direttiva n. 78/660/CEE (cd. “IV Direttiva”), in materia di redazione dei bilanci delle
società di capitali;
- Direttiva n. 83/349/CEE (cd. “VII Direttiva”), in tema di redazione dei bilanci
consolidati
2
;
- Direttiva n. 86/635/CEE, in materia di bilancio delle imprese bancarie e finanziarie
3
;
- Direttiva n. 91/674/CEE, inerente al bilancio delle imprese di assicurazione
4
.
II. Pianificazione della nuova strategia in materia di informativa finanziaria dell’Unione
Europea, avviata con i seguenti atti:
- Comunicazione della Commissione Europea al Parlamento del 1995 in tema di
armonizzazione contabile;
- Comunicazione della Commissione Europea al Parlamento del 2000 avente ad
oggetto la via da seguire in materia di informativa finanziaria;
e implementata attraverso due strade parallele:
- Processo di “armonizzazione diretta”: si sostanzia nei Regolamenti di adozione degli
IAS/IFRS in ambito UE;
- Processo di “armonizzazione indiretta”: consiste nella revisione (altrimenti nota
come “modernizzazione”) delle direttive contabili.
1
L’Unione Europea era ancora Comunità Economica Europea (CEE).
2
Sia la IV Direttiva che la VII Direttiva sono state recepite nell’ordinamento interno con il D.Lgs. n. 127/1991.
3
Recepita con il D.Lgs. n. 87/1992.
4
Recepita con il D.Lgs. n. 173/1997.
La normativa di riferimento del bilancio bancario
2
III. La terza fase, avviata a seguito della recente crisi dei mercati finanziari ed ancora in atto, ha
l’obiettivo - muovendo dalle indicazioni emerse dal Financial Stability Board e dal G20 di
Londra (2 aprile 2009) - di giungere alla definizione, a livello mondiale, di un set di “global
accounting standars” individuati negli IAS/IFRS.
L’emanazione delle succitate “direttive contabili”, segnando l’avvio del processo di
standardizzazione, ha rappresentato una tappa importante, sebbene non risolutiva, del processo di
armonizzazione della normativa contabile europea.
Infatti, a fronte di un indubbio miglioramento sotto il profilo sia qualitativo che quantitativo
dell’informativa offerta nei bilanci, le numerose “opzioni” concesse nei testi normativi hanno fatto
sì che le legislazioni nazionali che hanno recepito negli ordinamenti interni le norme UE siano
risultate spesso assai differenti tra di loro, producendo un effetto solo parziale e non certo
sufficiente in termini di standardizzazione contabile.
In altre parole, le “direttive contabili”, più che l’auspicata armonizzazione delle norme di redazione
dei bilanci, hanno condotto ad una equivalenza (rectius comparabilità) tra i financial statements
delle società intra-UE.
In esito ad un lungo periodo di discussioni, nel 1995, la Commissione Europea pubblicava la
Comunicazione COM 95 (508), rubricata: “Armonizzazione contabile: una nuova strategia nei
confronti del processo di armonizzazione internazionale”.
Obiettivi dichiarati della predetta Comunicazione erano, da una parte, quello di offrire alle società
europee a vocazione internazionale (che avessero desiderato quotarsi sui mercati dei capitali extra-
UE) la possibilità di presentare un’ unica serie di conti, con conseguente riduzione dei costi
1
;
dall’altra, migliorare la comparabilità dei conti consolidati delle società, con conseguente
incremento della competitività in ambito comunitario (secondo una prospettiva volta a favorire, in
ottica futura, le PMI in cerca di capitali esterni).
La soluzione prospettata nel suddetto documento, nel duplice intento di soddisfare le aspettative dei
globalplayers e nel contempo salvaguardare l’impianto delle “direttive contabili”, consisteva nella
costruzione di un sistema flessibile in grado di permettere un rapido adeguamento agli sviluppi in
atto e a quelli futuri, inserendosi nel processo di armonizzazione contabile intrapreso a livello
1
Sul punto, si legge nel documento: “le grandi società europee che desiderano raccogliere capitali sui mercati
internazionali, per lo più alla Borsa di New York, sono obbligate a predisporre a tal fine una seconda serie di conti. Si
tratta di un lavoro ponderoso e costoso che costituisce senz'altro uno svantaggio competitivo. La redazione di più serie
di conti può dar luogo altresì a confusione. Inoltre le società sono indotte sempre più ad allinearsi a norme contabili
(US Generally Accepted Accounting Principles - GAAP) che sono state messe a punto senza alcun apporto europeo.
Giacché un numero crescente di Stati membri sta attuando importanti programmi di privatizzazione e il fabbisogno di
capitali delle società interessate è in aumento, sempre più società si trovano di fronte a tale problema”.
La normativa di riferimento del bilancio bancario
3
internazionale dallo International Accounting Standards Committee (IASC)
1
così da favorirne
anche il concreto sviluppo. A tal fine, occorreva preliminarmente accertare la compatibilità dei
principi contabili emanati dallo IASC con le surrichiamate “direttive contabili”: verifica da
condurre a livello di bilanci consolidati in quanto un’impostazione generale che avesse ricompreso
anche i bilanci individuali avrebbe dato origine a più controversie, dato che in molti Stati membri
vige un principio di derivazione dell’imposizione sui redditi dai bilanci societari.
Un’ulteriore spinta all’accelerazione del processo di convergenza verso gli IAS si registrava
con il Consiglio Europeo di Lisbona del 23-24 marzo 2000 nel corso del quale veniva sottolineato
come, ai fini della realizzazione di un mercato finanziario unico europeo fosse necessario
migliorare “la comparabilità dell’informativa finanziaria pubblicata dalle imprese a beneficio delle
imprese stesse e degli investitori”.
Nel 1996, il Comitato di Contatto pubblicò un documento nel quale esponeva i risultati
dell’attività effettuata. Il paper aveva la finalità di“analizzare il livello di corrispondenza esistente
fra i criteri sanciti dai Principi contabili internazionali e le Direttive contabili europee, in modo da
costituire il punto di riferimento sulla base del quale gli Stati membri potranno decidere se ed in
che misura le rispettive imprese possano, ove lo desiderino, applicare i principi contabili
internazionali”. Sebbene il documento del Comitato di Contatto non contenga una conclusione
esplicita circa la conformità dei principi contabili internazionali con le “direttive contabili”, la
circostanza che siano stati evidenziati solo due limitati profili di incompatibilità tra disposizioni
degli IAS e “direttive contabili” fa comprendere come il Comitato di Contatto abbia di fatto
espresso un giudizio implicitamente positivo sulla compatibilità degli IAS con le “direttive
contabili”.
In siffatto contesto, la Commissione Europea emanava la Comunicazione del 13 giugno
2000 rubricata “La strategia dell’UE in materia di informativa finanziaria: la via da seguire”.
1
Lo IASC – International Accounting Standard Committee – è un’associazione di diritto privato costituita nel 1973 da
rappresentanti delle professioni contabili provenienti da dieci Paesi europei dalla macroarea dell’America centro-
settentrionale, e dal Giappone. Per quanto riguarda l’Italia, la partecipazione è svolta dalla CONSOB. Questo
organismo ha ottemperato alla richiesta proveniente principalmente dalle autorità di controllo delle borse, riunite sotto
l’egida dell’International Organisation of Securities Commission (IOSCO) e con la supervisione del Comitato di
Basilea, di produrre un set di regole contabili di elevata qualità che, in futuro, vedranno la convergenza con gli US
GAAP e gli SFAS statunitensi. A partire dal 2001 un processo di ristrutturazione interna allo IASC ha portato alla
creazione di quattro organismi: 1. i trustees (persone fisiche di diversa provenienza geografica con funzioni di controllo
e di nomina dei membri degli organismi interni); 2. lo IASB, il quale si compone di 14 membri ed ha il compito di
redigere gli IFRS International Financial Reporting Standards – i nuovi principi che hanno sostituito gli IAS; 3. lo
Standard Advisory Council, il quale ha il compito di fornire suggerimenti allo IASB e segnalare gli argomenti
maggiormente meritevoli la sua attenzione. 4. l’IFRIC, International Financial Interpretation Committee, organismo
responsabile dell’emanazione delle nuove interpretazioni che assumeranno il compito svolto dal precedente organismo
del SIC – Standing Interpretation Committee.
La normativa di riferimento del bilancio bancario
4
Nel citato documento si manifestava la necessità di prevedere l’obbligo per le imprese di redigere i
propri conti annuali in conformità ad un corpus di principi contabili di elevata qualità,
internazionalmente riconosciuto e uniformemente adottato nell’ambito dei Paesi dell’Unione
europea.
La Commissione, individuati negli US-GAAP
1
e negli IAS i due set di principi contabili
maggiormente impiegati dalle società operanti nell’UE e accreditati di un ampio riconoscimento a
livello internazionale, esprimeva la sua preferenza per gli IAS
2
.
In particolare, la Commissione ha espresso la sua preferenza per gli IAS sulla base delle seguenti
considerazioni:
i. gli IAS offrono un insieme esauriente di principi contabili adeguati alle esigenze informative
dei mercati internazionali al pari degli US-GAAP;
ii. gli IAS sono principi redatti in un’ottica internazionale, a differenza degli US-GAAP che
sono elaborati in funzione delle esigenze del contesto statunitense;
iii. gli US-GAAP dettano regole estremamente dettagliate e prevedono numerose interpretazioni
che richiederebbero un lungo periodo di tempo per essere assimilate nell’ambito dell’Unione
europea;
iv. l’efficace applicazione degli US-GAAP è dovuta in larga misura ai forti poteri di
regolazione della Sec, mentre nei Paesi dell’Unione europea non vi sono, se non in rari casi,
autorità di vigilanza aventi poteri analoghi a quelli della SEC;
v. l’Unione europea non ha alcun ruolo nella redazione degli US-GAAP.
Alla Comunicazione della Commissione del 13 giugno 2000 hanno fatto seguito, da una parte,
l’approvazione del Regolamento Comunitario n. 1606 del 19 luglio 2002
3
, dall’altra, la
“modernizzazione” delle direttive contabili, attraverso le Direttive nn. 2001/65/CE e 2003/51/CE,
come illustrato nelle pagine seguenti.
“La scelta di recepire i principi contabili internazionali attraverso un meccanismo dotato di
applicabilità diretta (i.e. self executing) quale è il regolamento, deriva dal fatto che l’uso dello
1
Acronimo di “Generally Accepted Accounting Principles”, gli US GAAP vengono emanati dal “Financial Accounting
Standards Board”, lo standards setter americano.
2
Come osserva G. Zanda, “tale scelta, resasi ufficiale con il Regolamento n. 1606/2002, non è stata casuale(…). La
motivazione è legata al fatto che il corpus degli US Gaap si presenta estremamente vario ed elaborato. Per ogni voce
di bilancio esistono molteplici interpretazioni e discipline particolari per ogni aspetto della materia. Inoltre tale
insieme di principi è corredato da un’ampia serie di Interpretazioni Ufficiali elaborate dalla SEC (Security Exchange
Commission), denominate APB Opinion, che variano in relazione all’operatività delle società chiamate ad applicare i
principi contabili (…)”.Cfr. G.Zanda, Il bilancio delle società, pg. 165, Giappichelli Editore, 2007.
3
Pubblicato in G.U.C.E. L. 243 dell’11 settembre 2002.
La normativa di riferimento del bilancio bancario
5
strumento della direttiva non sarebbe risultato agevole, tenuto conto anche del fatto che i principi
contabili internazionali sono oggetto di continue rivisitazioni e che i singoli Stati, nell’attuare le
medesime direttive, avrebbero potuto registrare qualche ritardo”
1
.
Diversamente, con riguardo alle società non quotate, si è inteso modificare le direttive
contabili già adottate, al fine di rendere i relativi bilanci maggiormente compatibili con il nuovo
assetto IAS compliant, in attesa di opportune valutazioni in merito al recepimento comunitario dei
principi emanati dallo IASB
2
per la redazione del bilancio delle piccole e medie imprese (cd. IFRS
for SMES’s
3
).
1
Cfr. Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 7 del 28 febbraio 2011.
2
Dall’aprile del 2001, a seguito della sostituzione dello IASC a favore dell’International Accounting Standards Board”
(di seguito “IASB”), i principi contabili internazionali di nuova adozione e le relative interpretazioni vengono
denominati rispettivamente “International Financial Reporting Standards” (di seguito “IFRS”) e “International
Financial Reporting Interpretations Committee” (di seguito “IFRIC”), ferma restando la possibilità del menzionato
organismo di rivisitare i principi contabili internazionali già emanati
3
Con comunicato stampa del 9 luglio 2009 lo IASB ha annunciato la pubblicazione di un set di principi contabili
espressamente indirizzato alle piccole e medie imprese. Nella relativa guida si legge: “The International Financial
Reporting Standards for Small and Medium-sized Entities is a set of high quality financial reporting principles that is
tailored for the capabilities of smaller businesses and for the needs of those who use small company financial
statements, (…) which are estimated to account for over 95 per cent of all companies around the world”. Cfr. “A Guide
to the IFRS for SME’s”, pg. 2.
La normativa di riferimento del bilancio bancario
6
Figura 1
Fonte: G.Zanda, Il bilancio delle società, pg. 172, con rielaborazioni dell’autore.
COMUNICAZIONE UE DEL 13
GIUGNO 2000
INNESCA
Meccanismo di adozione
diretta degli IAS
(armonizzazione diretta)
Modernizzazione delle
Direttive
(armonizzazione indiretta)
Regolamento Comunitario n.
1606 del 19 luglio 2002
Statuisce l’applicazione dei principi
contabili IAS/IFRS e obbliga tutte
le società quotate, esclusi gli
intermediari finanziari, banche e
imprese di assicurazione, a redigere
(a partire dal 1° gennaio 2005,
salvo proroghe al 2007 in
particolari casi) il bilancio
consolidato in conformità ai
principi IAS. Conferisce anche la
facoltà agli Stati membri di
permettere o imporre per le società
quotate l’applicazione degli IAS
anche nella redazione dei conti
annuali. Inoltre dà la facoltà agli
Stati membri di permettere o
imporre anche alle società non
quotate l’applicazione degli
IAS/IFRS sia per i conti annuali sia
per quelli consolidati.
Infine, consente agli Stati membri
di permettere o imporre
l’applicazione degli IAS
(relativamente ai conti consolidati e
annuali) agli intermediari
finanziari, banche e imprese
d’assicurazione.
Tale Regolamento è stato attuato
con l’adozione del Regolamento
n. 1725 del 29 settembre 2003.
Direttiva sul fair value n.
65/2001/CE del 27 settembre 2001,
che modifica la IV e la VII
Direttiva e quella in materia di
bilanci bancari e di altre
istituzioni finanziarie.
Ha lo scopo di consentire la
valutazione delle attività e delle
passività finanziarie (detenute per la
negoziazione e/o disponibili per la
vendita) non più al costo storico, ma
al valore di mercato (fair value).
Recepita dal D.Lgs. n. 394/2003.
Direttiva n. 51/2003 del 18 giugno
2003, che modifica la IV
Direttiva e la VII Direttiva e le
Direttive sui bilanci bancari e
assicurativi.
Le modifiche sono mirate
all’adeguamento delle succitate
Direttive agli IAS/IFRS. La
strategia contabile dell’Unione
Europea porterà così quasi tutte le
imprese ad adottare direttamente o
indirettamente i principi IAS/IFRS.
Non ancora recepita.
La normativa di riferimento del bilancio bancario
7
1.1.1 L’armonizzazione diretta
Figura 2
L’emanazione del regolamento comunitario n. 1606/2002 del 19 luglio 2002 ha dato attuazione al
processo di armonizzazione della normativa contabile comunitaria.
Detto Regolamento ha stabilito l’obbligo, al più tardi a partire dal 2005, per le società
quotate nei mercati regolamentati dell’Unione Europea di redigere il proprio bilancio consolidato
adottando i principi contabili, e le relative interpretazioni, emanati dallo IASB.
MECCANISMO DI
ADOZIONE DIRETTA
IAS/IFRS
(armonizzazione diretta)
Regolamento UE n. 1606 del 19 luglio 2002
Regolamento UE n. 1725 del 29 settembre
2003 di omologazione dei principi IAS/IFRS.
È un regolamento applicativo/di attuazione del
Regolamento n. 1606/2002.
Legge Comunitaria 2003
È la legge italiana (approvata nel mese di ottobre
2003 dalla Camera dei Deputati) annuale di
attuazione delle Direttive Comunitarie e di
attuazione delle disposizioni dei Regolamenti che
richiedono delle scelte da parte degli Stati
membri.
Decreto Legislativo n. 38 del 24
febbraio 2005
È il cd. “Decreto IAS”, emanato
in attuazione dell’art. 25 della
Legge Comunitaria del 2003; in
sostanza integra le disposizioni
del Codice Civile e del TUIR
necessarie per effettuare il transito
alla disciplina internazionale in
tema di bilanci.
La normativa di riferimento del bilancio bancario
8
Gli IAS/IFRS possono tuttavia essere adottati solo se:
- non sono contrari al principio di cui all’articolo 2, paragrafo 3, della direttiva 78/660/CEE
(IV Direttiva) e all’articolo 16, paragrafo 3, della direttiva 83/349/CEE (VII Direttiva) e
contribuiscono all’interesse pubblico europeo;
- rispondono ai criteri di comprensibilità, pertinenza, affidabilità e comparabilità richiesti
dall’informazione finanziaria necessaria per adottare le decisioni economiche e valutare
l’idoneità della gestione.
Inoltre, l’art. 5 del Regolamento ha previsto la facoltà di applicare gli IAS/IFRS ai conti annuali
delle società quotate e ai conti annuali e consolidati delle società non quotate nei mercati
regolamentati dell’Unione Europea.
Al Regolamento comunitario in parola (pur essendo questo direttamente applicabile negli
ordinamenti interni dei singoli Stati membri) hanno fatto seguito leggi interne emanate a livello
nazionale, al fine di dare concreta e definitiva attuazione alle opzioni di cui al summenzionato
articolo 5.
In tale ambito, il legislatore italiano ha emanato la legge 31 ottobre 2003 n. 306, meglio nota
come Legge Comunitaria 2003, il cui art. 25 ha delegato il Governo ad emettere il Decreto
Legislativo n. 38 del 28 febbraio 2005.
Con l’attuazione della delega (e dunque con l’emanazione del D.Lgs. n. 38/2005, in particolare con
gli articoli da 1 a 4) è stato esteso l’obbligo di adozione degli IAS/IFRS, e delle relative
interpretazioni SIC/IFRIC, per la redazione dei bilanci d’esercizio delle società quotate, dei bilanci
d’esercizio e consolidati delle società emittenti strumenti finanziari diffusi, delle banche e degli
intermediari finanziari, nonché dei bilanci consolidati delle imprese assicurative quotate e dei
bilanci d’esercizio delle stesse qualora siano quotate e non redigano il consolidato; ha altresì
consentito la facoltà di applicare gli IAS/IFRS nei bilanci consolidati e d’esercizio delle società
diverse da quelle obbligate, con la sola esclusione delle società che possono redigere il bilancio
abbreviato e delle imprese di assicurazione non quotate che non redigono il bilancio consolidato.
Il citato decreto legislativo ha disposto tra l’altro:
- il trattamento dei “casi eccezionali” (art. 5)
1
;
- limiti alla distribuzione di utili e riserve (art. 6)
2
;
1
Il punto 2 dell’art. 5 stabilisce che, laddove la disposizione internazionale contrasti, in casi eccezionali, con la
rappresentazione veritiera e corretta della situazione patrimoniale, economica e finanziaria, la norma stessa non deve
essere applicata; gli eventuali utili derivanti dall’applicazione della deroga devono essere iscritti in una riserva non
distribuibile se non in misura corrispondente al valore recuperato per il tramite della vendita o dell’ammortamento.
2
Cfr. G.Zanda, Il bilancio delle società, pgg. 184-5
La normativa di riferimento del bilancio bancario
9
- il trattamento delle variazioni di patrimonio netto nello stato patrimoniale di apertura (art.
7);
- modifiche alle norme tributarie (art. da 11 a 13)
1
.
Alla luce del suesposto impianto normativo, il quadro dei soggetti che nel nostro paese hanno
l’obbligo/facoltà di redigere il bilancio consolidato e/o di esercizio (rectius: separato, come vuole la
tassonomia del sistema IAS) IAS compliant risulta illustrato in Fig. 3.
Ciò posto, si ritiene doveroso sottolineare come il legislatore nazionale, diversamente da
alcuni altri paesi europei, abbia ampliamente esercitato le opzioni previste dalla normativa
comunitaria, che di per sé aveva posto un vincolo con esclusivo riguardo al bilancio consolidato
delle società quotate (diverse da intermediari finanziari, banche e imprese di assicurazione).
La scelta dell’Unione Europea di adottare gli standard contabili internazionali per la
redazione dei bilanci consolidati e la decisione dell’Italia di estendere l’applicazione degli
IAS/IFRS alla redazione del bilancio d’esercizio di diverse categorie di imprese hanno determinato
dunque una discontinuità, rispetto alla disciplina previgente, assai rilevante e certamente più
significativa di quanto avvenuto nelle passate occasioni di riforma della materia del bilancio. Il
modello contabile dei principi IAS/IFRS, infatti, diversamente dalle “direttive contabili” (frutto
della mediazione tra gli orientamenti dei singoli Paesi membri dell’UE) trae origine da una
concezione del bilancio quale strumento esclusivamente informativo atto a privilegiare le attese
conoscitive di una particolare categoria di users, gli investitori, nel presupposto che una informativa
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L’introduzione nel nostro ordinamento dei principi IAS/IFRS fu inizialmente caratterizzata, dal punto di vista fiscale,
da una logica di decisa neutralità, con ciò intendendosi il principio tale per cui le differenze contabili tra i due apparati
(quello civilistico e quello IAS/IFRS) andavano sterilizzate ai fini tributari, di modo che le imprese fossero assoggettate
al medesimo carico fiscale indipendentemente dalle regole contabili cui erano soggette. Ciò richiedeva tuttavia un
enorme sforzo, tanto per il legislatore nell’individuazione delle differenze contabili tra i due regimi, quanto per le
società, cui era richiesta in sostanza una doppia serie di conti.
Con la legge Finanziaria del 2008 veniva infatti abbandonato il principio di neutralità fiscale in favore del “principio di
derivazione” del reddito imponibile dal risultato del conto economico IAS (con conseguente modifica delle relative
disposizione del T.U.I.R., in particolare l’art. 83). Il quadro normativo è stato infine completato con l’emanazione del
decreto attuativo n. 48 del 2009, previsto dalla stessa legge Finanziaria, che ha fissato disposizioni di dettaglio e di
coordinamento su una serie di tematiche specifiche connesse al nuovo principio di derivazione rafforzata dagli IAS. Per
un’analisi approfondita del tema si rimanda alla Circolare Assonime del maggio 2011. Cfr. anche G.Zizzo, “La fiscalità
delle società IAS/IFRS”, Ipsoa, 2011.
Le difficoltà in effetti non sembrano diminuite, al punto che ci sono voluti oltre tre anni perché l’Agenzia delle entrate
rendesse pubblica la prima circolare sul tema (Circolare 28 febbraio 2011, n. 7/E,). A tal riguardo, si segnala che la
predetta Circolare ha affrontato il delicato tema dei limiti entro cui deve necessariamente esplicarsi il principio di
derivazione rafforzata. Si tratta in buona sostanza di limitazioni al riconoscimento ai fini fiscali degli aspetti quantitativi
e valutativi nei quali si estrinseca il principio “substance over fom”. In particolare, desta particolare interesse la presa
d’atto dell’Amministrazione Finanziaria circa l’esistenza nel sistema IAS di fenomeni valutativi intimamente collegati
alle qualificazioni, classificazioni e imputazioni temporali ai quali, in virtù del menzionato principio di derivazione
rafforzata, non può non essere riconosciuta cittadinanza fiscale. Sul punto Cfr. G. Sifoni, “Derivazione rafforzata, ma
non troppo: le rettifiche fiscali al bilancio IAS/IFRS compliant”, in “Il Corriere Tributario 14/2011”.