Da tempo le nuove tecnologie sono diventate
strumenti utili per migliorare la comunicazione
in tutti gli ambiti e, dagli anni Novanta, sono state
introdotte nel settore dei beni culturali. Il museo
è il simbolo di un paradigma della conoscenza
caratterizzato da percorsi non rigidamente
sequenziali, bensì personalizzati: si apprende in
modo esplorativo.
Nonostante siano ancora viste con diffidenza
da alcuni e siano sottoposte a critiche da parte
di coloro che dimostrano la minore efficacia
rispetto a modelli didattici tradizionali, l’uso e la
potenzialità delle nuove tecnologie sono difese
da molti autori. Essi sostengono che esistano
dimensioni dell’apprendimento per le quali
non siano applicabili i criteri convenzionali di
efficacia/efficienza tradizionali. I musei sono
organi importanti in tal senso, poiché possono
dimostrare le capacità dei nuovi device creando
ambienti capaci di far vivere esperienze
pedagogicamente significative, tutelando il
bene culturale.
Da qui inizia questa trattazione, suddivisa in tre
parti, con lo scopo di sviluppare un sistema che
migliori l’esperienza di visita nei musei delle
persone.
Nella prima parte è studiato lo scenario
d’interesse, ovvero quello legato ai beni culturali,
con un’analisi dei vari device tecnologici
utilizzati all’interno che hanno rappresentato e
rappresentano tutt’oggi una rivoluzione delle
istituzioni culturali. Particolare attenzione è stata
riposta sul livello di immersività con cui i vari
strumenti esaminati riescono a coinvolgere il
fruitore.
Per la seconda parte sono esposte ricerche
approfondite su gli head-mounted display,
i dispositivi che sono risultati, dalle analisi
precedenti, tra i più immersivi.
A seguito di un esame di alcuni casi studio citati
antecedentemente, è stato sviluppato il progetto,
con identificazione del target e definizione degli
obiettivi. Alla progettazione di ambientazione
reale è stato accostato un esempio di interfaccia
virtuale navigabile relativa ad un quadro, in cui
9
PREMESSA
l’utente diviene protagonista e può interagire
con essa, trasformando l’apprendimento da
passivo ad attivo.
La parte digitale è stata commissionata e
supervisionata dall'azienda torinese di realtà
virtuale LD Multimedia.
L’EVOLUZIONE
DELL’INTERAZIONE
UOMO-OPERA NEI MUSEI
1
L’EVOLUZIONE
DELL’INTERAZIONE
UOMO-OPERA NEI MUSEI
“
“
Molti Paesi racchiudono al loro interno un
notevole patrimonio storico, artistico e culturale,
conseguenza della sedimentazione dei secoli,
riuscendo a coniugare il passato ed il presente
in un unico territorio, arricchendosi così di storia.
Questa ricchezza ha formato una progressiva
coscienza civile, un sentimento di protezione
e custodia di quel patrimonio che concorre
a formare l’identità culturale di uno Stato. È
essenziale porre l’attenzione a come questi beni
debbano essere destinati alla pubblica fruizione,
acquisendo così uno specifico valore di portatori
di sapere e come tali, veicoli fondamentali per
la costruzione dell’animo culturale del singolo
individuo e della cittadinanza.
Per istituzionalizzare questo processo, intorno
al 1800, nascono gli organi museali come
unico luogo d’incontro tra arte e pubblico.
Un’appropriata definizione di “museo” è stata
formulata dall’ICOM (International Council of
Museums)¹ durante la Ventunesima Conferenza
Generale tenutasi a Vienna nel 2007¹:
Il Museo è un’istituzione permanente
senza scopo di lucro, al servizio della
società e del suo sviluppo, aperta al
pubblico, che effettua ricerche sulle
testimonianze materiali e immateriali
dell’uomo e del suo ambiente, le
acquisisce, le conserva, le comunica e
specificamente le espone per scopi di
studio, istruzione e diletto.
Si parla dunque di organismo “permanente
senza scopo di lucro” perché, per svolgere i
suoi compiti, deve mantenersi nel tempo e
non arricchire economicamente se stesso,
bensì far accrescere la cultura delle persone.
Uno dei tre scopi del museo è la ricerca, che
consiste nel raccogliere ed effettuare studi
sulle testimonianze, quali reperti naturalistici,
antropologici, archeologici, etnografici, sculture,
quadri, ecc., al fine di offrire le informazioni
dettagliate delle opere esposte e di contribuire
alla generazione di nuova cultura. Gli altri
due compiti sono la conservazione accurata
delle opere con catalogazione annessa e la
comunicazione coinvolgente verso l’utente.
Suo malgrado, già verso la fine del XIX secolo il
museo è stato oggetto di critiche, poiché molti
sostenevano che le opere d’arte non dovessero
essere “rinchiuse” in un edificio. L’apice si
ebbe con il saggio “L’arte di costruire le città”
di Camillo Sitte, in cui i musei venivano definiti
“zoo dell’arte”, poiché le opere si trasformano
in oggetti da osservare, proprio come è
consuetudine fare in uno zoo con gli animali².
Superate queste disapprovazioni, con il passare
di anni, si sono verificati notevoli cambiamenti
nella concezione del museo, riguardanti sia
gli aspetti istituzionali che quelli artistici. Tutto
ciò presuppone che avvenga quel fenomeno
di “trasmissione culturale” che si prevede
nell’organo museale. Come è citato sul sito
del CeSMAP (Centro Studi e Museo d’Arte
Preistorica), “Il vecchio museo era centrato
sugli oggetti, il nuovo museo è centrato
sull’orientamento del visitatore”.
Attualmente il fatto che l’enorme incremento dei
visitatori sia guidato a volte dal nome, dal brand,
lascia seri dubbi che questo avvenga: significa
infatti che non si opera una scelta basata
sui contenuti. Ciò accade per una mancata
conoscenza da parte dei fruitori e per una scarsa
comunicazione esterna.
L’evoluzione dell’interazione uomo-opera nei musei 13
1 CeSMAP, Definizione di museo secondo l’ ICOM (International Council Of Museums), cesmap.it (consultato il 20.04.16).
2 Dernie D., Design espositivo, Modena, Logos, 2006.
Da una delle teorie elaborate da McLuhan (the
medium is the message) si può partire per
descrivere il museo come un medium, ovvero
un mezzo di comunicazione con il pubblico, una
struttura in cui sono conservati i patrimoni storici,
scientifici e sociali, con lo scopo di trasmettere,
educare, intrattenere, informare e soprattutto far
comprendere.
Oggi il visitatore medio generalmente ha
difficoltà nella valutazione e distinzione di
alcuni ambiti artistici (eccetto i più comuni come
antichità, rinascimento, ecc.), poiché non è
dotato di alcun strumento concettuale utile nella
comprensione di tale comunicazione. Il risultato
cui sfortunatamente assistiamo è che gli effetti
sulla trasmissione della conoscenza appaiono
limitati, o quasi nulli.
Gli oggetti culturali parlano a chi è in grado di
capirne il linguaggio, e cioè a chi possiede le
conoscenze presupposte dai loro messaggi,
caratteristica difficile da riscontrare nel vasto
panorama di chi viene classificato come visitatore
medio dei musei. T ali consapevolezze, infatti, non
1.1 L’ARTE A
DISPOSIZIONE
DI TUTTI
fanno più parte del background che si poteva
dare per scontato nei visitatori di una volta. Col
tempo il target di riferimento ha avuto una sua
trasformazione, mentre le composizioni solite
all’interno dei musei non sono molto variate. Il
risultato che ne viene fuori è un gap tra ciò che
l’esposizione si presuppone di trasmettere e su
quello che effettivamente il visitatore coglie.
Essendo il museo contemporaneo destinato
alla società civile e non più solo ad élite cultu-
rali, è necessario che il messaggio arrivi all’u-
tente, utilizzando tutti i mezzi a disposizione per
far ciò che questo avvenga. Se vuol svolgere il
suo compito di istituzione culturale pubblica,
passando da semplice luogo di conservazione
a punto di riferimento per la comunità [fig.1.1],
l’organo museale ha l’obbligo di colmare questo
problema di comunicazione. Purtroppo non si
tratta di un compito facile, perché costruire stru-
menti di interpretazione che veramente funzio-
nino è opera tutt’altro che semplice.
Fig. 1.1 Gianni Berengo Gardin, Centre Pompidou, Parigi, 1981
14
Il museo è una sorta di contenitore di beni
culturali (anche detti CH, Cultural Heritage).
Questi non sono solo materiali, come quelli
racchiusi in passato dalle famiglie nobili come
trofei nelle stanze delle meraviglie, ma anche
astratti, identificabili nella storia che deriva
da ogni opera presentata. Quando si parla di
CH quindi non ci si riferisce solo al bene in sé
ma anche al contorno che comprende l’offerta
museale. In quanto istituzione pubblica che
svolge il compito di messaggero di narrazioni ed
usi, è necessario che il sapere venga trasmesso
ai fruitori in modo chiaro e limpido. Purtroppo
ciò non sempre avviene in modo corretto e
spesso si tralascia la centralità che il visitatore
dovrebbe avere.
La maggior parte dei musei ha cercato di
risolvere il problema della difficile comprensione
delle opere da parte di molti utenti tramite
l’inserimento di didascalie [fig. 1.2]. Chiaramente
è stata messa in atto l’idea più semplice, che non
si rivela sempre la migliore: riempire le pareti
di pannelli esplicativi, segnaletica sul percorso
e materiale informativo d’ingresso non aiuta il
visitatore a capire meglio il contesto, a meno che
egli non sia realmente interessato a leggere e a
conoscere approfonditamente l’opera. In questo
modo diventa quindi difficile assimilare le
conoscenze, perché la lettura di lunghi testi non
richiama l’attenzione, a meno che non si abbia
una forte motivazione; inoltre questa attività
risulta essere faticosa e quindi spesso le persone
si accontentano di guardare le opere disposte
nel museo, senza coglierne tutti gli aspetti.
Essendo la lettura un mezzo di comunicazione
scomodo, è necessario trovare metodi diversi,
meno linguistici e più visivi, che sicuramente
suscitano maggiore curiosità e richiamano
l’attenzione.
Il problema è che questo cambiamento nella
struttura del museo spaventa e vede contrariati
principalmente i curatori museali, radicati nella
1.2 PROBLEMATICHE
NELLA COMUNICAZIONE
MUSEALE
tradizionale funzione espositiva delle opere, che
però è carente nella trasmissione di informazioni.
Come scrive Francesco Antinucci: “Per i curatori
i musei non sono fatti per il pubblico comune,
ma sono fatti per loro, i loro colleghi e quanti a
loro possano assimilarsi”³.
L’attuale organizzazione infatti richiede che
il visitatore si trasformi in un esperto (uno
storico dell’arte o un critico), che sia in grado
di interpretare le opere esposte senza alcun
ausilio, lasciando ai margini coloro che non
sono in possesso delle competenze necessarie
per decodificare autonomamente il messaggio
culturale⁴. Ciò distoglie il museo da uno dei
suoi compiti fondamentali di trasmettere le
conoscenze ai visitatori, in quanto raccoglitore
di beni comuni.
Fig. 1.2 Holzer Kobler Architekturen, The way to
nature, Museum für Gestaltung, Zurigo, 2006
L’evoluzione dell’interazione uomo-opera nei musei 15
3 Antinucci F., Musei virtuali - Come non fare innovazione tecnologica, Laterza Editore, Bari, 2007.
4 Antinucci F., Il museo "esclusivo" e l'egemonia dei curatori museali. Il caso italiano, huffingtonpost.it (consultato il 3.04.16).
“
“
La soluzione al problema della difficile
comunicazione è data dall’introduzione delle
tecnologie, che completano, migliorano
e aumentano l’esperienza del visitatore,
trasformando il museo “tradizionale” in museo
“virtuale”. L’innovazione permette di arricchire
i contenuti della mostra, anche consentendo
di visualizzare in maniera immersiva alcune
riproduzioni di opere d’arte. È chiaro che
una curata organizzazione multimediale
dell’allestimento favorisce l’apprendimento
e, in ogni caso, i fruitori saranno quasi sempre
maggiormente attratti da un’esperienza
sensoriale rispetto che da una puramente
testuale. Con l’utilizzo di nuove tecnologie è
possibile quindi superare l’inerzia del passato
e la diffidenza per il mondo digitale, tanto da
rinnovare l’organo museale.
Il concetto di museo virtuale riunisce l’insieme
delle diverse applicazioni tecnologiche al
servizio della divulgazione del patrimonio. Una
definizione viene proposta da Maurizio Forte e
da Margherita Franzoni nel loro saggio-ricerca
“Quale comunicazione per i Musei in Internet?
Modelli e metafore di navigazione⁵:
Con il termine museo virtuale si intende
un ambiente informatico caratterizzato da
una struttura ipertestuale e ipermediale ed
n sistema di interfacce, di metafore che si
avvalgono di una rappresentazione grafica
più o meno intuitiva e che consentono la
navigazione all’interno di tale ambiente,
ovvero la possibilità da parte del visitatore
di compiere delle azioni e quindi di
interagire col contesto potendolo anche
modificare.
1.3 INTRODUZIONE
DELLA REALTÀ VIRTUALE
NEI MUSEI
I due autori prestano attenzione alla fruizione
del bene culturale da parte dell’utente, che può
avvenire in maniera alternativa alla tradizionale,
tramite l’interazione.
Ovviamente questo sistema deve essere basato
su un buon approccio narrativo di fondo,
con strategie di comunicazione ben definite,
altrimenti risulterebbe superfluo ed inefficace.
E’ necessario quindi concentrarsi il più possibile
sullo studio complesso di tecniche da mettere in
atto per una trasmissione culturale che coinvolga
tutte le categorie di pubblico. Ne risulta che
realtà aumentata, ICT e realtà virtuale divengono
strumenti utili per fornire informazioni di facile
comprensione, a patto che alla base sia stato
applicato un approccio metodologico.
Da questo concetto nasce uno specifico campo
di studio chiamato digital storytelling, in cui si
cercano di spiegare le opere per mezzo delle
tecnologie, usando le tecniche di immersività
e interazione: la prima riguarda gli aspetti
sensoriali, accrescendo l’impatto emotivo delle
ricostruzioni multimediali, mentre la seconda
incide sulla struttura stessa della narrazione,
portando l’utente direttamente sulla scena in
prima persona e permettendogli di prendere
decisioni. Tutto ciò aumenta la curiosità dei
visitatori e conduce ad un apprendimento attivo,
cambiando l’atteggiamento generalmente
passivo dei fruitori⁶.
Alcuni musei contemporanei si sviluppano
interamente intorno al rapporto tra opera d’arte
e utente, con l’ausilio delle nuove tecnologie per
completarne ed esaltarne la visione.
L’uso di sistemi interattivi, oltre a includere
ogni tipologia di pubblico e a migliorare la
comprensione, è una forma di marketing
museale, poiché le novità attraggono sempre
un maggior numero di clientela e, soprattutto,
permettono l’avvicinamento di un pubblico più
giovane che sembra aver perso l’interesse di
16
5 Forte M., Franzoni M., Quale comunicazione per i Musei in Internet? Modelli e metafore di navigazione, in Sistemi
Intelligenti, anno X, n° 2, 1998.
6 Palombini A., Narrazione e virtualità: possibili prospettive per la comunicazione museale, in Digitalia - Rivista del digitale
nei beni culturali, anno VII, n° 1, 2012.
visitare un museo.
Nonostante siano in minoranza, purtroppo anche
in questo caso ci si imbatte nella controparte,
ovvero i tradizionalisti che sono contro il
progresso e ritengono che l’organo museale
non debba essere contaminato dalle tecnologie.
I curatori museali che, come già anticipato, sono
fortemente contrari a tutto ciò, dovrebbero
capire che il museo virtuale non è sostitutivo di
quello reale, bensì complementare.
Malgrado le critiche, le novità vengono
ugualmente applicate e, anzi, stanno avendo
molto successo. Il virtuale, il digitale ed il
multimediale sembrano essere i linguaggi più
adatti per sorprendere e creare lo spazio intorno
all’opera e all’osservatore, arricchendo la visita
dal punto di vista informativo e esperienziale.
Si punta spesso all’edutainment, ovvero al
processo di apprendimento (education) tramite
l’intrattenimento (entertainement) dato da
contenuti sovente multimediali, come video,
immagini, testi… Ne è un esempio la “caccia
alle informazioni” del Brighton Fishing Museum,
un progetto ideato da alcuni neolaureati
dell’Università di Brighton riguardante un
Fig. 1.3 Renato Parascandolo, Le mostre impossibili: l’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità digitale,
Napoli, 2003
gioco interattivo supportato da sistemi touch-
screen con scopo di ricercare informazioni
all’interno del museo stesso al fine di imparare
divertendosi⁷.
Un uso del digitale al fine dell’edutainment è
l’allestimento di “mostre impossibili”, ovvero
esposizioni digitali, calibrate nei valori di
luminosità e cromaticità, che consentono di
mostrare la raccolta completa di tutte opere di
uno stesso autore, seppur esse siano conservate
in diversi musei, chiese, edifici pubblici o
collezioni private. A tal proposito si può citare
Una Mostra Impossibile – L’opera d’arte nell’epoca
della sua riproducibilità digitale, che si tiene a
Napoli presso il Convento di San Domenico
Maggiore e offre tutte le opere di Leonardo,
Raffaello e Caravaggio digitalizzate in scala 1:1⁸
[fig. 1.3].
7 Spallazzo D., Il museo come organismo sensibile. Tecnologie, linguaggi, fruizione verso una trasformazione design-
oriented, Politecnico di Milano, Roma, 2009.
8 Parancandolo R., Una Mostra Impossibile: l’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità digitale, polopietrasanta.it
(consultato il 23.03.16).
L’evoluzione dell’interazione uomo-opera nei musei 17