Prefazione
Questa ricerca, nasce dalla volontà e necessità di analizzare il nuovo principio contabile
per le piccole e medie imprese (di seguito IFRS per le PMI), pubblicato nella sua
versione definitiva il 9 luglio 2009 dallo IASB.
In particolare, la necessità di verificare se, così com’è formulato, il nuovo principio
contabile per le piccole e medie imprese, può rappresentare un valido strumento di
comparabilità ed omogeneità nei bilanci per le piccole e medie imprese che si sono
internazionalizzate o desiderano farlo.
E così, grazie ad una rappresentazione del bilancio universalmente accettata, poter
accedere a tutti quei beni, servizi e opportunità, che sono il motore di sviluppo
dell’impresa, indipendentemente da ove esse siano ubicate o più semplicemente ove
esse intrattengano rapporti commerciali.
Il nuovo principio, a più di un anno dalla sua emanazione, resta ancora ad oggi ai
blocchi di partenza in sede UE e sempre più acceso è il dibattito relativo ad una sua
possibile applicazione nel contesto europeo.
Punto cruciale è la definizione stessa di PMI, in verità assai generica ed applicabile ad
un contesto forse troppo variegato di realtà aziendali.
Il principio, individua le piccole e medie imprese nelle entità che: “(a) non
rappresentano un interesse diffuso, (b) pubblicano bilanci redatti per uso pubblico, per
utilizzatori esterni” (Sezione 1.2).
Il riferimento generico a delle “entità”, non contribuisce a fare chiarezza e a discernere
tra le varie tipologie di realtà, includendo casistiche tra loro molto distanti, sia dal punto
di vista giuridico che operativo/dimensionale, come le società di persone e di capitali
non quotate.
Dubbi, inoltre, sorgono sullo strumento da utilizzare per l’introduzione del principio
contabile, ossia se utilizzare le Direttive contabili, concedendo ai vari Paesi membri
opzioni di applicazione (così come è stato fatto in occasione ad esempio della IV
direttiva) oppure procedere tramite Regolamento Comunitario immediatamente
applicabile.
3
Inoltre l’abbandono del criterio di valutazione del “costo storico” quale espressione del
principio cardine della “prudenza”, a favore di un bilancio più a “valori correnti”
introduce un cambiamento radicale nei metodi valutativi.
L’affermarsi di un modello di comunicazione societaria tipica della cultura manageriale
anglosassone, orientata al cash flow d’esercizio piuttosto che al flusso reddituale,
impone attente riflessioni, sulle conseguenze in capo agli “attori” a cui essa è destinata.
L’introduzione, in bilancio, di metodi valutativi e tecniche di apprezzamento dei valori
di generale accettazione, basati su prezzi e tassi rivenienti dal mercato, ha come
conseguenza quello di “aumentare i gradi di libertà concessi agli organi coinvolti nel
processo di elaborazione dei rendiconti”.
1
In considerazione di tutto ciò, occorre individuare e analizzare le implicazioni
valutative nel bilancio della PMI, dal punto di vista di un possibile recepimento
integrale del testo definitivo approvato dallo IASB.
1
In tal senso G. CAVAZZONI, Libertà e IAS in SUMMA, aprile 2004.
4
CAPITOLO I: DALLE DIRETTIVE CEE ALL’IFRS PER LE PMI
1. Il ruolo della comunicazione economico-finanziaria delle imprese - 2. Le direttive contabili:
introduzione e motivi per un cambiamento - 3. L’adozione degli IAS/IFRS nelle imprese comunitarie. 4.
Il processo di stesura dell’IFRS for SME’s.
6
1. Il ruolo della comunicazione economico-finanziaria delle imprese
Ogni impresa svolge la propria attività in un ambiente socio-economico con il quale
deve sapersi confrontare e rapportare.
L’impresa, o meglio l’azienda, se osservata da un punto di vista funzionale è, infatti, un
“sistema di forze economiche che si sviluppa nell’ambiente di cui è parte
complementare, un processo di produzione e/o di consumo, a favore del soggetto
economico ed altresì degli individui che vi cooperano”
2
.
Tra l’impresa e l’ambiente in cui opera s’instaura un legame dialettico, perché l’azienda
stessa è un sistema produttivo, un luogo ove i diversi fattori della produzione si
combinano al fine di produrre ricchezza.
L’acquisizione dei fattori produttivi, la loro combinazione, e la cessione del prodotto
finito ottenuto (inteso in senso ampio includendo anche la prestazione di servizi), fanno
sì che l’impresa sia destinataria delle attese conoscitive di numerose categorie di
soggetti che a vario titolo interagiscono con essa.
L’informativa che l’impresa è quindi tenuta a dare, sia agli stakeholder interni (il
management) che esterni (i terzi conferenti il capitale di rischio, i consumatori, le
autorità fiscali…) circa i propri equilibri e la propria dinamica evolutiva è quindi
molteplice.
Le informazioni, così come i loro utilizzatori, si dividono in interne ed esterne.
Le prime sono essenzialmente rivolte al management, consentendogli di prendere
decisioni volte alla tutela degli equilibri economico-finanziari e, in definitiva, alla
sopravvivenza e allo sviluppo dell’impresa al fine di garantire la durevolezza del
fenomeno aziendale
3
.
Le informazioni esterne sono invece “orientate a soddisfare le aspettative di coloro che
esprimono interessi condizionati dal comportamento assunto dall’impresa”
4
.
Tali soggetti possono anche non fare parte della struttura organizzativa dell’impresa, ed
hanno la caratteristica di avere un interesse solo parzialmente coincidente con quello
proprio dell’azienda, ma comunque legato a quest’ultimo.
2
Così A. AMADUZZI in “L’azienda nel suo sistema e nell’ordine delle sue rilevazioni”,UTET, 1978
3
G. ZAPPA, sostiene in proposito che l’azienda è infatti un “istituto economico destinato a perdurare che, per il
soddisfacimento dei bisogni umani compone e svolge in continua coordinazione la produzione o il procacciamento ed i
consumo della ricchezza”; cfr “La nozione di azienda nell’economia moderna”, Giuffrè, 1954.
4
Consultare C. CAVAZZONI “La capacità informativa del bilancio IAS/IFRS”, Giappichelli, 2007
7
Tra i destinatari della comunicazione esterna fatta dall’impresa citiamo anzitutto:
- i soci, cioè i soggetti conferenti i capitali di rischio i quali necessitano delle
informazioni qualitative e quantitative (rischio, rendimento, comparazione con
altre forme di investimento) atte a decidere se mantenere, incrementare oppure
liquidare la propria quota partecipativa;
- i dipendenti, i quali sono interessati al livello della remunerazione, all’ambiente
di lavoro e alla stabilità dell’impiego entro la struttura organizzativa
dell’impresa;
- i conferenti il capitale di prestito, tipicamente gli istituti finanziari, ma anche i
piccoli risparmiatori nel caso di imprese quotate nel mercato regolamentato, i
quali sono interessati alla solvibilità e redditività dell’impresa;
- le autorità fiscali, interessate alla determinazione del carico impositivo sul
reddito prodotto nel corso dell’esercizio;
- i clienti, a cui necessitano informazioni per valutare in che misura il
bene/servizio prodotto soddisfi i loro bisogni.
In sostanza, e con una visione di più ampio spettro, possiamo quindi affermare che
l’impresa deve rispondere a una serie assai diversificata di richieste informative,
proveniente dall’intero mercato in cui essa stessa opera
5
.
In questo senso, possiamo definire la comunicazione economico-finanziaria
dell’impresa come il processo attraverso cui l’entità economica rende noto il livello di
efficienza ed efficacia raggiunto a tutti coloro che, a vario titolo, fanno convergere i
propri interessi verso il sistema-azienda, fornendo loro una definizione delle proprie
performance al fine di ottenere, da un lato la remunerazione delle risorse investite,
dall’altro il rinnovo e l’ampliamento delle risorse finanziarie necessarie al
proseguimento del processo produttivo aziendale.
I processi di apertura internazionale dei mercati e la globalizzazione sia della domanda
sia della offerta di beni e servizi, hanno reso la comunicazione societaria una
importante leva di marketing per il conseguimento di un vantaggio competitivo
duraturo nel tempo.
5
Per una disamina delle caratteristiche delle informazioni aziendali si veda S. ADAMO “Problemi di armonizzazione
dell’informazione contabile. Processi -attori - strumenti. Un modello operativo”, Giuffrè, 2001.
8
Indubbiamente, la capacità di far pervenire all’esterno la percezione dei propri prodotti,
la mission aziendale e l’insieme dei valori su cui ogni impresa si basa, sono ad oggi alla
base di quella che viene definita continuità aziendale.
Le imprese hanno quindi dovuto abbandonare la visione che vedeva la trasmissione
delle informazioni al pubblico come una possibile violazione della riservatezza e del
segreto industriale, facendo della trasparenza il mezzo per interfacciarsi con le varie
categorie di stakeholders
6
.
Con il trascorrere del tempo la comunicazione finanziaria si è distinta in volontaria e
obbligatoria.
Con la prima s'intendono tutte le informazioni trasmesse a particolari categorie di
soggetti e che rappresentano la sintesi di eventi specifici relativamente alla gestione
aziendale
7
.
E' invece definita “comunicazione obbligatoria” quella prescritta dal legislatore a
tutela di tutti gli interlocutori aziendali, a cui spetta una informazione minima attraverso
prospetti e schemi codificati ed accettati.
Com'è noto l’elemento centrale di tale processo è costituito dalla redazione del bilancio
di esercizio, quale mezzo universale di comunicazione della performance e dei risultati
conseguiti, che si esplica attraverso la predisposizione di prospetti disciplinati dal
contesto normativo tempo per tempo vigente.
Il bilancio, dovendo quindi rispondere e contemperare le esigenze di tutte le categorie
di stakeholders, si configura quindi, come uno “strumento d’informazione minima ma
attendibile per tutte le categorie di soggetti interessati”
8
.
Occorre notare che sin dall’inizio degli anni ’50, con la prima apertura dei mercati
europei, la nascita delle prime organizzazioni sovra-nazionali culminate con la
costituzione della CEE nel 1957, si è manifestata la necessità di uniformare il
“linguaggio” con cui le imprese comunicano al mercato, ed è da questa esigenza
primigenia che sono state sviluppate le prime Direttive Contabili.
6
Secondo C. CAVAZZONI, op. cit. pag 7, “le imprese hanno lentamente acquisito coscienza dell’importanza dei
contenuti e della tipologia delle informazioni da diffondere sul mercato, passando da una concezione che vedeva tale
veicolazione come una possibile violazione della riservatezza interna ad una che le considera quale messo privilegiato
per relazionarsi con gli stakeholders e per acquisire una credibilità strategica ed operativa”.
7
C.CAVAZZONI, op, cit., pag 7 sostiene che “molte volte la diffusione di tali messaggi è il risultato della pressione di
alcuni portatori di interessi nei confronti dei quali l’impresa riteneva indispensabile proseguire nelle relazioni di
scambio”.
8
su tutti G. CAVAZZONI – L.M. MARI “Il bilancio di esercizio”GIAPPICHELLI 1999
9
In quest’ottica, possiamo affermare che in un contesto quale quello odierno,
caratterizzato dalla presenza di imprese, sia PMI che Global Player, in grado di
confrontarsi su un mercato divenuto ormai mondiale, il tema della comunicazione
societaria attraverso il bilancio di esercizio sia diventato di primaria importanza.
Infatti, se si riconosce il valore strategico alla comunicazione economico- finanziaria,
diventa altresì essenziale disciplinare l’informativa societaria in modo da renderla
omogenea per la vasta platea di stakeholders che dovrà usufruirne, sia nella forma di
presentazione che nella modalità di determinazione del risultato di esercizio.
La certezza che il confronto con il mercato globale non è più una scelta, ma un dato di
fatto, impone tra gli aspetti più rilevanti, di procedere ad un avvicinamento delle
pratiche contabili internazionali.
Scopo ultimo è quello di consentire appieno agli utilizzatori del bilancio il poter
effettuare, in piena autonomia e trasparenza, la valutazione dei risultati e delle
performance aziendali, in modo da poter allocare efficientemente le risorse a
disposizione ed evitare distorsioni dovute alle diverse pratiche contabili che ancora ad
oggi permangono.
Attualmente, è ancora in corso un processo di convergenza dei principi contabili che
dovrebbe portare, almeno nelle intenzioni, alla definizione di regole comuni
nell’assegnazione del risultato di esercizio.
2. Le Direttive Contabili: introduzione e motivi per un cambiamento
La creazione di un mercato unico europeo, privo di ogni barriera alla libera circolazione
di merci, persone e capitali, è uno degli obiettivi principali fissati dal trattato di Roma
del 25 marzo 1957, con i quali venne istituita la CEE.
Perseguire tale obiettivo, ha significato e significa tutt’oggi, un notevole sforzo di
coordinamento tra gli stati membri, al fine di realizzare normative che coordinino a
livello comunitario la disciplina commerciale dei vari paesi.
In tale contesto, l’uniformità dei bilanci delle imprese europee, intesa come modo di
rappresentazione del dato contabile e come condivisione dei principi di valutazione
10
delle poste di bilancio, deve ritenersi un obiettivo di primaria importanza, se si vuol
favorire il processo d’internazionalizzazione delle imprese stesse.
Avere regole contabili eterogenee comporta, infatti, scarsa comparabilità tra i bilanci
delle imprese europee e di conseguenza una notevole difficoltà per gli operatori
economici ad investire sulla base d’informazioni così diverse e scarsamente
intellegibili, ostacolando la creazione di un mercato efficiente e concorrenziale e
generando conseguentemente, difficoltà alle imprese nel reperimento di capitali esteri.
Già alla fine degli anni 70, la crescente globalizzazione dei mercati, ha imposto alla
Comunità Europea di emanare provvedimenti legislativi volti a realizzare una
sostanziale “armonizzazione contabile”
9
: si tratta delle c.d. Direttive contabili in
particolare:
- La direttiva 78/660/CEE ( IV direttiva) sui conti annuali delle società di capitali;
- La direttiva 83/349/CEE (VII direttiva) sul bilancio consolidato per gruppi di
imprese;
- La direttiva 84/253/CEE (VIII direttiva) riguardante i soggetti incaricati dei
controlli dei conti annuali;
- La direttiva 86/635/CEE in materia di conti annuali e consolidati per le banche e gli
altri istituti finanziari.
Queste disposizioni, hanno rappresentato il primo tentativo di codificazione le regole
dei principi contabili che sino ad allora erano stati adottati in maniera difforme ed
indipendente dalle varie dottrine e prassi nazionali.
Tra tali principi si può ricordare: il quadro fedele e corretto, la continuità operativa, il
divieto di compenso di partite, la costanza dei criteri di valutazione, la competenza
economica e la costanza della struttura della rendicontazione contabile.
In sostanza tali Direttive definiscono i parametri di riferimento da rispettare nella
redazione e nella pubblicazione dei conti annuali e consolidati delle diverse tipologie
d'imprese, così da rafforzarne la comparabilità.
In verità, con un giudizio a posteriori, si può affermare che “l’obiettivo di formare una
comune base informativa indipendentemente dal paese europeo a cui appartengono le
imprese non è stato raggiunto”
10
.
10
Così G. CAVAZZONI, Libertà e IAS in SUMMA, aprile 2004.
11
Ciò, è avvenuto perché le direttive europee, pur migliorando l’intelligibilità dei bilanci,
hanno manifestato nel corso del tempo alcuni limiti.
In primo luogo, le Direttive nel tentativo di coniugare un modello unico di bilancio
europeo con il rispetto delle tradizioni contabili dei singoli Paesi, contengono numerose
scelte che consentono trattamenti contabili diversi per le medesime voci.
In tale contesto, quindi, i vari stati membri hanno effettuato delle scelte il più possibile
vicine alle proprie tradizioni economiche e culturali
11
.
In secondo luogo, a causa della scarsa regolamentazione e specificazione dei contenuti
e dei criteri di valutazione, gli Stati membri, nel momento del ricevimento ne hanno
dato varie interpretazioni.
Oltre ciò, lo strumento giuridico adottato dalla Comunità, cioè la Direttiva, ha
determinato lunghi periodi di recepimento (ad es. l’Italia, per attuare la IV Direttiva ha
impiegato ben 13 anni).
Infine, la globalizzazione dei Mercati Finanziari, l’innovazione finanziaria, la necessità
per le banche, per gli intermediari finanziari e per le grandi imprese europee di
espandere la propria operatività al di fuori del territorio comunitario, alla ricerca di
nuovi e profittevoli mercati, ha determinato il rapido superamento delle Direttive così
faticosamente recepite e la necessità di un nuovo insieme dei principi contabili, che
rispecchiassero le “best practise” riconosciute a livello internazionale, favorendo quindi
un “nuovo quadro di intelligibilità e comparabilità dei bilanci, questa volta non più a
livello solamente europeo, ma mondiale”
12
.
La scelta del nuovo corpo di principi è stata fatta fra i due soli sistemi contabili
riconosciuti a livello internazionale: i principi IAS emanati dallo IASC
13
e gli US
GAAP emanati dal FASB.
11
Si vedano sul punto: FONDAZIONE LUCA PACIOLI “ L’Armonizzazione Contabile nell’Unione Europea” 2002,
secondo cui “Nel recepire tali direttive i paesi membri hanno dunque scelto le opzioni contabili che più di altre erano in
sintonia con la loro situazione socio-economica e la tradizione contabile del paese” e G. CAVAZZONI, op. cit.,
secondo il quale la IV Direttiva “ha consentito una molteplicità di opzioni, tale da rendere problematica l’effettiva
intelligibilità e comparabilità del messaggio informativo contenuto nel sistema dei valori del rendiconto annuale”.
12
Cfr. FONDAZIONE LUCA PACIOLI, op. cit.,: “l’obiettivo, sotteso alla nuova impostazione, è stato quello di
assicurare che valori mobiliari delle imprese UE potessero essere negoziati non solo sui mercati europei, ma anche su
quelli internazionali sulla base di un unico insieme di principi di informativa contabile”.
13
Lo IASC (International Accounting Standard Committee) è stato sottoposto, nel 2001, ad un procedimento
riorganizzativo divenendo IASB (International Accounting Standard Board). Il Board, a differenza della Committee,
oltre che di esperti contabili si compone anche di soggetti rappresentanti il mondo accademico, investitori, revisori,
rappresentanti del mondo imprenditoriale ed analisti finanziari. Mentre i principi adottati dallo IASC sono denominati
IAS (International Acounting Standard) ed i relativi documenti interpretativi SIC (Standing Interpretation Committee); i
12
In considerazione del fatto che, gli US GAAP sono stati giudicati eccessivamente
complessi e troppo legati al contesto americano, con la Comunicazione n. 508/95/CEE,
dal titolo: “Armonizzazione contabile; una nuova strategia nei confronti del processi di
armonizzazione internazionale”, la Commissione Europea ha scelto gli IAS quale
corpo di principi di riferimento.
3. L’adozione degli IAS/IFRS nelle imprese comunitarie
Dalla comunicazione 508/95/CEE sono numerosi i passi occorsi all’introduzione dei
nuovi principi contabili.
In particolare con la comunicazione n. 359/00/CEE, “La strategia dell’UE in materia
di informazione finanziaria”, la Commissione ha ribadito l’assoluta necessità dei
principi IAS/IFRS per la salvaguardia di ogni investitore e quale unico mezzo per
realizzare un mercato efficiente e stabile.
Poco dopo lo IOSCO (organizzazione raggruppante gli organi di vigilanza delle borse
valori dei principali paesi del mondo), il 17 maggio 2000, ha riconosciuto un complesso
di trenta principi internazionali (i Core Standards), raccomandando ai suoi membri di
permettere agli emittenti multinazionali di poter utilizzare gli IAS per la redazione del
bilancio.
Nell’aprile del 2000 anche il Comitato di Basilea “accetta” i principi contabili IAS,
riconoscendone un corpo di 15.
Da questo momento in poi gli IAS/IFRS diventano di fatto il nuovo modello contabile
da adottare ed integrare.
Muovendosi da queste premesse l’Unione Europea ha intrapreso quindi una strategia
volta “ alla convergenza tra le procedure contabili delle diverse società nei vari stati
principi emanati dallo IASB sono denominati IFRS (International Financial Reporting Standards) ed i relativi
documenti interpretativi IFRIC (International Financial Reporting Interpretation Committee).
13
membri”
14
. Tale strategia consiste nell'adozione degli IAS/IFRS per i global players
presenti nei mercati regolamentati e nell’ammodernamento delle direttive contabili per
le altre società.
A tal scopo sono ancora due i passi fondamentali da esaminare:
- il Regolamento (CE) 1606/2002 riguardante gli obblighi e facoltà in merito
all’adesione dei principi da parte delle imprese;
- il Regolamento (CE) 1725/2003 e seguenti che hanno adottato e reso
giuridicamente vincolanti i singoli principi IAS/IFRS e le relative interpretazioni.
Il Regolamento (CE) 1606/2002 prevede che, a partire dall’esercizio avente inizio
l’01/01/2005, le società soggette al diritto di uno Stato membro UE, aventi titoli quotati
in un mercato regolamentato dell’Unione, sono obbligate a redigere il bilancio
consolidato secondo i principi contabili emanati dallo IASB e recepiti nell’UE
15
(art.4).
Lo stesso regolamento, inoltre, lascia facoltà agli stati membri, di prescrivere o
consentire l’utilizzo degli indicati principi, anche per la redazione dei bilanci di
esercizio da parte delle società quotate e per i bilanci di esercizio e/o consolidati da
parte delle società non quotate (art.5).
Le opzioni suddette sono state esercitate con il Dlgs 28/02/2005 n. 38.
Sono quindi obbligati a redigere il bilancio consolidato, secondo i principi contabili
internazionali, dall’esercizio chiuso o in corso al 31/12/2005 (art.3 Dlgs 38/05):
a. le società quotate
b. le società emittenti strumenti finanziari diffusi tra il pubblico
c. le banche, le SIM, le SGR e gli altri intermediari finanziari vigilati
d. le imprese di assicurazione.
Hanno invece facoltà di redigere il bilancio consolidato, secondo i principi
internazionali a partire dall’esercizio chiuso o in corso al 31/12/2005:
e. le società controllate e collegate dalle società di cui alle lettere a-d, diverse da
quelle che redigono il bilancio in forma abbreviata di cui all’art. 2435 bis cc
f. le società diverse da quelle di cui alle lettere a-e, e diverse da quelle che redigono
il bilancio in forma abbreviata di cui all’art. 2435 bis cc.
14 Passo tratto da R. MARCELLO, “L’informativa di bilancio e le prospettive di applicazione dei principi contabili
internazionali alle piccole e medie imprese”, in Attualità il Fisco n.46/2005.
15
Tale termine è posticipato all’esercizio avente inizio o in corso al 01/01/2007 per le società che abbiano
esclusivamente titoli di debito quotati in mercati regolamentati da terzi e che già applichino principi riconosciuti
internazionalmente (art.9). Si tratta in sostanza di un riferimento alle società che redigono il bilancio secondo gli US
GAAP.
14
Per i soggetti alle lettere e-f, l’esercizio della facoltà predetta è una scelta non
revocabile, salvo “circostanze eccezionali” da illustrare in nota integrativa.
Sono obbligati a redigere il bilancio d’esercizio secondo i principi contabili nazionali, a
partire dall’esercizio chiuso o in corso al 31/12/2005:
a. le società quotate
b. le società emittenti strumenti finanziari diffusi tra il pubblico
c. le banche, le SIM, le SGR e gli altri intermediari finanziari vigilati
d. le imprese di assicurazione, solo se quotate e non redigono il bilancio consolidato.
Inoltre, secondo, quanto stabilito dal Dlgs 38/05, le seguenti società possono redigere il
bilancio di esercizio a partire dall’esercizio chiuso o in corso al 31/12/2005:
e. le società controllate da società di cui alle precedenti lettere a-d
f. le società che redigono il bilancio consolidato, diverse da quelle alle lettere a-e,
diverse da quelle che possono redigere il bilancio in forma abbreviata ex art.lo
2435 bis cc.
g. Le società rimanenti, diverse da quelle di cui alle lettere a-f, che non redigono il
bilancio in forma abbreviata, se incluse nel consolidato dei soggetti di cui alla
lettera f.
Anche in questo caso la scelta non è revocabile, salvo casi eccezionali giustificati in
nota integrativa.
Le imprese non comprese nei precedenti elenchi, devono continuare a redigere il
bilancio secondo le precedenti direttive contabili.
Quello che si è delineato nel nuovo assetto normativo, è di fatto un “doppio” binario,
all’interno del quale le società applicano regole contabili significativamente differenti.
Il legislatore europeo al fine di garantire una comparabilità “minima” nei bilanci tra
imprese che adottano gli IAS /IFRS e quelle che invece utilizzano “i vecchi” principi
contabili ha quindi integrato la preesistente IV Direttiva con la Direttiva n. 65/2001 e
con la Direttiva n. 51/2003.
Lo Scopo delle due Direttive consiste nell'eliminazione dei conflitti esistenti tra
direttive e principi IAS/IFRS e nel fare in modo che i trattamenti contabili consentiti
dai principi internazionali possano essere utilizzati anche dalle società europee
sottoposte alla discipline delle disposizioni comunitarie.
15