L‟evoluzione delle pratiche di consumo: il ruolo del marketing nell‟economia post-moderna
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significati e funzioni sociali essendo considerata un mezzo per creare e mantenere
la propria identità individuale, uno strumento per instaurare relazioni sociali e un
linguaggio attraverso cui comunicare la propria visione del mondo, distinguendo-
si dalla massa. La funzione comunicativa del consumo è ravvisabile nel fatto che
i beni non sono selezionati per soddisfare bisogni ma in quanto indicatori di una
certa posizione sociale; ciò comporta la coesistenza di tanti stili di consumo corri-
spondenti a differenti consumatori4. In particolare, il consumatore postmoderno5
si presenta particolarmente votato all‟eclettismo6 e sincretismo7 per tali ragioni
può essere considerato la manifestazione del fenomeno di frammentazione degli
stili di consumo e della coesistenza di più stili in un unico individuo. Tali consu-
matori rappresentano solo una frazione della società di consumo postmoderna
poiché sono individuabili consumatori che mantengono stili e motivazioni di tipo
diverso per via di culture più tradizionali, tratti psicologici particolari o specifici
processi di socializzazione.
Se da un lato ci sono i consumatori attratti dal low cost, individui alla ricerca di
prezzi bassi e di cose semplici che puntano all‟essenziale e che quindi identifica-
no un ritorno al valore d‟uso del bene, nell‟accezione marxiana del termine, allo
stesso tempo vi sono consumatori che attribuiscono ancora agli oggetti una fun-
zione dimostrativa8. È sempre più diffuso, infatti, a dispetto di una situazione e-
conomica famigliare spesso percepita come di grave difficoltà9, il fenomeno
chiamato del “trading up”10: ovvero l‟acquisto di almeno un oggetto che rappre-
senta un passo in avanti nella scala sociale. I beni acquistati nell‟ottica ostentativa
4
Il tema può essere approfondito: SPALTRO E., “Pluralità”, Patron, Bologna, 1985.
5
Il tema è ampliamente trattato in FABRIS G., “Il nuovo consumatore verso il postmoderno”, Mi-
lano, Franco Angeli, 2003
6
Tendenza ad ispirarsi a diverse fonti culturali.
7
Conciliazione arbitraria di dottrine filosofiche tra loro inconciliabili.
8
Cfr. DUESEBERRY J. S., “Reddito, risparmio e teoria del comportamento del consumatore”, Mi-
lano, Etas Kompass, 1969 (versione originale: “Income, saving and the theory of consumer beha-
viour”, Harvard University Press Cambridge, 1949).
9
Si pensi alla cosiddetta sindrome della quarta settimana, secondo cui gli italiani non riescono ad
arrivare, con il loro stipendio, alla fine del mese per questo l‟ultima settimana coincide con una
diffusa sensazione di povertà.
10
Cfr. VERGNANO, F., “Il consumatore medio non esiste più”, Milano, Il Sole 24 Ore libri, 2005,
pag. 21.
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del “trading up”, al contrario dell‟ottica ostentativa vebleniana11 possono essere
di due tipi: o prodotti normali che però hanno delle caratteristiche qualitative che
giustificano un prezzo più elevato oppure prodotti messi in commercio da aziende
appartenenti al settore del lusso che hanno inserito delle linee più “economiche”.
Uno degli assunti del consumatore postmoderno è il superamento della logica del-
lo show off poiché il consumo non è più utilizzato con un significato prevalente-
mente ostentativo. Si è verificato il passaggio dallo status symbol allo style
symbol12, cioè acquisto di beni in grado di gratificare la persona, più che di con-
notarla socialmente dimostrando di appartenere ad uno stile di vita, più che ad
una classe sociale. Nonostante ciò la pratiche di consumo di tipo ostentativo esi-
stono ancora e per questo tipo di consumatori la qualità dei prodotti, legata alle
caratteristiche organolettiche o di performance dei beni, è sicuramente meno im-
portante dei requisiti estetici. Oggi esistono, quindi, negozi che raccolgono il me-
glio di ogni settore merceologico degli oggetti di lusso, frequentati da questi nuo-
vi cultori dello status symbol. La diffusione di questo tipo di lusso sembra con-
trapporsi a quella tendenza sociale, nota come democratizzazione del lusso13, che
sembrava essere ormai la caratteristica dominante: ovvero l‟accesso al lusso da
parte di segmenti di popolazione tradizionalmente considerati come appartenenti
agli strati sociali “inferiori”14.
Il proliferare di approcci e di contributi multidisciplinari intorno al concetto di
consumo testimonia, al tempo stesso, sia la complessità del fenomeno sia la sua
duttilità ad essere indagato da diversi punti di vista. In effetti, il dibattito sul con-
sumo, può essere arricchito non solo dalla sociologia dei consumi, ma anche da
approcci di tipo socio-antropologico e semiotico. Sul versante sociologico è già
facilmente distinguibile una partizione tra:
11
Acquistare dei beni che non farebbero parte della classe sociale d'appartenenza ma che sono ap-
pannaggio di classi più elevate. Nella trattazione cfr. COZZI G. E FERRERO G., “Marketing: princi-
pi, metodi, tendenze evolutive”, Torino, Giappichelli, 2000, pag. 181 e successive.
12
FABRIS, G., opera già citata, Milano, Franco Angeli, 2003.
13
Si veda sul tema, MORTARA, A., “I nuovi spazi del lusso”, reperibile al seguente indirizzo:
http://www.escpeap.net/conferences/marketing/pdf_2003/it/mortara.pdf
14
Si approfondisca attraverso MORTARA, A., “Consumo e consumi”, reperibile all‟indirizzo:
http://escpeap.net/conferences/marketing/pdf_2006/mortara.pdf.
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- Un approccio micro-sociologico, più centrato sul comportamento del con-
sumatore e legato ad una matrice economica;
- Un approccio macrosociologico, sguardo prospettico più ampio che fa ri-
ferimento al contesto sociale e ai meccanismi di differenziazio-
ne/integrazione all‟interno di esso.
Sempre nell‟ambito delle discipline sociali, si individuano altri due tipi di ap-
procci allo studio del consumo:
- Un approccio socio-antropologico, che si concentra per lo più sulle valen-
ze culturali legate al comportamento di consumo;
- Un approccio semiotico, che valuta il sistema di significati veicolati dalla
merce/segno.
E‟ tuttavia facilmente riscontrabile la propensione a ripartire il campo di rifles-
sione in due differenti prospettive: da una parte, una concezione del consumo
come portatore di emancipazione democratica; dall‟altra una visione cinica e di-
sincantata, che concepisce il fenomeno come struttura regolata da logiche di con-
trollo e di riproduzione del potere15.
1.2. La conoscenza del consumatore
Come detto in precedenza, ad un certo punto della sua storia il marketing mette al
centro della propria ricerca il consumatore; le sue esigenze, le sue caratteristiche,
le modalità del consumo, divengono l‟oggetto di specifiche ricerche che, avva-
lendosi dell‟apporto di altre discipline (prima tra tutte la psicologia), permettono
di comprendere quali fattori influenzano i comportamenti dei consumatori16.
I vantaggi che derivano dalla conoscenza del consumatore sono sostanzialmente
tre:
15
Cfr. PALMONARI A, E ZANI B., “Psicologia sociale di comunità”, Bologna, Il Mulino, 1980, pag.
57 e seguenti.
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- Possibilità di soddisfare e fidelizzare il cliente (customer satisfaction e cu-
stomer retention);
- Possibilità di fare delle previsioni per il futuro;
- Possibilità di andare in contro alle esigenze dei non-consumatori, trasfor-
mandoli in consumatori (ampliamento del bacino d‟utenza e sottrazione di
quote di mercato ai concorrenti).
Conoscere il consumatore consente all‟azienda di elaborare un prodotto con ca-
ratteristiche tali da soddisfare le esigenze dei compratori e questi acquistandolo vi
rimarranno probabilmente fedeli; consente inoltre di prevedere come le esigenze
si evolveranno in futuro. Per l‟azienda è anche importante conoscere i profili dei
non consumatori, per attivare strategie che consentano di ampliare il numero di
utenti, trasformando una fetta del mercato potenziale in mercato reale.
Il comportamento dell‟individuo è influenzato17 da fattori esterni e da fattori in-
terni18. Come fattori esterni si considerano:
- Fattori culturali: la “cultura” dell‟individuo è influenzata principalmente
da fattori etnici, differenze regionali, condizione economiche; determina
le modalità di comportamento comuni a tutti gli individui e prevale nei
casi di maggior funzione simbolica;
- Classi sociali: “divisioni permanenti in gruppi omogenei di persone che
hanno la stessa posizione economica, gli stessi interessi, la stessa occupa-
zione”;
- Gruppi sociali di riferimento: ovvero i gruppi di persone più frequentati,
ma anche gruppi aspirazionali19, di cui cioè si vorrebbe far parte;
- Famiglia;
- Fattori economici: reddito, attese rispetto i redditi futuri, prezzi dei pro-
dotti sostitutivi e dei prodotti accessori, elasticità della domanda20.
16
Cfr. FRANCESCATO D., “Psicologia di comunità”, Milano, Feltrinelli, 1977 pag. 26.
17
KEITHC.W., “Psicologia per il marketing”, Bologna, Il Mulino, 1988, pag. 113.
18
Cfr. PELLICELLI G., “Il marketing”, Torino, UTET, 1999, pag. 41.
19
Cfr. CORIGLIANO G., op già citata, 1999, pag. 141 e ss.
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I fattori interni21 sono:
- Apprendimento: cioè l‟accumularsi delle esperienze precedenti;
- Motivazioni: spingono l‟individuo verso l‟acquisto di un determinato bene
(o lo trattengono);
- Attitudine22: cioè l‟inclinazione di un individuo ad agire in un determinato
modo in certe situazioni.
Spiegare i comportamenti dei consumatori è stato l‟obiettivo di vari studi, tanto
da dare origine ad una branca specifica della sociologia, detta sociologia dei con-
sumi.
Una delle analisi più note dei comportamenti del consumatore, utile in particolare
per spiegare le motivazioni alla base di tali comportamenti, è la teoria delle moti-
vazioni dominanti elaborata da Maslow (1943), secondo cui gli individui sono
spinti verso determinati comportamenti da varie motivazioni, diverse tra loro, che
prevalgono le une sulle altre in modo variabile a seconda del momento e delle
condizioni in cui l‟individuo si trova ad agire. Quindi in ogni particolare situazio-
ne esiste una motivazione che domina momentaneamente sulle altre, le quali co-
munque continuano ad essere attive. Le diverse motivazioni possono essere ri-
condotte a cinque gruppi principali ordinabili gerarchicamente e sintetizzabili in
uno schema, noto come Piramide di Maslow.
20
La domanda di un bene è elastica se ad una variazione del prezzo corrisponde una variazione
più che proporzionale della domanda del bene stesso.
21
Cfr. KEITHC.W., “Psicologia per il marketing”, Bologna, Il Mulino, 1988, pag. 29-110.
22
L‟attitudine risente delle esperienze precedenti e dell‟appartenenza ad un gruppo sociale o etni-
co.