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con il passaggio al maggioritario nelle elezioni politiche ne hanno accelerato una crescita di
importanza e visibilità.
Il secondo capitolo, concentra l’attenzione sulla costante del nemico interno nei manifesti
politici in Italia e sulla ricorrenza di alcuni temi come il comunismo e l’anticomunismo, il
fascismo e l’antifascismo, il pro-anti Americanismo e le ingerenze della Chiesa cattolica,
che hanno caratterizzato la propaganda politica dei manifesti durante tutto il periodo
repubblicano. Nel primo paragrafo è trattato il tema del nemico interno in relazione alla
prima Repubblica (1946-1994), subito dopo l’estromissione della sinistra dal governo nel
1947, anche i partiti che come la Dc e il Pci avevano collaborato nella lotta di liberazione
prima e nella stesura della carta costituzionale poi, hanno iniziato una lunga attività di
propaganda volta a denigrare l’avversario, mostrandolo come un nemico interno da
combattere per difendere la libertà dei cittadini. I toni bruschi della minaccia rappresentata
dal “nemico politico” hanno probabilmente avuto il loro massimo livello sino alla metà
degli anni settanta quando, sentendo il pericolo reale di spinte autoritarie, la Democrazia
cristiana e il Pci hanno iniziato un periodo se non di collaborazione governativa almeno di
reciproca diminuzione dello scontro propagandistico e politico.
Questo nuovo clima di maggiore serenità nel rapporto tra i partiti, è anche legato alle
trasformazioni che erano avvenute e stavano avvenendo in quegli anni, come la crescita
della mobilità sociale e il conseguente crollo delle ideologie. I partiti si adeguarono a queste
trasformazioni divenendo tra glia anni settanta e ottanta organismi meno legati alle
ideologie e più attenti a conquistare i voti delle nuove classi sociali che si andavano
costituendo.
Nel secondo paragrafo intitolato “La costante del nemico interno nella seconda Repubblica,
dalla minaccia del comunismo agli immigrati”, è sviluppato il tema dello scontro politico
nella seconda Repubblica. All’inizio degli anni novanta quanto tutto ciò che era accaduto e
stava accadendo lasciava pensare ad un futuro di maggiore dialogo politico, l’avvento sulla
scena pubblica di Forza Italia e il successo della Lega Nord, hanno scatenato una nuova
ondata di propaganda denigratoria contro il nemico interno. Forza Italia - nata nel ’94 – ha
da subito basato parte della sua comunicazione politica sulla minaccia alla libertà
rappresentata dai comunisti. Non si è fatta attendere molto la reazione dei partiti di sinistra
che costantemente hanno posto l’attenzione sulla figura di Berlusconi privandogli la
cittadinanza democratica. La Lega Nord ha invece individuato il nemico prima nei
meridionali e nella politica fiscale centralista dello stato italiano e in seguito negli immigrati
e in particolare in quelli di religione musulmana.
3
Capitolo I
L’evoluzione della scena pubblica e degli strumenti della comunicazione politica
In questo capitolo, realizzato attraverso lo studio e l’analisi del testo di Edoardo Novelli “La
turbopolitica” (2006), è riassunto il percorso evolutivo della scena pubblica e degli
strumenti della comunicazione politica nell’Italia repubblicana.
I tre soggetti caratterizzanti la scena pubblica e la comunicazione politica, cioè i partiti
politici, i cittadini/elettori e i mezzi di comunicazione di massa, hanno subito un’evoluzione
interna. Ad esempio la personalizzazione della politica, la diminuzione della militanza, per
quanto riguarda i partiti; la nascita della televisione pubblica prima e della televisione
commerciale poi, per quanto riguarda i mass media; e il miglioramento delle condizioni
economiche, culturali e una maggiore mobilità sociale per quanto riguarda invece i
cittadini/elettori.
Le evoluzioni dei singoli sono avvenute in alcuni casi per fattori esterni all’influenza degli
altri, mentre in altri casi i cambiamenti sono dovuti direttamente al variare degli altri
soggetti, si sono dunque negli anni modificate profondamente anche le relazioni tra gli
stessi. Come, ad esempio, il rapporto tra politica e televisione, infatti, mentre all’inizio era
la politica a stabilire tempi, linguaggi e toni della sua presenza in tv, con l’avvento delle
televisioni commerciali questo rapporto si è profondamente modificato e la politica, per
rimanere presente all’interno di questa nuova televisione ha dovuto modificare
atteggiamenti e linguaggi.
Il capitolo è strutturato in paragrafi, ciascuno di essi tratta il tema dell’evoluzione della
scena pubblica e della comunicazione politica sotto aspetti, strumenti e soggetti differenti.
Nel primo si parla del percorso riguardante le strategie della comunicazione seguite dai
partiti, cioè i toni utilizzati, il linguaggio, le strutture predisposte alla realizzazione della
propaganda, l’utilizzo di personaggi esterni al mondo della politica. Nel secondo è trattato il
tema di come le organizzazioni politiche hanno utilizzato negli anni gli strumenti
audiovisivi, prima il cinema poi la tv. Nel terzo paragrafo è riassunta l’evoluzione
nell’utilizzo della rilevazione sondaggistica, nel quarto è trattato il comizio, la sua forte
presenza nei primi anni del dopoguerra e il suo successivo adattamento alle logiche
mediatiche. Nel quinto è sottolineata l’evoluzione della figura del militante, centrale nei
primi anni del dopoguerra, molto meno in quelli più vicini a noi, in quanto i partiti si sono
modificati allontanandosi dal forte radicamento territoriale e sfruttando al massimo le
opportunità di visibilità offerte dal mezzo televisivo. Infine nell’ultima parte del capitolo è
trattata l’evoluzione della figura del leader all’interno della scena pubblica, il suo
comportamento, la sua presenza, il suo rapporto con gli elettori e i media nei primi anni
della Repubblica e il suo ruolo e la rete di relazioni con gli altri soggetti oggi.
1.1
Le strategie della comunicazione politica, dalla persuasione alla seduzione
Negli anni quaranta e cinquanta in Italia la propaganda è molto legata alla battaglia
ideologica tra est ed ovest, tra cattolicesimo e comunismo. Fine della propaganda di questi
anni, da qualsiasi parte proviene, è persuadere gli elettori tramite una comunicazione
ideologica di forte impatto, che fa leva su argomentazioni profonde.
4
La Chiesa cattolica e le sue organizzazioni - come l’Azione cattolica - sono, infatti,
direttamente coinvolti nelle varie campagne elettorali a supporto della Democrazia cristiana.
Nelle elezioni del ’48 proprio al presidente dell’Azione cattolica Luigi Gedda, è affidato
direttamente dal Vaticano il compito di organizzare una forza in grado di intervenire nella
campagna elettorale, nascono così i Comitati civici con il compito di combattere
l’astensionismo. Come risultava infatti da alcune ricerche, una fetta importante
dell’elettorato - quella meno coinvolta ed interessata alla politica - era fondamentale al fine
di un buon esito elettorale della Dc.
La loro comunicazione è caratterizzata dall’utilizzo di temi quali la minaccia comunista, gli
affetti materni, l’autostima e l’orgoglio ed un linguaggio forte e diretto con l’obiettivo di
suscitare reazioni emotive. Non è un caso che sin dalla loro fondazione, all’interno dei
Comitati civici è presente un Ufficio psicologico, al quale è affidato il compito di studiare
slogan e immagini da utilizzare nella comunicazione visiva dell’organizzazione.
Forte era l’utilizzo elettorale della fede, come testimonia l’utilizzo nei manifesti elettorali di
slogan come “Nel segreto della cabina Dio ti vede, Stalin non ti vede”, oppure di preghiere
nel retro dei santini dove veniva riportato l’invito a votare per la Dc (Novelli, 2006). La
Chiesa era appunto mobilitata in prima linea tanto che in prossimità delle elezioni utilizzò
un gruppo di religiosi - i Frati volanti - nelle piazze durante i comizi avversari per
controbattere le tesi e le argomentazioni da questi esposte. Le moltissime processioni che
attraversavano la città e le campagne erano un efficace e ben coordinato momento di
propaganda. Politica e religione erano profondamente legate tanto che in alcuni manuali si
invitava a concludere i comizi con lo slogan “Sorgere e votare per la croce di Cristo”
(Novelli, 2006, p. 30).
Il Fronte democratico popolare, nel quale nel 1948 sono alleati il Pci e il Psi, basava invece
la propria comunicazione sulla volontà di fornire all’elettore elementi concreti che potessero
coinvolgerlo nella riflessione e permettergli una crescita politica e culturale, avendo la
profonda convinzione che la propaganda di una organizzazione politica avrebbe dovuto
basarsi esclusivamente sul ragionamento e sulla razionalità, contrapponendosi alla
comunicazione emozionale e basata sullo slogan che, secondo gli uomini politici di sinistra
del tempo, era più adatta ad un organizzazione religiosa.
Di conseguenza, i manifesti prodotti dai Comitati civici e la Dc, da una parte, e quelli del
Fronte popolare, dall’altra, si differenziano profondamente, tanto nell’utilizzo
dell’immagine quanto in quello della parola. Mentre i primi sono caratterizzati da un forte
utilizzo dello slogan e di immagini caricaturali, il Pci sviluppa ragionamenti articolati ed
esaustivi e preferisce la fotografia, considerata più veritiera, al disegno.
Anche i filmati di propaganda, parlavano lingue diverse secondo chi li produceva; mentre il
Pci riteneva più efficace una rappresentazione realistica della realtà facendo sovente uso del
documentario come forma narrativa, la Dc utilizzava anche la forma della commedia o della
satira.
La predilezione del Pci per una propaganda incentrata su una rappresentazione realistica
della realtà caratterizzò per molti anni la produzione audio-visiva del partito, mentre fu più
rapido l’adeguamento dei manifesti al linguaggio della satira e dell’invettiva, infatti, già alle
successive elezioni complice anche la pesante sconfitta di cinque anni prima, il Pci si
adeguò a differenti linguaggi comunicativi (Novelli, 2006).
La pubblicazione nel 1952 del manifesto “Settimo non rubare” – chiaramente un atto
d’accusa alla Dc – è solo uno dei segnali che il Pci sta rispondendo con lo stesso linguaggio