Questa impostazione originaria ha subito però una decisa svolta
a seguito della lettura delle prime opere sull’argomento
2
le quali
hanno indirizzato la mia attenzione verso un diverso periodo
storico da quello originariamente prescelto, verso cioè il
quindicennio precedente il conflitto europeo nel quale, come
vedremo in seguito, maturarono le condizioni che avrebbero
portato alla guerra di trincea.
Le riviste militari pubblicate in quegli anni, ed in particolar
modo la “Rivista militare italiana”, hanno rappresentato da
subito la fonte primaria della ricerca. Questa scelta, almeno
inizialmente, era stata imposta dalla scarsità di opere storiche
sull’evoluzione della tattica nel periodo precedente la guerra, ma
la sua opportunità è stata confermata dalla ricchezza delle
informazioni che da esse si sono potute ricavare. Le riviste
infatti, oltre che ad occuparsi di tattica ed a commentare i
conflitti del tempo, trattavano anche di tutti gli svariati aspetti
del mondo militare: dai problemi di avanzamento a quelli di
istruzione, dal ruolo dell’esercito nella società ai rapporti con il
movimento socialista, dal problema delle spese militari a quello
del rinnovo dei materiali, dal problema della leva a quello delle
scuole di reggimento per gli analfabeti. Non vi era insomma
2
Tra queste, due sono risultate particolarmente determinanti: Evoluzione della tattica
durante la grande guerra, di Salvatore Pagano, Torino, SD (1928?) e Note sul pensiero
militare italiano da fine secolo XIX all’inizio della prima guerra mondiale, di Ferruccio
Botti, in “Studi Storico militari 1985” e “studi storico militari 1986” Roma, Uff. Storico
S.M.E., 1986 e 1987. La prima è servita a richiamare la mia attenzione sulle guerre anglo-
boera e russo-giapponese le quali, oltre ad aver avuto rilevanza sull’evoluzione della tattica
nel periodo prebellico, sembravano aver anche anticipato alcuni caratteri della Grande
Guerra. La seconda mi ha invece mostrato quale preziosa fonte di informazioni avrebbero
potuto essere le riviste militari per lo studio del dibattito tattico sorto a seguito di quei due
conflitti.
aspetto del mondo militare che non trovasse eco nelle pagine
delle riviste
3
il cui utilizzo ha dunque consentito di ricavare le
informazioni necessarie per inquadrare il problema
dell’evoluzione tattica in maniera completa, salvaguardando il
legame tra l’aspetto materiale e quello umano, tra quello teorico
e quello pratico. La scelta delle fonti e la decisione di retrodatare
il periodo coperto dalla ricerca si sono rivelate subito ricche di
risultati interessanti poiché proprio l’esame dei dibattiti svoltisi
ad inizio secolo sulle pagine delle riviste ha permesso di stabilire
una necessaria ed importante premessa. La guerra di trincea, con
le sue particolari caratteristiche, non fu affatto un avvenimento
imprevisto ed imprevedibile, o almeno non avrebbe dovuto
esserlo, poiché essa fu l’inevitabile conseguenza di una lunga e
costante evoluzione della tattica determinata dagli effetti
combinati del progresso tecnologico degli armamenti e dello
sviluppo dei moderni eserciti a coscrizione obbligatoria. Tale
realtà fu ampiamente conosciuta e discussa negli anni prebellici
grazie alle esperienze dei conflitti anglo-boero e russo-
giapponese che rappresentarono le tappe più importanti di questa
evoluzione.
4
3
Esse recensivano inoltre molti libri che si pubblicavano in Italia ed all’estero riservando
anche delle rubriche dedicate ai commenti degli articoli apparsi sulla stampa militare
straniera.
4
La prima guerra mondiale fu preceduta anche da due altri importanti avvenimenti bellici,
la guerra italo turca e le due guerre balcaniche che però non sono state qui prese in
considerazione in quanto meno determinanti per lo studio dell’evoluzione tattica. La
campagna libica del 1911-1912 ebbe infatti un carattere del tutto atipico poiché la
tradizionale azione militare si dimostrò insufficiente ad ottenere, da sola, una rapida e sicura
occupazione del territorio ed in nessun caso si ebbe mai una vera battaglia campale tale da
poter essere paragonata a quelle che si sarebbero verificate nel corso della guerra europea.
Le due guerre balcaniche furono invece troppo vicine allo scoppio della grande guerra
perché potesse svilupparsi una seria ed approfondita analisi sulle riviste militari. I primi
Dal primo di essi gli studiosi militari europei poterono constatare
gli effetti derivanti dall’impiego delle moderne armi a tiro rapido
e delle polveri senza fumo con un’evidenza che non era mai stata
raggiunta prima di allora. Ne scaturì un immediato e vivace
dibattito svoltosi attorno al tema dell’apparente superiorità della
difensiva e dei mezzi più idonei per ridare efficacia all’azione
offensiva. La guerra russo giapponese, invece, oltre a costituire
una verifica delle nuove teorie da poco elaborate, introdusse due
nuovi ed importanti elementi di discussione: l’efficacia della
fortificazione campale e la conseguente possibilità che il futuro
conflitto assumesse i caratteri della guerra di posizione.
Considerati come possibili antecedenti della guerra di trincea, i
due conflitti sono serviti da modello per analizzare e spiegare i
passaggi attraverso i quali la tattica approdò a quella particolare
fase caratteristica della Prima Guerra Mondiale.
Ma a questo punto la ricerca si apriva a nuove ed interessanti
questioni. Se realmente le guerre di inizio secolo avevano
indicato i caratteri della guerra di trincea e se questi erano stati
accuratamente analizzati e descritti sulle più importanti riviste
militari del tempo, perché queste conoscenze non furono
adeguatamente sfruttate per sviluppare una teoria ed una pratica
articoli di descrizione degli avvenimenti comparvero sulle riviste militari nel 1913 senza
però che ad essi facesse seguito un dibattito tattico paragonabile a quello succeduto alle
guerre anglo-boera e russo-giapponese. Le caratteristiche della moderna guerra di
logoramento ebbero modo di manifestarsi anche durante la guerra di Secessione americana
ma bisogna considerare che essa fu poco conosciuta e studiata negli anni prebellici sicché
non poté essere di alcun insegnamento per gli stati maggiori dell’epoca. Negli anni 1900-
1914 si cercherà invano nel più importante periodico militare del tempo, la “rivista militare
italiana”, un articolo dedicato agli avvenimenti di quel conflitto.
militare adeguate?
La complessità della domanda mi ha consigliato di impostare la
ricerca su un duplice piano. Da una parte ho esaminato la
concezione teorica della tattica italiana per verificarne la
rispondenza rispetto ai nuovi caratteri dell’arte militare emersi
dal dibattito di quegli anni. E’ stato così possibile appurare che
la teoria tattica, per quanto rinnovatasi a un livello tale da essere
considerata equivalente a quella delle altre nazioni europee, non
fu però in grado di cogliere i veri caratteri della guerra moderna
ne’ di comprendere le reali difficoltà dell’azione offensiva. Ma
ancora più rilevante fu l’incomprensione dell’importanza relativa
ormai assunta dalla battaglia campale, il cui esito incideva assai
meno che in passato sulle sorti della guerra. Non fu compreso
che, con l’introduzione della coscrizione obbligatoria e con lo
sviluppo della produzione industriale di massa, gli eserciti
disponevano ormai di mezzi sufficienti per riprendersi
rapidamente da una eventuale sconfitta campale e quindi, in
assenza di una dottrina militare realmente nuova, la guerra
avrebbe potuto trascinarsi indefinitivamente concludendosi solo
attraverso l’esaurimento morale o materiale di uno dei due
contendenti.
Il secondo piano di ricerca ha analizzato invece i rapporti tra la
concezione teorica, espressa dal dibattito tattico e dalla
normativa ufficiale, e la realtà dell’esercito italiano del periodo
prebellico. E’ stata questa la fase in cui, individuando i legami
che uniscono la tattica agli altri aspetti dell’organizzazione
militare, è stato possibile mettere in luce una serie di limiti e di
oggettive difficoltà che impedirono un’adeguata preparazione
militare rispetto alle esigenze della guerra moderna. Si tratta di
una questione molto complessa poiché coinvolge svariati aspetti
del mondo militare come, per citarne solo alcuni, il grado di
cultura e preparazione del corpo ufficiali e la loro
predisposizione ad accettare le sfide ed i cambiamenti, la
disponibilità di mezzi finanziari e di aree addestrative necessarie
per le esercitazioni, la ridefinizione del ruolo dei sottufficiali, la
qualità, piuttosto bassa sotto molti punti di vista, delle reclute
che formavano i ranghi dell’esercito.
Questi aspetti sono stati colti nella loro relazione con le
esperienze delle guerre precedenti, con le conclusioni del
dibattito tattico e con le esigenze che si sarebbero
successivamente mostrate nel corso del primo conflitto mondiale
allo scopo di fornire un quadro completo della preparazione
tattica italiana alla vigilia della Grande Guerra.
Prima di affrontare l’analisi delle questioni appena enunciate mi
sia consentito di esprimere il mio riconoscimento alle persone
che mi hanno aiutato in questo lavoro. Desidero ringraziare
innanzitutto la mia famiglia, che in questi lunghi anni di
Università mi ha sempre permesso di trovare quella tranquillità
senza la quale sarebbe stato impossibile conciliare gli impegni di
studio e di lavoro. Altrettanto riconoscente sono verso il il Dott.
Andrea Saccoman che mi hanno consigliato ed indirizzato
nell’impostazione e nella stesura del presente lavoro. Nè posso
dimenticare il personale della Biblioteca del Presidio Militare di
Milano che mi ha oltremodo agevolato nella ricerca e nello
studio dei libri in essa conservati. Un grazie particolare va anche
al mio ex-capo Mario sul cui Pc portatile ho scritto questa tesi,
ed a tutti i miei colleghi di lavoro, che con simpatia ed affetto mi
hanno sempre spronato a continuare nello studio. In ultimo mi
sia permesso di rigraziare Francesca che, con pazienza e amore
ha corretto i miei scritti emendandoli da tutti gli errori che ho,
purtroppo, qua e là disseminato.
CAPITOLO I
La guerra anglo-boera.
I.1 - Le caratteristiche del conflitto.
La guerra anglo-boera ebbe un ruolo importante nello studio
dell’evoluzione tattica perché ripropose all’attenzione dei
militari il problema dell’accresciuta efficacia delle moderne armi
da fuoco e del vantaggio che il loro impiego poteva assicurare
alla difensiva. Tale effetto, come vedremo più avanti, si era già
mostrato sia nella guerra franco-prussiana del 1870 che in quella
russo-turca del 1877, ma non era emerso del tutto chiaramente
perché offuscato dalle vittorie che gli eserciti attaccanti avevano
alla fine conseguito. Il valore della difesa, se pur aveva brillato
in qualche episodio, come il combattimento davanti a Saint
Privat del 18 agosto 1870, non aveva però incrinato la fiducia
riposta nell’atteggiamento offensivo che, in fondo, aveva ancora
permesso, sia ai prussiani che ai russi, di ottenere il successo
finale. La guerra anglo-boera cambiò invece la prospettiva; la
vittoria inglese non riuscì a cancellare il risultato che i boeri
erano riusciti a conseguire adottando una tattica difensiva, e cioè
tenere a lungo in scacco l’esercito della prima Potenza mondiale
del tempo. L’efficacia delle armi moderne, sapientemente usate
dai boeri, apparve allora in tutta la sua evidenza così come
apparve chiara la necessità di modificare la tattica per le truppe
attaccanti se si voleva ridare all’offensiva quella supremazia che
sembrava aver perso.
La guerra ebbe inizio nell’ottobre del 1899 e vide contrapposte
le forze dell’impero inglese, intenzionate a rafforzare ed
ampliare il protettorato della Colonia del Capo, alle forze delle
libere repubbliche di Transvaal e Orange, zone anch’esse abitate
da coloni di origine europea, soprattutto olandese. Gli eserciti
che si fronteggiavano erano molto diversi per composizione e
struttura. Il corpo di spedizione inglese era formato da soldati a
lunga ferma, con una organizzazione ed una teoria tattica molto
simile a quella in uso presso tutti gli eserciti europei ed era
composto soprattutto da truppe di fanteria. L’esercito boero,
invece, era più simile ad una milizia popolare, senza una vera
struttura militare organizzata fin dal tempo di pace; i comandanti
dei vari commando (unità base dell’esercito boero, che
inquadravano ciascuno tra i cinquecento e i duemila uomini)
erano dei capi civili elettivi, e l’addestramento del tempo di pace
si limitava solo a delle periodiche istruzioni di tiro.
L’organizzazione era talmente approssimativa che i soldati non
disponevano di una uniforme, ma combattevano in abiti civili;
un’altra caratteristica di questo esercito era quella di essere
composto da soldati a cavallo; non si trattava di una vera
cavalleria, ma piuttosto una fanteria montata.
1
1
Thomas Packenam, La guerra anglo boera, Milano, Rizzoli, 1982. (Weidenfeld and
Nicolson Ltd, UK, 1979) pagg. 136-137.
Dal punto di vista strettamente militare, gli avvenimenti di
questa guerra possono essere distinti in tre periodi: una fase
iniziale (ottobre 1899), che vide i boeri penetrare nei territori
della Colonia del Capo e porre l’assedio alle città di Kimberley,
Mafeking e Ladysmith, difese dalle truppe inglesi. Già in questa
prima fase vi furono degli scontri a fuoco (Talana, Elandsgate,
Ladysmith) durante i quali si manifestarono le caratteristiche
della nuova guerra. Una seconda fase (novembre - febbraio)
iniziò con l’arrivo di una parte del corpo di spedizione inglese al
comando del generale Buller, il quale mosse in soccorso delle
città assediate dividendo l’esercito in due colonne: una da lui
direttamente dipendente puntò in direzione di Ladysmith, l’altra,
agli ordini di Lord Methuen, puntò in direzione di Kimberly. La
colonna di Buller venne fermata sulla linea del fiume Tugela
(battaglie di Colenso, Spion Kop e Vaal Krantz), quella di
Methuen venne fermata invece nei pressi del fiume Modder
(battaglie del Modder river e Magersfontein). Questa seconda
fase è quella durante la quale vennero combattute le battaglie più
discusse che ebbero larga eco in Europa scatenando l’ampia
discussione in campo tattico che esamineremo più avanti. La
terza fase infine iniziò con l’arrivo dei rinforzi comandati da
Lord Roberts (gennaio 1900) ed ebbe una svolta con la sconfitta
dell’esercito boero del generale Cronje a Paardeberg. Questa
vittoria inglese aprì la via all’occupazione dell’Orange (maggio
1900) e del Transvaal (ottobre 1900). La guerra, continuò ancora
fino al 1902, assumendo però l’aspetto di una guerriglia
partigiana.
Gli avvenimenti della guerra anglo-boera ebbero immediata eco
in Italia già a partire dal 1900, dando vita, sulle riviste che si
occupavano di argomenti militari, a vivaci discussioni circa la
validità degli insegnamenti che se ne potevano trarre.
Caratteristica di queste discussioni è che la parte riservata
all’analisi ed al commento dei fatti appare di gran lunga
preponderante rispetto a quella più propriamente descrittiva. Ciò
può essere spiegato dal fatto che le fonti di informazioni non
erano dirette, come possono essere ad esempio i rapporti di
addetti militari, di giornalisti, di reduci o comunque di testimoni
oculari dei fatti, ma indirette, cioè articoli comparsi sulla stampa,
soprattutto straniera, in cui gli avvenimenti erano già descritti ed
a volte anche commentati; ne risultava quindi che, nelle riviste
italiane, la descrizione era molto breve, quasi un riassunto per
sommi capi, o addirittura veniva omessa del tutto, dando per
scontato la conoscenza dei fatti da parte del lettore.
2
Maggior
spazio veniva dato invece allo studio degli avvenimenti,
cercando di isolare, tra i vari episodi di quella guerra, quegli
2
La situazione era ancora tale ad oltre due anni dagli avvenimenti se così poteva scrivere il
capitano Roberto Segre in un articolo dal titolo Attorno all’impiego dell’artiglieria in
relazione alle nuove esigenze del combattimento di fanteria e a un più intimo legame fra le
due armi, Rivista di Artiglieria e Genio, luglio-agosto 1903 (pag. 8) “Così accade proprio
adesso in cui più fervono gli studi e le polemiche sugli avvenimenti della recente guerra
anglo-boera. A dire il vero le sorgenti pure alle quali hanno attinto e attingono i ragionatori
non sono moltissime, per cui si può sperare, almeno, che il limitato numero si compensato
dalla sincerità”.
elementi che erano ritenuti caratteristici e che potevano servire
per capire le nuove forme che l’arte militare andava assumendo.
Quasi unica eccezione a questo tipo di approccio furono gli
articoli di Tristano Fabris apparsi, a partire dal 1899, sulla
“Rivista militare italiana” che, utilizzando come fonte i resoconti
ed i commenti apparsi sulla stampa inglese, fornirono alcune
dettagliate ed interessanti notizie circa la guerra sudafricana. Nel
numero di Giugno 1900
3
ad esempio, venne descritto il
combattimento del Modder River svoltosi nel novembre
dell’anno precedente tra la divisione inglese comandata da Lord
Methuen e le forze boere stimate in circa 8.000 uomini. Questo
articolo è particolarmente interessante perché durante la battaglia
del Modder, spesso citata nella pubblicistica del tempo, si ebbero
modo di vedere molte di quelle che poi furono ritenute le
principali caratteristiche della guerra anglo-boera, e cioè:
l’efficacia delle nuove armi a tiro rapido, l’invisibilità delle
sorgenti di fuoco causata dell’impiego della polvere infume,
l’efficacia dei ripari forniti dalla fortificazione campale
provvisoria (trincee) e l’apparente superiorità che l’insieme di
questi elementi dava alla difensiva nei riguardi dell’offensiva.
La battaglia del Modder River cominciò il mattino del 28
novembre 1899, con i boeri schierati in difensiva sul fiume Riet,
al riparo dalla vista e dal fuoco nemico nelle trincee scavate in
3
Tristano Fabris, La guerra nell’Africa australe, in “Rivista Militare”, giugno 1900, pagg.
1028-1055.
precedenza.
4
Dopo un primo scontro di avanguardie gli inglesi
fecero immediatamente entrare in azione la propria artiglieria
che però riuscì ad ottenere effetti piuttosto scarsi.
durante questo duello gli artiglieri delle due batterie non vedevano
esattamente le posizioni occupate da Boeri, tanto esse erano bene nascoste
dagli alberi e cespugli, ne erano svelate dal fuoco di fucileria in causa della
polvere senza fumo. I cannonieri puntavano all’azzardo i loro pezzi e
tirarono sulle case del villaggio Modder River, che erano quasi abbandonate,
mentre le trincee boere rimasero incolumi dalle granate e dagli shrapnels
degli inglesi.
5
Nel frattempo il grosso delle forze inglesi, giunto in prossimità
del nemico, cominciò lo schieramento della propria forza ed
avanzò verso la zona occupata dai Boeri ma la loro azione fu
immediatamente bloccata dall’efficacia del fuoco difensivo.
A un tratto, alle 8,10’, le trincee nemiche si animarono da un capo all’altro,
e ne scoppiò un violentissimo fuoco di fucileria. I proiettili dei Mauser, a
migliaia, solcavano il piano su cui manovravano le truppe, e queste sorprese,
falciate da quella inaspettata foga di offese nemiche, oscillarono e finirono
col fermarsi gettandosi a terra, come in attesa che passasse sulla loro testa la
micidiale bufera.
Le compagnie di testa del battaglione scozzese, che trovavansi più vicino ad
una delle terribili sorgenti di morte, ne furono decimate; la scorta della
mitragliera di quel battaglione rimase uccisa tutta intorno ad essa (…)
Quella povera gente (…) rimase per dodici ore rannicchiata o sdraiata su
quel campo su cui le circostanze l’avevano condotta. Non poteva né
avanzare, né retrocedere, né muoversi.(...)
Per meglio ripararsi i soldati erano costretti a scavare colle baionette la terra
intorno a loro per seppellirsi e diminuire il bersaglio. (...)
4
“Erano tanto ‘bene nascosti’ scrive il corrispondente del Times, il quale era con gli inglesi,
‘da non far vedere né uomini, né cavalli, né bandiere, né trincee; i dintorni del fiume
parevano abbandonati’ “. Ibid., pag. 1031.
5
Ibid., pagg. 1032-1033.
E’ inutile l’aggiungere che non era possibile il far arrivare ordini su quel
campo di manovra; il movimento era interamente arrestato, il numero dei
proiettili boeri, congiunto alla favorevole combinazione del terreno, aveva
condannato all’inerzia gli assalitori, fiaccato l’impeto del loro fiducioso
attacco. Nulla di simile erasi veduto nemmeno sotto le trincee turche di
Plevna, e solo può somigliarvi un momento solo della battaglia di
Gravelotte, quello in cui la Guardia Prussiana (…), fu falciata nel salire le
pendici di Saint Privat, su cui stavano schierate le fanterie francesi.
6
La battaglia si risolse poi a favore degli inglesi, grazie
all’intervento di una nuova batteria d’artiglieria, e ad un riuscito
assalto condotto contro l’ala destra Boera che abbandonò, senza
motivo apparente, il settore che doveva difendere.
7
Già da questo primo resoconto emergono quelli che furono, e
che parvero essere, gli effetti delle nuove armi sul campo di
battaglia.
6
Ibid., pagg. 1034-1035.
7
Un ulteriore descrizione della battaglia del Modder può essere trovata in: Thomas
Pakenham, op. cit., pagg. 233-243. La situazione, descritta nell’articolo di Fabris, in cui si
trovarono le truppe inglesi a causa del fuoco boero e l’invisibilità dei loro avversari vi è
confermata. “Come descrivere, nell’ottica del soldato, le dieci ore di duello? Da parte
britannica, il materiale per ricostruire la scena non manca. Scrisse Methuen alla moglie.
‘pensavo, come tutti, che il nemico se la fosse battuta: invece, Kronje e de la Ray (sic) e
novemila uomini se ne stavano saldamente attestati ad aspettarmi. Di boeri non ne ho visto
manco uno; ma, anche cavalcando un miglio lontano, mi pioveva attorno una gragnuola di
pallottole.’ (...). Entrambe le brigate - a est della ferrovia, quella della Guards capeggiata
dal maggior generale Colvile; a ovest, la 9^, capeggiata dal maggior generale Reggie Pole-
Carew - rimasero inchiodate al veld sotto il fuoco di una schiera invisibile di Mauser e di
qualche Martini-Henry ‘se uno chiedeva a un compagno un sorso d’acqua’ scrisse Ralph ‘si
vedeva la borraccia o la mano in atto di passarla, perforata da una dum-dum...E se, per il
dolore, il soldato alzava la testa, una fucilata gli faceva saltare l’elmetto’. Affamati e
assetati, tormentati dalle formiche, i soldati rimasero ventre a terra per dieci ore, con una
temperatura di trentadue gradi all’ombra e con un sole che scottava le gambe degli
Highlanders in gonnella. Il bisogno di bere divenne tale, che ci fu chi, contravvenendo
all’ordine di non muoversi, tentò di tornare strisciando ai carri d’acqua. Il tentativo costò la
pelle a parecchi. Altri esausti o annoiati, s’addormentarono sul posto. Questa la battaglia
vista dalla parte britannica: dieci ore di fucilate in faccia da un nemico rimasto invisibile”.
.Sempre a proposito di efficacia del fuoco e invisibilità dei boeri vedasi la descrizione della
battaglia di Colenso, Ibid. pagg. 271-287.
La divisione di Lord Methuen è fermata prima che possa
avvicinarsi troppo alle linee di difesa boere ed è messa in una
condizione di immobilità. Può controbattere con difficoltà il
fuoco nemico perché, a causa della polvere da sparo infume, non
vede da dove partono i proiettili che la colpiscono e quindi non
riesce a localizzare le posizioni dell’avversario che inoltre
costituisce un ben scarso bersaglio essendo riparato dalle trincee.
Anche l’artiglieria ha difficoltà ad inquadrare e colpire i propri
obiettivi perché questi sono celati alla sua vista e protetti. I
vecchi ordini di combattimento mostrano tutta la loro
inadeguatezza di fronte alla realtà della nuova guerra. I plotoni e
le compagnie, avanzanti verso il nemico in ordine chiuso, su un
terreno scoperto, offrono un bersaglio ben visibile anche da
lontano e fin troppo facile per i moderni fucili a tiro rapido,
capaci di colpire a distanze ben superiori al chilometro. Il
risultato è che la fanteria attaccante viene bloccata quando si
trova ancora molto lontana dal nemico ed è costretta a subire
notevoli perdite senza poterne infliggere altrettante ai difensori.
Gli attaccanti, per sfuggire alla loro non invidiabile situazione,
cercano di trincerarsi, scavando con l’unico strumento di cui al
momento dispongono, la baionetta, una buca intorno a sè in cui
ripararsi. Attacco e difesa cercano entrambe nel terreno una
protezione contro l’offesa del fuoco avversario.