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ringraziare è Elena che ha corretto le bozze, ora siamo in tre ad avere faticato su questi fogli e
dunque smetto di dire io e comincerò a dire noi logicamente senza alcuna pretesa di impegnare le
altre persone citate nelle mie personali convinzioni ed esposizioni.
Sperando che questo lavoro sia per voi di una qualche utilità vi auguriamo buona lettura.
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CAPITOLO I
La religione e il sacro
All’inizio di ogni ricerca è necessario dare una definizione dei termini utilizzati e
circoscrivere il campo di indagine. È proprio quanto intendiamo fare attraverso il primo capitolo
nel quale affronteremo due concetti chiave per la nostra ricerca, quello di religione e quello di
sacro che chiariremo attraverso il contributo di alcuni autori divenuti classici della sociologia.
Renderemo poi conto di due diverse prospettive emerse qualche decina di anni fa circa il modo
di intendere la religione e che tutt’oggi influenzano i diversi approcci verso questo fenomeno.
1.1 Definizione di religione
Riteniamo importante cominciare questo lavoro con il tentativo di definire la religione e di
individuarne l’unità centrale. Questo perché le possibili definizioni di religione sono molteplici e
contraddittorie, dunque senza un accordo preventivo che delimiti il fenomeno di cui vogliamo
trattare c’è il rischio di una notevole confusione.
Nel suo Dizionario di sociologia, Luciano Gallino, alla voce Sociologia della religione,
propone quattro constatazioni di ordine sociologico che permettano di orientarsi tra le
innumerevoli definizioni di ciò che costituisce l’essenza della religione formulate da teologi,
storici e sociologi della religione.
a) In tutte le religioni è insita la rappresentazione di un ordine extra-sensoriale o
sovrannaturale, inattingibile all’esperienza comune.
b) Tale ordine soprannaturale conferisce un particolare significato all’ordine sociale,
all’ordine naturale, agli eventi ed alle condizioni tipiche dell’esistenza umana.
c) I significati visti sopra tendono ad orientare la condotta del credente in tutte le
principali situazioni dell’esistenza.
d) Attorno alle rappresentazioni religiose si aggregano, si sviluppano e si organizzano
varie forme di gruppo. Di fatto ogni religione tende a configurarsi come un sistema
sociale e culturale unitario.
1
Gallino elenca poi otto concezioni della religione fondamentalmente diverse, ognuna di esse
rappresenta infatti una negazione parziale o totale di tutte le altre. Non si tratta di vere e proprie
definizioni assunte da qualche specifico autore, quanto piuttosto di rappresentazioni tipico ideali
che si possono ricostruire a partire da correnti di pensiero.
1) La religione, in tutte le sue manifestazioni storiche, è un fenomeno che appartiene ad
uno stadio relativamente primitivo dell’umanità.
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È la posizione del positivismo sociologico ed antropologico dell'800, la si ritrova, in
particolare, a partire dalle opere di Comte, Spencer e Frazer.
2) La religione è un fenomeno che caratterizza uno stadio relativamente primitivo dello
sviluppo psichico dell’essere umano, ossia della sua personalità.
Questo concetto di religione si deve alla sinistra hegeliana ed in particolare a Feuerbach.
3) La religione è una particolare forma di ideologia utilizzata sin dall’antichità per
rafforzare e legittimare il dominio di una classe sulle altre.
Si tratta della posizione marxiana che ha però una precedente radice nell’illuminismo.
4) La religione è una risposta culturale a bisogni universali derivanti dalle condizioni
di esistenza degli individui e delle collettività umane.
È la posizione funzionalista che trova il suo iniziatore in Durkheim.
1
GALLINO L., Dizionario di sociologia 1993
2
, UTET Torino, pag. 539.
2
Per quanto riguarda tutte le otto concezioni della religione, cfr. Ivi, pag. 540.
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5) La religione è la maggior istituzione storicamente affermatasi come regolatrice della
condotta umana nella sfera sessuale, familiare, politica, economica, estetica, ovvero è uno
dei più potenti fattori di strutturazione e de-strutturazione dei comportamenti istituzionali.
Si deve principalmente a Weber ed a Troeltsch la concezione della religione come
istituzione universale.
6) La religione è un fenomeno peculiare dell’esistenza umana incentrato sulla nozione
di un ordine non soltanto sovrannaturale, ma sacrale: la religione coincide pertanto con
l’idea e con l’esperienza del sacro, idea ed esperienza che si manifestano storicamente in
svariatissime forme.
La concezione fenomenologica della religione ha trovato in Otto ed in Van der Leeuw i
suoi maggiori propositori ed è stata ripresa poi da Berger.
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7) La religione coincide in essenza con la capacità di simbolizzazione che caratterizza
l’essere umano; la religione è la radice ultima di ogni elemento astratto della cultura.
È ancora una volta Durkheim il primo a sostenere questa posizione che verrà poi ripresa
e rielaborata con maggiore precisione da Luckmann.
8) La religione è una forma di verità assoluta rivelata al credente, per mezzo di
rappresentanti terreni della divinità, e come tale può essere solamente oggetto di fede.
La concezione della religione come oggetto di fede condensato in una istituzione è nata nella
Francia degli anni '30 ed è stata poi sviluppata da Gabriel Le Bras e dalla sua scuola.
Fra queste concezioni di religione, ci sembra che solo una risponda pienamente ai quattro
criteri enunciati dallo stesso Gallino (ed in particolar modo ai primi tre) ed è la sesta, quella che
presenta la religione coincidente con l’idea e con l’esperienza del sacro.
Nelle prime cinque concezioni di religione e nella settima, viene praticamente a mancare
quell’elemento di incontro con una realtà soprannaturale che è il primo elemento indispensabile
ad una religione richiamato dallo stesso Gallino. A questo tipo di ragionamento si può obiettare
che in queste concezioni di religione l’ordine soprannaturale è comunque presente anche se
solamente sotto la forma di pretesa. Ora, proprio qui sta il motivo che ci spinge a scartarle:
affermare una dimensione (quella del soprannaturale) come necessaria alla religione e poi
negarne a priori l’esistenza, ci sembra una riduzione di tipo ideologico che limita notevolmente
l’indagine sul fenomeno religione.
L’ottava concezione (religione come forma di verità assoluta rivelata) appare invece troppo
specifica e limitante la varietà del fenomeno religioso, rifacendosi unicamente alle esperienze
storiche di alcune religioni (le religioni rivelate).
Il forte legame tra religione e sacro è ripreso da due autori che è possibile definire classici per
la sociologia della religione: Emile Durkheim e Rudolf Otto. Nei prossimi paragrafi esporremo
le loro concezioni in proposito.
1.2 I classici
Il fenomeno religioso ha avuto un posto di rilievo nella riflessione di molti sociologi, sia in
coloro che possiamo considerare classici
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, sia in sociologi a noi più vicini nel tempo.
5
Visto il
carattere del presente studio non è possibile analizzare le posizioni di tutti, prenderemo in esame
il pensiero di due autori che hanno riflettuto esplicitamente sulla tematica specifica del sacro
contribuendo a definirla in maniera sostanziale.
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Così Berger intende la fenomenologia: un metodo che indaga su un fenomeno così come appare nell’esperienza
umana, senza sollevare immediatamente la questione del suo stato ultimo nella realtà. BERGER P. L.,
L’imperativo eretico, il Mulino, Bologna, 1987, pag. 68.
4
La religione occupa un posto di rilievo negli scritti di Comte, Marx e Durkheim. L’opera di Weber trova nella
religiosità uno dei suoi fuochi principali.
5
In particolare Parsons, Luhmann, Luckmann e Berger hanno scritto contributi specifici e importanti sulla religione
pur all’interno di prospettive alquanto differenziate.
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1.2.1 Emile Durkheim: sacro e profano
All’inizio di Le forme elementari della vita religiosa, Durkheim cerca di definire cosa si
debba intendere per religione (logicamente in maniera previa rispetto ad una analisi che deve
ancora iniziare), ossia quali siano i segni esteriori facilmente percepibili che permettano di
riconoscere i fenomeni religiosi; intitola pertanto il primo capitolo dell’opera: definizione del
fenomeno religioso e della religione.
L’idea di Durkheim è, come ben illustrato dal titolo della sua opera, quella di andare alla
ricerca delle forme più primitive della religione. Durkheim parte dalla necessità di liberare il
campo da un’idea di religione che, a suo dire, è adatta solo per periodi più vicini a noi, ossia per
le religioni di quei popoli che hanno raggiunto un certo grado di cultura intellettuale.
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L’idea in
questione è quella di considerare il soprannaturale come la caratteristica fondamentale di tutto
ciò che è religioso. Dove soprannaturale può venire, almeno in parte, illustrato da termini come
mistero, inconoscibile, incomprensibile, inconcepibile, inesprimibile.
Liberato il campo da quanto per lui fuorviante, Durkheim cerca di fornire elementi in positivo
capaci di determinare il concetto di religione ed afferma che ogni credenza religiosa presuppone
una classificazione delle cose reali o ideali, che si rappresentano gli uomini, in due classi, o in
due generi opposti, definiti generalmente con due termini distinti, resi abbastanza bene dalle
designazioni di profano e sacro.
7
L’opposizione tra sacro e profano è dunque ciò che ci
permetterà di individuare la sfera della religione.
Qui il sacro ha caratteristiche specifiche differenti rispetto a quelle che altri autori
attribuiscono a questa dimensione:
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è ciò che non può essere manipolato dall’uomo, ciò verso cui
l’uomo deve rivolgersi con un certo timore, luogo di ricerca di significati piuttosto che luogo di
conquista tecnologica. Nella dicotomia sacro-profano, sacro si riferisce ad una realtà altra
rispetto a quella della vita quotidiana (il profano), una realtà normativa, capace di fornire senso
all’esistenza stessa dell’uomo.
Riteniamo che nonostante gli sforzi per dare al sacro una dimensione immanente, i caratteri
della trascendenza si affaccino comunque. È lo stesso Durkheim ad indirizzarci in questa
prospettiva là dove afferma che la distinzione puramente gerarchica è un criterio ad un tempo
troppo generale e troppo impreciso, per definire il sacro di fronte al profano non resta che la
loro eterogeneità, (…) eterogeneità assoluta. Non esiste nella storia del pensiero umano un altro
esempio di due categorie di cose tanto profondamente diverse, tanto radicalmente opposte l’una
all’altra. L’opposizione tradizionale tra il bene ed il male non è nulla al confronto.
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Eterogeneità assoluta significa rottura forte, oppure, per dirlo con le parole di Durkheim,
presenza di due mondi distinti, ma ciò significa riferirsi ad una trascendenza, ossia a qualcosa
che proviene dall’esterno rispetto all’esperienza quotidiana ed è normativo e portatore di senso
per la vita quotidiana stessa.
Durkheim dunque individua la religione nelle credenze e nei riti che riguardano le cose
sacre,
10
ma viene così a scontrarsi con una difficoltà: anche la magia ha riti e credenze che
riguardano il sacro, eppure non può essere equiparata alla religione. Per evidenziare tale
differenza Durkheim introduce l’idea di chiesa: la collettività determinata che fa professione di
aderire a precise credenze religiose e che pratica i riti ad esse solidali.
11
Una analisi più
approfondita della distinzione tra religione e magia fondata sulla comunità dei credenti ci
porterebbe lontano, basti qui evidenziare i riflessi profondi che potrebbe avere
6
DURKHEIM E., Le forme elementari della vita religiosa, Edizioni di Comunità, Milano 1971, pag. 27.
7
Ivi, pag. 39.
8
In particolare rispetto alla concezione di Rudolf Otto che poi è diventata classica. La posizione di Otto verrà
illustrata nel prossimo paragrafo.
9
DURKHEIM E., Le forme elementari della vita religiosa, Edizioni di Comunità, Milano 1971, pag. 41.
10
Quando un certo numero di cose sacre presentano tra loro rapporti di coordinazione e di subordinazione, in
modo da formare un sistema di una certa unità (…) l’insieme delle credenze e dei riti corrispondenti costituisce
una religione. Ivi, pag. 43.
11
Ivi, pag. 46.
7
nell’interpretazione dell’odierno fenomeno religioso là dove la credenza comune viene filtrata ed
adattata con grande libertà fino a diventare assolutamente personale e singola tanto da poter
essere definita fede da bricoleur.
12
Al termine del capitolo Durkheim arriva a fornire quella definizione di religione che aveva
promesso all’inizio: una religione è un sistema solidale di credenze e di pratiche relative a cose
sacre, cioè separate e interdette, le quali uniscono in un’unica comunità morale, chiamata
chiesa, tutti quelli che vi aderiscono.
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È evidente l’intento positivista di ridurre la religione all’immanente (non il sacro, ma
credenze e pratiche relative a cose sacre), ma questa definizione non può che rimandare ad una
nuova domanda: da dove viene il sacro? La soluzione altrove prospettata da Durkheim che il
sacro è la società, l’ordine in cui l’uomo si trova a vivere, non appare più convincente di quella
che rimanda ad una trascendenza. In proposito si può pensare alla mutevolezza del sociale che
male si adatta all’idea del sacro.
Durkheim pensava che le nuove scienze quali la sociologia potessero, svelando i meccanismi
che presiedono alla religione, aiutare l’uomo a rendersi conto della necessità di assumersi le
proprie responsabilità, rinunciando a qualsiasi religione che implicasse trascendenza. La storia ci
dice che così non è stato.
1.2.2 Rudolf Otto: il sacro come trascendente
Rudolf Otto è stato un importante studioso della religione: storico della religione e
fenomenologo della religione. Non si tratta dunque di un sociologo anche se il suo voler
approfondire i fenomeni religiosi a partire da come si manifestano e da come si sono manifestati
nella storia lo pone in una prospettiva che non è molto distante rispetto quella sociologica. La sua
opera principale, Il sacro, è presto diventata un classico e si è imposta come punto di confronto
per chiunque, dopo di lui, ha inteso parlare di religione.
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Otto analizza la categoria del sacro come assolutamente centrale a proposito della religione e
dell’esperienza religiosa. Fa questo a partire da una importante premessa che lo porta a schierarsi
apertamente come credente: a chi non ha esperienza religiosa è inutile parlare di Dio, di
trascendenza, di fede. La religione può essere solo avvicinata dalla razionalità che può chiarire
molto in proposito, ma il sacro è realtà solo intuibile e la sua essenza rimarrà misteriosa. Il
contenuto del sacro (il numinoso) non può mai essere raffigurato esaurientemente, ma solo
insinuato. Queste caratteristiche emergeranno meglio dal ripercorrere il pensiero esposto da Otto.
Secondo Otto la razionalità aiuta alla comprensione attraverso concetti ponderati, chiari,
lucidi e completi, ma non è in grado di esaurire l’essenza del divino. Egli esprime con il termine
numinoso il riferimento oggettivo (fuori dell’io) con cui il soggetto si rapporta con un sentimento
difficilmente dicibile e rappresentabile proprio perché ha caratteristiche uniche che non
riguardano altre sfere dell’esperienza.
15
12
Il mago ha una clientela, non già una chiesa; e i suoi clienti possono benissimo non avere tra loro alcun
rapporto, al punto di ignorarsi l’un l’altro. Ivi, pag. 47.
12
La possibilità della fede come opera di bricolage possiamo ritrovarla in ACQUAVIVA S. - PACE E., Sociologia
delle religioni, Carocci, Roma, 1996
2
, pag. 83. Acquaviva si rifà al pensiero esposto da Berger (La sacra volta e
L’imperativo eretico) circa la condizione di pluralismo religioso presente nella modernità che impone la necessità
di operare una sintesi personale tra le tante offerte a disposizione. L’idea viene poi ripresa, tra gli altri, anche da
Filoramo: FILORAMO G., Le vie del sacro, Einaudi, Torino 1994, pag. 47.
13
Ivi, pag. 50.
14
OTTO R., Il sacro, Feltrinelli, Milano 1966.
15
Otto, a proposito del numinoso, afferma che non si può descrivere compiutamente, come tutto ciò che deriva dallo
Spirito. I termini con cui questa distanza viene espressa sono qādosh per l’ebraico, hagios per il greco, sanctus e
sacer per il latino e vogliono tutti sottolineare come il numinoso sia separato, differente, non analogabile ad altro.
Cfr. OTTO R. Il sacro, Feltrinelli, Milano 1966, pag. 18.