7
come ad esempio il principio di legalità e di tassatività, mal si conciliano
con le caratteristiche del diritto internazionale. In particolare essi
sembrano in contrasto con la fonte principale del diritto penale
internazionale, vale a dire la consuetudine.
2
In passato
3
i rapporti tra Stati, in campo penale, erano limitati a pratiche
di cooperazione tra gli stessi, mirate alla cattura di individui che avevano
commesso dei crimini contro l'ordine municipale; era quindi
l'estradizione l'oggetto di tali rapporti.
Con il progressivo maturare della sensibilità giuridica della comunità
internazionale, diversi stati sentirono l'esigenza di regolamentare i
conflitti armati e le rappresaglie private; l'obiettivo era di distinguere e
disciplinare la guerra ingiusta da quella giusta. Si cominciarono a punire,
in questo modo, condotte che violavano l'ordine internazionale.
4
L'esigenza di tutela dei diritti umani ha dato un notevole impulso alla
ricerca di meccanismi di protezione adeguata: la violazione di tali diritti
provoca, al giorno d'oggi, la reazione della comunità internazionale, a
discapito del principio di non intromissione.
Dal 1948
5
, con la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, ad opera
dell'ONU, ha visto la luce un numero non esiguo di convenzioni,
dichiarazioni, risoluzioni in materia di diritti umani. Non si può certo
affermare che manchino i documenti disciplinanti le condotte ritenute
illecite dal diritto internazionale, contro le violazioni delle quali la
Comunità internazionale dovrebbe reagire.
2
A questo proposito v. M. C. BASSIOUNI, op.cit. supra a nt. 1, I, 71 e M. C.
BASSIOUNI, Le fonti e il contenuto del diritto penale internazionale.Un quadro
teorico,Giuffrè, Milano, 1999, p. 14. L'autore ricorda inoltre che l'art. 38 dello Statuto
della Corte internazionale di Giustizia (ICJ) cita la consuetudine tra le fonti del sistema
giuridico internazionale.
3
M. C. BASSIOUNI, op.cit. supra a nt. 1, I, 62.
4
Per un'esauriente digressione circa lo Jus in bello e Jus ad bellum v. E. AMATI, La
repressione dei crimini di guerra tra diritto internazionale e diritto interno, in Crimini
internazionali, op.cit. supra a nt. 1, pp. 101-115.
5
In http://www.amnesty.it. sono riportate diverse schede di carattere storico e giuridico
elaborate nell'ambito di una campagna, condotta da Amnesty International, di
propaganda a favore della Corte Penale Internazionale.
8
Il problema è dunque elaborare degli strumenti per dare attuazione
concreta a queste norme. Sotto questo profilo la Corte Europea dei diritti
dell'uomo, creata nel 1950 per volontà del Consiglio d'Europa,
costituisce un valido esempio, in quanto strumento di tutela
sovranazionale. Il suo compito è quello di tutelare i diritti individuati
dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo. Ad essa il singolo
cittadino può denunciare l’inadempimento ad opera del proprio stato
nell’applicazione della Convenzione
6
. Tuttavia il limite di procedure di
questo tipo sta nell’individuare la responsabilità di uno stato senza
applicare sanzioni penali a carico dei singoli individui.
Nel panorama dei rimedi esperiti dal diritto penale internazionale, il
tribunale penale per l’ex Jugoslavia e il progetto di Corte Penale
Internazionale rappresentano una novità di assoluto rilievo, in particolare
quest'ultima per i motivi che ci proponiamo di illustrare.
L’elemento di novità cui si fa riferimento non è tanto l’istituzione di un
tribunale penale internazionale: nel 1268 Corradino Von Hohestaufen fu
infatti processato e ucciso per avere iniziato una guerra ingiusta, e, nel
1474, Peter Von Hagenbach fu processato dinanzi ad un tribunale
composto da 28 giudici, provenienti dagli Stati del Sacro Romano
Impero e fu ritenuto colpevole di crimini contro le leggi di Dio e degli
6
In argomento v. M. DE SALVIA, La Convenzione europea dei diritti dell'uomo:
procedure e contenuti, Editoria scientifica, Napoli, 1999; P. WACHSMANN, Le
protocol n. 11 à la Convention europèenne des droits de l'homme, Nemesis, 1995; M.
DELMAS-MARTY, Verso un'Europa dei diritti dell'uomo, Cedam, Padova, 1994. Non
è inutile ricordare, anche se non costituisce l'oggetto principale della nostra ricerca, che
la Corte, nata come meccanismo di protezione sussidiario rispetto agli Stati, ha
ricoperto un ruolo innovativo nella tutela dei diritti individuati dalla CEDU e
nell'individuazione di nuovi diritti, da essa derivanti (i c.d. diritti di terza generazione,
quelli economico-sociali). Inoltre, in forza di un'interpretazione della Convenzione
estensiva, evolutiva ed autonoma la Corte di Strasburgo è giunta persino ad individuare
delle obbligazioni positive in capo agli Stati, vale a dire comportamenti che gli stati
devono realizzare per garantire l'esercizio effettivo dei diritti tutelati dalla Convenzione
(sentenza AIRAY\1979).
9
uomini.
7
Questi precedenti sono comunque il frutto della volontà, da
parte dei vincitori, di rivestire la propria vittoria col crisma del diritto.
Più recenti sono le esperienze dei Tribunali militari internazionali di
Norimberga e Tokyo, istituiti dagli alleati dopo la seconda guerra
mondiale. L'impressione è di trovarsi ancora di fronte a strumenti
elaborati dai vincitori per imporre la propria giustizia sui vinti,
operazione plausibile dal punto di vista politico e financo etico (basti
pensare agli orrori dell’olocausto), ma che ha portato a più di
un'incongruenza sotto il profilo giuridico.
Ricollegandosi al precedente discorso sulla dicotomia tra diritto penale
nazionale e diritto internazionale penale, è possibile rilevare che, durante
i processi derivati dalla seconda guerra mondiale, furono sollevate
costantemente eccezioni circa l'applicazione di norme penali «ex post
facto»,in violazione del principio di legalità sostanziale. Tali obiezioni
erano da ritenere perfettamente valide dal punto di vista del diritto
penale sostanziale. A riprova della parzialità di tali corti internazionali, i
tentativi da parte giapponese, di incriminare presso il Tribunale militare
di Tokyo gli Stati Uniti per l'utilizzo di ordigni atomici, furono rigettati
per carenza di giurisdizione
8
.
Il diritto derivante da queste esperienze era dunque un diritto che
sopraggiungeva successivamente, che inseguiva a fatica gli eventi ormai
accaduti, e quindi geneticamente incapace di svolgere una funzione
preventiva e deterrente. L’elemento innovativo, presente nel progetto di
Corte Penale Internazionale, è allora il precostituire un tribunale che si
7
M. C. BASSIOUNI, op.cit. supra a nt. 1, 62.
8
M. C. BASSIOUNI, op.cit. supra a nt. 1. 65. La difesa presentò l'argomento
dell'obbedienza ad ordini superiori per discolpare gli accusati. La Carta del Tribunale
militare internazionale del 1945 escludeva esplicitamente la possibilità di trarre
giovamento da questo argomento, ma restava il fatto che tali regole prima non
esistevano, e questo fu ampiamente dimostrato. In argomento v. F. PALAZZO,
Introduzione ai principi del diritto penale, Giappichelli, Torino, 1999. In particolare il
Tribunale Internazionale per l'Estremo Oriente fu stabilito tramite ordinanza del Gen.
MacArthur, responsabile del regime di occupazione del Giappone; in argomento v. M.
C. BASSIOUNI, La cour pénal internationale, in International review of penal law,
Erès, 2000.
10
occuperà pro futuro dei crimini contro l’umanità e di quant'altro verrà
stabilito essere di sua competenza.
9
Un sistema penale ha come scopo di stabilire la giustizia nei rapporti tra
consociati: in un quadro sovranazionale tale funzione riveste un ruolo
assai delicato. La commissione istituita dall'ONU
10
per i crimini
commessi nell'ex Jugoslavia ha sottolineato, nel suo rapporto, la forte
esigenza di giustizia manifestata dalle vittime
11
ed ha concluso che
l’auspicata pace nei Balcani potrà realizzarsi in seguito al ristabilimento
della giustizia. Solo l’operato, fermo e credibile del tribunale, potrà
evitare che questa sete di giustizia si trasformi in spirito di vendetta.
E’ giusto domandarsi se veramente la pace abbia come presupposto
imprescindibile la giustizia, intesa come ordine fondato sulla legalità. La
situazione politica dei paesi balcanici è la conseguenza di una instabilità
dovuta a tensioni ed odi antichi: può un tribunale internazionale riportare
la pace?
Queste considerazioni ci portano a guardare con interesse alla soluzione
con cui il Sud Africa è uscito dal regime di apartheid: in questo caso si è
preferito istituire una Commissione che portasse alla luce le violazioni
subite dalla maggioranza nera, e non si è reputato necessario punire i
colpevoli attraverso processi penali ordinari. Questa particolare scelta
trova la sua motivazione nel fatto che il regime segregazionista è stato
abbandonato a seguito d'intensi negoziati, e non a causa di una sconfitta
militare. Nonostante venisse concessa l’immunità agli autori dei crimini,
9
L'art. 5 dello Statuto di Roma della Corte Penale Internazionale-ICC (nella traduzione
non ufficiale della Gazz.Uff., 19 luglio 1999, n. 167 suppl.ord.) limita la competenza
della Corte ai crimini più gravi, ed esattamente al crimine di genocidio, ai crimini
contro l'umanità, ai crimini di guerra, ed ai crimini di aggressione, specificati negli artt.
6, 7, 8.
10
La Commissione fu istituita con due risoluzioni (771/92 e 780/92) del Consiglio di
Sicurezza dell'ONU. Il suo operato ha fornito un importante impulso all'istituzione del
Tribunale Penale per la ex Jugoslavia. Inoltre il rapporto della Commissione divenne
materiale d'indagine (in argomento v. la Presentazione di G. VASSALLI a M. C.
BASSIOUNI, Indagine sui crimini di guerra nell'ex Jugoslavia, Giuffrè, Milano, 1997,
p. X-XV.
11
L'Autore rileva come le vittime non avessero la percezione dei crimini commessi
dalla propria fazione o in ogni caso li ritenessero la risposta, ed in quanto tale meno
grave, ai crimini subiti.
11
in cambio della testimonianza di quanto era accaduto, la Commissione
ha svolto il suo operato con estrema difficoltà
12
.
Recentemente, in Bosnia Erzegovina, è stata creata una Commissione
per la verità e la riconciliazione che dovrebbe costituire un sistema di
mediazione e risoluzione delle fratture sociali, create dalla guerra,
complementare all’azione del Tribunale internazionale per l’ex
Jugoslavia. Lo scopo di tale organismo è quello di contribuire alla
ricostruzione di un’identità nazionale, principalmente attraverso la
raccolta delle testimonianze, e l’analisi della cause storico-sociologoche,
che non possono essere prese in considerazione da un organo
giurisdizionale, qual è il Tribunale de L’Aja
13
.
In queste pagine abbiamo cercato di esaminare, seppur brevemente, le
modalità attraverso le quali la comunità internazionale ha cercato di
esercitare delle forme di giurisdizione penale a livello sovranazionale.
L'insieme di tali tentativi disegna un'evoluzione di cui i tribunali ad hoc
e la futura Corte Penale Internazionale costituiscono i frutti più recenti.
Quest’ultima ha la possibilità di divenire uno strumento di tutela dei
diritti umani stabile e, in quanto tale, maggiormente efficace. In questo
senso i legami tra essa e la volontà politica degli stati potrebbero
incrinare la sua credibilità. Ricordiamo, infatti, che la Corte Penale
Internazionale entrerà in vigore a seguito della sessantesima ratifica, e
soprattutto che il Consiglio di Sicurezza avrà la possibilità di sospendere
le indagini del Prosecutor; d'altronde non dobbiamo dimenticare che il
diritto penale internazionale si fonda sull'accordo di diversi Stati e non
12
A. M. GENTILINI e A. LOLLINI, L'esperienza delle commissioni per la verità e la
riconciliazione: il caso sudafricano in una prospettiva giuridico-politica, in Crimini
internazionali, op.cit. supra a nt. 1. Il rischio di processi penali ordinari si profilava
solo per coloro che non si avvalevano della procedura della Commissione, la quale
prevedeva una richiesta scritta, contente la descrizione dei crimini commessi, e la
domanda di amnistia, entrambe indirizzate alla commissione. La decisione di sottoporsi
a tale procedura era un atto assolutamente libero.
13
Il 17 maggio 2001, il Presidente del Tribunale Internazionale per l’ex Jugoslavia C.
Jorda ha partecipato alla conferenza istitutiva della Commissione; in tale occasione ha
sottolineato che l’operato del Tribunale e quello della Commissione perseguono
l’obiettivo della pace nei Balcani con modi e forme distinte e indipendenti; l’intervento
è consultabile all’indirizzo www.un.org/icty/pressreal/p591-f.htm.
12
sull'esercizio dell'autorità statale, come avviene per il diritto penale
nazionale
14
.
Dottrina e giurisprudenza sono chiamate quindi a svolgere un'importante
ruolo di ausilio attraverso le riflessione teorica. Il fine è quello di
rafforzare le basi di tale strumento, che ha tutte le prerogative per
divenire l'inizio di una nuova era del diritto penale internazionale.
14
M. VIRGILIO, Verso i principi dei diritto criminale internazionale, in Crimini
internazionali, op.cit. supra a nt. 1, p. 61; l'Autrice sottolinea, inoltre, come l'eccessiva
generalità, con cui lo Statuto individua le condotte costituenti crimini internazionali, è
dovuta alla necessità di non ridurre in partenza il numero di Paesi favorevoli.
13
PARTE GENERALE
Le nozioni di giurisdizione, azione penale ed archiviazione analizzate in
una prospettiva comparatistica
14
CAPITOLO PRIMO
LA NOZIONE DI GIURISDIZIONE NEGLI ORGANI DI
GIUSTIZIA INTERNAZIONALI
Sommario:1.1.: Premessa -1.2.: Giurisdizione - 1.3.: L’evoluzione del
concetto di giurisdizione - 1.4.: L’attuale concetto di giurisdizione - 1.5.:
Il concetto di giurisdizione nella giurisprudenza del Tribunale penale per
l’ex Jugoslavia
1.1.
Lo scopo della scienza comparatistica è ottenere una migliore conoscenza
dei modelli giuridici
15
. Al di là della constatazione, dell’esistenza di
differenti sistemi giuridici, tale scienza si adopera per enucleare le
somiglianze e le differenze degli stessi.
Allo studioso del diritto nazionale la comparazione offre degli spunti di
riflessione nella ricerca della soluzione giuridica migliore
16
; per chi si
propone invece di approfondire un aspetto specifico del diritto
internazionale
17
, essa è un indispensabile strumento di analisi: non è
possibile comprendere determinate soluzioni giuridiche, se non attraverso
15
R. SACCO, Introduzione al diritto comparato, Utet, Torino, 1994, p. 11. Tale
definizione non è condivisa all’unanimità dalla dottrina. G. GORLA, voce Diritto
comparato, Enc.Dir., XII, 1964, individua, quale fine della comparazione, la
conoscenza pura, mentre H. Kotz, in M. ROTONDI, Inchieste di diritto comparato,
Padova, 1973, indica la conoscenza come scopo primario della comparazione, accanto
al quale vi sono delle “funzioni pratiche: la comparazione come materiale per il
legislatore, come strumento per l’interpretazione, la sua posizione nell’insegnamento
universitario, il suo significato per l’unificazione sopranazionale del diritto”. Circa gli
scopi della comparazione v. anche G. A. BENACCHIO, Diritto privato della comunità
europea, Cedam, Padova, 1998, p. 35.
16
La dottrina ho posto in evidenza come uno spontaneo processo di competizione tra
differenti modelli giuridici, nell’ambito dei paesi membri della C.E., abbia portato ad
una circolazione delle soluzioni giuridiche. Sul tema v.: U. MATTEI - F. POLITINI,
Modelli competivi, regole giuridiche e analisi economica, in Quadrimestre, 1990/1, p.
83.
17
Questa ricerca si occupa della disciplina delle indagini preliminari presso il tribunale
penale per la ex Jugoslavia e la futura Corte Penale Internazionale.
15
una prospettiva comparatistica
18
, grazie alla quale percepire come alcune
norme di diritto internazionale rappresentino il punto d’incontro di
differenti tradizioni giuridiche.
Alla luce di queste considerazioni appare utile soffermarci su tre concetti
strettamente collegati tra loro: giurisdizione, azione penale ed
archiviazione, e cogliere, in relazione a quest’ultimi, le somiglianze e le
differenze tra il nostro sistema e quelli stranieri.
I primi due rappresentano l’aspetto statico e quello dinamico
19
dell’esercizio della potestà punitiva, mentre l’archiviazione, vista come
controllo sull’esercizio dell’azione penale, appare in un certo senso la
cartina tornasole del controverso dibattito circa la discrezionalità e di
obbligatorietà dell’organo dell’accusa.
18
L’impressione è che sia necessario conoscere le diversità per comprendere ad es. il
motivo per il quale l’art. 65 comma 5 dello Statuto della Corte Penale internazionale
stabilisce che il giudice non è vincolato da alcun accordo che possa intercorrere tra
Prosecutor e accusato a seguito di un bargain. Il regolamento prevede che
l’ammissione di colpevolezza dell’accusato chiuda anticipatamente il processo(art. 64
R.p.p.), come avviene nei sistemi di Common law e in certa misura anche in Civil law;
nei primi però tra organo dell’accusa e accusato può verificarsi un accordo sul capo di
imputazione in cambio dell’ammissione di colpevolezza. Sul punto cfr. G.
ILLUMINATI, Il processo davanti alla Corte penale internazionale, in G.
ILLUMINATI - L. STORTONI - M. VIRGILIO , op.cit. supra a nt. 1, Premessa, pp.
133-134.
19
A. LEONE, voce Giurisdizione penale, in Dig.It, XII, p. 793.
16
1.2.
Le comuni definizioni di giurisdizione
20
, ne individuano il nucleo
essenziale nell’attività statuitiva di un organo statale.
E’ nostra impressione che tale nozione non sia oggetto di particolare
riflessione da parte della moderna dottrina; a riprova di ciò si può
constatare che le definizioni di maggior respiro, contenute nei digesti o
nelle enciclopedie risalgono, per la maggior parte, alla prima metà del
secolo. D’altra parte i manuali
21
si occupano di giurisdizione per
distinguerla dalla competenza e per delineare i confini tra tipi di
giurisdizione diversi.
Dovendo analizzare l’attività giurisdizionale di un tribunale
internazionale, tali contributi non possono che apparire insufficienti. Sarà
utile allora ricercare le origini del termine e la sua evoluzione.
1.3.
Le organizzazioni statali primitive non conobbero inizialmente
un’organizzazione giudiziaria. La giustizia privata era il mezzo di
risoluzione dei conflitti. Il sottoporsi all’autorità di un terzo era visto con
sfiducia, cosicché si cercò di rivestire i primi tribunali di un’aurea divina
per vincere le diffidenze del popolo
22
. La sostituzione della decisione del
20
I contributi della dottrina a questo proposito sono numerosi; per citarne alcuni: S.
SATTA, voce Giurisdizione (nozioni generali), in Enc.Dir., XIX, Milano, 1970, pp.
218 ss., C. MANDRIOLI, voce Giurisdizione (in generale), in Digesto delle discipline
privatistiche, IX, Utet, 1993, pp. 128 ss.; A. SEGNI, voce Giurisdizione (in generale),
in Noviss.Dig.It., VII, Utet, 1957, pp. 986 ss.; E. BELLIZZI, voce Giurisdizione
penale, in Digesto della discipline penalistiche, VI, Utet, 1992, pp. 1 ss.; A.
PANZERA, voce Giurisdizione penale (limiti), in Digesto della discipline penalistiche,
VI, Utet, 1992, pp. 4 ss.; A. SANTORO, voce Giurisdizione penale, in Noviss.Dig.It.,
VII, pp. 1067 ss.; A. LEONE op.cit. supra nt. 5, pp. 792 ss., A. DALIA - M.
FERRAIOLI, Corso di diritto processuale penale, Cedam, Padova, 1992, pp. 41 ss., F.
CORDERO, Manuale di diritto processuale penale, Giuffrè, Milano, 2000, pp. 10-11,
G. GIOSTRA, Il procedimento di sorveglianza, Giuffrè, Milano, 1983, pp. 1-100.
21
Per i riferimenti bibliografici cfr. supra a nt. 6.
22
E’ interessante notare, mutatis mutandis, che una simile diffidenza ha riguardato
anche l’attività del Tribunale penale per la ex Jugoslavia: le fazioni in lotta nel conflitto
balcanico erano riluttanti a sottomettessi al giudizio di un tribunale creato dall’ONU
per volontà delle potenze straniere. Negli esempi storici sopracitati si cercò di attribuire
inizialmente al giudice un’autorità divina, e, successivamente, le parti in conflitto
prestarono giuramento per rimettersi entrambi al giudizio di un terzo. Il moderno
processo penale è dominato dal principio di legalità, in quest’ottica la legge, come
17
giudice al giudizio della parte sul proprio diritto avviene, dunque,
lentamente e con difficoltà, anche perché, è bene sottolinearlo, nei
procedimenti primitivi era impossibile svolgere il giudizio contro la
volontà delle parti.
23
L’evoluzione del diritto romano, a questo riguardo, offre un esempio di
quanto detto finora.
La nozione romanistica di iurisdictio
24
presenta notevoli differenze
rispetto a quella attuale ed inoltre non può che essere ricostruita in termini
generici a causa delle variazioni subite nel corso delle varie fasi di
sviluppo del diritto romano e delle diverse forme del processo romano.
La stessa etimologia del termine è stata a lungo oggetto di controversie tra
i filologi.
25
Nell’età arcaica di Roma, non è possibile riscontrare una iurisdictio,
nell’odierna accezione del termine. Le liti erano risolte da organi
frutto della volontà del popolo, richiama la stessa idea di patto delle parti per rimettersi
al giudizio di un terzo. Questa riflessione rileva ai fini del nostro discorso perché mette
a nudo un nervo scoperto: la mancanza di questo principio idoneo a giustificare
l’esercizio dell’attività giurisdizionale; si pone allora il problema della legittimità
dell’operato di un tribunale internazionale.
23
Presso i popoli germanici l’individuo aveva un altissimo senso della propria
personalità e si riteneva primo giudice dei propri diritti. I romani stessi non riuscirono
ad eliminare questa caratteristica, ma solo a regorarla.
Cfr. A. LEONE, op.cit. supra a nt. 5, p. 796 e P. STEIN, I fondamenti del diritto
europeo, Giuffré, Milano, 1995.
24
G. LUZZATO, voce Giurisdizione (diritto romano), in Enc.Dir., XIX, Bologna,
1970, pp. 191 ss.; G. AMELLINO, voce Giurisdizione, in Dig.It, XII, Milano, 1904,
pp. 768 ss.; G. NICOSIA, Giurisdizione nel diritto romano, in Digesto delle discipline
privatistiche, IX, Utet, 1993, pp. 120 ss., F. DE MARTINO, La giurisdizione nel diritto
romano, Cedam, Padova, 1937.
25
Vi è infatti chi ritiene (G. AMELLINO, op.cit. supra a nt. 8, p. 769) che il termine
fosse composto inequivocabilmente da “juri” e “ditio”, dove quest’ultimo indica il
dominio eminente, l’autorità sovrana che ha “tutto in sua balia”; secondo altri (G.
LUZZATO, op.cit. supra a nt. 6, p. 191) con altrettanta certezza il termine sta ad
indicare lo jus dicere, vale a dire il potere in capo al magistrato di prescrivere la norma
da applicare al caso concreto. Tralasciando la questione prettamente filologica, una
soluzione potrebbe essere quella di accettare che il termine si sia evoluto nel tempo:
inizialmente aveva un ruolo molto ristretto, per poi assumere col tempo maggiore
importanza, fino a Giustiniano col quale lo ius dicere diviene una prerogativa
dell’apparato burocratico dell’impero. A questa problematica si aggiunge poi
l’incertezza se la “iuris dictio” fosse provvista o meno di imperium, per i limiti
derivanti dall’oggetto della ricerca non possiamo che indicare i riferimenti
bibliografici: G. LUZZATO, op.cit. supra a nt. 6, pp. 191-192, G. AMELLINO, op.cit.
supra a nt. 8, p. 770, G. NICOSIA, op.cit. supra a nt. 6.
18
sacerdotali e la funzione di pacificatori ad essi riconosciuta aveva
carattere religioso. Il sacerdote otteneva, attraverso un giuramento, che le
parti rinunciassero alla lotta.
Inizialmente, dunque, nel diritto romano non v’era spazio per un organo
giusdicente proveniente dalla res publica, in quanto il sistema processuale
del lege agere era impregnato di un rigoroso formalismo
26
; in questo
quadro il termine iurisdictio indicava il rituale da seguire per ottenere
l’autosoddisfazione delle proprie pretese.
Col tempo le pronunce ottenute tramite il processo per legis actiones, pur
restando ancorate ai tria verba (do, dico, addico), assunsero dei contenuti
nuovi, assumendo una valenza statuitiva e non più dichiarativa.
27
Ai sensi del nostro discorso è interessante sottolineare che nella fase
classica del diritto romano la iurisdictio si riferiva al solo diritto civile e
non al diritto criminale.
Nell’epoca post classica il termine assume dei connotati per noi più
usuali. Con Giustiniano, infatti, l’amministrazione della giustizia fu
concepita e organizzata come funzione spettante allo stato ed affidata alla
burocrazia imperiale, inoltre la cognitio extra ordinem
28
, dopo aver
sostituito il processo per formulas, si estese alla repressione penale.
26
D. DALLA - R. LAMBERTINI, Istituzioni di diritto romano, Giappicchelli, Torino,
1996, p. 143. Le legis actiones erano dei meccanismi processuali legati alla pronuncia
di parole solenni e al compimento di gesti predeterminati. L’elevato grado di
formalismo si risolveva, nell’oralità e nella gestualità.
27
Il processo per legis actiones, estremamente rigido e formalistico, fu sostituito dal
processo per formulas, che inizialmente fu utilizzato solo dal pretor peregrinus e poi
con la Lex Aebutia (attorno al 130 a.C.), fu esteso anche allo jus civile. In argomento v.
D. DALLA - R LAMBERTINI, op.cit. supra a nt. 10, p. 159.
28
D. DALLA-R. LAMBERTINI, op.cit. supra a nt. 10, p. 184. Come indica la parola
stesse, tale procedura si sviluppò al di fuori del precedente sistema (ordo); la sua
caratteristica principale fu di svolgersi dall’inizio alla fine davanti al magistrato.
L’avvento di tale nuova procedura è da attribuirsi al relativo assetto politico-
costituzionale e dal prevalere di una concezione statuale del processo sulla precedente
impostazione ampiamente debitrice di schemi privatistici.
19
1.4.
Alcuni tra i caratteri evidenziati contraddistinguono l’attuale concetto di
giurisdizione: per molti, infatti, l’esercizio della funzione giurisdizionale
si estrinseca nell’attuazione del diritto oggettivo da parte di organi
statuali, ossia in un’attività pubblica che si sostituisce all’autotutela dei
singoli. I testi legislativi quando parlano di giurisdizione fanno
riferimento ad una attività concreta da disciplinare nel suo svolgimento; il
codice civile parla di “attività giurisdizionale”, nel titolo relativo alla
tutela giurisdizionale dei diritti, ed il codice di procedura civile si occupa
della giurisdizione dei giudici ordinari e di possibili conflitti di
giurisdizione.
La Costituzione ci offre in proposito una qualificazione di maggiore
respiro, identificando, secondo alcuni
29
, la giurisdizione con la
giustizia(“la giustizia è amministrata in nome del popolo”, art. 101). In
questo contesto è importante cercare di dare al termine un significato non
generico, ma di valore strettamente giuridico: in questa prospettiva la
giurisdizione, intesa come attività
30
, rende giustizia, risolvendo i conflitti
tramite l’applicazione della legge
31
.
29
In questo senso S. SATTA, op.cit. supra a nt. 6, § 2 e C. MANDRIOLI, op.cit. supra
a nt. 6 , p. 130. Basare il concetto di giurisdizione sull’idea della giustizia che si
manifesta è un’immagine sicuramente suggestiva. Se si accetta tale tesi, perde di
significato il chiedersi quali sono i caratteri distintivi della giurisdizione, in quanto è
sufficiente affermare l’esistenza di un concetto giuridico di giustizia, perché ci appaia
inevitabile la sua manifestazione attraverso la giurisdizione. Kelsen, però, ha
efficacemente evidenziato, come un ordinamento non possa essere qualificato giusto o
ingiusto, in quanto la tendenza ad identificare diritto e giustizia è frutto di un’esigenza
politica, e non giuridica, di giustificare un ordinamento. Secondo il giurista austriaco
un ordinamento è giusto quando le sue norme perseguono la felicità dei consociati, ma
alla luce di questo non è possibile rispondere scientificamente e giuridicamente alla
domanda cosa sia la giustizia. H. KELSEN, Teoria generale del diritto e dello Stato,
Etaslibri, Milano, 1994, p. 6, H. KELSEN, I fondamenti della democrazia, Il Mulino,
Bologna, 1966, p. 393.
30
C. MANDRIOLI, op.cit. supra a nt. 6, p. 128.
31
G. GIOSTRA, op.cit. supra a nt. 7, p. 47, individua tre accezioni del termine
giurisdizione desumibili dalla Costituzione: un profilo statico che individua nel termine
giurisdizione l’apparato organizzativo (art. 113, c. 3°) ovvero l’attribuzione delle
competenza (art. 103 Cost.) e un profilo dinamico individuato dall’art. 101 Cost.,
secondo il quale la locuzione “amministrazione della giustizia” esprimerebbe l’idea che
la giurisdizione sia l’attuazione dell’ordinamento nel caso concreto.
20
Precisamente
32
, la legge è il piano dell’astrazione, della previsione del
fatto, mentre la giurisdizione diviene il processo attraverso il quale la
giustizia si concretizza e, nel giudizio, diritto e fatto sono
indissolubilmente legati.
Una risalente dottrina
33
, riteneva che la giurisdizione si risolvesse
nell’applicazione delle sanzioni previste dalla legge. Tale considerazione
tuttavia non coglie nel segno laddove non riconosce, anche nella sentenza
di assoluzione, l’esercizio della funzione giurisdizionale: pur essendo
vero che la legge penale ha per oggetto l’individuazione di fattispecie di
reato, in quanto tali da punire e reprimere, l’accertamento
dell’inesistenza
34
del fatto è comunque frutto dell’attività giurisdizionale.
Importante è quindi sottolineare l’applicazione della legge come aspetto
della giurisdizione; secondo il Satta, addirittura, nella giurisdizione
l’ordinamento, inteso come diritto obiettivo, esce dal piano
dell’astrazione per assumere una dimensione concreta, e può essere
qualificato come giuridico solo se affermato attraverso l’attività
giurisdizionale
35
.
Ricercando una sintesi delle varie posizioni dottrinarie fin qui esaminate
si potrebbe affermare che la giurisdizione si risolve nell’applicazione
della legge da parte di organi pubblici, in capo ai quali sorge il dovere di
giudicare.
32
S. SATTA, op.cit. supra a nt. 13, § 3; l’immagine è suggestiva, ma per i motivi
esposti non ci sembra utile ai fini della nostra ricerca.
33
E. REDENTI, Profili pratici del diritto processuale civile, Milano, 1938, p. 74.
34
S. SATTA, op.cit. supra a nt. 6, § 3. L’Autore sostiene addirittura che l’assoluzione
sia “la massima espressione di giustizia, in cui la giurisdizione sembra realizzarsi nella
sua assolutezza”.
35
Questa considerazione ci aiuta anche a collegare il concetto in esame con l’azione
penale, che può essere vista non solo come meccanismo di attivazione della
giurisdizione, ma anche come affermazione dell’ordinamento nei confronti del singolo
soggetto. nota
21
1.5.
Come già accennato queste considerazioni appaiono insufficienti se
valutate nella prospettiva di un tribunale internazionale, quali i Tribunali
ad hoc o la futura Corte Penale Internazionale. Domandarsi in cosa
consista la legittimità dell’esercizio della giurisdizione da parte di simili
organi, non é un esercizio di mera teoria, in quanto tale questione si è
posta fin nei primi casi affrontati dal tribunale:
36
i giudici hanno dovuto
valutare la legittimità della risoluzione ONU (Ris. 827/93) che istituiva il
Tribunale
37
. Paradossalmente i magistrati, svolgendo l’attività
giurisdizionale a loro affidata dalla risoluzione medesima, hanno, in un
certo senso, giudicato la loro stessa esistenza giuridica.
38
La Camera d’appello ha dovuto affrontare due aspetti: la validità della
creazione del Tribunale e se al Consiglio di Sicurezza spettasse il potere
di istituirlo. L’individuazione di tale potere è stato desunto dall’analisi
delle disposizioni del capitolo VIII della Carta delle Nazioni Unite, e
proprio in esse il Consiglio di Sicurezza aveva indicato la base giuridica
della propria decisione. Secondo la Camera d’appello il fondamento
giuridico del Tribunale è da rinvenire nell’art. 41
39
; nonostante
l’istituzione di un tribunale non sia espressamente prevista in tale articolo,
infatti, è sufficiente ritenere l’elenco delle misure indicate meramente
esemplificativo.
36
Sentenza della Camera d’appello 2 ottobre 1995, affaire Tadic (IT-94-1-AR72). Tale
sentenza è consultabile all’indirizzo www.un.org/icty/tadic/appeal/decision-
f/51002JN3.htm, a tale versione fanno riferimento i paragrafi citati.
37
La questione è stata presentata più volte come argomento difensivo e dunque a questo
proposito si è creata una giurisprudenza della Corte.
38
In questo senso L. CONDORELLI, Legalità, legittimità, sfera di competenza dei
tribunali ad hoc, in F. LATTANZI - E. SCISO (a cura di), Dai tribunali internazionali
ad hoc ad una Corte permanente, Editoriale Scientifica, Napoli, 1996, pp. 47 ss.
L’Autore parla di “scenario kafkiano” per significare la situazione in cui si sarebbero
trovati i giudici qualora avessero risolto negativamente la questione circa la legittimità
dell’istituzione del tribunale da parte del Consiglio di sicurezza.
39
Parte della dottrina ha cercato di stabilire un collegamento con l’art. 42 della Corte,
vedendo nell’istituzione del tribunale un istituto tipico dei conflitti armati. Cfr. F.
LATTANZI, Alcune riflessioni su un tribunale ad hoc per la ex Yugoslavia, in I diritti
dell’uomo, 1993/1, p.34 e B. CONFORTI, Le Nazioni Unite, Padova, 1994, pp. 103-
107.