Introduzione
Il presente lavoro intende contribuire alla riflessione su un fenomeno complesso come quello
che viene tradizionalmente chiamato nella nostra lingua ‘coinvolgimento del consumatore’
ma che, in questa denominazione italiana, si trova indebitamente confinato entro i limiti stretti
e riduttivi della ‘preferenza’ verso una marca. In realtà, come emergerà dalla lettura dei
capitoli, nella versione inglese ‘consumer engagement’ è racchiusa una realtà ben piø
articolata e multiforme che comprende molteplici aspetti riguardanti il consumatore che vanno
al di là della semplice ‘propensione’ nei confronti di un brand.
In particolare, il concetto di engagement quale forma evoluta della semplice nozione italiana
di ‘coinvolgimento’, è stato introdotto, nel 2006, nel dibattito accademico e manageriale di
stampo economico, da un gruppo di studiosi (ricercatori accademici, manager e consulenti)
appartenenti all’Advertising Research Foundation (ARF). In quella occasione è stata lanciata
la sfida di definire i limiti di questo concetto e di strutturare dei possibili metodi di
misurazione.
Nonostante il lavoro di ricerca da parte dell’ARF si sia concluso con una definizione ufficiale
e che nel corso di questi anni siano stati prodotti diversi studi e ricerche sia in ambito
accademico che professionale, a tutt’oggi non esiste nØ una chiara concettualizzazione nØ una
strutturazione ben precisa del concetto di engagement. Questo termine, infatti, risulta essere
utilizzato in modo poco chiaro e soprattutto non omogeneo da ricercatori, studiosi e operatori
nell’ambito del marketing e della comunicazione.
Quindi, il presente lavoro si propone di contribuire, seppur con tutti i suoi limiti, ad una
sistematizzazione del concetto di engagement proponendo una possibile evoluzione della
definizione data dall’ARF che enfatizzi le dimensioni sottostanti al suddetto fenomeno. Tutto
ciò attraverso la rielaborazione dei diversi contributi e contenuti che sono stati fin qui prodotti
in materia e la successiva integrazione con nozioni pre-esistenti nell’ambito del marketing e
della comunicazione aziendale.
Ora, il consumer engagement può essere generato, costruito e alimentato da strategie di
comunicazione di marca differenti sia per i contenuti che per i mezzi impiegati.
In questa tesi, tra i diversi possibili strumenti utilizzabili per l’articolazione del consumer
engagement, si è deciso di prendere in considerazione l’ambient communication.
19
Al giorno d’oggi, per ragioni direttamente riconducili all’evoluzione del consumatore, dei
media e delle stesse aziende, i mezzi di comunicazione classici non sempre sono i piø efficaci
per coinvolgere il consumatore. Di conseguenza, le marche stanno sperimentando mezzi di
comunicazione alternativi e fuori dagli schemi, come la comunicazione ambient, caratterizzati
per la presenza di contenuti inconsueti, per colpire il target tramite canali non convenzionali e
per la produzione di effetti collaterali di amplificazione e diffusione virale del messaggio di
marca.
Per quanto concerne in modo particolare i diversi capitoli, il primo si pone l’obiettivo di
1
definire il concetto di consumer engagement verso la marca.
In primo luogo, verrà analizzata la nozione di brand quale asset immateriale strategico sia per
il consumatore nelle sue decisioni d’acquisto, sia per le aziende nella creazione di un
vantaggio competitivo nei confronti dei competitor. In modo specifico, si spiegherà
l’importanza di una sua costruzione valoriale attraverso l’impiego di strumenti di
comunicazione innovativi (paragrafo 1.1.).
Successivamente, verrà introdotto il concetto di engagement (paragrafo 1.2.) attraverso
l’analisi della letteratura esistente sia in ambito extra settoriale (piø precisamente, nel campo
psicologico) che di marketing e comunicazione e verrà altresì specificata la sua collocazione
all’interno dei modelli di risposta del consumatore agli stimoli di marketing (paragrafo 1.3.).
Con l’obiettivo di comprendere quanto è stato fin qui prodotto in materia, verrà riportato un
lavoro di ricerca basato su una content analysis del concetto di engagement nella letteratura
di marketing attraverso l’utilizzo di strumenti linguistici quali l’analisi tematica dei contesti
elementari, l’analisi delle specificità, delle associazioni di parole e delle corrispondenze
(paragrafo 1.4.).
A conclusione del capitolo, il materiale e gli spunti raccolti verranno rielaborati in modo
personale al fine di proporre una definizione del consumer engagement verso la marca che si
focalizzerà sulle componenti intrinseche del fenomeno con il fine ultimo di esplicare in modo
esaustivo la sua natura e la sua struttura. Inoltre, verrà sviluppato un modello, nell’ambito
nelle strategie di marca per la produzione reciproca di valore tra cliente e impresa, nel quale
verranno messe in risalto le variabili del consumer engagement e i relativi contenuti che
l’azienda deve proporre al fine di ottenere il suo coinvolgimento (paragrafo 1.5.).
1
Come vedremo nel corso della trattazione, non è sufficiente parlare di “engagement”. Esistono, infatti, diverse
tipologie di engagement. In questa sede, si prenderà in analisi il coinvolgimento del consumatore (consumer
engagement) verso la marca.
20
Nel secondo capitolo verrà sviluppato il tema dell’ambient communication come strumento
funzionale al raggiungimento del consumer engagement.
In primis, verrà condotto un breve excursus storico sull’evoluzione della pubblicità esterna
dagli albori fino all’Ottocento, allo scopo di evidenziare quelle forme pubblicitarie che
possono essere definite come manifestazioni primordiali di comunicazione ambient.
Successivamente verranno messi in risalto i fattori di cambiamento che alla fine del XIX
secolo hanno segnato un cambio nella pubblicità esterna (paragrafo 2.1.).
A seguire, verrà presentata la definizione di ambient communication, con particolare rilievo
alle variabili che a livello del consumatore, dei media e delle imprese hanno contribuito al suo
sviluppo (paragrafo 2.2.), e una classificazione dei mezzi utilizzati (paragrafo 2.3.).
Infine, verranno esplicitate le modalità attraverso le quali l’ambient communication genera il
coinvolgimento del consumatore verso la marca e per ogni dimensione verranno evidenziati i
mezzi ambient utilizzabili per la sua costruzione (paragrafo 2.4.).
Nel terzo e nel quarto capitolo verranno presentate rispettivamente due casi aziendali di
stampo italiano e uno di matrice americana allo scopo di comprendere in modo sostanziale
come le aziende si possano servire degli strumenti di comunicazione ambient per coinvolgere
il consumatore nel mondo della marca.
In particolare, verrà analizzato il lancio del rum Seven Tiki Bacardi ad opera dell’agenzia
Momentum, il lancio dello yacht Pershing 64’ curato da AdmCom e la campagna di
comunicazione per i pomodori in scatola Red Gold Tomatoes realizzata da Clarity Coverdale
Fury.
Ciascun caso aziendale sarà seguito da alcune brevi considerazioni volte a sottolineare con
quali mezzi ambient si siano costruite le diverse dimensioni del consumer engagement
all’interno della campagna di comunicazione.
21
22
CAPITOLO I - L’engagement del consumatore verso la marca
1.1. La marca
La marca è il cuore della comunicazione, la base di tutto il processo e non si può parlare
di aspetti innovativi nell’ambito del marketing e della comunicazione senza essere
consapevoli dei suoi caratteri fondamentali e dell’importanza che riveste per l’impresa.
La definizione della marca (branding) è una pratica che esiste da secoli ed è finalizzata
1
a distinguere i beni di un produttore da quelli dei concorrenti. Per le aziende costituisce
un nodo centrale della strategia di comunicazione e i consumatori la percepiscono come
un componente importante del prodotto, in grado di aggiungere valore al bene.
L’American Marketing Association definisce la marca (brand) come un nome, termine,
segno, simbolo o disegno, o una combinazione di questi elementi, che ha lo scopo di
identificare i beni e servizi di un venditore o gruppo di venditori, differenziandoli da
2
quelli della concorrenza. Una marca, pertanto, è un elemento del prodotto o servizio
che conferisce delle caratteristiche aggiuntive capaci di distinguerlo in qualche modo da
3
altri prodotti o servizi studiati per soddisfare il medesimo bisogno.
Potrebbe fin qui sembrare che il concetto di marca si esaurisca con il mero concetto di
marchio, ovvero rappresentazione del nome o del simbolo del prodotto. Invece, la
funzione di identificazione della marca rappresenta solo una delle sue tre funzioni
svolte. Piø precisamente, la marca assolve una funzione segnica, una funzione
semantica e una funzione pragmatica.
1
Non è una casualità il fatto che la parola brand, che deriva dall’antico nordico brandr, significhi proprio
«bruciare» e fa riferimento all’atto di marchiatura tuttora utilizzato per contrassegnare il bestiame. Keller
K.L., Busacca B., Ostillio M.C., La gestione del brand. Strategie e sviluppo, Egea, 2005, p. 2. In Europa
le prime manifestazioni di branding risalgono al medioevo, quando le corporazioni richiedevano agli
artigiani di apporre dei marchi sui propri prodotti per proteggere se stessi e i consumatori da standard di
qualità insufficienti. Nelle arti invece il branding ebbe inizio con la firma delle opere da parte dell’artista.
Oggi le marche rivestono una serie di ruoli importanti contribuendo a migliorare la vita del consumatore e
incrementare il valore finanziario delle imprese. Kotler P., Scott W.G., Marketing Management, Isedi,
Torino, 1993, p. 336.
2
Tuttavia, per molti manager, questo concetto si riduce a quello piø concreto di «grado di effettiva
consapevolezza, reputazione e rilievo che caratterizza il prodotto da essa identificato rispetto agli altri
prodotti». Ibid, p. 633.
3
Tali differenze possono essere funzionali, razionali o tangibili, ossia correlate alle prestazioni del
prodotto di marca, oppure possono essere piø simboliche, emotive o intangibili, ossia correlate a ciò che
la marca rappresenta.
23
Svolge una funzione segnica o di identificazione in quanto separa e differenzia un
4
prodotto dagli altri e lo rende riconoscibile all’interno dell’offerta di mercato; una
funzione semantica poichØ tramite essa il consumatore conferisce un significato
particolare all’acquisto e consumo di un bene e carica il prodotto di dimensioni valori a
lui strettamente connesse; una funzione pragmatica, dal momento che garantisce e
legittima uno scambio simmetrico tra azienda e consumatore.
5
Se nel corso del tempo, le funzioni della marca sono cambiate, i vantaggi legati ad essa
sono sempre i medesimi ed è possibile suddividerli in due gruppi principali: i vantaggi
per l’azienda e i vantaggi per il consumatore.
Per quanto concerne i vantaggi per l’azienda, la marca identifica anzitutto le
caratteristiche del prodotto risultando quindi un ‘concentrato di informazioni’ sulle
peculiarità dell’offerta. Il brand diventa, in tal senso, uno strumento semplificativo per
la gestione dello prodotto (vantaggi di identificazione).
Inoltre, la marca esprime il possesso da parte dell’azienda del bene diventando quindi
un elemento differenziatore. Laddove quindi il brand viene vissuto con un’associazione
6
positiva, risulta esserci un vero senso di appartenenza dell’azienda per il prodotto
stesso (vantaggi di appropriazione).
Il brand, per le aziende, è anche una potente risorsa attraverso cui poter attribuire ai
prodotti associazioni uniche, essenziali per la costruzione di potenti vantaggi
competitivi. In questo senso, il brand produce guadagni finanziari non indifferenti e può
7
essere anche tutelata giuridicamente (vantaggi di capitalizzazione).
4
La marca identifica, da un lato, il produttore o la provenienza di un prodotto e, dall’altro, consente ai
consumatori di attribuirne successi ed insuccessi ad una determinata azienda.
5
La marca ha assolto le tre sue funzioni sin dalla sua origine, ma dagli anni Sessanta in poi hanno
manifestato pesi differenti caratterizzando in modo distintivo ciascun periodo. Nel periodo 1960-1980, ha
prevalso la funzione segnica della marca: in un contesto di mercato caratterizzato dal boom economico, il
brand era ‘segnale’ del prodotto e delle sue caratteristiche intrinseche. Negli anni Ottanta, la marca si
arricchisce di un significato simbolico (funzione semantica), mentre negli anni Novanta, prende il
sopravvento la necessità di regolazione dello scambio tra impresa e consumatore facendo prevalere nella
marca la sua la funzione pragmatica.
6
Prerequisito per il conseguimento di vantaggi, è l’avere un’immagine di marca sia positiva. L’immagine
di marca consiste nelle «percezioni e nelle credenze dei consumatori e si riflettete nelle associazioni
presenti nella memoria [del consumatore]». Kotler P., Scott W.G., Marketing Management, op.cit., p.
339.
7
La marca assicura una tutela legale delle caratteristiche o degli aspetti e esclusivi del prodotto. Il nome
di marca può essere protetto con la registrazione; i processi produttivi possono essere tutelati tramite
brevetto, il confezionamento del prodotto mediante il deposito del design, il payoff tramite copyright. I
diritti sulla proprietà intellettuale tutelano gli investimenti dell’impresa nella marca e costituiscono una
preziosa fonte di guadagno. Ibid, p. 336.
24
Infine, attraverso i valori, la marca sancisce un posizionamento preciso dell’azienda e
che viene veicolato attraverso le attività di comunicazione (vantaggi di
posizionamento).
In sintesi, le marche rappresentano per le aziende degli asset di valore
incommensurabile in grado di influenzare il comportamento del consumatore. Piø
l’azienda sarà in grado di fidelizzare il consumatore, maggiori saranno i vantaggi
8
conseguiti.
Per quanto riguarda i vantaggi offerti al consumatore, anzitutto lo aiutano ad
identificare la fonte del prodotto in modo immediato e diretto e lo facilita nel processo
di selezione dell’offerta perchØ permette la riduzione del confronto ad un piccolo
9
gruppo di prodotti (vantaggi di orientamento e di praticità). Similmente, le esperienze
passate legate al prodotto e al suo programma di marketing e comunicazione generano
una conoscenza delle marche in base alla quale i consumatori imparano a riconoscere
quelle in grado di soddisfare i propri desideri. In un’epoca in cui la vita è sempre piø
complicata, intensa e frenetica, la capacità di una marca di semplificare il processo
decisionale dei consumatori e ridurre il rischio diventa senza dubbio inestimabile
(vantaggi di semplificazione).
10
La marca è, inoltre, un promessa fatta al cliente che l’azienda sarà tenuta a mantenere.
Quindi, in ogni momento, grazie alla marca il consumatore è sicuro di ottenere uno
standard di caratteristiche e di qualità nel tempo e nello spazio (vantaggi di garanzia).
8
La fedeltà di marca è definita come l’adozione sistematica da parte dell’acquirente di comportamenti di
consumo ripetitivi derivanti da un preciso atto di volontà, riconducibili all’esistenza di stabili convinzioni
circa la superiore capacità della marca di soddisfare le motivazioni d’acquisto e, di conseguenza, alla
presenza di una struttura di preferenze gerarchicamente ordinata a livello di singole marche. La fedeltà
alla marca è quindi riconducibile a una componente conativa, definita dal tasso di riacquisto dei prodotti e
una componente cognitiva costituita dall’immagine favorevole che il consumatore ha nei confronti
dell’insegna. La fedeltà alla marca offre all’impresa prevedibilità e stabilità della domanda e crea barriere
all’entrata che ostacolano l’ingresso nel mercato di altre imprese. La fedeltà può tradursi inoltre in una
disponibilità ad accettare un prezzo piø elevato che spesso supera del 20-25% quello dei prodotti
concorrenti. Sebbene le caratteristiche del prodotto e i processi produttivi possano essere facilmente
imitati, le impressioni consolidate nella mente dei consumatori e all’interno delle organizzazioni, dovute
ad anni di attività di marketing e di comunicazione e di esperienza col prodotto, sono ben piø difficili da
riprodurre. In questo senso il branding può essere inteso come un potente strumento per assicurarsi
vantaggio competitivo. Kotler P., Scott W.G., Marketing Management, op.cit., p. 336.
9
E’ opportuno ricordare che nel caso in cui il cliente abbia vissuto un’esperienza positiva ciò si tradurrà
in una riduzione dei costi di ricerca nella futura occasione di acquisto, poichØ, memore dell’esperienza
passata, non si impegnerà nella ricerca di ulteriori informazioni nØ mediterà acquisti diversi. Si parla
quindi di vantaggi in termini di praticità.
10
Il significato insito nel brand è riconducibile infatti anche a quello di patto, di vincolo, di garanzia; la
marca rappresenta per il consumatore una promessa.
25
Infine, i vantaggi che la marca può offrire non sono solo circoscritti al livello
funzionale: i brand possono offrire un’ampia gamma di benefici simbolici e valoriali,
mediante i quali il consumatore, ad esempio, può proiettare l’immagine di se stesso
direttamente sul prodotto comunicando agli altri la sua identità (vantaggi di
personalizzazione).
11
Per tutti questi motivi, la definizione della marca risulta un momento strategico di alto
valore per l’impresa e lo scopo finale delle aziende nelle strategie di branding deve
12
essere quello di creare un valore di marca.
1.1.2. La brand equity
13
Il valore della marca (brand equity) può essere definito come «il valore aggiunto che
la marca conferisce ad un prodotto. Tale valore si riflette sia nelle idee, nelle percezioni
e nelle reazioni dei consumatori nei confronti della marca, sia nei prezzi, nella quota di
1415
mercato e nella profittabilità della marca stessa per l’impresa».
11
Definire una marca significa «conferire a un prodotto o servizio un potere derivante dalla marca
stessa». Per definire una marca occorre insegnare ai consumatori ‘chi’ sia il prodotto, dandogli un nome e
facendo ricorso ad altri elementi di marca che contribuiscono alla sua identificazione. Si tratta, in
sostanza, di creare differenze. Il branding prevede la creazione di strutture mentali che aiutino i
consumatori a organizzare le proprie conoscenze relative a prodotti e servizi, in modo da agevolare il loro
processo decisionale e, allo stesso tempo, recare valore all’impresa. Kotler P., Scott W.G., Marketing
management, op.cit., p. 337.
12
PerchØ le strategie di branding abbiano successo e si crei un valore di marca, i consumatori devono
essere convinti dell’esistenza di differenze significative fra le marche all’interno della categoria di
prodotto considerata. Le differenze di marca spesso sono correlate ad attributi o benefici specifici del
prodotto, ma in molti altri casi le marche creano vantaggi competitivi tramite mezzi non legati al prodotto
come per esempio attraverso la creazione di immagini significative e attraenti.
13
Il concetto di valore del brand, sviluppato negli anni Ottanta, è uno dei punti saldi del marketing.
Tuttavia manca una concettualizzazione e una idea comune sulla sua misurazione; ciononostante sono
concordi tutti che «il valore del brand dovrebbe essere definito in termini di marketing attribuibili
unicamente al brand stesso. In altre parole, il valore del brand fa riferimento al fatto che i risultati del
marketing di un prodotto di marca sono diversi da quelli che si otterrebbero se lo stesso prodotto non
fosse associato a quella marca». Keller K., L., Busacca B., Ostillio M., La gestione del brand, op. cit., p.
40.
14
Kotler P., Scott, W.G., Marketing Management, op.cit., p. 338.
15
Ci pare comunque interessante citare alcune definizioni di brand equity: secondo il Marketing Science
Institute è «l’insieme delle associazioni e dei comportamenti dei clienti del brand, dei membri del canale
distributivo e della casa madre che consentono un aumento del volume di affari o dei margini rispetto a
quelli possibili senza il nome della marca e che danno all’azienda un vantaggio forte, sostenibile e
differenziato rispetto alla concorrenza»; anche la definizione di Srivastava e Schocker risulta significativa
a riguardo: nel concetto di brand equity sono compresi «la forza e il valore. La forza è l’insieme delle
associazioni e dei comportamenti dei clienti della marca, dei membri del canale distributivo e della casa
madre che consentono alla marca di godere di vantaggi competitivi sostenibili e differenziati. Il valore è il
risultato finanziario della capacità del management di far leva sulla forza del brand attraverso azioni
tattiche e strategiche aumentando i profitti attuali e prospettici e riducendo i rischi».
26
Per l’impresa, la brand equity è un’importante risorsa intangibile, con valore
psicologico e finanziario.
16
Per il consumatore, il valore di una marca risiede nella sua mente ed è basato su ciò
che egli ha visto, letto, sentito, appreso, pensato ed provato nei confronti del brand,
ovvero nelle esperienze dirette e indirette e si riflette nelle sue percezioni, si sostanzia in
delle preferenze influenzando direttamente il suo comportamento nell’atto di acquisto.
Per creare una marca forte, dunque, gli operatori di marketing devono assicurare ai
consumatori il giusto tipo di esperienza così da creare una struttura adeguata nella
mente degli stessi.
E’ quindi comprensibile l’importanza delle strategie di marketing e di comunicazione
nella costruzione della brand equity e viceversa l’importanza della marca nelle strategie
di marketing e di comunicazione.
A fronte di ciò, assume grande rilevanza l’attuazione di un vero e proprio processo di
17
gestione strategica del brand. Tale processo comprende la definizione e l’attuazione
dei programmi e delle attività di marketing necessarie per costruire, misurare e gestire il
valore della marca e si può riassumere nelle seguenti tre fasi: definizione del
posizionamento e dei valori del brand, pianificazione e attuazione dei programmi di
marketing volti a sancire tale posizionamento e sviluppo/sostegno nel tempo del valore
del brand.
E’ proprio nel contesto della gestione strategica della marca che si inseriscono le attività
di comunicazione innovative volte a raggiungere il coinvolgimento del consumatore: in
una gestione della marca realmente strategica, l’engagement verso il brand deve
rappresentare il fine ultimo.
1.1.3. Un asset strategico intangibile
Per ragioni direttamente riconducibili alla trasformazione del rapporto fra domanda e
offerta provocata dalle nuove tecnologie, dai nuovi ambienti comunicativi e
16
Il valore della marca basato sul cliente può essere definito come «l’impatto della conoscenza della
marca sulla reazione del consumatore alle attività di marketing [e di comunicazione]. Una marca possiede
un valore positivo basato sul cliente quando i consumatori presentano una reazione piø favorevole a un
prodotto di cui identificano la marca. E’ invece negativo, qualora nelle stesse circostanze, i consumatori
reagiscono in modo meno favorevole». Kotler, P., Scott, W., G., Marketing Management, op.cit., p. 339.
17
Keller K. L., Busacca B., Ostillio M., La gestione del brand, op. cit., p. 42 e ss.
27
dall’evoluzione del consumatore, la marca rappresenta una risorsa sempre piø critica per
18
le aziende nella gestione delle relazioni con il cliente; in particolare, rappresenta una
risorsa strategica intangibile.
La “società dei consumi” si sta trasformando nella società meno materialistica mai
esistita e parallelamente a questo trend si sta assistendo ad una dematerializzazione del
brand. Il valore d’uso dato dal consumatore ad un bene tende ad essere
progressivamente oscurato dal suo valore simbolico e dalla sua “capacità di dialogare”.
Il consumatore attuale compera degli oggetti non solo per i suoi contenuti performativi,
ma per la loro capacità di veicolare messaggi. E’ per questo motivo che oggi le aziende
propongono e devono proporre al mercato non piø semplici prodotti materiali, ma vere e
1920
proprie immagini, segni, messaggi intrinseci nella marca stessa. I brand oggi hanno
una componente semantica che permette di comunicare qualcosa agli altri, di
esprimersi.
Il processo di dematerializzazione ha colpito anche la natura dei bisogni che spingono il
21
consumatore a comprare un bene. Il consumatore, infatti, si è evoluto e all’urgenza
18
I nuovi ambiti di azione per la marca derivano in parte da un ampliamento delle funzioni
tradizionalmente svolte da questa risorsa sul piano relazionale e in parte rappresentano uno stacco
significativo rispetto alla consolidata traiettoria evolutiva.
L’ampliamento delle funzioni tradizionali nasce dai crescenti contenuti immateriali che caratterizzano le
relazioni di mercato, enfatizzando il ruolo della marca quale ponte cognitivo attraverso il quale il
linguaggio tecnologico dell’offerta può raggiungere la domanda e il linguaggio pragmatico di
quest’ultima può investitre la progettazione del prodotto e i processi di fabbricazione.
Le funzioni più innovative si riferiscono invece alla capacità della marca di agire quale ‘struttura
intelligente’ capace di estendere la proposizione di valore offerta al mercato oltre la funzionalità e il
simbolismo. Questo al fine di costruire learning relationship. AffinchØ la marca possa concretamente
svolgere questo nuovo ruolo è necessario che la logica e gli strumenti di gestione della stessa siano
finalizzati al sistematico sviluppo del valore a essa intrinseco. Keller K.L., Busacca B., Ostillio M.C., La
gestione del brand, op.cit., p. 8-9.
19
Il consumo, nelle sue piø recenti teorizzazioni, viene interpretato come un linguaggio: nella società
attuale non è piø possibile considerare l’agire di consumo come mero atto razionale e la «metafora del
linguaggio» sembra essere pertinente a tale discorso poichØ ci permettere di cogliere le
multidimensionalità del consumo postmoderno.
20
Gli oggetti postmoderni sono, secondo Maffesoli, dei “vettori di comunicazione” che attengono ad un
sistema di codici condiviso. Essi sono in continuo movimento e capita quindi che uno stesso bene venga
desemantizzato e risemantizzato nel corso del tempo, ovvero che acquisti e riconquisti costantemente
significati e valori diversi. Gli oggetti postmoderni raccontano delle vere e proprie storie. Il consumo
quindi diviene un codice di comunicazione, un linguaggio in cui i singoli oggetti incarnano dei significati
ben precisi e si trasforma da consumo dell’oggetto a consumo del segno e quando si parla di segno si
parla soprattutto d marca. Maffesoli M., La contemplazione del mondo. Figure dello stile comunitario,
Costa&Nolan, 1996.
21
Sebbene la figura del nuovo consumatore verrà delineata piø avanti, risulta necessario soffermarsi ora
sul suo sistema di aspettative nei confronti del brand mettendo in rilievo il rapporto che li lega. Anzitutto
è alla ricerca di una garanzia di qualità e qui s’intende qualità in una concezione olistica. Una prima
definizione si risolve nella «capacità di soddisfare, nella maniera piø compiuta, quei bisogni base insiti in
ciascun consumatore la cui gerarchia però muta da individuo ad individuo. Accanto a ciò vi è l’esigenza
28
pratica di soddisfacimento materiale si è sostituita sempre piø la ricerca verso qualcosa
di effimero, di intangibile, ma non per questo meno cruciale. Al centro dell’atto di
acquisto non giace piø quello stato di privazione tanto acclamato da Ma slow: i
consumatori sono spinti dai desideri, spesso da stati d’animo che, rispetto ai bisogni,
sono meno prevedibili, piø duttili, piø facilmente fungibili. E’ quindi l’area del
desiderio (want) e non del bisogno (need) a cui le aziende si devono rapportare con il
22
consumatore postmoderno e che la marca deve saper soddisfare.
Conseguentemente, se in passato le aziende miravano ad un posizionamento
comunicazionale della marca (primo passo del processo di gestione strategica della
23
marca) volto ad enfatizzare gli attributi fisici, la prestazione data, il prezzo e la qualità
del prodotto, oggi l’accento deve essere posto piø sugli attributi immateriali e il fine
24
ultimo deve essere il coinvolgimento totale dei sensi del consumatore.
A tal motivo, le aziende, nella gestione strategica del brand, devono mirare al suo
25
arricchimento con una serie di tratti immateriali e intangibili tra i quali quello
“emotivo” e quello “esperienziale” devono ricoprire un ruolo centrale.
di soddisfare tutta una serie di istanze aggiuntive che sono richieste dal target a cui la marca si rivolge e
che sono collegate al posizionamento con cui questa si presenta nel mercato. In definitiva, caratteristiche
fisiche, connotati emotivi e simbolici contribuiscono in ugual modo a definire lo statuto della qualità della
marca. L’innovazione, in senso lato e quindi non prettamente tecnologica, è la seconda area delimitativa
delle aspettative del consumatore. E’ l’attesa di una offerta sempre nuova, di una offerta che lo sappia
stupire, intrigare e coinvolgere in tutte le sue dimensioni. Il consumatore inoltre si attende dal brand uno
specifico servizio che sia performante e distintivo. Ciò non si significa solo maggior cura nei suoi
confronti ma soprattutto un aiuto reale a risparmiare tempo e fatica, a rendere le sue scelte di acquisto
meno problematiche. Passiamo ora alla caratteristica cruciale del rapporto odierno consumatore-marca: la
dimensione olistica del brand, ovvero la sua capacità di parlare alla mente ma anche al cuore, di
coinvolgere il consumatore e creare commitment così come di soddisfare al meglio i suoi valori d’uso. In
altre parole, ciò che si realizza è un continuo interscambio tra elementi tangibili e intangibili, tra
performance ed emozioni, tra realtà e sogno. In conclusione, il nuovo consumatore si attende che la marca
instauri un dialogo alla pari, capace di generare una relazione che non si esaurisca nella mera transazione
economica. Egli desidera intessere un rapporto ‘adulto e trasparente’. E’ necessario quindi un vero e
proprio orientamento al nuovo consumatore perchØ solo così la marca potrà mantenere la sua attualità.
Fabris G., Minestroni L., Valore e valori di marca. Come costruire e gestire una marca di successo,
FrancoAngeli, Milano, 2004, pp. 34-40.
22
Fabris, G., Il nuovo consumatore verso il postmodernismo, FrancoAngeli, 2003, p. 86.
23
Il processo di strategic brand management inizia con una «chiara definizione di ciò che la marca deve
rappresentare e di come dovrebbe posizionarsirispetto alla concorrenza». Keller K.L., Busacca B.,
Ostillio M.C., La gestione del brand, op.cit., p.43.
24
Questo è alla base dello sviluppo delle nuove strategie delle aziende che vedono come player principali
i fattori dell’esperienza e dell’intrattenimento. Da qui, unitamente al cambiamento delle esigenze del
consumatore, nascono le radici dello sviluppo di una serie di tendenze innovative nell’ambito del
marketing tra cui l’utilizzo di mezzi di comunicazione alternativi volti a suscitare l’engagement
consumatore.
25
Significativo a tal proposito, risulta la descrizione della marca attuale fatta da Fabris e Minestroni nel
loro recente lavoro dedicato al brand, al suo valore e alle sue potenzialità significative. I due autori
parlano di questa come «un’amica fidata, con cui si sta volentieri in compagnia, che fa parte del nostro
29
Il tratto emotivo risulta necessario data la sempre piø crescente centralità delle emozioni
26
nel mondo del business. Il rilievo della componente emozionale negli atti di acquisto
non è certo una cosa inedita, ma la novità che è ora in atto è l’assoluta centralità delle
27
emozioni nella costruzione e nell’identità della marca. La priorità delle aziende deve
essere quella di «riscaldare la marca perchØ questa possa traslare colore e calore alle
merci. Parlare un linguaggio che non solo non è razionale ma nemmeno verbale. Il
linguaggio delle emozioni parla al cuore piø che alla mente, ai sentimenti piø che alla
28
ragione». La marca così costituita è capace di determinare un coinvolgimento efficace
del consumatore perchè è un veicolo attraverso il quale l’azienda può comunicare e
29
creare un sistema di valori coerentemente al suo sentire e ai suoi nuovi bisogni.
Il tratto esperienziale e la sua importanza è stato indagato dal filone di studi della
customer experience ha fatto emergere come il consumatore odierno sia alla costante
ricerca, oltre che di emozioni, di esperienze. Secondo i principi fondamentali del
paradigma esperienziale formalizzato da Pine e Gilmore, le esperienze rappresentano la
forma piø evoluta di generazione di valore. A tal motivo, la marca deve essere inserita
in un sistema di offerta basato sulla proposizione di esperienze olistiche di natura
simbolica, edonistica ed estetica e deve essere integrata in un sistema di attività di
comunicazione che si fonda su “spettacoli” in grado di coinvolgere emotivamente il
consumatore e in grado di creare delle branded customer experience. In altre parole, le
aziende devono “esperienziare il brand”.
Riassumendo, nel suo divenire, la marca ha definitivamente assolto la funzione
identificativa legata ad un approccio meramente cognitivo e ha sviluppato nuove e
30
inedite dimensioni, tutte immateriali e risulta fondamentale per le imprese, nel
momento in cui vanno a sviluppare attività di comunicazione, tenere ben presente questi
cambiamenti. Ciò che balza, perchØ deve balzare agli occhi di chi compra, nell’ambito
coté affettivo ed emozionale, che offre agli altri una buona rappresentazione di ciò che siamo o vogliamo
essere, quasi una sorta di biglietto da visita». Fabris G., Minestroni L., Valore e valori di marca. op.cit.,p.
80.
26
L’importanza delle emozioni verrà ampiamente trattata nel paragrafo 1.5.2.1.2..
27
Per essere compresa intimamente, la marca deve essere emozionale e percepita come unica ed
esclusiva. Come sottolinea Gallucci, deve contenere alcuni specifici richiami (appeal) che agiscono su tre
dimensioni: sui sensi, sulla ragione e sulle emozioni appunto. Quando una marca riesce a confezionare un
mix di richiami con tutte queste caratteristiche allora si sarà sicuramente costruito un brand forte e solido.
Gallucci G., Marketing emozionale, Egea, 2005, p. 162.
28
Ibid, p. 83.
29
Ibid,p. 152.
30
Fabris G., Minestroni L., Valore e valori di marca. op.cit., p.82.
30
della comunicazione di marca non è quell’insieme di vantaggi o caratteristiche
direttamente riconducibili a dimensioni strutturali bensì è quel tutt’uno di invisible asset
tanto potenti quanto intangibili.
Riassumendo, quindi, sono gli attributi non materiali della marca quelli che devono
costituire l’asse portante delle strategie di branding del ventunesimo secolo perchØ il
vantaggio competitivo legato ad essa non si costruisce piø sui benefit materiali ma si
allarga al campo dell’immateriale. Quando si parla quindi di “engagegement del
consumatore verso la marca”, s’intende il suo coinvolgimento in un sistema di valori
intangibili.
31
1.2. Il concetto di engagement
Il concetto di engagement è stato introdotto solo recentemente nel dibattito accademico
e manageriale di stampo economico e allo stato attuale non esiste nØ una chiara
definizione nØ una strutturazione ben precisa.
La complessità di tale concetto è comprensibile già da una semplice analisi semantica
del termine “engagement”; un’analisi che ci permette, tra l’altro, di sviluppare delle
prime riflessioni concettuali. Sfogliando alcuni dizionari, si annoverano diversi
significati:
31
• “to attract someone’s attention and keep them interested”. Questo significato
32
del verbo “to engage” è assimilabile a quello di “to capture”, ovvero di
catturare.
Da questo punto di vista, l’engagement del consumatore consiste nell’attirare e
attrarre la sua attenzione, nel senso di suscitare il suo interesse e nel fare in
modo che venga assorbito all’interno di un’esperienza di marca.
33
• “to be doing or to become involved in an activity”. In questo caso, “to engage”
34
è equiparabile a “to involve”, ovvero impegnare, implicare, occupare, dedicare,
35
e a “to bind”, quindi obbligare, vincolare.
In tal senso, il consumatore si impegna in una serie di azioni volte all’interazione
con la marca e spinte dalla volontà di sperimentazione al fine di elaborare
significati e contenuti. Inoltre è implicito nel concetto di engagement, quello di
patto, di vincolo che si viene a stabilire tra azienda e consumatore che porta
quest’ultimo alla volontà di sviluppare uno sforzo fisico e mentale in un’azione
che richiede tempo, attenzione, elaborazione cognitiva, dedizione ed energia.
36
• “to employ someone to do a particular job”. Sotto questo profilo semantico,
37
“to engage” è sinonimo di “to hire” nel senso di assumere, ingaggiare,
31
Longman Dictionary of Contemporary English, disponibile online: www.ldoceonline.com. (ultimo
accesso: gennaio 2010).
32
Picchi F., Grande Dizionario di Inglese-Italiano, Italiano-Inglese, Hoepli, 2a edizione, Milano, 2006,
p.353.
33
Longman Dictionary, op.cit.
34
Picchi F., Grande Dizionario, op.cit.
35
Ibid.
36
Longman Dictionary, op.cit.
37
Picchi F., Grande Dizionario, op.cit.
32
stimolare il consumatore a mettere in atto una serie di azioni “in favore” della
marca.
Rientra, in questo campo semantico del concetto di engagement, tutte quelle
azioni di co-creazione di valore sviluppate dal consumatore nei confronti di
un’azienda. Ciò si sostanzia nella diffusione da parte del consumatore di
contenuti relativi ad un determinato brand e nella volontà di condividerli con
altre persone fino al punto di sviluppare un attaccamento tale alla marca da
divenirne veri e propri ambasciatori.
• “to be engaged with somebody”. In questa occasione il verbo è traducibile con
l’espressione italiana “essere fidanzati”.
Sotto questo aspetto, l’engagement del consumatore verso la marca rappresenta
un rapporto ferreo, duraturo e protratto nel tempo che si manifesta in una
“promessa” di fiducia reciproca: l’azienda promette tramite la marca e i valori in
essa insiti di soddisfare una serie di aspettative del cliente; il consumatore
“engaged” ricambia rimanendo fedele a quel determinato brand. La relazione
marca-consumatore si basa su una serie di legami affettivi ed emozionali. La
natura dell’engagement implica quindi l’attivazione di emozioni e delle
implicazioni a livello psicologico.
Questa breve analisi semantica del termine engagement fa emergere già alcuni
componenti fondamentali di questo concetto: una componente esperienziale, cognitiva,
affettiva, conativa e di socializzazione che avremo modo di sviluppare piø avanti.
1.2.1. L’analisi della letteratura esistente sul concetto di engagement
Il concetto di engagement è in ambito di marketing e della comunicazione piuttosto
recente, ma in altre discipline è oggetto di studio ormai da anni.
A tal proposito, i contributi provenienti dalla psicologia organizzativa risultano
estremamente interessanti. In modo particolare, questo filone ha fatto emergere dei
concetti e delle linee guida che, ad una attenta analisi, sono riscontrabili anche negli
studi prodotti in ambito aziendale. Per questo motivo, riteniamo utile riportare alcune
tra le considerazioni piø significative emerse in ambito psicologico riguardanti
l’engagement.
33