tutti i campi tecnica di gestione permanente da parte del management
aziendale che, attento ai molteplici interessi delle parti coinvolte, si impegna,
attraverso la gestione del valore, a perseguire l’obiettivo ultimo della
massimizzazione del valore dell’azienda e mette in opera quei meccanismi
gestionali che ne garantiscono la ricerca continua da parte di tutti i soggetti
interessati.
In proposito, una precisazione riteniamo necessaria: una diffusa ed errata
percezione riguardo alla “gestione del valore” è che di fatto consista nella
ricerca della massimizzazione del profitto o dei flussi finanziari per gli
azionisti nel breve periodo, e che quindi porti a scegliere quelle vie (per
esempio, la riduzione degli investimenti) che aumentano i profitti nel breve
periodo ma che nel lungo termine distruggono valore aziendale perché
minano la solidità dell’impresa, o ne riducono la competitività o la qualità del
servizio alla clientela.…
Al contrario, come vedremo nei prossimi capitoli, anche se con riferimento
specifico al settore delle assicurazioni sulla vita, una gestione efficace del
valore richiede di trovare un accordo tra management e azionisti che permetta
di impostare strategie e piani operativi di ampio respiro al fine di rafforzare la
posizione dell’impresa nel tempo, partendo dall’analisi del portafoglio di
attività recenti, per identificare le opportunità di crescita e sviluppo, attraverso
2
quelli che possiamo definire come “piani di creazione di valore”.
Una volta identificati e concordati tali piani, due ulteriori questioni devono
essere affrontate: come assicurarsi che le decisioni prese siano coerenti con gli
obiettivi, nel momento in cui molte decisioni sono prese a livello decentrato?
E come legare agli obiettivi di lungo termine retribuzioni e incentivi, spesso
invece legati a eventi di breve periodo? La risposta a queste domande consiste
in una rigorosa identificazione dei cosiddetti value drivers, o determinanti del
valore, nell’esplicitazione del loro collegamento con i risultati dell’impresa e
nell’adozione di un processo di valutazione delle decisioni che integri in
modo sistematico l’impatto di ogni scelta in termini di creazione di valore per
l’azienda e di decisione tra diverse opzioni più o meno profittevoli.
“L’obiettivo di ogni impresa è la massimizzazione del valore per l’azionista”
– a seconda del luogo in cui ci si trova, questa frase è considerata un luogo
comune o diventa oggetto di controversie: storicamente, si assisteva alla
contrapposizione tra gli Stati Uniti, dove esiste una tradizione consolidata
secondo la quale è dovere del management massimizzare il valore per
l’azionista, e altri contesti nei quali la massimizzazione del valore per
l’azionista era ritenuta inefficiente e forse, a volte, antisociale; negli ultimi
anni è comunque in aumento la tendenza a ritenere che un sistema basato
3
sulla massimizzazione del valore per l’azionista, sia esso un obiettivo
espresso esplicitamente o il risultato di altre decisioni corrette, sia
strettamente collegato a uno standard di vita più elevato, a una maggiore
produttività e competitività e un miglior funzionamento dei mercati.
Di conseguenza, nonostante le metodologie riferibili alla creazione del valore
ancora dividano gli studiosi e gli operatori tra quanti (minoranza) che pensano
che sia solo una delle tante mode aziendali e quanti (maggioranza) sono
convinti che si tratti di una modifica profonda e irreversibile che orienta le
strategie di mercato, la conduzione delle aziende e il loro rapporto con gli
investitori, assumeremo che la creazione di valore per gli azionisti sia
l’obiettivo delle decisione del management: questo fondamentalmente,
ripetiamo, per due ragioni:
- gli azionisti rappresentano l’unico gruppo di interessi che, cercando di
massimizzare il proprio profitto, massimizza, al tempo stesso, quello di
tutti gli altri interessi;
- il valore è il miglior parametro di misura dei risultati conseguiti, in
quanto è l’unico che necessita di informazioni complete: per
comprendere la creazione del valore, misurato, come vedremo,
attraverso flussi finanziari scontati, occorre adottare un punto di vista
a lungo termine, gestire tutti i flussi di cassa sia nel conto economico
sia nello stato patrimoniale e capire come confrontare i flussi di
4
esercizi diversi tenendo conto della loro cadenza temporale e del
rischio: è quasi impossibile prendere buone decisioni se non si hanno
informazioni complete; esistono altri parametri per misurare i risultati
aziendali, basati sui dati della contabilità tradizionale, ma nessuno è
così completo come il valore.
Se si crea valore quando il capitale allocato rende più del suo costo, e ciò
corrisponde al rendimento richiesto da chi investe il proprio capitale, se il
rendimento è funzione del grado di rischio del capitale, e se queste sono le
assunzioni di base, come applicare tutto ciò al settore assicurativo? Senza
dimenticare che tale settore, rispetto ad altri business, ha un ciclo finanziario
“inverso” (ricavi/costi), che presenta notevoli difficoltà di stima del costo del
capitale allocato, che è un settore economico il cui il patrimonio ha anche
funzione di capitale di garanzia verso gli assicurati.
Come vedremo in dettaglio nei prossimi capitoli, una misura del valore di una
Compagnia di assicurazioni sulla vita basata sulla stima dei cash-flows futuri
e sulla determinazione dei loro valori attuali è rappresentata, in estrema
sintesi, dall’Embedded Value: a conferma di quanto detto nei paragrafi
precedenti, possiamo osservare come tale termine fosse, fino a una ventina di
anni fa, praticamente sconosciuto e comunque riservato a pochi tecnici del
5
settore, mentre ora invece la maggior parte delle compagnie di assicurazione
pubblicano il loro Embedded Value, e anche gli analisti o la stampa
economica usano le stesso termine come se fosse sempre esistito. Anche dopo
le brevi note dei paragrafi precedenti, può essere spontaneo chiedersi il perché
di così tanto successo.
Una possibile risposta, vedremo, è che l’Embedded Value è una misura del
valore della Compagnia più significativa di quelle normalmente rese
pubbliche per le imprese di altri settori, comunemente basate su grandezze di
bilancio e indici; ciò è dovuto alla particolare natura dell’attività assicurativa:
grazie alla natura di lungo termine dei contratti assicurativi, nell’insieme delle
attività e degli impegni relativi al portafoglio di una Compagnia di
assicurazioni sulla vita è implicitamente racchiuso un determinato valore
economico che produce i suoi effetti in un certo numero di anni futuri. E’
intuibile come tale valore sia strettamente legato alla composizione e alla
dimensione del portafoglio di polizze in vigore, dal momento che è proprio
dall’insieme di tali contratti a determinare, come abbiamo detto, la maggior
parte dei flussi di reddito e spesa dell’impresa per un numero rilevante di anni
futuri
1
; è intuitivo inoltre che il valore della Compagnia cresce nel tempo
1
Con ovviamente l’aggiunta, in condizioni di normale attività, dei contratti stipulati negli anni futuri.
6
grazie a vendite remunerative, attività di gestione appropriate, andamento
tecnico favorevole, immissione di capitale da parte degli azionisti; decresce
per effetto della distribuzione di dividendi agli azionisti, a causa di un
andamento tecnico sfavorevole e della vendita di prodotti non correttamente
costruiti, ovvero non profittevoli. Tutto ciò deve essere valutato tenendo conto
della particolarità del settore, dove, a differenza di quanto può avvenire in
altri campi di attività, la cadenza, l’entità, e il verificarsi stesso delle entrate e
delle uscite non sono eventi certi, neanche nel breve periodo, ma hanno una
natura stocastica e si devono quindi stimare assegnando una distribuzione di
probabilità a ciascuna tipologia di flusso.
L’Embedded Value quindi riempie un vuoto lasciato dalla contabilità
tradizionale, che non riesce, con gli strumenti a disposizione, a cogliere in
pieno le citate caratteristiche dell’attività assicurativa sulla vita.
Una caratteristica comune agli usuali indicatori dello stato economico-
finanziario di un’azienda, infatti, è che essi forniscono un valore a una
determinata epoca, secondo precise regole contabili, talvolta imposte dalla
legge, talvolta dagli standard aziendali.
Ci sono diversi motivi che portano all’applicazione dei metodi tradizionali: i
requisiti di legge richiedono delle relazioni a certe scadenze prefissate; i valori
di riferimento sono oggettivi e possono essere certificati da personale esterno;
7
è sufficiente disporre dei dati riferiti ad un determinato istante temporale.
Il sistema tradizionale di accounting ha però qualche debolezza se utilizzato
come strumento di gestione per l’assicurazione vita: l’osservazione di un
indicatore relativo ad un determinato istante temporale non consente di
cogliere appieno la dinamica del processo considerato, anche se osservando
simultaneamente il valore assunto dal medesimo indicatore in successivi
istanti temporali si può ottenere qualche indicazione aggiuntiva; il valore
assunto da un parametro ad un certo istante non fornisce indicazioni sul suo
possibile sviluppo futuro e sulla sua sensibilità a cambiamenti nell’ambiente
di riferimento. La comprensione di un terzo limite, il più importante ai fini del
nostro discorso, richiede una breve considerazione come premessa, propria
della teoria degli investimenti: un capitale investito in un progetto dà i sui
frutti solo dopo un certo periodo di tempo, e quindi, se in un determinato
esercizio venisse investita una grossa quantità di denaro, un sistema contabile
tradizionale evidenzierebbe una considerevole perdita o comunque un profitto
più basso rispetto agli esercizi precedenti, e non l’eventuale incremento di
redditività generato dal nuovo progetto finanziato dall’investimento. Ora, la
vendita di un contratto di assicurazione sulla vita è un tipico investimento di
lungo periodo e quindi, in quanto tale, un sistema di contabilità tradizionale
preso a sé stante non è sufficiente a determinarne il valore: normalmente un
contratto di assicurazione sulla vita ha una durata relativamente elevata; i
8
guadagni attesi vengono realizzati durante tutta la vita del contratto stesso, a
fronte di costi iniziali sostenuti per la maggior parte nel corso primo anno;
questo fatto in molti casi porta la compagnia a registrare una perdita sulla
nuova produzione di ciascun anno; tuttavia, se i prodotti sono stati costruiti
correttamente, i flussi di reddito negli anni successivi sono sufficienti a
coprire le perdite iniziali e a generare, nel complesso, un guadagno.
Tra le metodologie che possono essere considerate più efficienti per la
determinazione di un valore che si avvicini alla realtà aziendale, quella, con
terminologia anglosassone dell’Embedded Value appare, per le imprese che
operano nel ramo vita, come la più indicata.
Come accennato all’inizio, l’Embedded Value è una misura di valutazione
basata sulla stima dei cash-flows futuri e sulla determinazione dei loro valori
attuali, intendendo attribuire al termine cash-flow, in questo contesto, il
significato di “flusso di reddito”, in entrata o in uscita, prodotto dal business
assicurativo; il valore attuale di tali cash-flows futuri indica quale ammontare
di capitale disponibile immediatamente risulta finanziariamente equivalente a
quella sequenza di flussi. Il tasso di sconto appropriato a questo tipo di
valutazione è legato al costo del denaro e al grado di rischio associato
all’incertezza relativa alla misura e all’evoluzione temporale dei cash-flows
considerati.
9
Oltre ad essere una misura del valore economico dell’azienda, l’Embedded
Value rappresenta un fondamentale strumento per la gestione di una
compagnia vita, in quanto, permettendo di misurare il valore creato
dall’attività svolta, fornisce un ampio livello di consapevolezza sui fattori
critici per il processo di creazione di valore, soprattutto se inserito in un
processo globale di valutazione (come vedremo soprattutto di tipo attuariale).
Nelle prossime pagine quindi non ci concentreremo solo sul calcolo
dell’Embedded Value, ma cercheremo di dare un’idea più ampia dei possibili
utilizzi di tale strumento.
Il primo capitolo sarà interamente dedicato al calcolo dell’Embedded Value:
vedremo quali sono le sue componenti e i problemi che intervengono nella
valutazione; daremo un’idea dei modelli utilizzati per la stima, delle ipotesi da
elaborare e dei test e delle analisi comunemente effettuate.
Nel secondo capitolo inseriremo invece il calcolo dell’Embedded Value in un
processo che riguarda la gestione dell’intera Compagnia: partiremo quindi
dalle analisi di profittabilità svolte sui singoli prodotti in fase preliminare alla
vendita e dai piani di sviluppo futuro, per collegarci, attraverso il calcolo
periodico dell’Embedded Value, ai test di congruità delle riserve matematiche,
di solvibilità della Compagnia, alla revisione delle ipotesi ed, eventualmente,
del modello, in un processo iterativo e circolare, in cui i risultati di uno step
10
influenzano e sono influenzati da quelli del successivo.
Nella terza parte mostreremo, per concludere, delle applicazioni, attraverso
esempi numerici, di quanto trattato nelle pagine precedenti.
11
CAPITOLO 1
L’EMBEDDED VALUE
1.1 La valutazione del valore di una Compagnia vita
Riferendoci d’ora in poi in modo specifico al settore delle assicurazioni sulla
vita, possiamo osservare, oltre a quanto detto nell’introduzione, come negli
ultimi anni l’intero tema delle valutazioni abbia guadagnato sempre più
importanza, e ciò grazie a molteplici fattori, quali l’ampliarsi dei mercati,
l’aumento della concorrenza, il miglioramento degli strumenti informatici a
disposizione, la maggior facilità di scambi tra il mercato italiano e mercati di
tradizione attuariale più avanzata; esso, soprattutto, ha assunto un significato
diverso da quello, tradizionale, di sconto attuariale di importi collegati a
prestazioni e controprestazioni: quando si parla di valutazioni, infatti, non ci
si limita più alla quantificazione di importi futuri e aleatori di somme
assicurate e premi, generalmente prefissati all’epoca di ingresso e legati alla
vita dell’assicurato, ma ci si riferisce a operazioni che si presentano in vari e
molteplici momenti della vita della Compagnia, in momenti di attività sia
ordinaria sia straordinaria. Sono sempre più numerose le Compagnie che
dedicano risorse e attenzione a valutazioni attuariali, tipiche dei mercati
anglosassoni, quali il calcolo dell’Embedded Value o del valore della nuova
12
produzione dell’anno, a studi di Asset Liability, a valutazioni degli impegni
verso gli assicurati su base stocastica etc.. Tali valutazioni inoltre vengono
spesso utilizzate come base per decisioni operative e strategiche da parte del
management, sono rese pubbliche sulla stampa economico-finanziaria,
soprattutto con riferimento alle Società quotate o parte di gruppi
internazionali, sono richieste dalle società di rating e dagli Organi di
Vigilanza per la valutazione della solvibilità dell’impresa
2
.
Valutazioni di questo tipo, infine, sia da parte dell’acquirente sia
dell’offerente, sono parte integrante di operazioni straordinarie quali il
processo di vendita di una Compagnia di assicurazione, l’acquisizione e la
cessione di portafogli di polizze vita, la fusione o liquidazione della
Compagnia.
Come abbiamo visto, gli scopi delle valutazioni che vengono effettuate nel
corso della vita e dell’attività di una Compagnia sono diversi; saranno quindi
intuitivamente diversi, di conseguenza, gli strumenti utilizzati, l’oggetto della
valutazione e l’idea di valore a cui si fa riferimento: in funzione delle
motivazioni dell’analisi, infatti, saranno differenti le informazioni richieste.
Ci concentreremo ora sul tema, più specifico, della valutazione di una
2
Per esempio, il progetto Solvibilità 2 in ambito Europeo richiede requisiti di solvibilità basati su
analisi degli impegni e della situazione della singola Compagnia.
13
Compagnia nel suo complesso, cioè della risposta alla domanda, sempre più
frequente, “quanto vale la Compagnia in oggetto?”. Tale risposta richiede
innanzitutto di specificare a quale tipo di valore ci stiamo riferendo: esistono
infatti diverse nozioni di valore a cui si fa comunemente riferimento, di queste
le principali sono:
- il valore di mercato, che, nel caso di società a partecipazioni azionarie,
è basato sulle quotazioni di mercato delle azioni della Compagnia;
- il valore contabile, cioè il capitale netto come risulta dai registri
contabili, tenuti secondo i criteri della normativa in vigore;
- il valore economico, che esprime la capacità dell’impresa di produrre
reddito nella sua attività ordinaria;
- il valore di acquisizione/cessione, cioè il “prezzo” stabilito in occasioni
di operazioni di fusione o cessione.
In particolare, tra tutte quelle menzionate, appare particolarmente significativa
la nozione di valore economico, dato che è difficile mettere in discussione
l’idea che un’impresa abbia valore nella misura in cui è in grado di produrre
reddito nello svolgimento della propria attività: ci occuperemo quindi nelle
prossime pagine di tale idea di valore
3
.
Ora, la stima del valore economico di un’impresa che esercita una generica
3
D’altra parte, le altre misure di valore si potranno ottenere partendo dal valore economico con le
opportune modifiche
14
attività considera, in generale, l’attività produttiva caratteristica dell’impresa
stessa, l’eventuale attività non caratteristica e la struttura organizzativa
4
, cioè
la capacità di continuare a produrre reddito in futuro. Nel caso specifico di
una Compagnia di assicurazioni sulla vita, tali voci assumeranno significati
specifici, dovuti alle peculiarità del business assicurativo:
- l’attività caratteristica dell’impresa sarà data dalla gestione del
portafoglio dei contratti stipulati con i propri contraenti/assicurati;
- l’attività non caratteristica è invece rappresentata dall’investimento dei
fondi di capitale non destinati alla costituzione delle garanzie di
solvibilità, richieste dalla normativa in vigore, a fronte dei contratti
stipulati
5
;
- la valutazione della struttura della Compagna, cioè della sua capacità di
produrre reddito in futuro richiederà di valutare la capacità della
Compagnia stessa di acquisire e gestire altri contratti oltre a quelli già
presenti in portafoglio: il suo valore sarà quindi espresso dal valore dei
contratti che si prevede di stipulare negli anni futuri.
4
Al cui valore si fa di solito riferimento con il termine avviamento.
15