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Introduzione
La percezione del volto gioca un ruolo centrale nella comunicazione sociale ed è una delle
capacità percettive più sviluppate negli umani. Gli studi presenti in letteratura hanno
dimostrato che sin da neonati il volto è uno degli stimoli che gli umani preferiscono
osservare rispetto ad altri oggetti. Questo perché il nostro sistema visivo sembra essere
sensibile ad alcune caratteristiche percettive dei volti ed anche perché le facce sono un
potente mezzo per veicolare le informazioni nelle interazioni sociali. Infatti, se da una parte
è importante riconoscere il volto di una persona da un altro, a volte di vitale importanza
(basti pensare al riconoscimento della figura genitoriale da parte del bambino), dall’altra è
importante il riconoscimento delle emozioni, dello stato mentale e delle potenziali
intenzioni di un interlocutore che possono essere inferite dall’analisi di alcune
caratteristiche del volto.
L’interesse delle neuroscienze verso lo studio della percezione del volto è cresciuto negli
ultimi anni, ed in particolare l’interesse nei meccanismi neurali sottostanti l’elaborazione
dei volti e le dinamiche che permettono di veicolare le informazioni rilevanti alla decodifica
delle emozioni e le intenzioni di un interlocutore. Gli studi condotti in quest’ambito sono
stati influenzati da due importanti modelli sulla percezione del volto: uno volto a spiegare
il modo in cui si riconoscono i volti mediante l’analisi percettiva delle caratteristiche (Bruce
& Young, 1986) e l’altro mirato ad individuare i meccanismi neurali sottostanti
l’elaborazione del volto (Haxby & Gobbini, 2000). Entrambi i modelli hanno identificato due
vie parallele: una per il riconoscimento di aspetti invarianti del volto del volto e l’altra per
il riconoscimento degli aspetti varianti del volto quali le espressioni emotive. Infatti, Il
modello di Bruce e Young (1986) e quello di Haxby e Gobbini (2000) propongono che
l’elaborazione per il volto avviene mediante l’analisi percettiva delle caratteristiche
invarianti, e per il riconoscimento delle emozioni e gli stati interni degli altri avviene
mediante l’elaborazione delle caratteristiche varianti del volto.
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Il lavoro sperimentale riportato in questa tesi riguarda l’attenzione che gli anziani pongono
alle caratteristiche varianti del volto, in particolare alla direzione degli occhi e alle emozioni
espresse da volti di persone giovani o anziane e come esse vengono utilizzate in situazioni
di laboratorio che simulano aspetti della vita comune. In letteratura questo campo di studi
è stato largamente studiato nei giovani e negli adulti, ma ne sono sati fatti pochissimi sulla
popolazione anziana.
Nella parte introduttiva della tesi (capitolo 1) verrà illustrato il quadro teorico nel quale si
collocano gli studi sull’elaborazione visiva dei volti, illustrando i due modelli fondamentali
di Bruce & Young (1986) e di Haxby & Gobbini (2000) e l’integrazione fatta in seguito da
Calder & Young (2005), descrivendo in maniera più dettagliata l’analisi delle caratteristiche
varianti di un volto quali la direzione dello sguardo e l’espressione emotiva. Il secondo
capitolo prenderà in esame gli studi sull’orientamento dell’attenzione, fornendo una breve
introduzione agli studi di Posner (1980, 1984) sull’attenzione spaziale per introdurre il
paradigma di cueing ed illustrare la variante del paradigma di gaze cueing (Friesen e
Kingstone, 1998) da esso derivato. Nel terzo capitolo verranno trattati i cambiamenti che si
verificano con l’invecchiamento nell’elaborazione dei volti prendendo in considerazione il
positivity bias e gli studi di gaze cueing sugli anziani. Infine, il quarto capitolo illustrerà
l’esperimento volto ad investigare il modo in cui vengono elaborate le informazioni conveite
dai volti e se vi sono dei cambiamenti che si verificano nel normale invecchiamento.
L’esperimento è basato sullo studio delle valutazioni affettive degli oggetti che possono
essere influenzate dalla direzione dello sguardo e dalle espressioni emozionali negli adulti
(Bayliss et al., 2007).
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CAPITOLO 2
Orientamento dell’attenzione in base ai segnali sociali
Durante le interazioni sociali le espressioni facciali, gli occhi e le loro regioni periferiche
convogliano numerose informazioni all’interlocutore, tra cui la direzione dell’attenzione
nonché le emozioni e gli stati mentali. La direzione dello sguardo è inoltre in grado di
spostare l’attenzione visiva di chi osserva.
Il paradigma sperimentale utilizzato per investigare l’orientamento dell’attenzione in base
alla direzione dello sguardo di un’altra persona è una variante del paradigma del cueing
spaziale (spatial cueing) di Posner (1980). Sebbene ne esistano diverse varianti, la maggior
parte degli esperimenti che utilizza il paradigma dello spatial cueing prevede tre elementi
relativamente invarianti: fissare un punto contrassegnato al centro dello schermo (punto di
fissazione centrale); la presentazione centrale di un cue simbolico, uno stimolo che indica
con una certa probabilità (i.e., ovvero il cue centrale può essere predittivo o non-predittivo)
la posizione spaziale dove comparirà il target, la presentazione di uno stimolo target che
può apparire a destra o a sinistra del cue centrale, al quale il partecipante risponde. La
direzione indicata dal cue centrale può essere congruente/valida o incongruente/invalida
con la posizione spaziale nel quale compare il target: quando il target appare nella stessa
posizione indicata dal cue, i RTs al target sono più veloci e una performance più accurata
(meno errori), indicando che la direzione del cue centrale ha elicitato uno spostamento
dell’attenzione verso la posizione dello stimolo target. Al contrario, quando il cue centrale
indica la posizione spaziale incongruente/invalida con quella dove compare il target, i RTs
al target sono più lenti.
2.1 Gaze cueing
Il paradigma di gaze cueing (Friesen & Kingstone, 1998) è una variante del paradigma di
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Posner (1980) in cui il cue simbolico centrale è dato dalla direzione dello sguardo di un volto.
Friesen e Kingstone (1998) chiesero ai partecipanti di rispondere il più velocemente possibile
a delle lettere target che potevano apparire, a diversi SOA, a destra o a sinistra di un volto
schematico, variando la direzione dello sguardo che aveva la funzione di cue direzionale.
La direzione dello sguardo poteva essere verso destra, verso sinistra o sguardo dritto, nelle
prove valide il target compariva nella posizione indicata dagli occhi, mentre nelle prove
invalide il target compariva nella posizione opposta, la condizione con sguardo dritto
indicava la prova neutra e il target compariva random in una delle due posizioni. I
partecipanti erano anche informati che la direzione dello sguardo non era predittiva (i.e.
50% di gaze-cue validi) circa la posizione di comparsa dello stimolo target. Lo studio ha
mostrato che i RTs sono più veloci nelle prove con gaze-cue valide (cueing effect) rispetto alle
prove neutre (i.e., sguardo diritto) e con gaze-cue invalide e che il cueing effect emerge molto
rapidamente a brevi SOA cue-target (tra i 105 e i 300ms) e scompare a lunghi SOA (1.005
ms). Sebbene il gaze cueing effect sia elicitato da cue centrali, il fatto che si verifichi con brevi
SOA, che sparisca a lunghi SOA e che si verifichi con cue non-predittive lo rende simile
all’effetto cueing elicitato da cue esogene periferiche.
In uno studio successivo condotto da Driver et al. (1999) sono state utilizzate delle foto di
volti con la direzione dello sguardo verso destra o verso sinistra come cue non predittivo. I
partecipanti dovevano discriminare delle lettere target che potevano apparire a destra o a
sinistra di un volto a diversi SOA (100, 300 o 700 ms). I risultati ottenuti in questo studio
sono molto simili a quelli di Friesen e Kingstone (1998), confermando che i RTs sono più
veloci nelle prove valide rispetto a quelle invalide a SOA compresi tra i 300 e i 700 ms. Nell’
esperimento 3, ai partecipanti è stato detto che era quattro volte più probabile che il target
apparisse in posizione non indicata dal cue (cue contro-predittivo), di modo che potessero
orientare in modo endogeno l’attenzione dalla posizione osservata dallo sguardo cue. Si è
visto che nonostante i partecipanti fossero a conoscenza di un cue non predittivo si
osservava che la facilitazione si otteneva per la posizione indicata dal cue, ma solo a SOA di
300 ms. Tutti questi risultati indicano che la direzione dello sguardo orienta l’attenzione
nello spazio in modo automatico anche quando il cue è non predittivo o contro-predittivo,
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e che non può essere soppresso a brevi SOA.
Inoltre, è stato dimostrato che la direzione dello sguardo di un’altra persona elicita anche
risposte di orientamento di tipo overt, infatti in un esperimento di Mansfield et al. (2003),
gli autori hanno trovato che in un compito di gaze cueing i partecipanti esibivano una
saccade spontanea nella direzione indicata dalla direzione dello sguardo, anche se erano
stati informati di fissare sempre il centro dello schermo. Questo suggerisce che la direzione
dello sguardo in un’altra persona attiva un programma motorio simile nell’osservatore,
attivando il sistema hMNS, come trovato da Rizzolatti et al. (2001) negli esperimenti sulle
scimmie.
Osservare qualcuno guardare in una certa direzione e spostare la propria attenzione verso
lo stesso oggetto o parte della scena (Moore e Dunham, 1995) è un meccanismo alla base
dell’attenzione congiunta. Questo può essere un comportamento adattivo che permette ad
un osservatore di spostare rapidamente la propria attenzione nella locazione indicata
dall’altro utilizzando questo segnale sociale come potente indizio, ma è anche un
comportamento di importanza centrale nelle interazioni sociali.
2.2 Gaze cueing con volti emozionali
Un numero crescente di studi ha investigato l’influenza degli stimoli emotivi nella
modulazione dei processi attentivi, il cosiddetto fenomeno dell’attenzione emotiva
(Vuilleumier, 2005). Lo sguardo è uno stimolo sociale dal quale possiamo fare inferenze sul
focus dell’attenzione di un’altra persona. Esso provvede informazioni sulla localizzazione
di potenziale interesse nell’ambiente, inoltre serve da indicatore dello stato mentale e delle
intenzioni dell’altro, attività riferite alla cognizione sociale (Baron-Cohen, 1995). La
tendenza a seguire la direzione dello sguardo altrui appare molto presto e i bambini sono
in grado di seguire la direzione dello sguardo ed orientare l’attenzione già ad una età molto
precoce (Hood et al., 1998).
Così come la direzione dello sguardo, anche le espressioni facciali forniscono informazioni
sugli stati mentali e le intenzioni degli altri divenendo segnali sociali molto importanti
durante le interazioni sociali. Le espressioni facciali emozionali e in particolare le
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espressioni di paura e rabbia sono elaborate velocemente, cioè vi è una rapida estrazione
delle informazioni a bassa frequenza dallo stimolo visivo a dispetto della sua complessità
configurazionale (Vuilleumier et al. 2003; Eimer and Holmes 2002; Eimer et al. 2003).
Intuitivamente ci si può aspettare che un volto espressivo che guarda in una certa direzione
possa provvedere ad un indizio direzionale più forte rispetto ad un volto neutro, per
esempio, qualcuno che guarda in una certa direzione con il volto spaventato, normalmente
indica la presenza di qualcosa di minaccioso e potenzialmente pericoloso in quella
direzione. Ci si attenderebbe quindi che nell’elaborazione delle informazioni presenti sui
volti, le informazioni relative alle espressioni facciali e quelle relative alla direzione dello
sguardo fossero combinate per fare inferenze su se qualcuno sta guardando a qualcosa di
positivo o negativo. Inoltre, gli studi di neuroimmagine hanno mostrato che esistono delle
connessioni tra le aree che sono coinvolte nell’elaborazione delle caratteristiche varianti del
volto (i.e. STS e IPS; Haxby et al., 2000) e quelle coinvolte nella codifica della relazione tra la
direzione dello sguardo e la locazione dell’oggetto guardato, e che quindi sottendono il
reclutamento del sistema attentivo spaziale (Pelphrey et al., 2003) e tra le aree che sono
coinvolte nella percezione delle espressioni emotive, come FFA e amigdala (Adams et al.,
2003). Sulla base di queste evidenze i ricercatori hanno ipotizzato una interazione tra
l’elaborazione della direzione dello sguardo e l’elaborazione delle espressioni facciali.
Ciò è stato studiato usando volti emozionali nel paradigma di gaze cueing.
Sorprendentemente, i primi studi in questo campo hanno spesso fallito nel trovare un effetto
delle espressioni emotive sul gaze cueing. In particolare, Hietanen e Leppanen (2003) hanno
investigato l’orientamento dell’attenzione in base alla direzione dello sguardo usando foto
di volti con espressioni di felicità, rabbia, paura e neutra, con un SOA compreso tra i 14ms
e i 600 ms. I risultati di 6 esperimenti hanno mostrato che un gaze-cue non predittivo
provocava uno spostamento dell’attenzione visiva dell’osservatore verso la direzione
indicata dallo sguardo a prescindere dall’espressione facciale emozionale, l’espressione del
volto, cioè, non aveva alcun effetto. Anche Graham, Friesen, Fichtenholtz, e LaBar (2010)
hanno condotto una serie di studi utilizzando il paradigma di gaze cueing con volti dinamici
per esaminare l’orientamento in base alla direzione dello sguardo di volti emozionali. I