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INTRODUZIONE
Il fenomeno dell’astensionismo in Italia, come nel resto del mondo, è sempre esistito, ma essendo
le sue percentuali minime, non si è mai affermato come vero e proprio fenomeno, almeno fino agli
anni Novanta. Infatti, nel nostro paese, il ritorno a libere elezioni dopo più di un ventennio fascista
coincise con l’introduzione del suffragio universale che tutti sposarono con entusiasmo;
dimostrazione di ciò furono proprio le alte percentuali di partecipazione al voto sempre intorno al
90%.
Proprio in virtù di questa ragione, lo studio del fenomeno astensionistico è stato considerato per
molti anni marginale.
Fu solo al finire degli anni Settanta che l’astensionismo fece capolino anche nel nostro Paese. Le
elezioni del 1979, infatti, testimoniarono un primo calo partecipativo di appena 2,8 punti
percentuali, si passò da un livello partecipativo del 93,4% nel 1976 al 90,6%
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nel 1979.
Il fatto fu che questi timidi segnali di “immobilizzazione elettorale” andarono sempre più
confermandosi, facendo diventare l’astensionismo un vero e proprio protagonista delle elezioni. Fu,
solo a seguito di crescenti episodi di minor affluenza alle urne che la classe politica italiana prese
atto del fenomeno e della sua importanza strategica, essendo gli astensionisti, delle “pedine” che
molte forze politiche vorrebbero conquistare per aumentare il proprio consenso. Ed è in questi
termini che l’astensionismo gioca spesso un ruolo fondamentale negli esiti elettorali.
In questo elaborato l’analisi dello scenario italiano sarà primario pur non mancando d’inserire alcuni
dati comparati a livello europeo, con l’intento di far emergere un quadro complessivo sia delle
ragioni che hanno determinato la sua “ascesa”, sia cercando di rivelare chi sono i cittadini del non
voto e a quali profili sociali questi appartengano.
Già a ridosso degli anni Settanta, le prime questioni morali sottoposte al popolo italiano da parte
della classe politica del tempo hanno causato un improvviso e progressivo distacco dell’elettorato
della politica, seppur, ripeto, ancora in percentuali non considerevoli soprattutto se paragonate al
resto d’Europa dove molti paesi già convivevano con il fenomeno dell’astensionismo a livelli ben più
elevati, come vedremo in grafici che riporterò nel Primo Capitolo.
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Dati: Fornaro,2016
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Non desta, dunque, alcuna perplessità il fatto che tale fenomeno, per diversi decenni, non sia stato
sufficientemente analizzato perché considerato superfluo se non addirittura inessenziale tanto da
essere interpretato da molti ricercatori come manifestazione di sentimenti di protesta passeggieri.
La realtà emersa con Tangentopoli
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, nei primi anni Novanta, però, fece esplodere un caos attorno
all’establishment tradizionale mettendo in serio pericolo la credibilità dell’intera politica e causando
una forbice profonda tra corpo elettorale e classe politica.
Da questi accadimenti emerse un’importante evidenza sottolineata da moltissimi illustri scienziati
politici che si resero conto del nesso esistente tra analisi scientifica e preoccupazione politica,
dimostrando come la maggior parte delle ricerche si rendono necessarie in presenza di questioni
sociali e/o politiche rilevanti.
Oggi, pur essendo ormai lontani dagli scandali di Tangentopoli, trasciniamo con noi i suoi effetti,
primo tra tutti l’accresciuto fenomeno astensionistico, diventato ormai attualità della nostra società
a causa del “disincanto politico” che questo buio periodo della storia italiana ha prodotto nelle
coscienze degli elettori.
È sulla base di queste considerazioni che questa tesi si muove, ripercorrendo il dibattito
dell’astensionismo attraverso la letteratura esistente ma anche rielaborando dati al fine di produrre
un’analisi volta a scoprire le ragioni che spingono gli elettori a non votare.
L’obiettivo è quello di approfondire la descrizione del quadro esistente, profilando i cittadini del non
voto, adottando una prospettiva che tiene conto del loro punto di vista.
Il tema del non voto è analizzato attraverso delle evidenze empiriche, alcune già esistenti e altre che
si tenterà di far emergere attraverso l’analisi di indagini ITANES
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.
Lo studio dei dati, in questa analisi, per ragioni di affinità storiche
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si focalizzerà sul fenomeno del
non voto emerso a partire dalla così detta Seconda Repubblica
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, essendosi l’astensionismo
intensificatosi nell’ultimo trentennio, pur non mancando di dar rilievo a doverosi riferimenti storici.
Molteplici sono le difficoltà nel compiere un’analisi che fornisca un quadro comparato ed esaustivo
dei numerosi aspetti del fenomeno ma, chiaro è il momento tecnico dal quale bisogna far partire
ogni eventuale descrizione di questo: il recarsi al seggio. Come sottolineato da Fruncillo (2004), nel
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Tangentopoli è un termine usato in Italia dal 1992 per definire un sistema diffuso di corruzione politica legato a tangenti in cui fu primariamente
coinvolta Milano considerata la Capitale morale del Paese.
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Il programma di ricerca ITANES (Italian National Election Studies) è stato avviato presso l’istituto Cattaneo all’inizio degli anni Novanta con lo
scopo di produrre ricerche sul comportamento elettorale e sulle opinioni politiche degli italiani.
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La così detta Seconda Repubblica (iniziata nel 1992 dopo lo scandalo di Tangentopoli, ci ha lasciato in eredità l’assetto politico attuale
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Termine giornalistico utilizzato in Italia, in opposizione al termine Prima Repubblica, per indicare il nuovo assetto del sistema politico italiano
instauratosi nella prima metà degli anni Novanta e tutt’ora oggi in essere
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suo libro “Urna del Silenzio”, il recarsi alle urne, infatti, costituisce «l’antecedente logico e temporale
della scelta di voto in senso stretto» (ivi: p.47).
Comprendere le motivazioni logiche che sono alla base della partecipazione, quindi, diventano
presupposto essenziale della mia analisi per capire come e perché si sia potuto verificare questo
tracollo partecipativo.
La teoria spaziale del voto, elaborata da Anthony Downs nel libro “Teoria economica della
democrazia” (1957) giunge in mio aiuto. Egli, non a caso, ha sapientemente elaborato un
parallelismo tra teoria economica della scelta razionale e la scelta di voto collocando la
competizione elettorale in un modello di competizione politica per cui ogni elettore vota per il
partito che ha la posizione programmatica più vicina al proprio punto ideale e che si presuppone
fornisca il livello di utilità più elevato.
Sulla base della teoria downsiana, i cittadini scelgono di recarsi alle urne solo se il beneficio
auspicato dell’atto di votazione giustifica il costo dello stesso. Il cittadino che si astiene è, quindi,
indifferente alle politiche proposte dai partiti, d’altro canto, però, un elettore non-indifferente può
ancora scegliere di astenersi se nessun partito è in grado di soddisfare sufficientemente i suoi
interessi. Sulla base di questa teoria la scelta di voto potrebbe quindi diventare irrazionale tutte le
volte in cui il voto non dovesse essere percepito come decisivo o utile.
Sulla base di queste premesse l’elaborato cercherà di focalizzare le relazioni esistenti tra
caratteristiche socio-economiche e politiche degli elettori e partecipazione al voto attraverso la
creazione di originali analisi, sviluppate rielaborando dati empirici provenienti dalle survey ITANES,
racchiuse in tre diversi livelli di analisi per giungere, infine, ad un confronto tra risultanze emerse.
La ricerca svolta in questa tesi ha l'obiettivo di:
❖ Costruire un framework all’interno del quale si possano individuare le caratteristiche sociali,
occupazionali e politiche dei cittadini del non voto;
❖ Esaminare i dati in chiave diacronica emersi dall’analisi dei dati individuali al fine di verificare,
attraverso la regressione logistica, quali sono le determinanti principali del non voto;
❖ Discutere i dati emersi dalla mia analisi con riferimento alle recenti elezioni politiche del
marzo 2018.
La tesi è strutturata nel seguente ordine:
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Il Primo Capitolo introduce il tema dell’analisi fornendo un quadro teorico della partecipazione al
voto come forma di partecipazione politica, ripercorrendo brevemente i primi fatti storici più
interessanti nella storia della Repubblica che hanno dato rilievo a questo fenomeno, facendolo
diventare un vero e proprio oggetto di studio. Si cercherà di mettere in luce le caratteristiche del
non voto analizzando alcune teorie e alcuni dei principali scritti sul tema, con particolare attenzione
alle pubblicazioni scientifiche dell’associazione di ricerca ITANES
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e del centro di studi CISE
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.
Il Secondo Capitolo descrive la metodologia scelta per svolgere i tre livelli di ricerca e presenta il
primo livello d’indagine condotto attraverso l’analisi monovariata, grazie all’utilizzo dello strumento
statistico STATA
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, dei 10 indicatori sociali (genere, età, titolo di studio, classe sociale, frequenza alla
messa, fiducia nei partititi, auto-collocazione, interesse per la politica, zona geopolitica di residenza,
dimensione del comune di appartenenza). Quest’analisi, che descrivere singole variabili, sarà
propedeutica per le successive perché permetterà di comprendere come questi fattori sociali siano
mutati nel tempo, fornendo una prima contestualizzazione dell’astensionismo.
Il Terzo Capitolo rappresenta il cuore dell’elaborato contenendo un’analisi esplicativa e comparata
delle variabili socio-demografiche e politiche con l’astensionismo. Si svilupperanno, sempre grazie
al supporto statistico di STATA, analisi bivariate che faranno emergere i primi legami tra variabili
sociali e astensione, per poi seguire con una regressione logistica che fornirà la chiave di lettura
diacronica del fenomeno dell’astensionismo attraverso un approccio empirico e quantitativo.
Il Quarto Capitolo o (Conclusioni), infine, trae le fila di tutta la ricerca fornendo una prospettiva di
lettura riguardante i cittadini del non voto a tutto tondo, comparando quanto emerso dall’ analisi
di ricerca anche con riferimento alle ultime elezioni politiche del 4 marzo 2018 in cui si registrata
una sorprendete tenuta dell’affluenza.
Nel corso di questi Quattro Capitoli, si cercherà di esplicitare nella maniera più chiara possibile non
soltanto l’evoluzione o, devoluzione della partecipazione al voto ma soprattutto perché questo è
accaduto ed accade. La matrice della tesi sarà capire le motivazioni che sono alla base
dell’astensionismo. In questa introduzione si è cercato di evidenziare l’imponenza del fenomeno e
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Italian National Election Studies
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Centro Italiano Studi Elettorali
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Pacchetto statistico in grado di svolgere una molteplicità di funzioni: gestione di database, analisi statistico-econometriche ed analisi grafiche.
Stata è in grado di rispondere ai più diversi problemi statistico-econometrici, grazie a comandi già disponibili
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come in esso siano molte le interrelazioni con diversi aspetti della realtà politica e sociale che si vive
in un determinato momento storico. Quindi, pur fornendo una chiave di lettura sull’astensionismo
in Italia supportata da evidenze empiriche, questo elaborato non avrà certo la presunzione di
mettere un punto finale a tale argomento trovandoci difronte ad un fenomeno in continua
evoluzione e soggetto a molteplici variabili che nei prossimi 30 anni potrebbero essere
completamente stravolte.
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INQUADRAMENTO TEORICO
(Primo Capitolo)
Intro:
Se da un lato esiste un’ampia letteratura scientifica che ha approfondito l’analisi del voto degli
italiani, dall’altro lato il tempo ci ha restituito scarso materiale di studio dedicato al fenomeno
dell’astensionismo, proprio in virtù della sua tarda apparizione nel panorama politico italiano.
In Italia, esso, pur essendo apparso già sul finire degli anni Settanta, è diventato un fenomeno
rilevante solo qualche ventennio fa, molto in ritardo rispetto agli altri paesi europei dove
l’astensionismo era già protagonista delle elezioni politiche.
Alla luce di ciò, questo primo capitolo si concentrerà sulla descrizione dell’astensionismo come
fenomeno partendo prima dal significato etimologico del termine assunto negli anni per cercare di
meglio comprenderlo al fine di farne emergere i tratti caratteristici.
Infine, si cercherà di far emergere il nesso, non del tutto scontato, che vi è tra partecipazione ed
astensione per avere un quadro complessivo sul perché dell’evoluzione del fenomeno.
1.1 Definizione politica di astensionismo:
L’elaborato non può che aprirsi fornendo una definizione empirica del concetto di ASTENSIONISMO,
necessaria per introdurre il tema prima di dedicarsi all’analisi approfondita del fenomeno.
Che la voce astensione sia apparsa tardi nella scienza politica italiana, è dimostrato dal fatto che nel
1987 questo termine non appariva neanche sui principali dizionari o enciclopedie del tempo, quasi
a voler rifiutare questo fenomeno perché considerato irrilevante e da poco conto. (P. Polito, 2013)
Se, in effetti, l’Italia, fino agli anni Ottanta del secolo scorso, può definirsi virtuosa in termini di
affluenza alle urne date le ottime percettuali che, superando il 90%, rendevano pressoché assente
dal panorama politico il fenomeno dell’astensione, è pur necessario, evidenziare che anche il nostro
Paese, nel corso degli ultimi decenni, non si è sottratto a questo drammatico fenomeno.
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Alcuni vocabolari come Salinari, Gabrielli, Devoto-Oli, Zingarelli, in anni più recenti, anche di fronte
al crescere di studi intorno a questo oggetto di ricerca, hanno assimilato il termine astensionismo
ad assenteismo inteso come astinenza, privazione o l’esimersi da un parere/giudizio.
In verità, relativamente al termine astensionismo in senso stretto, il significato maggiormente
associatogli lo definisce come una forma di non partecipazione al voto con frequenza regolare sia
che si tratti di referendum sia che si tratti di elezioni politiche.
L’astensione, intesa anche come astinenza, può essere collegata all’atto politico dell’astensione dal
voto come forma di protesta, e come tale non va confuso con la non partecipazione al voto per
valide ragioni (per esempio di salute o di lontananza dai seggi elettorali) che, concretamente,
impediscono di prendere parte alle elezioni. In politica astenersi significa, quindi, tenersi
deliberatamente e consapevolmente lontano dalla vita politica
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.
Questo fenomeno vede coinvolgere tutti gli aventi diritto che, decidendo di non esprimere la propria
preferenza, vengono chiamati astenuti.
L’astensionismo non va neanche confuso con forme di protesta che celano comunque un certo
grado di coinvolgimento da parte del cittadino, seppur limitato, come ad esempio il voto di protesta
o il rendere nulla una scheda elettorale.
D’altro canto, è pur vero, però, che sia l’astenersi che le ultime forme appena espresse rientrano in
una logica volta a delegittimare l’intera classe politica italiana.
Data la portata del fenomeno, il non-voto ha acquisito, oggi, piena legittimazione, tanto quanto il
voto.
Entrambi, infatti, sono manifestazione di volontà dell’individuo: per l’elettore il voto rappresenta il
desiderio di voler prender parte alle dinamiche istituzionali, per l’astenuto, invece, che non si sente
rappresentato da nessuna componente politica, il non voto rappresenta l’unica possibilità per
esprime il proprio dissenso, come uno strumento ma anche come un diritto di cui avvalersi. Non
sempre, però, la disapprovazione nei confronti del sistema politico viene manifestata dal non voto:
quest’ultimo, infatti, può anche esprimere sentimenti confusi circa l’offerta politica circostante o
può anche esser frutto di semplice disinteresse.
Ma, al di là, delle molteplici sfumature che il significato dell’astensionismo può avere, è oggi
evidente come questo sia un fenomeno presente e con un margine di crescita sempre più elevato.
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ripreso dall’articolo http://serenoregis.org/2013/01/25/il-significato-dellastensione-pietro-polito/)
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1.2 Il “Rifiuto” del Dovere Civico:
L’evoluzione storica del significato che, nel corso degli anni, i cittadini hanno attribuito al diritto al
voto aiuta a capire, in parte, il perché del progressivo ed inesorabile aumento del fenomeno
astensionistico che potrebbe rivelarsi esser legato alla cultura politica di un determinato momento
storico che vede lontani i tempi in cui il voto era percepito come veicolo di cambiamento e i partiti
sapevano come suscitare fiducia nei propri elettori.
Oggi, diversamente da “ieri”, dove l’educazione dei cittadini al voto democratico veniva impartita
rendendolo obbligatorio, l’Articolo 48 della Costituzione italiana stabilisce:
Sono elettori tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno raggiunto la maggiore età.
Il voto è personale ed eguale, libero e segreto. Il suo esercizio è dovere civico.
Il diritto di voto non può essere limitato se non per incapacità civile o per effetto di sentenza penale
irrevocabile o nei casi di indegnità morale indicati dalla legge
Il secondo comma espone chiaramente come il diritto di voto non sia solamente un diritto ma anche
un dovere civico e, in quanto tale, fondamentale per il funzionamento della Democrazia e il
sostentamento della stessa e delle istituzioni.
Tuttavia, sorge spontanea una domanda, ma come fa un diritto ad essere anche dovere?
L’dea di voto come diritto e dovere civico è una concezione propria del panorama italiano. Nel libro
“La conquista degli astenuti”, Mannheimer e Sani (2001) affermano chiaramente come i primi
decenni che seguirono la Seconda Guerra Mondiale furono caratterizzati da una cultura politica in
cui l’atto del voto veniva inteso come un gesto al quale non ci si poteva sottrarre perché ritenuto
un vero e proprio dovere civico, e per questo anche dovere morale.
A contribuire a questa concezione, vi fu l’introduzione di una sanzione amministrativa per tutti
coloro che si fossero astenuti.
Il T.U (delle leggi elettorali) n.361 del 3 marzo 1957 riportava all’art.4: «l’esercizio del voto è un
obbligo al quale nessun cittadino può sottrarsi senza venir meno ad un suo preciso dovere verso il
Paese» (Fruncillo, 2004: p.107).