5
Il lavoro di gruppo, integrando i metodi di insegnamento tradizionali, risponde così ad una
delle finalità precipue di un soggetto sociale preposto alla formazione di livello superiore
quale è l’Università.
L’utilità a livello formativo risiede qui, in questo circolo virtuoso, nel cerchio magico
2
, nel
percepirne lo sviluppo e conseguentemente riuscire a trasformare l’incertezza in fattore di
crescita.
La nostra esplorazione ha cercato di far emergere, attraverso le parole degli studenti, come
questi ultimi percepiscano il fenomeno e come si rapportino ad esso.
La raccolta dei dati si è svolta nel periodo intercorrente fra dicembre 2003 e dicembre 2004
ed ha coinvolto 498 studenti, contattati tramite un campionamento a rete
3
.
L’obiettivo primario è quello di rilevare, attraverso la somministrazione di un questionario,
la percezione del lavoro di gruppo degli studenti del vecchio ordinamento del Corso di
Laurea in Scienze della Comunicazione dell’Università degli Studi di Perugia. Obiettivo
ultimo è quello di fornire all’università una serie di informazioni utili a motivare
l’organizzazione, all’interno delle proprie attività curricolari, di pratiche didattiche utili
all’educare ad apprendere e, conseguentemente, migliorare senza incidere in maniera
significativa sui costi di gestione, l’offerta formativa dei propri corsi.
Nel primo capitolo verrà descritto il fenomeno dal punto di vista teorico, il secondo
conterrà la descrizione della metodologia di raccolta dei dati che verranno esposti e
commentati nel terzo. Le conclusioni metteranno a confronto quanto riportato in
letteratura con quanto da noi rilevato.
2
Trentini G., Amerio P., Carli R., Fornari F., Scabini E., Spaltro E., Vanni F., Il cerchio magico. Il gruppo
come oggetto e metodo in psicologia sociale e clinica, Franco Angeli, 1988.
3
Cfr. Capitolo 2.1.1.
6
Capitolo 1.
L’apprendimento in gruppo
7
Capitolo 1. L’apprendimento in gruppo
Per parlare di lavoro di gruppo in relazione all’apprendimento si ritiene opportuno
inquadrare, innanzitutto, il fenomeno in un appropriato campo d’indagine. Si indicherà
perciò una prospettiva teorica evolutiva del concetto di gruppo in psicologia sociale e i
fenomeni dinamici che agendo al suo interno (a livello interindividuale) permettono al
gruppo di trasformarsi in gruppo di lavoro. Successivamente, si parlerà del come e del
perché sia possibile affrontare le problematiche legate ai processi di apprendimento
oltrepassando la concezione classica dei rapporti docente-studenti legata alle lezioni frontali
e spostando l’attenzione sul piccolo gruppo, in cui peculiare risulta la possibilità da parte
dei partecipanti di avere interazioni faccia a faccia durante le quali attuano processi di
scambio simbolico.
Ci si occuperà, a tal proposito, di esplicitare i diversi orientamenti che nel corso del tempo
hanno contribuito a definire su più versanti il rapporto individuo-contesto e come il carattere
di reciprocità di questa relazione influenzi lo sviluppo di tutte quelle abilità di cognition che
permettono al soggetto di apprendere. Verrà quindi chiarita la natura critica dell’esperienza
che porta gli individui a co-costruire la conoscenza. All’interno del gruppo, infatti, è
possibile sviluppare contemporaneamente una competenza cognitiva, sociale nonché
relazionale e non.
L’analisi della situazione gruppale offre la possibilità di mettere in una relazione di
interdipendenza la dimensione individuale, quella intersoggettiva e quella cooperativa dei
soggetti coinvolti nel fenomeno. Tenendo presente, inoltre, che queste dimensioni vanno
considerate interconnesse con una strutturazione del lavoro formativo che tenga conto di
alcuni elementi peculiari legati alla natura multidimensionale, critica e relazionale proprie
del fenomeno.
L’interesse per il lavoro di gruppo nasce dal considerare questa una situazione
particolarmente indicata ad un tipo di apprendimento e di formazione, finalizzati ad
acquisire un approccio critico e quindi non ancorato a schemi rigidi di conoscenza, sia di
tipo cognitivo che sociale ed in cui gli individui hanno la possibilità di “apprendere”,
acquisire e produrre informazioni dal e sull’Altro, confrontando il proprio modo di
utilizzare gli strumenti di conoscenza ( dell’Altro da sé) con quello degli “altri” ed al tempo
8
stesso ripensarli e ricostruirli in una situazione ( è questo il caso dei gruppi di lavoro)
permeata di cooperatività e condivisione di risorse, sia materiali che intellettive.
All’interno del gruppo (microsistema
4
), lo scienziato ingenuo introiettando a livello
intrapsichico (intraindividuale) il proprio ruolo in relazione al contesto Altro e
manifestamente prossimo (mesosistema), inferendo la propria unicità in relazione a questo,
articola per integrazione, attraverso la discussione e la negoziazione di significati, lo
sviluppo di quelle abilità complesse utili a superare momenti formativi conflittuali, ancorché
critici, insiti nella propria esperienza.
L’opera di comprensione e riduzione di complessità consta, inoltre, di continui momenti di
riflessione sul processo formativo stesso (feed-back) che assumono forma di comunicazioni
pregne di informazioni già trattate dai soggetti attivi nel processo, in funzione di una rapida
“assimilazione”ed un più agevole utilizzo.
In questo capitolo verranno introdotti quegli elementi nucleari della situazione gruppale che
favoriscono in particolare uno scambio di punti di vista, capaci di dialogare e confliggere e,
con la mediazione di una leadership adeguata, in grado di far emergere differenze, capacità
e relazioni cooperative. Si indicheranno, infine, modalità di conduzione che, si ritiene,
favoriscano l’attuazione di un processo formativo di tipo interattivo/cooperativo. Verrà
posto infine l’accento sul duplice ruolo di formatore e, contemporaneamente, in formazione
che in un gruppo di lavoro tra pari viene a ricoprire il conduttore.
4
Pojaghi B., Nicolini P., (a cura di), Contributi di psicologia sociale in contesti socio-educativi, Franco
Angeli, 2003.
9
1.1 Alcune definizioni di gruppo
A cavallo fra il XIX e il XX secolo, il momento collettivo è visto, nel contesto della
psicologia delle folle
5
, come occasione di perdita dell’intenzionalità e delle capacità di
autodirezione, alla luce di una concezione che vuole la vita psichica largamente dominata da
meccanismi inconsci di suggestione e di imitazione, di ordine sociale e biologica piuttosto
che dall’attività di elaborazione della mente, che interpreta le condotte sociali in chiave di
moventi piuttosto che di obiettivi.
Risulta chiaro come il concetto di gruppo possa essere ricondotto all’area di influenza di
diverse discipline nell’ambito delle scienze sociali e che a seconda dell’ottica con cui ci si
avvicina allo studio del gruppo si avranno diverse definizioni o, per lo meno, all’interno di
questa verranno focalizzati alcuni elementi a discapito di altri.
La prima distinzione da fare quindi è quella tra l’approccio psicologico e quello sociologico.
Per l’approccio psicologico i gruppi sono rilevanti oggetti di studio in quanto costituiscono
ambienti di particolare interesse per il comportamento individuale, in cui si può meglio
osservare e controllare l’interazione sociale e la parte che vi gioca l’individuo. L’interesse è
quindi centrato sul ruolo delle modalità di interazione, dei sentimenti, delle emozioni, degli
stili comunicativi e delle intelligenze nella vita del gruppo.
L’approccio sociologico studia il gruppo dal di fuori, esternamente, come una cellula
dell’organismo sociale. L’interesse è centrato sul modo in cui questo si rapporta con altri
gruppi e con le organizzazioni. Pur riconoscendo l’importanza di ciò che avviene all’interno
del gruppo (dinamiche interpersonali) queste vengono rimandate all’analisi psicologica.
McGrath
6
parte dall’affermazione che se è vero che ogni gruppo è un’aggregazione di
individui, ogni aggregazione non è necessariamente un gruppo.
Prima di arrivare alla definizione di gruppo egli stila questa tipologia di aggregazioni
sociali:
o aggregazioni artificiali
o aggregazioni non organizzate
o unità sociali con modelli con modelli di relazione
o unità sociali strutturate
5
Le Bon G. (1895), Psychologie des foules, Paris, Alcan; trad. it. Psicologia delle folle, Longanesi, 1982
6
Speltini G., Palmonari A., I gruppi sociali, Il Mulino, 1999.
10
o unità sociali intenzionalmente progettate
o unità sociali meno intenzionalmente progettate
Queste aggregazioni non sono mutuamente esclusive. Un individuo partecipa normalmente
a più di una di esse e differiscono su due ampie dimensioni:
o la base su cui si fondano le relazioni fra i membri
o la grandezza dell’aggregato
Questa definizione, per quanto restrittiva, ci porta al cuore di uno dei principali problemi
concernenti i gruppi, cioè la grandezza e l’interazione diretta. L’analisi di questi elementi
permette di distinguere i piccoli gruppi ( ristretti) dai grandi gruppi ( estesi).
De Grada
7
fa notare come si debba operare un’ulteriore distinzione tra piccoli gruppi e
gruppi faccia a faccia.
Le due tipologie, pur essendo caratterizzate da un numero limitato di membri, si
differenziano perché nei piccoli gruppi i componenti si conoscono, si influenzano
reciprocamente e l’interazione diretta e continuativa non è una conditio sine qua non (es: un
piccolo villaggio) mentre, nei gruppi faccia a faccia tutti i membri interagiscono
direttamente, hanno riunioni frequenti anche per un lungo periodo e hanno diversi livelli di
strutturazione e ufficialità (es: team di lavoro)
8
.
Bales
9
pone invece l’attenzione sulle relazioni sostenute da ogni singola persona e lette,
senza riferimento alla soggettività, come risposte alle situazioni e agli incontri:
Un piccolo gruppo si definisce come un numero qualsiasi di persone impegnate nell’interagire
l’una con l’altra durante un incontro faccia a faccia o una serie di incontri, nei quali ogni membro
riceve dagli altri un’impressione o percezione sufficientemente distintiva da permettergli, in quel
momento o in una discussione successiva, di reagire a ognuno degli altri come persona singola che
pure rievoca la presenza dell’altro
10
.
L’A. si riferisce a piccoli gruppi ad interazione diretta la cui caratteristica di base risulta
essere costituita dalle relazioni faccia a faccia e che, contestualmente, trova la sua ragion
d’essere nel perseguimento di un obiettivo comune.
7
De Grada E., Fondamenti di psicologia dei gruppi, Carocci, 2000.
8
Speltini G., Palmonari A., I gruppi sociali, Il Mulino,1999.
9
Bales R.E., Interaction process analysis: a method for the study of small groups, Addison Wesley, 1950.
10
Ibidem, p56.
11
Nella vita del gruppo, i comportamenti diretti allo scopo ( comportamenti strumentali)
messi in atto per il raggiungimento dello scopo comune, determinano tensioni evitabili che
devono essere allentate con comportamenti di tipo socioemozionale ( comportamenti
espressivi) che esprimono direttamente le emozioni degli individui o che riguardano i
sentimenti degli altri
11
.
Un’altra distinzione riguarda i gruppi primari e i gruppi secondari.
I gruppi primari sono insiemi di persone che interagiscono direttamente, legate da vincoli di
tipo affettivo, da “sentimenti”di lealtà e appartenenza nei confronti del gruppo mentre i
gruppi secondari sono insiemi di persone che hanno scopi da raggiungere, ruoli differenziati
in funzione del raggiungimento degli obiettivi, relazioni di tipo piuttosto impersonale perché
basate sui fini pratici e sul contributo, in termini di ruolo, che ciascun membro può offrire.
De Grada (1969) su questo punto asserisce che, dato che nella realtà non è facile operare
una distinzione così netta, è meglio parlare di primarietà e secondarietà riferendosi al modo
di essere nel gruppo e alle modalità che si possono alternare nella vita di un medesimo
gruppo
12
.
Nel quadro delle differenziazioni terminologiche, soprattutto nella letteratura
sull'adolescenza, compare di frequente la distinzione fra gruppi formali e gruppi informali.
I gruppi formali sono quelli che si formano sotto un'egida istituzionale, che ne detta gli
obiettivi principali nel quadro di attività specifiche, come succede in associazioni sportive,
politiche, religiose, culturali, socioeducative.
I gruppi informali (o spontanei o naturali) sono aggregazioni spontanee, naturali, il cui
scopo non consiste nel perseguimento di attività specifiche, ma nell'intensità delle relazioni
fra i membri, costituiscono una forma tipica e molto diffusa di socializzazione fra pari
nell'adolescenza, mentre l'appartenenza ai gruppi formali riguarda solo una parte degli
adolescenti.
E’ da rimarcare che la coesistenza di primarietà e secondarietà è molto evidente nei gruppi
formali di adolescenti che, per quanto formati in un quadro istituzionale, si caratterizzano
frequentemente per l'emergere di relazioni intense fra pari e con forti sentimenti di
appartenenza e solidarietà di gruppo (es: una squadra sportiva, un gruppo di boy-scout).
11
Ibidem.
12
Speltini G., Palmonari A., I gruppi sociali, Il Mulino, 1999.
12
Negli ambiti di ricerca, per sottolineare l’origine spontanea e non istituzionale dei gruppi
informali, viene inoltre utilizzato il termine “naturali” per distinguere i gruppi reali dai
gruppi sperimentali. Vengono così classificati in:
o gruppi naturali, che esistono indipendentemente dalle attività e dai propositi della
ricerca (ad esempio: commissioni di studio, squadre sportive, gruppi di lavoro ecc.);
o gruppi inventati (concocted), che sono creati come mezzi per la ricerca (ad esempio,
giurie simulate, famiglie artificiali, gruppi di laboratorio); si tratta, ovviamente, di
gruppi meno naturali dei precedenti, per quanto essi siano nel contesto della
sperimentazione reali, poiché gli individui in essi coinvolti reagiscono realmente agli
stimoli sperimentali, interagiscono direttamente usando tutti i canali comunicativi;
o quasi-gruppi, che sono, come i precedenti, creati a scopi di ricerca, ma non sono
completamente dei gruppi poiché hanno pattern d'attività altamente artificiali e
costrittivi, nel senso tanto dei compiti che vengono imposti, quanto nel tipo di
interazioni permesse (ad esempio con schermi divisori che non permettono il faccia a
taccia, comunicazioni scritte e non verbali ecc.).
Un’altra tipologia di gruppi si basa sul carattere di volontarietà (es: gruppi di volontariato,
gruppi culturali) o di obbligatorietà (es: gruppi di lavoro) che sta alla base della loro
costituzione
13
.
Nella letteratura psicosociale compare anche il concetto di gruppo di riferimento, che sono
quelli con cui l'individuo si identifica (e ai quali egli può, anche, appartenere) o ai quali
aspira di appartenere (in questo caso gruppo di appartenenza e riferimento si differenziano).
Si tratta, secondo Sherif
14
, di una definizione sociopsicologica che mostra quanto sia
complesso e molteplice il rapporto dell’individuo con i gruppi.
I gruppi di riferimento
15
costituiscono una fonte di atteggiamenti, identificazioni e di valori
che, nel corso dell'esistenza umana, possono entrare in contraddizione e divenire fonti di
conflitto con la manifestazione della complessità delle moderne società occidentali. In
13
Su questo punto si trovano in letteratura varie distinzioni: ci sono autori che distinguono gruppi volontari
(es:gruppi di cacciatori), gruppi di fatto, cui si partecipa senza averlo scelto ma anche senza esserle obbligati
a farlo (es: associazioni di quartiere), gruppi imposti (es: il gruppo di terapia in una comunità di
tossicodipendenti).
14
Speltini G., Palmonari A., I gruppi sociali, Il Mulino, 1999.
15
Ibidem.
13
queste società infatti, la collocazione sociale degli individui non è fissa e immutabile, come
pure non è fisso e immutabile il sistema del sé.
Si può aspirare ad appartenere ad un gruppo per i significati che in quel momento
dell'esistenza individuale esso rappresenta, come pure il proprio gruppo di appartenenza può
costituire un punto di riferimento stabile, anche se l'individuo non vi è collocato
fisicamente.
Ad esempio, come nel caso di un emigrato che scelga di non assimilarsi nel paese ospitante
ma di riferirsi, per un'ampia gamma di abitudini, costumi, visioni del mondo e professione
religiosa, al proprio paese o etnia d'origine.
14
1.1.1. Il gruppo nelle teorie di Lewin, Bion, Sherif, Tajfel
Il gruppo è una totalità dinamica e multidimensionale all’interno della quale l’uomo-
individuo, attraverso l’opera di conoscenza dell’ambiente Altro, utilizza le proprie risorse
cognitive nella continua ricerca di inclusioni, discriminazioni e deduzioni di informazioni
che controlla, verifica e seleziona sulla base di regole sia logiche che non.
L’attività di conoscenza dell’Altro (il comportamento sociale) è stata in un primo momento
osservata partendo dal presupposto che l’uomo fosse, soprattutto, un ricercatore di coerenza
motivato al confronto dalla necessità di verificare teorie ingenue elaborate all’interno di
quella “black box” che l’orientamento allora dominante non si preoccupava di indagare.
L’interesse era rivolto, infatti, sul comportamento manifesto e non sulle strutture
intrapsichiche che presiedono ai fenomeni.
Nella seconda metà degli anni Sessanta, la ricerca psicologica fondata sul modello di un
uomo razionale ricercatore di coerenza fu radicalmente messa in discussione posto che il
problema di quale relazione sia richiesta fra i soggetti partecipanti ad una interazione perché
ci sia coerenza non era ancora stato chiarito.
L’emergere dell’orientamento cognitivista in psicologia sperimentale supportò quello che,
per la psicologia sociale, venne indicato con il termine social cognition e grazie al quale
l’enfasi della disciplina si spostò sui processi mentali che regolano le attività dell’uomo.
L’autonomia e la creatività dell’uomo nell’ambiente sociale sono così concepite soprattutto
come acquisizione di conoscenza attraverso l’elaborazione dell’informazione che egli riceve
dall’ambiente.
Anche questo orientamento però non sembrò rispondere a tutte le domande che
l’osservazione del comportamento sociale pone in essere.
La vita mentale dell’uomo non è rivolta soltanto all’elaborazione delle informazioni
ricevute ma lo spinge essa stessa a cercare informazioni dotate di caratteristiche particolari
che non solo possono non essere riconosciute come salienti ma che, proprio per questo,
mettono l’individuo in condizione di produrre informazioni che, in un rapporto di reciproco
scambio-simbolico, contribuiranno a modificare l’ambiente.
Per chiarire meglio ci sembra doveroso ripercorrere questa che altro non è che la strada
aperta dalla lezione lewiniana.