INTRODUZIONE
Il presente elaborato tratta la procedura concorsuale dell’Amministrazione
Straordinaria. Una procedura appositamente voluta dal legislatore per governare
lo stato di crisi della grande impresa insolvente.
La necessità di dover ricorrere ad un istituto diverso rispetto a quelli già
previsti all’interno del Regio Decreto 16 marzo 1942, n. 267, meglio nota come
Legge Fallimentare, va individuata nelle finalità che tale nuova procedura
intende perseguire ed anche rispetto agli interessi che la medesima intende
tutelare.
In effetti il Fallimento, il Concordato Preventivo, la Liquidazione Coatta
Amministrativa e, sino a quando era presente nel nostro ordinamento, anche
l’Amministrazione Controllata, hanno tutte finalità liquidatorie e tendono a
tutelare gli interessi dei creditori, fatta eccezione per la Liquidazione Coatta
Amministrativa che, invece, come per l’Amministrazione Straordinaria, tende a
tutelare gli interessi generali.
L’obiettivo che si propone l’Amministrazione Straordinaria è quello della
prosecuzione dell’attività al fine del mantenimento dei livelli occupazionali.
Potrebbe sembrare un controsenso voler mantenere in vita un’azienda in
crisi, ma tale volontà trova una spiegazione nelle dimensioni dell’impresa e nei
conseguenti interessi che, intorno a quella impresa, si sviluppano.
Per questo motivo nasce l’Amministrazione Straordinaria che qui si
intende esaminare, ripercorrendo brevemente la sua evoluzione normativa
(Capitolo I) ed entrando poi nel merito della procedura che potrebbe definirsi
come norma base che trova applicazione nei cosiddetti casi generali (Capitolo II).
Si tratta del Decreto Legislativo 8 luglio 1999, n. 270, meglio noto come “Legge
Prodi bis”.
Nell’ultima parte invece, viene trattato un caso concreto di applicazione della
norma in esame (Capitolo III).
5
¨ nel 1979 che la procedura dell’Amministrazione Straordinaria entra a
far parte dell’ordinamento del nostro Paese, a seguito dell’entrata in vigore della
Legge 3 aprile 1979, n. 95, la cosiddetta “Legge Prodi”.
Questa legge ha come obiettivo quello di “governare “ la crisi delle grandi
imprese ed è il risultato finale di una serie di iniziative legislative, iniziate negli
anni trenta, attraverso cui sono stati effettuati diversi tentativi per la risoluzione
della fattispecie in questione.
Prima di entrare nel merito del presente lavoro occorre puntualizzare un
dato essenziale: la procedura in esame è caratterizzata da numerosi rinvii alla
legge fallimentare che, in alcune circostanze che vedremo, rende particolarmente
gravoso il compito dei soggetti preposti all’Amministrazione Straordinaria.
Infatti gli interessi tutelati dalle procedure concorsuali, di cui al R.D. 267/1942,
sono diversi ed è per questo necessario effettuare non poche valutazioni e
comparazioni.
Per meglio esplicitare quanto appena esposto ed al fine di porre in risalto
le differenze, qui si accennano le caratteristiche degli altri istituti:
- Fallimento – è senza alcun dubbio la procedura concorsuale piø rilevante:
viene attivata in presenza di un presupposto soggettivo (il debitore deve
svolgere una attività commerciale) e di un presupposto oggettivo (lo stato di
insolvenza). Il titolo II della Legge Fallimentare si occupa di esso;
- Concordato Preventivo – si concretizza attraverso la liquidazione del
patrimonio. La procedura può attivarsi su richiesta dei creditori o del debitore
e si svolge sotto il controllo dell’Autorità giudiziaria. Il titolo III regolamenta
la procedura;
- Amministrazione Controllata – procedura abrogata – lo scopo era
conservativo, in pratica all’imprenditore in temporanea difficoltà veniva
concessa la possibilità di prevenire l’insolvenza che avrebbe determinato il
fallimento;
- Liquidazione Coatta Amministrativa – presente nel nostro ordinamento
prima dell’entrata in vigore della Legge Fallimentare attraverso specifiche
6
norme relative a singole fattispecie. Il Regio Decreto del 1942 non ha riunito
le diverse leggi speciali al suo interno ma si è limitato a dettare disposizioni
di carattere generale (titolo V) e rinvii alle norme già in vigore. La procedura
ha carattere amministrativo perchØ è applicata a particolari imprese la cui
attività è di interesse generale (banche, compagnie di assicurazione, società
cooperative etc.).
In questo contesto normativo si inserisce l’Amministrazione
Straordinaria delle grandi imprese in crisi, procedura specifica in relazione alle
dimensioni dell’impresa ed in virtø degli interessi da questa tutelati.
Infatti le ricadute della crisi che può investire un’azienda di grandi
dimensioni sono molteplici, sia dal punto di vista sociale sia dal punto di vista
economico ed è per questi motivi che piuttosto che procedere alla sua
liquidazione, attraverso il fallimento, si tenta di salvaguardare il bene – impresa.
Il primo vero tentativo legislativo atto a governare la crisi della grande
impresa, come è stato già accennato, è da ricollegarsi all’approvazione della
Legge 3 aprile 1979, n. 95.
La norma è stata oggetto di numerose contestazioni non soltanto a livello
dottrinale. Ciò che sicuramente va sottolineato è che la legge è stata oggetto di
numerosi richiami della Commissione europea, sia su singoli aspetti della
medesima norma, sia nel suo insieme.
In linea di massima, tutti i rilievi mossi, da cui sono scaturite anche delle
sanzioni, riguardavano il sistema di aiuti di Stato attraverso cui l’impresa in crisi
veniva mantenuta in vita producendo degli effetti distorsivi della concorrenza.
In altri termini la legge Prodi è stata considerata a tutti gli effetti una
norma di tipo assistenzialista. Inoltre l’assoggettamento alla procedura era un
fatto automatico che scaturiva dal semplice possesso dei requisiti (oggettivo e
soggettivo) senza effettuare le dovute valutazioni circa la possibilità di concreto
recupero dell’attività d’impresa.
A seguito dei numerosi richiami della Commissione europea e dell’ampio
dibattito interno è stata approvata una nuova norma, una nuova Amministrazione
7
Straordinaria avente un obiettivo specifico corrispondente alla concreta
prospettiva di recupero dell’equilibrio economico delle attività imprenditoriali.
Si tratta del Decreto Legislativo 8 luglio 1999, n. 270, meglio noto come
Legge Prodi bis.
Con la Prodi bis si mantiene in vita la procedura concorsuale, ma questa
viene profondamente modificata con riferimento non soltanto ai requisiti
dimensionali ma anche rispetto alla procedura vera e propria.
La scelta circa il mantenimento in vita di un’impresa non è semplice
considerato che intorno al generico termine di impresa roteano numerosi fattori
che vanno dal personale ai macchinari, dall’avviamento alle conoscenze
professionali maturate. Inoltre le aspettative dei soggetti coinvolti in una crisi
sono totalmente diverse: basti pensare al conflitto che può esservi tra i creditori,
il cui obiettivo è quello di venire in possesso di quanto ad essi dovuto, ed i
dipendenti dell’impresa che, in caso di fallimento, perderebbero il loro posto di
lavoro.
La complessità della procedura è confermata anche dalle numerose
modifiche, successive alla legge Prodi bis, che caratterizzano il panorama
legislativo in esame.
Ciò che è agevole rilevare ed è motivo della numerose contestazioni che si
muovono intorno ai diversi interventi normativi, è il fatto che il nostro legislatore
è intervenuto ogni volta che una situazione di crisi ha investito un’impresa
rientrante nel novero delle “grandi imprese”.
Per meglio comprendere tale ultima affermazione basti pensare che tutte
sono state definite “leggi fotografia” cioè norme atte a tutelare quella specifica
impresa, senza mai effettuare un coordinamento o, sarebbe meglio dire, senza
mai elaborare un unico testo.
Invero, vi è un tentativo in corso del quale si fa cenno nell’ultima parte del
primo capitolo ma, in atto, non si registrano segnali che potrebbero far
intravedere una rapida trattazione del testo proposto.
8
Nel secondo capitolo si entra nel merito della procedura prevista della
Legge Prodi bis. In particolare si è cercato di porre l’accento sulle diverse
problematiche applicative della legge in questione anche attraverso i raffronti con
il fallimento e la liquidazione coatta amministrativa.
Considerato che questo lavoro è stato incentrato esclusivamente sulla
normativa in vigore, non sono stati riportati dati concreti rispetto ai risultati
conseguiti attraverso l’applicazione della procedura. Per completezza, in questa
sede, si riportano alcuni dati riepilogativi:
“dal 1979, con il suo avvio, la procedura di amministrazione straordinaria ha
interessato un ragguardevole numero di imprese (quasi 1000, appartenenti a 150
gruppi), ed ha permesso la ricollocazione di circa 150.000 lavoratori.
Nell’attuale fase congiunturale il ricorso a tale strumento si è sensibilmente
incrementato: rispetto ai dati del 2008, 28 imprese ammesse alla procedura (11
gruppi), nel 2009 sono state ammesse alla procedura 40 imprese (15 gruppi) per
un totale di oltre 9.000 addetti, mentre sono stati ricollocati, attraverso cessioni
d’azienda, circa 2.700 lavoratori.
Nel corso del 2010 è salito a 93 il numero totale dei Gruppi di imprese in
amministrazione straordinaria, dei quali 28 tuttora in esercizio d’impresa.
Nello stesso periodo sono stati ricollocati, tramite cessioni d’azienda, circa
3.800 lavoratori”
1
.
Il Capitolo III tratta di un caso di Amministrazione Straordinaria cui è
stato recentemente assoggettato un ente di formazione professionale operante in
Sicilia.
La sentenza, che viene ampiamente trattata, prende le mosse a seguito del
ricorso depositato da trentadue dipendenti.
1 Ministero dello Sviluppo Economico – dal sito ufficiale
http://www.sviluppoeconomico.gov.it/index.php?option=com_content&view=article&viewType=1&idar
ea1=593&idarea2=0&idarea3=0&idarea4=0&andor=AND§ionid=0&andorcat=AND&partebassaTy
pe=0&idareaCalendario1=0&MvediT=1&showMenu=1&showCat=1&showArchiveNewsBotton=0&idm
enu=2263&id=2018897
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Ciò su cui si pone l’accento e che a ben vedere è stato da piø parti
evidenziato, è l’assenza del requisito soggettivo di imprenditore commerciale.
Peraltro, il medesimo ente, ritiene inesistente anche lo stato di insolvenza.
Certo è che il Ministro ha espresso il parere favorevole “per la ravvisata
ricorrenza di tutti i presupposti soggettivi e oggettivi dell’art. 2 del D. .Lgv.
270/99.
CAPITOLO I
La normativa in tema di amministrazione straordinaria
1. Premesse
La crisi economica di una impresa è sempre una situazione
10
particolarmente complessa dove, accanto agli interessi dei creditori, i cui mezzi
di tutela non sono sempre adeguatamente sufficienti, vi sono degli interessi
collettivi.
Infatti, una attività imprenditoriale coinvolge diversi soggetti come le
banche, i fornitori, i clienti etc. che, con quell’imprenditore, hanno intrattenuto
rapporti di natura economica e quindi si possono venire a trovare nella posizione
di creditori nei confronti dell’impresa.
¨ chiaro, dunque, che la crisi economica di una impresa ha delle
ripercussioni sui soggetti che con questa hanno concluso affari e, per riflesso, tale
situazione potrebbe determinare ulteriori crisi di impresa o comunque delle
impossibilità economico/finanziarie.
Una crisi economica, inoltre, incide sui lavoratori e, se l’impresa in
questione è di grandi dimensioni, occorre tutelare oltre ai diritti dei creditori
anche i livelli occupazionali.
Era dunque necessaria la creazione di una disciplina in luogo del
fallimento, che aveva mostrato i suoi limiti nel regolare le diverse ripercussioni
che una crisi può determinare.
La legge fallimentare – Regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 – disciplina
le “procedure concorsuali”. Si tratta di quattro tipi di intervento miranti alla
soluzione delle diverse situazioni di crisi, nello specifico: il Fallimento, il
Concordato Preventivo, l’Amministrazione Controllata
2
, la Liquidazione Coatta
Amministrativa.
La Legge 3 aprile 1979, n. 95 – cosiddetta “Legge Prodi” ha introdotto
una nuova procedura concorsuale: “l’Amministrazione Straordinaria della Grandi
Imprese in Crisi” che qui di seguito si vuole esaminare.
2. La Legge 3 aprile 1979, n. 95 – cosiddetta “Legge Prodi”
La procedura viene introdotta a seguito dell’emanazione della Legge
2
Procedura abrogata a seguito dell’entrata in vigore del Decreto legislativo 9 gennaio 2006, n. 5
11
3 aprile 1979, n. 95 dove il salvataggio dell’impresa viene connesso con il
principio della programmazione.
La legge 95/79, dunque, fu emanata in base al convincimento che gli
effetti della crisi di una grande impresa avrebbero potuto arrecare pregiudizio
all’economia nazionale.
Per questo motivo, scopo della procedura era quello della prosecuzione
dell’attività dell’impresa medesima.
Si può certamente affermare che si tratta del primo vero provvedimento
attraverso cui risolvere la crisi delle grandi imprese, mediante l’utilizzo di una
procedura diversa da quella fallimentare.
Invero, i primi tentativi precedenti l’emanazione della norma in esame,
risalenti agli anni trenta del secolo scorso, non hanno sortito alcun effetto.
Nemmeno con l’emanazione del Regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 furono
previste misure specifiche per le grandi imprese le quali rimanevano assoggettate
alle norme sul fallimento con le evidenti ripercussioni negative dovute ad una
immediata interruzione delle attività.
Intorno agli anni settanta si assiste ad una inversione di tendenza ed alla
conseguente maggiore attenzione nei confronti delle grandi imprese in crisi. Ciò
ha determinato l’emanazione di numerosi provvedimenti, aventi carattere
prevalentemente assistenziale, poichØ miranti a far permanere a tutti i costi sul
mercato delle aziende ormai prive di qualsivoglia valore produttivo, con il solo
scopo di mantenere immutati i livelli occupazionali.
A tal proposito, si possono certamente citare, poichØ particolarmente
significative, la Legge 12 agosto 1977, n. 675
3
e la Legge 5 dicembre 1978, n.
787
4
, le quali miravano a rifinanziare le grandi imprese in difficoltà, attraverso
metodologie discutibili come il ricorso alla Cassa integrazione guadagni, ovvero
3
Legge 12 agosto 1977, n. 675 recante: “Provvedimenti per il coordinamento della politica industriale, la
ristrutturazione, la riconversione e lo sviluppo del settore “ – GURI n. 243 del 7 settembre 1997.
4
Legge 5 dicembre 1978, n. 787 recante: “Disposizioni per agevolare il risanamento finanziario delle
imprese” – GURI n. 348 del 14 dicembre 1978.
12
attraverso il consolidamento dei debiti bancari. Si trattava di tentativi tutti miranti
ad allungare la vita dell’impresa decotta ma non a conservarne i valori.
Tutte queste furono le premesse che determinarono l’emanazione della
legge 3 aprile 1979, n. 95, meglio nota come “Legge Prodi”.
La concreta applicazione della nuova norma suscitò un ampio dibattito che
vedeva la contrapposizione del ceto industriale favorevole al provvedimento da
una parte mentre, dall’altra, parecchi autori mostravano non poche perplessità
circa il buon esito derivante dall’applicazione della procedura
5
.
La norma in esame aveva finalità conservative e trovava applicazione nei
confronti degli imprenditori commerciali soggetti al fallimento, al concordato
preventivo e all’amministrazione controllata.
Inoltre, la procedura si applicava nei confronti delle imprese soggette a
liquidazione coatta amministrativa attraverso l’utilizzo del criterio della
prevenzione, ai sensi dell’art. 196 della legge fallimentare
6
.
Il nostro legislatore ha così introdotto la quinta procedura concorsuale,;
una procedura con carattere di “specialità accentuata”
7
avente lo scopo di
governare la crisi della grande impresa tenendo conto degli interessi dei creditori
e dei lavoratori.
Per l’instaurazione della procedura, l’impresa doveva avere un minimo di
“addetti” non inferiore a trecento da almeno un anno e una esposizione debitoria
verso banche, compagnie di assicurazioni etc. non inferiore a 84.266 miliardi di
lire
8
e doveva trovarsi in stato di insolvenza.
Relativamente allo stato di insolvenza, la medesima Legge 95/79
all’articolo 1 fissava un parametro attraverso il quale comprendere se ci si
5 In particolare: ALESSI “Il decreto Prodi tecnicamente buono ma sostanzialmente ambiguo”, Imprese
commerciali industriali 1979, 187
6
Art. 196 legge fallimentare: “Per le imprese soggette a liquidazione coatta amministrativa, per le quali
la legge non esclude la procedura fallimentare, la dichiarazione di fallimento preclude la liquidazione
coatta amministrativa e il provvedimento di liquidazione coatta amministrativa preclude la dichiarazione
di fallimento”.
7 CIRINEI “L’amministrazione straordinaria tra diritto concorsuale e diritto della concorrenza” in
Europa e dir. Priv. , 2000, 924
8
Decreto 30 aprile 1998 del Ministro dell’Industria, Commercio ed Artigianato
13
trovava in quella condizione o meno. Questo parametro riguardava il mancato
pagamento delle retribuzioni dei dipendenti per almeno un trimestre.
Legittimato alla pronuncia della sentenza dichiarativa del fallimento,
previo accertamento dei presupposti
9
, era il Tribunale del luogo dove l’impresa
aveva la sede principale.
A seguito della dichiarazione dello stato di insolvenza, il Ministro
dell’Industria, del Commercio e dell’Artigianato emanava il decreto di apertura
della procedura. Da quel momento, l’imprenditore veniva sostituito da uno o tre
commissari straordinari che, effettuate le opportune valutazioni, potevano
disporre la prosecuzione dell’attività d’impresa.
La prosecuzione dell’attività era quindi a tutto vantaggio dei dipendenti
che, in questo modo, non perdevano il loro posto di lavoro. Non si può dire
altrettanto per i creditori che, invece, dovevano sospendere le azioni esecutive e
vedevano sempre piø allontanarsi la possibilità di un soddisfacimento dei loro
crediti.
Dalla data del decreto il debitore non poteva piø amministrare l‘azienda:
in pratica, qualsiasi pagamento ricevuto o effettuata era inefficace. Analogamente
accadeva per le società dove, dalla data di emissione del decreto di apertura della
procedura di Amministrazione Straordinaria, l’Assemblea dei soci e gli organi di
amministrazione e controllo cessavano dalle loro funzioni.
Il commissario che, come detto, poteva essere organo individuale o
collettivo, aveva il compito di redigere un programma avente lo scopo di risanare
l’impresa.
Il suo obiettivo, quindi, non era quello di individuare le migliori soluzioni
per il soddisfacimento dei creditori bensì quello della conservazione e
continuazione dell’impresa. Il suo programma, infatti, illustrava quali attività
erano ritenute produttive tanto da doverne prevedere la riattivazione e/o il
completamento ed ancora, se era piø opportuno effettuare un trasferimento di tali
attività.
9
DE FERRA “Manuale di diritto fallimentare” – Milano 2002, 390
14