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pensiero anche minimamente condizionata dalle vecchie restrizioni del
regime.
La caratteristica principale di questi anni può essere identificata nel decisivo
esplodere del freak, grazie ad una generazione nuovissima che non ha
conosciuto i rigori della dittatura franchista e che si è formata esteticamente
non tanto su una peculiarità culturale ottenuta con grandi sforzi, come fu per la
generazione precedente, quanto su un eclettismo del tutto contestuale al
consumo del tempo libero: cinema commerciale americano di alto budget,
fumetti d’azione, pubblicità e videoclip, videogiochi, rock, pornografia,
informatica, film preferibilmente su video… Tutto ciò viene fruito dalla nuova
generazione in un contesto di indifferenza ideologica assoluta, sorta dalle
ceneri del post-moderno, che si collega al declino della cultura letteraria e che
trova il suo divertimento nelle varie espressioni della violenza, prima di tutto
nel gore.
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Si ha come conseguenza una larghissima varietà di stili e tematiche che
hanno in comune una certa sregolatezza ed uno smisurato interesse per
l’esagerazione.
Tuttavia un filone ben preciso riesce ad avere il sopravvento sugli altri.
Si tratta della tradizione kitsch, una sorta di culto per il cattivo gusto portato
all’estremo, che trova in Alex de la Iglesia il suo maggior rappresentante.
Abbastanza inquietanti, e non sempre impeccabili, sono i numerosi
tentativi messi in atto dai giovani cineasti contemporanei di riprodurre i
grandi generi del cinema cosmopolita come le commedie ed i thriller.
2
Carlos Aguilar, Fantaespaña, Orrore e fantascienza nel cinema spagnolo: un secolo di
delirio filmico, Lindau, Torino 2002, p. 87
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Se da un lato l’utilizzo dei canoni del cosmopolitismo non ha portato,
nella maggior parte dei casi, a risultati degni di nota, dall’altro ha favorito il
processo di internazionalizzazione del più valido fra tutti i giovani registi
dell’epoca odierna, Alejandro Amenábar.
La irrupción, a mediados de la década de los noventa, de Alejandro Amenábar
supuso un cambio radical en las previsiones y provisiones del panorama del
cine español. Hasta ese instante, y por resumir, se podría hablar de dos claras
tendencias cinematográficas, la del músculo y la del sentimiento, y en ambas se
podrían encontrar personalidades magníficas y recién llegadas, tan brillantes,
contradictorias, musculosas o sentimentales como Alex de la Iglesia o Julio
Medem, como Daniel Calparsoro y Gracia Querejeta, o Juanma Bajo Ulloa, o
Mariano Barroso, o Isabel Coixet… Apareció Alejandro Amenábar y trazó una
rara equidistancia con todos ellos; el más joven de los cineastas jóvenes, el más
musculoso y el que apelaba con mayor intensidad y complejidad a los
sentimientos: algo así como un epítome o concentrado del cine de todos ellos,
y, por supuesto, de ninguno.
[…] En todo caso, ya parece evidente que la explosión de Alejandro Amenábar
ha significado, para el cine de su contorno y época, la expresión pura del
sentido americano de la democracia: se puede llegar […] a colar una película
europea en el mercado americano.
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“L’irruzione, a metà degli anni novanta, di Alejandro Amenábar implicò un cambio
radicale delle previsioni e delle provvisioni nel panorama del cinema spagnolo. Fino a
questo momento, per riassumere, si potrebbe parlare di due chiare tendenze
cinematografiche, quella del muscolo e quella del sentimento, in entrambe si potrebbero
trovare magnifiche personalità da poco giunte alla ribalta, tanto brillanti, contraddittorie,
forzute o romantiche come Alex de la Iglesia o Julio Medem, come Daniel Calparsoro e
Gracia Querejeta, o Juanma Bajo Ulloa, o Mariano Barroso, o Isabel Coixet… Comparve
Alejandro Amenábar e tracciò una straordinaria equidistanza con tutti loro; il più giovane
tra i giovani cineasti, il più duro e colui che si rivolgeva con maggior intensità e
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L’emergente cineasta di origine cilena, nato a Santiago del Cile nel 1972
ma spagnolo d’adozione, raggiunge il successo grazie ad uno stile
profondamente singolare che si discosta sia dalla tradizionale produzione
artistica di Almodóvar e sia dai caratteristici canoni freak e kitsch utilizzati
dai suoi colleghi contemporanei.
[…] Amenábar vive, a partire dal suo debutto in età estremamente giovane -
Tesis (1996) -, un crescendo d’importanza professionale talmente spettacolare
da diventare un altro grande fenomeno del cinema spagnolo, forse anche
superiore a quello rappresentato da Alex de la Iglesia e da Santiago Segura,
considerato che la sua fama internazionale sfiora i livelli raggiunti da Pedro
Almodóvar.
Qual è il segreto nascosto nelle sue proposte e conseguentemente la chiave del
suo enorme successo?
Certamente il rivolgersi ai giovani, anche agli adolescenti, tenendosi lontano
dai freaks. In questo modo, Amenábar attinge a diverse fonti (classici del
cinema, telefilm, romanzi, ecc.) tutte fatalmente ignote alla nuova generazione.
Il cocktail che ne risulta acquisisce una nuova qualità, pervasa da uno spirito
sottilmente omosessuale capace di sedurre i giovani spagnoli degli anni ’90,
che non condividono l’universo di Alex de la Iglesia e Santiago Segura.
4
complessità ai sentimenti: qualcosa come una sintesi o un concentrato del cinema di tutti
loro, e, certamente, di nessuno.
[…] In ogni caso, già sembra evidente che l’esplosione di Alejandro Amenábar ha
significato, per il cinema dei suoi dintorni e della sua epoca, l’espressione pura del senso
americano della democrazia: si può giungere […] ad intrufolare un film europeo nel
mercato americano.” Oti Rodríguez Marchante, Amenábar, vocación de intriga, Páginas de
Espuma, Madrid 2002, pp. 13 - 14
4
Carlos Aguilar, Fantaespaña, Orrore e fantascienza nel cinema spagnolo: un secolo di
delirio filmico, cit., p. 92
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Alejandro Amenábar dimostra nei suoi film di possedere un’assoluta
ossessione per gli sguardi. La cura meticolosa dell’immagine e la ricerca dei
colpi di scena sono alla base di un efficace rapporto con lo spettatore.
La narrazione principale è incastonata tra un prologo ed un epilogo che,
di solito, riserva al pubblico gli attimi di suspense più significativi. Sono
tensioni ed emozioni necessarie ad un’ottimale comprensione del tema
fondamentale.
Nella prima parte della sua carriera, la tematica della violenza, e di tutto
ciò che ne consegue, viene adoperata come pretesto per denunciare le gravi
responsabilità dei mass media, che hanno contribuito alla larga diffusione di
atti violenti nella società moderna. Un maniacale interesse per il consumo di
immagini cruente che degenera inevitabilmente in voyeurismo.
Tutta la filmografia di Amenábar rappresenta un viaggio immaginario
tra finzione e realtà. La vita quotidiana è pervasa da momenti onirici. Il
sogno è un rifugio contro le insidie del mondo, ma allo stesso tempo può
tramutarsi in incubo e terrore del risveglio.
È ovvio che questo vorticare dei temi della finzione, del desiderio e del sogno
ci riconduca insistentemente al cinema. Il rapporto tra desiderio e morte in
Tesis si esplicitava anche, significativamente, all’interno di un sogno fatto dalla
protagonista. Nei film seguenti il rapporto si fa molto più complesso, e acquista
uno spazio particolare la rappresentazione del desiderio nella dimensione
onirica, che a volte si confonde nettamente con quella cinematografica, da cui è
comunque contenuta e raddoppiata in quanto dimensione abitata e costituita di
senso dal desiderio.
[…] Dunque il cinema, anche se è il regno della finzione, […] ha una sua
innegabile positività: è l’unico luogo dove la realizzazione del desiderio di
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felicità è possibile. Questo per via della sua specifica natura, la stessa però che
rende tale realizzazione puramente illusoria.
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Il suo repertorio tematico, abbastanza complesso, poggia su un’analisi
approfondita del relativismo del punto di vista in una cultura dominata dallo
strapotere delle immagini.
Il cinema di Amenábar riflette su temi, filosoficamente parlando, molto
spinosi come il rapporto tra il bene ed il male, l’esistenza dell’aldilà, il valore
della vita. Non mancano tuttavia argomenti come il dolore, la passione
amorosa o il tradimento. Ad ogni modo il vero filo conduttore che lega tutte le
sue opere è rappresentato da una chiara ed evidente ossessione per la morte.
C’è da domandarsi se la riflessione che Alejandro Amenábar conduce sulla
morte e parallelamente sul cinema fin dal suo primo lungometraggio, non sia
giunta con Mare dentro (Mar adentro, 2004), la sua ultima pellicola, ad un
punto d’arresto, forse definitivo.
[…] tutti i film di questo giovane cineasta cileno-ispanico di indubbio talento,
parlano della morte e le sue due opere […], Apri gli occhi (Abre los ojos, 1997)
e The Others (2001), presentano, all’interno di una costante messa in scena del
desiderio in quanto tale, anche quello, inequivocabile, di una possibile
cancellazione della morte.
6
Il tentativo di un’analisi della filmografia, breve ma intensa, di Alejandro
Amenábar scaturisce dalla necessità di scoprire le nuove tendenze e le qualità
di una cinematografia, quella spagnola, soffocata per anni dalla mancanza di
5
Elisabetta Mustillo, Lo sguardo insistito di Amenábar sulla morte, in “Cinema sessanta”
n. 283/4, pp. 30 - 31
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Ivi, p. 28
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democrazia e di libertà d’espressione, che da qualche decennio, a partire dal
periodo post-franchista, è riuscita ad imporsi soltanto in maniera marginale
agli occhi della scena internazionale, ovviamente salvo i casi di Carlos Saura
e Pedro Almodóvar.
Ben venga, quindi, questa nuova generazione di cineasti capeggiata
dall’eclettico Alejandro Amenábar. Egli ha già dimostrato di meritare
ampiamente un posto di rilievo nell’olimpo internazionale dei registi
emergenti, ora il suo ancor più ambizioso compito sarà quello di imporre
definitivamente il nuovo cinema spagnolo nell’industria cinematografica
globale, e soprattutto ad Hollywood.