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INTRODUZIONE
Il procedimento del doppiaggio, nato dalla mente del fisico austriaco
Jacob Karol, consiste nel sostituire in post-sincronizzazione la pista sonora
originale di un film con una nuova pista sonora provvista di dialoghi tradotti
nella lingua dei fruitori. Il doppiaggio cinematografico è un caso particolare
di traduzione perché, fondendo due ambiti diversi come la traduzione e il
cinema, impone al traduttore dei vincoli. Però, nel viaggio che un film
compie dalla patria in terra straniera, molto di ciò che il regista vuole dire
viene perso perché la lingua d’origine non viene mantenuta. Nella delicata
fase della traduzione di un film e nel successivo adattamento dialoghi , molto
spesso, il significato originario delle parole viene cambiato, se non stravolto
dal lavoro del traduttore e dell’adattatore. D'altronde non serve nemmeno
arrivare così lontano, basta guardare le traduzioni di titoli di molti film (nel
nostro caso dall’inglese all’italiano) stranieri per accorgersi del totale
cambiamento e dell’assoluto stravolgimento di senso che vien fuori da questa
operazione :The seven year itch (Quando la moglie è in vacanza) di Billy
Wilder, The Shawshank Redemption (Le ali della libertà) di Frank Darabont,
Eternal sunshine of a spotless mind (Se mi lasci ti cancello) di Michel
Gondry, Intouchables (Quasi amici) di Olivier Nakache e Eric Toledano e
via dicendo.
Ciò che colpisce è quanto, spesso, i traduttori si complichino la vita,
traducendo anche dei banali titoli in maniera assurda e fuorviante. Infatti, in
alcuni casi, sarebbe meglio lasciare il titolo originale senza tradurlo. pur
vero che ci sono alcuni neologismi, proverbi, modi dire ecc. che
appartengono a quel determinato mondo, a quella determinata cultura di cui il
regista fa parte. Tradurre una battuta ironica che è emblema, ad esempio,
della cultura americana e che probabilmente non verrebbe capita se lasciata
così com’è , è molto più difficile rispetto alla traduzione di un qualsiasi
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dialogo che potrebbe avvenire in qualunque parte del mondo lasciando intatto
il senso di ciò che si vuole dire. Prendiamo una sit-com di successo
internazionale come The Nanny (La tata) ad esempio. Originariamente la
protagonista Francesca ( ma sarebbe meglio chiamarla Fran come è
nell’originale), che per noi è un’emigrata italiana di Frosinone che vive con
gli zii Assunta e Antonio ( nell’originale i ge nitori), è in realtà semplicemente
una donna di origini ebraiche connotata da tutte le caratteristiche e gli
stereotipi che appartengono a quella cultura. Ora, per gli statunitensi capire
quel tipo di ironia, di usanze e di stereotipi è facile perché sono radicati nella
stessa cultura americana, ma se il traduttore avesse lasciato Fran essere Fran
e non la ciociara Francesca, gli italiani non avrebbero capito quel tipo di
ironia e probabilmente la serie (qui in Italia) non avrebbe avuto il successo
ottenuto. Gli stereotipi della cultura ebrea sono stati trasformati negli
stereotipi della cultura italiana che più potevano essergli affini ( la madre/zia
di Fran che la spinge in tutti i modi a trovare marito, il padre/zio che passa la
giornata in poltrona a guardare lo sport e così via).
I problemi però si fanno più complessi quando si parla di doppiaggio
vero e proprio. Il doppiatore segue un testo tradotto e poi modificato
dall’adattatore che deve tener conto di svariate componenti: la cultura
italiana; la censura; il ritmo di una battuta; la velocità della stessa, cioè
quanto veloce viene pronunciata una frase dall’attore. A quel punto
l’adattatore deve tener conto che la frase o la parola che sostituirà l’originale
deve essere breve o lunga, più o meno, quanto l’originale in modo da
permettere al doppiatore di parlare quando parla l’attore e di non ritrovarsi, a
doppiaggio concluso, una situazione in cui l’attore ha la bocca chiusa ma la
voce doppiata parla ancora. Inoltre, quando può , l’adattatore cerca di f ar
coincidere i suoni del doppiato con i suoni dell’originale. Se l’attore
pronuncia un c sonora, dove possibile, l’adattatore cercherà di sostituire la
parola originale con una parola che abbia al suo interno la stessa c, in modo
da far più o meno corrispondere i suoni con i suoni.
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Ovviamente questo è un complesso difficile e laborioso che nasce
dalla volontà di guardare un film senza dover leggere, laddove non si conosce
la lingua originale, i sottotitoli che ci fanno perdere molto dell’ immagine che
viene mostrata. Alfred Hitchcock disse che « se si crea il proprio film
correttamente, lasciando largo spazio alle emozioni, il pubblico giapponese
deve reagire negli stessi modi del pubblico indiano […] .Un film circola nel
mondo intero. Esso perde il quindici per cento della sua forza quando è
sottotitolato, il dieci per cento soltanto se è ben doppiato. ».
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Ecco, il
doppiaggio deve risolvere proprio il problema della possibilità universale di
comprensione.
Senza dilungarmi ulteriormente con altri esempi (analizzerò nel
dettaglio alcuni film e serie tv più avanti) voglio spiegare perché ho scelto di
occuparmi del doppiaggio. Ho sempre guardato film e telefilm doppiati
soprattutto da bambina quando era per me più difficile reperire i film in
lingua originale e ,quando alcuni di questi erano per me di particolare
interesse, andavo a cercare ( e continuo a farlo) la versione originale per
notare le differenze e per sentire l’attore che vedevo nello schermo recitare.
Ciò su cui intendo soffermarmi in questa tesi è quanto il processo traduttivo
cambi, in alcuni casi di più in altri di meno, il film. Ma questo è un dato di
fatto. Ciò che voglio dimostrare è che , se il doppiaggio cambia il senso del
film il più delle volte, è comunque un’arte degna di rispetto e di studio per il
lavoro che c’è dietro, e che porta ,anche se non sempre, ad un buon prodotto
finale. Milioni di serie tv sono approdate sui nostri schermi, soprattutto negli
ultimi anni, e il loro successo qui in Italia è da attribuire anche alla bravura
dei nostri doppiatori.
Quando si parla del doppiaggio in Italia si dice che il nostro
doppiaggio sia il migliore del mondo,e qualcuno forse potrebbe obiettare che
noi italiani siamo rimasti un po’ isolati nell’arte di doppiare e che gli altri
paesi preferiscono i sottotitoli per non perdere il senso originario delle parole.
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TRUFFAUT F., Il cinema secondo Hitchcock, Il Saggiatore, Milano, 2009, pag. 269
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Ma questo non è vero. In tantissimi altri paesi continuano a doppiare. Sono
stata recentemente in Spagna, ad esempio, e tutto ciò che ho visto in
televisione era doppiato ( dai reality, alle fiction e serie tv, fino ai film veri e
propri). Ciò che porta a considerare il nostro doppiaggio il migliore è forse
dettato da tutta la tradizione di grandi doppiatori e grandi “scuole” che si
sono succedute. Come dimenticare Ferruccio Amendola che caratterizzò
all’italiana il grande Al Pacino? Certo, era un’altra cosa, Amendola non
poteva riportare attraverso l’italiano tutto ciò che era tipico della voce e del
background culturale di quell’attore, ma ha comunque dato vita a un
personaggio, al nostro Al Pacino, che ha riscosso tanto successo e che lo ha
reso ai più riconoscibile grazie alla voce che Amendola prestava.
Non voglio dire che il doppiaggio è meglio del sottotitolaggio, non c’è
un meglio o un peggio né un bene e un male; sono due cose diverse e
ognuno, a seconda dei gusti , può scegliere l’uno o l’altro. Ciò che mi preme
è raccontare il doppiaggio per quello che è, senza forzature né giudizi ,
cercando di far conoscere a tutti ,anche a chi proprio il doppiaggio non lo può
vedere (e in questo caso, il modo di dire sarebbe meglio trasformarlo in “a
chi proprio non lo può sentire”), le caratteristiche di questa arte e il modus
operandi dei doppiatori.
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CAPITOLO I :
REALIZZAZIONE DEL FILM DOPPIATO
1.1 La tecnica della traduzione
La traduzione, dunque, è in qualche modo l' inevitabile
declinazione nella quale dobbiamo calarci quando vogliamo
comprendere un contenuto, una idealità, un qualsiasi altro
elemento che fa parte del nostro mondo.
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Il testo audiovisivo è una complessa creazione in cui più canali e più
codici agiscono nello stesso tempo producendo, nella loro interazione, un
significato che lo spettatore comprende in maniera unica e totale.
Ovviamente il codice verbale è l’unica cosa che può essere modificata e
manipolata nel suo passaggio da una lingua all’altra. Occupandoci quindi di
traduzione nell’ambito di un testo audiovisivo,si parlerà di traduzione
audiovisiva .Essendo la traduzione audiovisiva un settore molto ampio che
presenta diversi ambiti di attività, per capirla meglio useremo la
classificazione di Chaume
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:
• Il doppiaggio, nel quale si sostituisce la colonna dei dialoghi in lingua
originale con la colonna dei dialoghi nella lingua di arrivo, doppiati da attori
che, recitando, cercano di parlare a tempo con l’attore che si muove sullo
schermo.
• La sottotitolazione interlinguistica, cioè la traduzione o meglio un riassunto
dei dialoghi originali , i quali una volta tradotti vengono collocati sulla parte
bassa dello schermo. Questi scorrono simultaneamente alle parole che sta
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VOLPI F., Filosofia della traduzione. Articolo de La Repubblica del luglio 2009. Disponibile su:
http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2009/07/07/filosofia-della-traduzione.html
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CHAUME F., Film Studies and Translation Studies: Two Disciplines at Stake in Audiovisual
Translation, Meta: Translators’ Journal , vol. 49, n. 1, 2004, <http://id.erudit.org/iderudit/00901ar>