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CAPITOLO I
APPROCCIO SOCIOLOGICO
FATTORI SOCIO-AMBIENTALI, ECONOMICI E FAMIGLIARI
Essendo l'uomo un essere sociale, la pretesa di penetrare i meccanismi del suo
comportamento senza tener conto dell’importanza dell’ambiente che lo circonda rischierebbe
di portare a conclusioni affrettate, limitate e potenzialmente errate.
Il bambino nasce e si sviluppa, durante i primi anni della sua vita, circondato dalla famiglia,
primo grande veicolo di valori, norme e modelli di comportamento. Andando a scuola, entra
in contatto con un gruppo con cui si riconosce e condivide valori e norme, oppure da cui si
estrania, percependo i propri valori come diversi e incompresi dal gruppo. Crescendo conosce
e sperimenta diverse realtà, arrivando auspicabilmente a trovare la propria, vale a dire quella
comunità in cui si sente capito e accettato. Immerso nel mondo del lavoro, si interfaccia poi
con un’altra realtà dotata di regole nuove, dove impara a sottostare al volere di qualcun altro.
Da adulto, generalmente, si innamora e crea una famiglia, ottiene un lavoro soddisfacente che
gli permetta di guadagnare e di svolgere un ruolo attivo all’interno della società.
La vita umana è composta da mille piccole sfaccettature, dai legami interpersonali, dalle
aspettative ad essi legate, dalle soddisfazioni e la voglia di avere successo, benché in ognuno
di noi il successo acquisti una connotazione differente. L’uomo esiste solamente interagendo
con gli altri uomini e con l’ambiente che lo circonda, pertanto l’ambiente e gli altri uomini
hanno il potere di incidere sul suo stato d’animo e sulle sue azioni. Le circostanze esterne, in
un certo senso, plasmano l’uomo o, perlomeno, ne indirizzano pulsioni e pensiero.
Tale concetto può risultare difficile da accettare, poiché viviamo in una società che pare
volerci insegnare ad essere autosufficienti, reprimendo sentimenti, sogni e aspirazioni. Ma in
realtà, ogni parola pronunciata da una persona a noi cara può farci incredibilmente bene così
come indescrivibilmente male. Ogni traguardo personale viene percepito come enorme
successo ma, a tal modo, ogni sconfitta brucia ardentemente nel profondo.
Di seguito verranno esaminati i fattori sociologici, economici e famigliari più rilevanti,
cercando di dimostrare quanto sopra enunciato.
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I.1. I contenitori
La teoria dei contenitori, elaborata da Walter Cade Reckless
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(Filadelfia, 1899 - 1988), è
finalizzata all’analisi del comportamento evidenziando i “fattori che favoriscono il
contenimento della condotta nell’ambito della legalità
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”, la cui mancanza, invece, costituisce
un elemento particolarmente significativo nel favorire un comportamento criminale. Reckless
distingue tra contenitori interni, vale a dire legati alle caratteristiche psicologiche
dell’individuo, che verranno analizzati in un secondo momento, e contenitori esterni.
Per contenitore esterno è da intendersi l’insieme delle caratteristiche dell’ambiente in cui
l’individuo vive. Si tratta di molteplici elementi, tra cui, a mero titolo esemplificativo, vi sono
le aspettative di successo sociale, poiché quanto maggiori sono le prospettive di avere successo
legate al proprio ceto, alle possibilità economiche della famiglia d’origine, alle relazioni, alle
qualificazioni professionali, tanto più difficilmente si sentirà il bisogno di ricorrere a mezzi
illegittimi per ottenere affermazione.
Di uguale rilevanza è l’opportunità di ricevere consenso nel proprio ambiente, nel trovare
appartenenza ad un gruppo sociale, meglio se ben integrato nel tessuto comunitario, l’avere a
disposizione figure in grado di offrire modelli di identificazione e di comportamento coerenti
con una sana condotta morale e socialmente accettata.
Risulta sin da subito evidente come i contenitori più efficaci e importanti siano la famiglia,
la scuola e il proprio gruppo di appartenenza.
Tanto più questi contenitori sono saldi, tanto meno sussisterà la possibilità di delinquere,
poiché l’individuo saprà adottare atteggiamenti eticamente e moralmente corretti, appresi
durante lo sviluppo e, inoltre, avendo a disposizione tutti i mezzi necessari al conseguimento
dei propri fini, non necessiterà avvalersi di scorciatoie e strumenti illeciti.
5
Sociologo e criminologo americano, noto per i suoi studi sulla criminalità e, più precisamente, sulla delinquenza
giovanile, come risultato di un crollo nelle forze orali e sociali che, normalmente, “contengono” il comportamento
delinquente.
6
Ponti Gianluigi, Betsos Isabella M., Compendio di Criminologia, Raffaello Cortina Editore, Roma, 2008, p.
115.
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I.2. I legami sociali
Travis Hirschi
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(Rockwille, 1935 - 2017) parte dal presupposto che le spinte devianti siano
assolutamente normali in ognuno di noi sicché, invece di domandarsi perché un uomo
delinque, decide di focalizzarsi sull’analizzare quali siano le variabili che impediscono il
ricorso all’agito criminale, individuate nella “trama dei rapporti sociali all’interno dei quali
avviene la socializzazione
8
”, sviluppando la cosiddetta teoria del controllo o teoria del
legame sociale.
Più nel dettaglio, l’Autore evidenzia l’importanza di quattro fattori:
1. Attachment (l’attaccamento) alle persone care, vale a dire famigliari, amici, insegnanti,
compagni di scuola o colleghi;
2. Commitment (l’impegno) in attività socialmente accettate e rispettate dalla comunità,
nelle istituzioni o associazioni, poiché questo rafforza il legame sociale mantenendo
l’individuo occupato e restringendo il campo delle opportunità illecite;
3. Involvement (il coinvolgimento) nelle mete socialmente approvate, vale a dire un buon
livello d’istruzione oppure un buon lavoro, che consentono all’individuo di imparare
ad assumersi le proprie responsabilità e a condurre uno stile di vita conforme a ciò che
viene socialmente definito “giusto” e “normale”;
4. Belief (la fede) nelle norme sociali, nella loro validità e giustizia, nei valori che ci
vengono trasmessi e la loro conseguente accettazione e interiorizzazione.
La mancanza di questi fattori-chiave può, al contrario, creare nell’individuo un senso di
vuoto, di non appartenenza. Non condividendo i valori delle persone a lui vicino e non
ponendosi degli obiettivi da conseguire, la vita risulta priva di uno scopo e di gratificazioni e,
pertanto, è molto più facile cadere nell’illecito.
7
Sociologo e criminologo americano, nonché importante professore di sociologia presso l’Università
dell’Arizona, padre delle teorie sul controllo e sull’autocontrollo sociale.
8
Ponti Gianluigi, Betsos Isabella M., op. cit., p. 116.
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I.3. La disorganizzazione sociale
Nel corso del XX secolo sono stati svolti numerosi studi sociologici che hanno posto
l’accento sull’importanza di una società organizzata ed equilibrata quale veicolo di morale,
buona condotta ed efficace sistema di contenimento della delinquenza. Non sarebbe corretto
parlare di una vera e propria scuola di pensiero, né tantomeno di un autore particolarmente
rilevante, bensì più appropriatamente di un ampio orientamento nato in Europa e sviluppatosi,
successivamente, perfino oltreoceano.
Questo pensiero nasce, più precisamente, a causa dell’instabilità causata dal mutamento
della società, dei ritmi di vita e dei valori a seguito dell’industrializzazione, momento storico
di grande rilievo ma al contempo destabilizzante. Lo sviluppo dell’urbanizzazione, la crisi del
patriarcato e della famiglia, l’introduzione di una nuova classe sociale (quella operaia) e
l’espansione economica si sono rivelati portatori di mutevolezza e di precarietà, poiché lo stile
di vita e il modo di pensare hanno subito una profonda rivoluzione.
La disorganizzazione non identifica meramente la disfunzione delle istituzioni e dei servizi
pubblici o la loro inefficacia, bensì qualcosa di più profondo, che priva la società della capacità
di fornire valori e modelli di comportamento stabili. Inutile sottolineare come l’incertezza sia
da sempre generatrice di ansia e paura, fattori che tendono a dare origine a conflittualità,
ribellione e violenza.
L’epoca dell’industrializzazione non ne è che un mero esempio, poiché anche la società
odierna presenta elementi fortemente destabilizzanti: precarietà dei posti di lavoro a causa
della crisi economica, forte immigrazione dovuta ai conflitti sempre più numerosi nel
cosiddetto “terzo mondo”, surriscaldamento globale che genera calamità naturali disastrose
come gli allagamenti a Venezia e gli incendi in Australia, inquinamento, malattie che dilaniano
intere popolazioni, per non parlare della perdita di valori e del progressivo disimpegno sociale
che caratterizzano sempre di più le nuove generazioni.
Il boom del capitalismo dopo la Seconda guerra mondiale, in primis, ha stravolto il ritmo
della vita e i valori delle comunità. Come scrive Konrad Lorenz “il ritmo lavorativo dell’uomo
capitalista è il prodotto più stupido della selezione […] gli uomini d’oggi hanno le malattie
del manager, pressione alta, atrofie renali, ulcere gastriche, persistenti nevrosi e diventano
barbari
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”, e la loro vita risulta finalizzata solamente alla concorrenza e al guadagno,
9
Lorenz Konrad, L’Aggressività, il cosiddetto male, Il Saggiatore, edizione Kindle, Milano, 2015, p. 723.
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trasformando l’uomo in una creatura egoista, con la tendenza ad esternare con maggior facilità
l’aggressività verso il prossimo.
I.4. L’iperstimolazione delle aspirazioni e l’insufficienza di mezzi per realizzarle
Nel tentativo di comprendere il crimine quale fenomeno sociale, degna attenzione merita
un’ulteriore caratteristica del sistema economico di cui la nostra società è oggi impregnata.
Gabriel Tarde
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(Sarlat-la-Canéda, 1843- 1904), attraverso i suoi numerosi studi, evidenzia
i cambiamenti e l’aumento della criminalità nel corso del XIX secolo. Alla base di tale crescita
era da porsi proprio l’inizio di una nuova prosperità sviluppatasi in seguito all’introduzione
del sistema capitalistico e favorita dalla rivoluzione industriale, con i suoi “corollari di
iperstimolazione delle aspirazioni e di instabilità sociale
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”. Precedentemente le strutture
sociali erano stabili (anche se in parte sfavorevoli) e l’individuo aveva pochissime opportunità
di migliorare il proprio status, pertanto trascorreva la propria vita senza percepire la
sollecitazione del mutamento e vivendo con quei valori morali che aveva appreso, valori
rimasti immodificati da secoli e condivisi dalla comunità tutta; inoltre non provava la
frustrazione di voler conseguire mete più elevate (ora divenute accessibili, anche se con
difficoltà, anche a chi non proviene dai gruppi sociali più favoriti), senza però riuscirci.
L’aumento del fenomeno delinquente era, in sostanza, strettamente collegato alla crescita
del benessere economico: più vi era la possibilità, sebbene ipotetica, di raggiungere mete più
elevate, più forte era altresì la conseguente frustrazione se si falliva nel raggiungerle.
Nonostante Tarde abbia elaborato il proprio pensiero nell’Ottocento, le sue conclusioni
risultano tutt’oggi valide. Dopo la depressione economica succeduta alla Seconda guerra
mondiale, la società odierna gode di un benessere economico senza precedenti: sono state
introdotte nuove mete ancor più elevate che ogni individuo può e, in un certo senso, deve
raggiungere, per migliorare la propria condizione, acquisire rilevanza all’interno della
comunità ed essere accolto positivamente dai consociati. Elementi quali l’ambizione, la
determinazione e il successo, sono i criteri mediante i quali la società contemporanea giudica
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Sociologo, filosofo e criminologo francese, di formazione giuridica, noto per aver sostenuto che nell'imitazione
si trovi la formula della vita sociale, il cui corso sarebbe regolato dall'invenzione e dall’imitazione. Grande critico
delle le teorie biologiche (in particolare quelle di C. Lombroso) sull'origine del crimine, dimostrandone la natura
sociale e al tempo stesso la responsabilità del singolo individuo.
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Ponti Gianluigi, Betsos Isabella M., op. cit., p. 66.