5
Introduzione
Non c’è più grande dolore al mondo della perdita della terra natìa.
Euripide, 431 a.C.
Le migrazioni caratterizzano la storia dell‟umanità. Sin dalle origini le persone hanno deciso
di spostarsi per diversi motivi
1
: in taluni casi per ragioni economiche, nella speranza di migliorare il
proprio tenore di vita e garantire alle proprie famiglie delle opportunità migliori; in altri, per
sfuggire alle persecuzioni ed alle guerre e cercare asilo altrove. Sin dall‟antichità, è esistita una
tradizionale forma di accoglienza e di ospitalità nei confronti di queste ultime categorie, che ha
assunto col tempo connotati diversi.
L‟istituto dell‟asilo ha, dunque, radici molto profonde ed antiche. Nella tradizione greco-
romana, l‟asilo si sviluppa come nozione di “luogo sacro o santuario inviolabile in cui veniva
assicurata l‟immunità a chiunque vi si fosse rifugiato”
2
; in effetti, il sostantivo greco “ásylon”
( ), composto dalla particella privativa “a” e dal verbo “syláo” (catturare, violentare,
devastare), indica letteralmente “ciò a cui non può essere fatta violenza”
3
; parimenti, il sostantivo
latino “asylum” designa ancora più specificamente un luogo inviolabile, un rifugio
4
. Ne deriva che,
in quell‟epoca, il singolo individuo non era titolare di un diritto soggettivo all‟asilo ma, piuttosto,
godeva di una protezione in conseguenza del riconoscimento dell‟inviolabilità sacrale di un tempio
o di un altro luogo di culto
5
.
A partire dal IV secolo si sviluppa l‟asilo canonico che, pur condividendo con quello greco-
romano il fondamento religioso, si differenzia enormemente nelle ragioni che vi sottendono, dal
1
Sulle ragioni che originano i movimenti migratori, si vedano, per esempio: S. SASSEN, Migranti, coloni, rifugiati:
dall'emigrazione di massa alla fortezza Europa, Milano, Feltrinelli, 1999, pp. 13 - 18; L. SAPORITO, Per un diritto
europeo dell’immigrazione, Torino, Giappichelli, 2008, pp. 68 - 72; A. M. BIRINIDELLI, Analysis of integration:
changes and continuity, in Studi Emigrazione, n. 152/2003, pp. 697 - 699.
2
B. NASCIMBENE, Asilo e statuto di rifugiato, relazione tenuta al Convegno annuale 2009 dell‟Associazione Italiana
dei Costituzionalisti - Lo statuto costituzionale del non cittadino, Cagliari, 16-17 ottobre 2009, p. 2, reperibile al sito
www.costituzioalisti.it; S. MASIELLO, Punti di fuga: prospettive sociologiche sul diritto di asilo e i rifugiati in Italia,
Napoli, Liguori, 2007, p. 9.
3
L. ROCCI, Vocabolario Greco - Italiano, Roma, Società Editrice Dante Alighieri, 1998.
4
L. CASTIGLIONI, S. MARIOTTI, Vocabolario della Lingua Latina, Milano, Loescher editore, 1990.
5
F. GRAZIANI, Antichi e nuovi rifugiati nel diritto internazionale contemporaneo, Napoli, Editoriale Scientifica,
2006, pp. 95 - 96; G. CORDINI, Il diritto di asilo nelle Costituzioni contemporanee e nell’ordinamento dell’Unione
Europea, in D. CASTELLANO (a cura di), Il diritto di asilo in Europa: problemi e prospettive, Napoli, Edizioni
Scientifiche Italiane, 2008, p. 51.
6
momento che la protezione offerta dalle chiese cristiane, in qualsiasi luogo consacrato, agli imputati
di particolari crimini, che si sottraggono così alle leggi temporali, viene percepita come
un‟opportunità per indurre costoro al pentimento e alla conversione
6
.
L‟intercessione della Chiesa in favore di innumerevoli criminali presso la magistratura per
ottenere la clemenza dell‟autorità fa sì che molti ricorrano all‟istituto dell‟asilo non tanto per
sfuggire ad una persecuzione ma piuttosto per sottrarsi ad una giusta punizione. Gli abusi che ne
derivano e il conflitto tra la giustizia ecclesiastica e quella laica determinano, con il tempo, una
crescente opposizione al diritto d‟asilo religioso.
All‟inizio dell‟età moderna, con il sorgere degli Stati nazionali, il diritto di concedere asilo
perde progressivamente i suoi connotati religiosi per diventare “espressione della sovranità
nazionale e rivendicazione del principio di supremazia territoriale”
7
. Il mutamento di senso
dell‟istituto si avverte, in modo preciso, con il suo riconoscimento nella Costituzione francese del
1793, in cui per la prima volta si codifica il diritto d‟asilo laico all‟articolo 120, che recita: “il
popolo francese dà asilo agli stranieri banditi dal loro Paese per la causa della libertà e lo rifiuta ai
tiranni”
8
. Dalla lettura di questo articolo emergono chiaramente due importanti novità: in primo
luogo, il fatto che l‟asilo non sia più geograficamente limitato ad un luogo sacro ma venga esteso a
tutto il territorio nazionale e, in secondo luogo, che la possibilità di goderne sia limitata
esclusivamente a coloro che sono perseguiti ingiustamente a seguito delle loro azioni politiche in
difesa della libertà, mentre ne restano esclusi i tiranni, identificati con la causa dell‟oppressione
delle suddette libertà.
Tuttavia, bisognerà aspettare il secondo dopoguerra perché l‟istituto dell‟asilo trovi precisa
collocazione ed enunciazione nelle principali Costituzioni liberali degli Stati occidentali; nonostante
ciò, a tutt‟oggi, esso non rappresenta nell‟ordinamento internazionale un diritto positivo, ma solo un
principio
9
.
La disciplina dell‟istituto dell‟asilo che, oggi, indica il rifugio e la protezione accordati dalla
Stato, entro la propria sfera territoriale, ad individui contro l‟esercizio della giurisdizione da parte
dello Stato di origine o di residenza abituale, si è andata affermando a livello internazionale nei
6
B. NASCIMBENE, Asilo e statuto di rifugiato, cit., p. 3; F. GRAZIANI, op. cit., p. 97.
7
G. FERRARI, L’asilo nel diritto internazionale, relazione tenuta al XIII Corso Multidisciplinare Universitario
“Migrazione ed asilo: Unione Europea ed area mediterranea”, Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, 10
dicembre 2004 – 13 maggio 2005, p. 2.
8
F. GRAZIANI, op. cit., p. 97; S. MASIELLO, op. cit.,p. 10.
9
Successivamente alla Convenzione di Ginevra del 1951, infatti, il diritto d‟asilo non è stato incluso in nessuno
strumento giuridicamente vincolante di portata universale, ma solo in dichiarazioni e nella Convenzione
dell‟Organizzazione dell‟Unità Africana (OUA) che regola gli aspetti specifici dei problemi dei rifugiati in Africa. Per
un approfondimento, si veda: P. ZIOTTI, Il diritto d'asilo nell'ordinamento italiano , Padova, CEDAM, 1988, pp. 135 -
140.
7
rapporti di potere tra gli Stati, sovrani e indipendenti, e nel quadro delle norme di diritto
internazionale
10
.
Bisogna rilevare che, nella dottrina tradizionale, il diritto di asilo ha trovato espressione
sotto due forme giuridicamente distinte, in conseguenza del luogo presso il quale esso è
riconosciuto: l‟asilo territoriale, accordato da uno Stato sul proprio territorio ad una persona che
intenda fuggire o sottrarsi alla giustizia o a situazioni esistenti nello Stato da cui proviene, e l‟asilo
extraterritoriale (o diplomatico), accordato da uno Stato al di fuori del proprio territorio, nelle sedi
delle proprie rappresentanze diplomatiche estere, ambasciate e/o consolati, a persone che intendano
fuggire o sottrarsi alla giustizia o sovranità locale
11
.
A livello internazionale, la necessità di avviare un cammino normativo volto a promuovere e
tutelare il rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali e ad affrontare, dunque, anche la
questione della tutela internazionale dei rifugiati e dei richiedenti asilo, inizia ad essere percepita
alla fine della prima guerra mondiale. Nel 1921, la Società delle Nazioni istituisce l‟Ufficio
dell‟Alto Commissario per i Rifugiati, affidandone la direzione al diplomatico norvegese Nansen,
che introduce il cosiddetto Passaporto Nansen, un documento, destinato inizialmente ai rifugiati
russi e in seguito a coloro costretti a fuggire dagli Stati di origine in seguito a rivolgimenti politici,
che consentiva al beneficiario di spostarsi e viaggiare sul territorio degli Stati che lo
riconoscevano
12
.
Tuttavia, è solo a partire dal secondo dopoguerra, in un‟Europa profondamente scossa e
segnata dai grandi flussi di esuli, che vengono mossi i primi passi significativi in materia di
trattamento dei rifugiati.
Già durante il secondo conflitto mondiale, nel novembre del 1943, viene istituita l‟UNRRA
(United Nation Relief and Rehabilitation Administration - Amministrazione delle Nazioni Unite per
il Soccorso e la Ricostruzione) che, sino al luglio del 1947, ha fornito assistenza materiale ad oltre
sei milioni di profughi fuggiti dai loro Paesi, promuovendone il rimpatrio alla fine della guerra
13
.
Successivamente, nel dicembre del 1946, l‟Assemblea delle Nazioni Unite istituisce l‟IRO
(International Refugee Organisation -Organizzazione Internazionale per i Rifugiati) che va a
rimpiazzare le precedenti istituzioni (l‟Alto Commissario e l‟UNRRA) e ne attua le funzioni dalla
metà del 1947 alla fine del 1951, anno della cessazione ufficiale delle sue attività; nel corso del suo
10
B. NASCIMBENE, Asilo e statuto di rifugiato, cit., p. 4.
11
G. FERRARI, L’asilo nel diritto internazionale, cit., p. 2; G. CORDINI, op. cit., p. 55.
12
F. GRAZIANI, op. cit., p. 39.
13
F. GRAZIANI, op. cit., p. 42.
8
mandato, l‟IRO si adopera per favorire il reinsediamento in Paesi terzi di oltre un milione di
rifugiati e per facilitare il rimpatrio di circa 73.000
14
.
Nel 1950, l‟Assemblea Generale delle Nazioni Unite istituisce l‟UNHCR (United Nation
High Commissioner for Refugees - Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati)
15
, che
inizia ad operare dal 1° gennaio 1951. Nato come agenzia specializzata relativamente piccola con
un mandato iniziale di tre anni, l‟UNHCR è oggi un‟organizzazione umanitaria impegnata in prima
linea nella elaborazione di accordi internazionali sulla protezione dei rifugiati e nella vigilanza sul
rispetto del diritto internazionale del rifugiato da parte dei governi
16
. In particolare, gli obiettivi
principali dello UNHCR consistono nel favorire il rimpatrio volontario dei rifugiati in condizioni di
sicurezza e dignità, la loro accoglienza e integrazione nei Paesi d‟asilo e il reinsediamento in Paesi
terzi di quelle persone che non possono essere rimpatriate e che, allo stesso tempo, non godono di
una sufficiente sicurezza nel loro primo Paese d‟asilo
17
. Con il passare del tempo, l‟Assemblea
Generale ha ampliato il mandato dell‟UNHCR, inizialmente limitato ai rifugiati e ai richiedenti
asilo, fino ad includere sotto la sua protezione vari gruppi di persone, quali gli apolidi
18
e, in
determinate circostanze, gli sfollati
19
.
Tra i principali strumenti internazionali in materia di diritti umani, adottati all‟indomani
della fine del secondo conflitto mondiale bisogna, indubbiamente, annoverare la Dichiarazione
Universale dei Diritti Umani, adottata dall‟Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre
del 1948.
La Dichiarazione sancisce una serie di diritti e libertà fondamentali quali la libertà e
l‟uguaglianza come caratteristiche proprie di ogni uomo fin dalla nascita, il principio di non
discriminazione, il divieto di sottoporre chiunque a tortura e a trattamenti o punizioni crudeli,
inumane o degradanti, la libertà di movimento e di residenza entro i confini di ogni Stato e il diritto
14
G. FERRARI, La Convenzione sullo status dei rifugiati-aspetti storici, relazione tenuta al XII Corso Multidisciplinare
Universitario “Asilo: dalla Convenzione di Ginevra alla Costituzione Europea”,Università degli Studi di Roma “La
Sapienza”, 12 dicembre 2003 – 14 maggio 2004, il 16 gennaio 2004, p. 18.
15
Per un approfondimento sulle attività dell‟UNHCR, si veda il sito: www.unhcr.org.
16
UNHCR, Protezione dei rifugiati: Guida al diritto internazionale del rifugiati, manuale per i parlamentari, versione
italiana, 2003, pp. 23-42.
17
CARITAS ITALIANA/FONDAZIONE MIGRANTES, Dossier Statistico Immigrazione, IDOS, Roma, 2009, pp. 493
- 494.
18
Ai sensi dell‟articolo 1 della Convenzione sullo status degli apolidi (1954), il termine apolide indica “una persona che
nessuno Stato considera come suo cittadino nell‟applicazione della sua legislazione”.
19
Ai sensi del paragrafo 2 dell‟Introduzione dei Principi Guida delle Nazioni Unite sullo sfollamento delle persone
all‟interno del loro Paese (1998), gli sfollati sono “persone o gruppi di persone che sono state costrette od obbligate a
fuggire o a lasciare le proprie case o i propri luoghi di residenza abituale, in particolare come conseguenza di un
conflitto armato, di situazioni di violenza generalizzata, di violazioni dei diritti umani o di disastri naturali o provocati
dall‟uomo, o allo scopo di sfuggire alle loro conseguenze e che non hanno attraversato le frontiere internazionalmente
riconosciute di uno Stato”.
9
di lasciare il proprio Paese e di farvi ritorno, nonché la libertà di pensiero, di coscienza e di
religione, la libertà di espressione e di opinione.
Tuttavia, in merito all‟asilo, la Dichiarazione non riconosce esplicitamente il diritto di
ottenere asilo dalle persecuzioni, il cosiddetto “right to asylum”, ma si limita a legittimare la
possibilità di cercare di ottenerlo ed eventualmente di goderne
20
: si legge, in effetti, all‟articolo 14
che viene riconosciuto ad ogni individuo “il diritto di cercare e di godere in altri Paesi asilo dalle
persecuzioni”.
Il sistema di protezione internazionale dei rifugiati trova, poi, la sua espressione specifica in
quella che viene comunemente definita la “Magna Charta dei rifugiati”
21
, ovvero la Convenzione
delle Nazioni Unite relativa allo status dei rifugiati
22
, adottata il 28 luglio 1951 a Ginevra dalla
Conferenza dei Plenipotenziari delle Nazioni Unite sullo status dei Rifugiati e degli Apolidi ed
entrata in vigore il 22 aprile 1954. Annoverata tra “i più importanti strumenti internazionali posti a
tutela dei diritti umani che siano stati elaborati nel secondo dopoguerra”
23
, la Convenzione di
Ginevra statuisce, per la prima volta nel diritto internazionale, una definizione universalmente
applicabile di rifugiato e di tutti i diritti che sono conseguenti al riconoscimento di tale status.
Nell‟articolo 1, lettera A, si legge che il rifugiato è colui che “avendo un fondato timore di
persecuzione per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo
sociale o di opinioni politiche, si trova fuori del Paese di cui è cittadino e non può o, a causa di tale
timore, non vuole avvalersi della protezione di tale Paese”.
Elementi caratterizzanti, dunque, per il riconoscimento della qualifica di rifugiato sono il
timore di essere perseguitati per una delle cause elencate all‟art.1A, il trovarsi al di fuori dello Stato
di cui possiede la nazionalità o di quello in cui risiede abitualmente
24
e l'impossibilità di avvalersi
della protezione di detto Stato, dal momento che la persecuzione può essere operata dal governo
stesso oppure da un altro soggetto, ad ogni modo, tollerato o non contrastato dallo Stato
25
.
20
A. MARCHESI, Diritto di asilo e procedure di riconoscimento del diritto all’asilo. Brevi considerazioni, in
Benvenuti P. (a cura di), Flussi migratori e fruizione dei diritti fondamentali, Università degli Studi Roma Tre,
Dipartimento di Diritto Europeo, Il Sirente, 2008, p. 167.
21
G. FERRARI, La Convenzione sullo status dei rifugiati-aspetti storici, cit., p. 3.
22
La Convenzione è stata ratificata in Italia con la Legge 24 luglio 1954, n. 722.
23
F. GRAZIANI, op. cit., p. 27.
24
F. GRAZIANI, op. cit., pp. 27 - 31.
25
ICS-Consorzio Italiano di Solidarietà Onlus, Rifugiati: la protezione negata. Primo rapporto sul diritto di asilo in
Italia, 2005, p. 15.
10
Pietra miliare della protezione internazionale dei rifugiati è il principio di non-refoulement
26
,
sancito all‟articolo 33.1 della Convenzione del 1951, che prescrive che “nessuno Sato contraente
espellerà o respingerà, in qualsiasi modo, un rifugiato verso i confini di territori in cui la sua vita o
la sua libertà sarebbero minacciate a causa della sua razza, della sua religione, della sua nazionalità,
della sua appartenenza a una determinata categoria sociale o delle sue opinioni politiche”. Sebbene
così espresso il principio di non-refoulement non implichi, come diretta conseguenza, il diritto di un
individuo di ottenere l‟asilo in un determinato Stato, esso comunque significa che “nel caso in cui
gli Stati non siano preparati a garantire asilo a persone che cercano protezione internazionale sul
loro territorio, essi devono seguire un percorso che non risulti nel loro trasferimento, diretto o
indiretto, in un luogo nel quale la loro vita o libertà sarebbe in pericolo a causa della loro razza,
religione, nazionalità, appartenenza a un determinato gruppo sociale od opinioni politiche”
27
;
purché un luogo venga definito sicuro è necessario, quindi, non solo che in esso l‟individuo non
subisca minacce o persecuzioni, ma altresì che non vi sia il rischio di essere ulteriormente
allontanato da esso
28
. Bisogna rilevare che l‟articolo 33.2 prevede due eccezioni alla tutela derivante
dal principio del non refoulement, rappresentate dalla sussistenza di gravi motivi che fanno ritenere
il rifugiato un pericolo per la sicurezza dello Stato in cui si trova e dalla condanna con sentenza
passata in giudicato per un reato particolarmente grave, a seguito della quale il rifugiato rappresenta
una minaccia per la comunità di detto Stato
29
.
Fino al 1967, per di più, la Convenzione di Ginevra prevedeva due gravi limitazioni: la
prima, di carattere temporale, limitava la protezione a individui che avevano subìto persecuzioni per
fatti antecedenti al 1° gennaio 1951, mentre, la seconda, di tipo geografico, restringeva il campo di
applicazione della stessa Convenzione ai rifugiati europei. Entrambe le limitazioni vengono meno
per gli Stati che abbiano provveduto a ratificare altresì il Protocollo aggiuntivo adottato a New York
26
UNHCR, Parere consultivo sull’applicazione extraterritoriale degli obblighi di non-refoulement derivanti dalla
Convenzione relativa allo status dei rifugiati del 1951 e dal suo Protocollo del 1967, Ginevra, gennaio 2007, par. 5; P.
ARTINI, La Convenzione di Ginevra del 1951 ed il suo ruolo nella attuale realtà dei flussi migratori, in P. Benvenuti
(a cura di), Flussi migratori e fruizione dei diritti fondamentali, Università degli Studi Roma Tre, Dipartimento di
Diritto Europeo, Il Sirente, 2008, p. 50.
27
UNHCR, Parere consultivo sull’applicazione extraterritoriale degli obblighi di non-refoulement derivanti dalla
Convenzione relativa allo status dei rifugiati del 1951 e dal suo Protocollo del 1967, cit., paragrafo 8.
28
A. DEL GUERCIO, Il principio del non-refoulement tra dottrina dei diritti umani e sistema internazionale di
protezione dei rifugiati, in L. Cimmini - N. Rampazzo (a cura di), Diritti umani nell’era della globalizzazione e dei
conflitti, Seminari del Centro Studi sui Diritti umani 2005-2006, Quaderni nuova serie 3, CNR-ISGI Sezione di Napoli,
p. 22.
29
B. NASCIMBENE, Asilo e statuto di rifugiato, cit., p. 22.
11
dall‟Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 31 gennaio 1967 ed entrato in vigore nell‟ottobre
dello stesso anno
30
.
Se gli Stati Parte della Convenzione non sono tenuti a riconoscere lo status di rifugiato a
tutti coloro che ne facciano richiesta, devono tuttavia predisporre nel proprio ordinamento le
procedure per l‟esame della domanda. Ai rifugiati riconosciuti tali debbono poi essere riconosciuti
tutta una serie di diritti. In generale, ai rifugiati, considerata la loro particolare condizione, viene
concesso un trattamento più favorevole di quello riservato agli stranieri “ordinari”
31
. Nello
specifico, la Convenzione di Ginevra prevede standard di trattamento diversi a seconda dei diritti
contemplati, lasciando comunque agli Stati ogni discrezione di accordare ai rifugiati un trattamento
più favorevole. In particolare, viene disposto che gli Stati contraenti siano tenuti a riconoscere ai
rifugiati un trattamento favorevole quanto quello accordato ai propri cittadini per quanto riguarda la
libertà di culto (articolo 4), la protezione della proprietà industriale e intellettuale (articolo 14),
l‟accesso ai tribunali (articolo 16), il razionamento di prodotti di cui vi sia penuria (articolo 20),
l‟istruzione primaria (articolo 22, paragrafo 1), l‟assistenza pubblica (articolo 23) e, salve alcune
eccezioni, la sicurezza sociale (articolo 24) e l‟ imposizione fiscale (articolo 29). Viene, inoltre,
disposto che il diritto d‟associazione (articolo 15) e l'esercizio di una attività salariata (articolo 17)
siano accordati ai rifugiati accordando loro il trattamento più favorevole riservato ai cittadini di un
Paese straniero, ed infine, che il diritto di proprietà (articolo 13), l‟esercizio di un‟attività autonoma
(articolo 18) e di una libera professione (articolo 19), l‟accesso all‟alloggio (articolo 21),
l‟istruzione secondaria (articolo 22, paragrafo 2) e la libertà di circolazione (articolo 26) siano
garantiti con un trattamento non meno favorevole di quello accordato nelle stesse circostanze agli
stranieri in generale.
Dalla adozione della Convezione di Ginevra ad oggi lo scenario internazionale ha vissuto
profondi cambiamenti. Le caratteristiche dei movimenti di popolazioni in fuga dai conflitti e dalle
violazioni di diritti umani sono oggi molto diverse da quelle del dopoguerra: se fino all‟inizio degli
anni Novanta, la maggior parte dei richiedenti asilo fuggiva da regimi dittatoriali e da situazioni di
repressione politica, oggi vi sono i numerosi conflitti armati, che sono andati moltiplicandosi negli
ultimi anni, tra le principali ragioni degli esodi
32
.
30
G. FERRARI, La Convenzione sullo status dei rifugiati-aspetti storici, cit., p. 35; B. NASCIMBENE, Asilo e statuto
di rifugiato, cit., pp. 19 - 20.
31
B. NASCIMBENE, Asilo e statuto di rifugiato, cit., p. 54.
32
ICS-Consorzio Italiano di Solidarietà Onlus, op. cit., p. 9.
12
A fronte di ciò, si registra da parte dei Paesi industrializzati una chiusura delle frontiere
sempre più esasperata che finisce per impedire l‟ingresso sia a chi è in cerca di una migliore
realizzazione economica e sociale, sia a chi è in cerca di protezione, in fuga da guerre e
persecuzioni e non riesce così ad avere la possibilità di presentare la propria richiesta di asilo,
contravvenendo così al principio sancito all‟articolo 14 della Dichiarazione universale dei diritti
umani succitato.
Il presente lavoro nasce dall‟esigenza di approfondire uno degli aspetti meno investigati, e
tuttavia cruciale, del diritto d‟asilo: l‟accoglienza e l‟integrazione dei richiedenti asilo e dei rifugiati
negli Stati membri dell‟Unione europea.
In particolare, nel primo capitolo verrà ricostruita la cornice giuridica in materia di asilo
attraverso l‟esame dei principali atti normativi adottati nell‟ambito dell‟Unione europea.
Nel secondo capitolo, l‟attenzione si soffermerà sull‟attuale disciplina italiana in materia di
protezione internazionale come modificata attraverso la trasposizione degli atti adottati dall‟UE.
Nel terzo capitolo, infine, verrà analizzata la realtà campana e, in particolare, napoletana.
Dopo aver ricostruito il quadro normativo regionale applicabile con riguardo ai rifugiati e ai
richiedenti asilo, verrà data voce alle associazioni e agli operatori che lavorano a stretto contatto con
i rifugiati e i richiedenti asilo presenti sul territorio.
13
Capitolo primo
L’evoluzione della normativa dell’Unione europea in materia d’asilo.
14
1. L’avvio della cooperazione europea in materia d’asilo.
1.1 L’asilo nella prospettiva europea: dal Trattato di Roma alla Convenzione
di Dublino.
Il Trattato istitutivo della Comunità economica europea (CEE), firmato a Roma il 25 marzo
1957 dai governi di Belgio, Francia, Germania, Italia, Lussemburgo e Olanda, che sancisce la
“piena mobilità degli operatori economici all’interno del mercato comune”, rappresenta il primo
passo di quel lento processo, inizialmente legato al mero ambito economico, volto ad assicurare la
libertà di circolazione delle persone
33
.
A partire dalla metà degli anni Ottanta, il contenuto di tale libertà si arricchisce di nuovi
significati, in conseguenza dell‟avvio del graduale sviluppo di uno spazio senza frontiere interne,
suggellato dalla soppressione dei controlli, che determina un incremento della mobilità dei beni e
delle persone.
A ciò si aggiunga il considerevole aumento dei flussi migratori, originatosi in quegli anni a
seguito dei cambiamenti dovuti alla fine della guerra fredda, all‟espandersi delle comunicazioni e
dei trasporti a livello transnazionale ed al sempre più frequente esplodere di conflitti civili in varie
zone del mondo, che finisce per determinare un progressivo sovraccarico dei sistemi d‟asilo
nazionali; a ben vedere, in parte sono effettivamente aumentati coloro che fuggono da vari tipi di
persecuzione, in parte molti migranti, vista la difficoltà di penetrare le frontiere occidentali, tentano
la via dell‟asilo.
33
G. STROZZI, Diritto istituzionale dell’Unione Europea: dal Trattato di Roma al Trattato di Amsterdam, Torino,
Giappichelli, 1998, pp. 6 - 11; F. GRAZIANI, op. cit., p. 225.
15
Tutto ciò induce i Paesi europei ad adottare una politica comune in materia di immigrazione,
visti e asilo al fine di armonizzare le legislazioni nazionali in tali settori
34
.
Nella fase iniziale, la cooperazione europea in tali materie si è sviluppata a livello
intergovernativo
35
: si pensi, a tal proposito, alla formazione dei gruppi di lavoro interstatali, quali il
gruppo ad hoc “Immigrazione”, istituito su iniziativa del governo inglese a Londra come forum
intergovernativo che riuniva i ministri responsabili dell'Immigrazione
36
, o il gruppo “Libera
circolazione delle persone”, istituito dal Consiglio europeo di Rodi di proporre le misure idonee ad
assicurare la sicurezza e la libera circolazione delle persone una volta soppressi i controlli alle
frontiere interne
37
, che iniziano ad operare a partire dalla metà degli anni Ottanta
38
.
Nel 1986, viene firmato l‟Atto Unico Europeo (AUE) che promuove la cooperazione economica
nella Comunità, prevedendo la nascita di un mercato interno unico entro il 1992, e ribadisce l‟idea
dell‟abbattimento delle frontiere interne al territorio della Comunità, al fine di rendere meno
difficoltosa la circolazione delle merci e delle persone
39
.
Tuttavia, inizialmente, l‟effettiva soppressione dei controlli alle frontiere interne viene
conseguita al di fuori del contesto comunitario
40
, mediante l‟Accordo di Schengen, firmato il 14
giugno 1985 tra i Paesi del Benelux, Francia e Germania, e la Convenzione applicativa di tale
Accordo
41
, firmata il 19 giugno 1990, cui hanno successivamente aderito l‟Italia (1990), la Spagna
ed il Portogallo (1991), la Grecia (1992), l‟Austria (1995) e la Danimarca, la Finlandia e la Svezia
(1996). Dal 1996, inoltre, due Paesi terzi, l'Islanda e la Norvegia, fanno parte dello spazio di
Schengen anche se la loro partecipazione al processo decisionale resta limitata, mentre l'Irlanda ed
il Regno Unito hanno mantenuto i controlli alle loro frontiere. A partire dal 1999, con l‟edizione del
34
F. GRAZIANI, op. cit., p. 226; B. NASCIMBENE, Il futuro della politica europea di asilo, Istituto per gli studi di
politica internazionale, working paper n. 25, giugno 2008, p. 2.
35
B. NASCIMBENE, Il futuro della politica europea di asilo, cit., p. 2; S. QUADRI, Le migrazioni internazionali: da
una disciplina statale dell’immigrazione al diritto internazionale delle migrazioni, Napoli, Editoriale scientifica, 2006,
p. 157.
36
M. PASTORE, La cooperazione intergovernativa nei settori dell’immigrazione, dell’asilo e della sicurezza interna,
in B. NASCIMBENE, Da Schengen a Maastricht: apertura delle frontiere, cooperazione giudiziaria e di polizia,
Milano, Giuffré, 1995, pp. 10 - 15.
37
M. PASTORE, op. cit., p. 7.
38
G. LICASTRO, L’immigrazione nell’Unione Europea: un cammino difficile, p. 1.
39
D. SIDJANSKI, L'avvenire federalista dell'Europa: la Comunità europea dalle origini al trattato di Maastricht,
Milano, Pirola, 1993, pp. 121 - 144; G. STROZZI, op. cit., pp. 12 - 14; E. GREPPI, La libera circolazione delle persone
tra diritto internazionale e diritto comunitario. Alcune considerazioni generali, in B. NASCIMBENE, Da Schengen a
Maastricht: apertura delle frontiere, cooperazione giudiziaria e di polizia, Milano, Giuffré, 1995, p. 117. Si veda,
inoltre: http://europa.eu/legislation_summaries/institutional_affairs/treaties/treaties_singleact_it.htm.
40
G. CORDINI, op. cit., p. 85.
41
La Convenzione chiarisce, ad ogni modo, nel preambolo, che sebbene l‟Accordo di Schengen si collochi al di fuori
della Comunità Europea, il fine perseguito dagli Stati contraenti coincide con l‟obiettivo di uno spazio interno senza
frontiere, definito dal Trattato CEE e modificato dall‟AUE.
16
protocollo n. 2 allegato al Trattato di Amsterdam, il cosiddetto acquis di Schengen, formato dalle
regole adottate sulla base dei due testi succitati e gli accordi connessi, è stato pienamente integrato
nel quadro istituzionale e giuridico dell'Unione europea ed ad oggi vi hanno aderito anche i nuovi
Stati membri
42
.
In particolare, la Convenzione di applicazione dell‟accordo di Schengen detta, al Titolo II
(deputato alla “soppressione dei controlli alle frontiere interne e circolazione delle persone”)
43
, una
serie di norme che stabiliscono le condizioni di ingresso (articolo 5), l‟istituzione del visto uniforme
per soggiorni di breve durata (articolo 10) e l‟obbligo di lasciare “senza indugio” il territorio di uno
dei Paesi dell‟area, qualora non vi siano più le condizioni di soggiorno previste (articolo 23)
44
. La
Convenzione, inoltre, istituisce, al Titolo IV, il Sistema d‟Informazione Schengen (SIS) ovvero un
archivio comune che contiene informazioni relative a persone ed oggetti che assumono importanza
per il controllo delle frontiere e per la cooperazione di polizia nel settore della criminalità (articolo
92)
45
.
La Convenzione di Schengen contiene, inoltre, disposizioni in materia d‟asilo
46
. In particolare,
sono stabiliti i criteri volti a demandare ad un solo Stato la responsabilità dell‟esame relativo alla
domanda di asilo, al fine di evitare il cosiddetto fenomeno dei “rifugiati in orbita”, situazione in cui
versano soggetti che, benché oggetto di persecuzione individuale nello Stato di origine, vengono
rinviati da uno Stato all‟altro senza che nessuno si ritenga obbligato a prendere in esame la loro
istanza di protezione
47
.
La Convenzione, pur negando al richiedente asilo il diritto di scegliere liberamente il Paese al
quale chiedere protezione
48
, cerca tuttavia di favorire la possibilità di circolazione nel territorio
comunitario per coloro che abbiano ottenuto il riconoscimento dello status rifugiato da parte di uno
Stato membro
49
.
42
S. QUADRI, op. cit., pp. 163 - 169; sul sistema di Schengen, informazioni sono reperibili nel sito ufficiale
dell‟Unione Europea, in particolare in: http://europa.eu/scadplus/glossary/schengen_agreement_it.htm.
43
Cfr. artt. 2 - 38 della Convenzione.
44
R. BONTEMPI, Gli accordi di Schengen, in B. NASCIMBENE, Da Schengen a Maastricht: apertura delle frontiere,
cooperazione giudiziaria e di polizia, Milano, Giuffré, 1995, pp. 36 – 42.
45
M.R. SAULLE (a cura di), L'Europa tra Costituzione, asilo e migrazione, Napoli, Edizioni scientifiche italiane, 2004,
pp. 105 - 106; L. S. ROSSI, La protezione dei dati personali negli Accordi di Schengen alla luce degli standards fissati
dal Consiglio d’Europa e dalla Comunità europea, in B. NASCIMBENE, Da Schengen a Maastricht: apertura delle
frontiere, cooperazione giudiziaria e di polizia,Milano, Giuffré, 1995, pp. 179 – 183.
46
Tuttavia, bisogna rilevare che non viene offerta alcuna definizione del termine rifugiato, ma ci si limita a richiamare
costantemente la Convenzione di Ginevra. Mentre sarebbe stata opportuna una revisione di questo ed altri concetti per
poter realizzare effettivamente quel ravvicinamento auspicato nel preambolo della Convenzione, laddove viene ribadita
la necessità di armonizzare le legislazioni nazionali.
47
F. GRAZIANI, op. cit., p. 231.
48
G. CORDINI, op. cit.,p. 87.
49
M.R. SAULLE (a cura di), L'Europa tra Costituzione, asilo e migrazione, cit., p. 106.
17
Nel 1990, grazie alla cooperazione politica in ambito comunitario ed ai lavori del gruppo
“Immigrazione”
50
, viene adottata la Convenzione di Dublino, relativa alla determinazione dello
Stato competente all‟esame della domanda di asilo presentata in uno degli Stati membri della
Comunità Europea
51
, che sostituisce le disposizioni della Convenzione di Schengen in merito
52
.
Ai sensi di tale Convenzione, un solo Stato risulta competente per l‟esame di una richiesta di
asilo e, in particolare, viene disposto che debba esserlo lo Stato che ha svolto il maggior ruolo in
ordine all‟ingresso di un individuo nel territorio degli Stati contraenti
53
. Risultano, pertanto,
competenti: lo Stato in cui risieda legalmente ed abbia la qualifica di rifugiato un membro della
famiglia del richiedente asilo (articolo 4); lo Stato che abbia rilasciato al richiedente asilo un titolo
di soggiorno o un visto al‟ingresso (articolo 5); lo Stato che abbia impedito l‟ingresso irregolare
dell‟individuo nel territorio (articolo 6).
L‟impossibilità per il richiedente asilo di scegliere lo Stato in cui presentare domanda viene,
tuttavia, controbilanciata dalla certezza di ottenere la presa in carico della domanda
54
.
Queste prime iniziative di cooperazione avvengono ancora al di fuori della Comunità Europea:
ciò avviene infatti con il Trattato di Maastricht e l‟istituzione dell‟Unione Europea ed in seguito
ulteriori passi avanti vengono mossi con il Trattato di Amsterdam ed il Consiglio di Tampere del
1999.
1.2 Dal Trattato di Maastricht alle Carta Europea dei diritti fondamentali.
Con il Trattato sull‟Unione Europea (TUE)
55
, firmato a Maastricht il 7 febbraio 1992 ed
entrato in vigore il 1º novembre 1993
56
, risulta chiaramente sorpassato l'obiettivo economico
originale della Comunità a vantaggio di una maggiore integrazione politica
57
.
50
Cfr. infra, pp. 15 -16.
51
Per un approfondimento, si consiglia: D. DUBOLINO, L’identificazione dello Stato competente all’esame di una
domanda di asilo: dalla Convenzione di Dublino al nuovo regolamento, in Il Diritto dell’Unione Europea, n. 4/2004,
pp. 811 - 845.
52
La sostituzione della disciplina è disposta dal protocollo del 26 aprile 1994 relativo alle conseguenze dell‟entrata in
vigore della Convenzione di Dublino al riguardo di determinate disposizioni della Convenzione di applicazione
dell‟Accordo di Schengen.
53
D. DUBOLINO, op. cit., pp. 825 - 827; F. GRAZIANI, op. cit., p. 230.
54
F. GRAZIANI, op. cit., p. 231.
55
Il TUE si articola in tre distinti gruppi di norme, che costituiscono i suoi tre pilastri: il primo è composto dalle
disposizioni modificative dei Trattati istitutivi delle tre Comunità, che prevedono dei processi decisionali di tipo
comunitario, pertanto sottoposti al controllo di legittimità della Corte di giustizia; il secondo, composto dalle
disposizioni relative alla politica estera e di sicurezza comune, e il terzo, composto dalle disposizioni relative alla
cooperazione nei settori della giustizia e degli affari interni, sono invece sottoposti ai procedimenti tipici della
concertazione diplomatico-intergovernativa, nel rispetto della regola dell‟unanimità e quindi della prevalenza del
momento particolaristico sul momento unitario della collaborazione tra gli Stati.
18
In tale Trattato, la cooperazione in materia d‟asilo viene espressamente istituzionalizzata
grazie al suo inserimento tra le attività dell‟Unione, all‟interno del Titolo VI, contenente
disposizioni relative alla cooperazione nei settori della giustizia e degli affari interni
58
.
Ai sensi dell‟articolo K.1, infatti, ai fini della realizzazione degli obiettivi dell‟Unione, fatte
salve le competenze della Comunità europea, gli Stati membri considerano questioni “di interesse
comune” la politica di asilo, le norme che disciplinano l'attraversamento delle frontiere esterne degli
Stati membri da parte delle persone e l'espletamento dei relativi controlli, la politica d'immigrazione
e la politica da seguire nei confronti dei cittadini dei Paesi terzi.
Decisamente innovativo e significativo è l‟articolo K.2, che per la prima volta in un
documento ufficiale della Comunità fa menzione alla Convenzione Europea per la salvaguardia dei
Diritti dell'Uomo e delle libertà fondamentali e alla Convenzione di Ginevra, affermando che le
iniziative dell‟UE sono tenute a conformarvisi
59
.
Inizialmente, la cooperazione viene mantenuta su un piano intergovernativo: è dunque il
Consiglio, su iniziativa degli Stati o della Commissione
60
, a decidere, generalmente all‟unanimità
61
,
in merito alla materia trattata dal Titolo.
Le attività a disposizione del Consiglio consistono nell‟elaborazione di Posizioni Comuni o
di Azioni Comuni
62
, la cui forza legale rimane piuttosto limitata
63
, e nella possibilità di proporre
agli Stati l‟adozione di Convenzioni
64
.
56
Per un approfondimento sui contenuti del Trattato, si consigliano: F. POCAR, C. SECCHI, Il trattato di Maastricht
sull'Unione Europea, Milano, Giuffré, 1992; P. DE FILIPPIS, M. DE LEO, G. DI LORENZO, Il Trattato di
Maastricht: dalla Comunità all'Unione Europea, Napoli, Danilo, 1995; C. CURTI GIALDINO, Il Trattato di
Maastricht sull'Unione Europea: genesi, struttura, contenuto, processo di ratifica, Roma, Istituto Poligrafico dello
Stato, 1993; D. SIDJANSKI, op. cit., pp. 235 - 281; P.V. DASTOLI, G. VILELLA, La nuova Europa: i difficili scenari
del dopo Maastricht, Bologna, Il Mulino, 1993, pp. 53 - 121.
57
La Comunità Economica Europea (CEE) viene ribattezzata semplicemente Comunità Europea (CE); l‟eliminazione
dell‟aggettivo “economica” enfatizza proprio la volontà di farne uno spazio di condivisione sociale e politica; si vedano,
a tal proposito, G. STROZZI, op. cit., pp. 14 - 20; A. VERRILLI, S. MINIERI, L’integrazione europea dopo
Maastricht: dal trattato sull’Unione europea al trattato di Amsterdam, Napoli, Esselibri Simone, 1998, pp. 13 - 14.
58
M.R. SAULLE (a cura di), Il Trattato di Maastricht, Napoli, Edizioni scientifiche italiane, 1995, p. 232; S. QUADRI,
op. cit., p. 158; C. CURTI GIALDINO, op. cit., pp. 296 - 303.
59
G. STROZZI, op. cit., p. 18; F. POCAR, C. SECCHI, op. cit., pp. 15 - 16.
60
Ai sensi dell‟articolo K3.2 del TUE, l‟iniziativa spetta solo agli Stati per quanto riguarda la cooperazione giudiziaria
in materia penale, la cooperazione doganale e la cooperazione di polizia ai fini della prevenzione e della lotta contro il
terrorismo, il traffico illecito di droga e altre forme gravi di criminalità internazionale.
61
Cfr. art. K4.3 del TUE; tuttavia, è prevista, ai sensi dell‟ articolo K3.2.b del TUE, la maggioranza qualificata a
discrezione del Consiglio, per quanto riguarda le misure di applicazione di un‟azione comune.
62
Cfr. art. K3.2 lettere A, B del TUE. Per un approfondimento, si veda P.V. DASTOLI, G. VILELLA, op. cit., pp. 109
- 111.
63
La ricerca e l‟adozione di posizioni e azioni comuni in proposito, difatti, resta largamente improntata ad un modello
intergovernativo.
64
Cfr. art. K3.2 lettera C del TUE.
19
Per quanto riguarda la Commissione, essa è pienamente associata ai lavori del Consiglio
65
,
può fare proposte, ma manca della sua usuale competenza in merito alla sorveglianza
sull‟implementazione delle iniziative.
Mentre desta perplessità il ruolo, assolutamente secondario, svolto dal Parlamento europeo
66
,
il quale viene solo semplicemente informato sui lavori, può esprimere opinioni, che saranno tenute
in debito conto dalla Presidenza e rivolgere al Consiglio interrogazioni o raccomandazioni
67
.
Riveste, invece, particolare interesse l‟articolo K.9 del TUE, che prevede la cosiddetta
“passerella”
68
, ossia la possibilità che il Consiglio, deliberando all'unanimità su iniziativa della
Commissione o di uno Stato membro, possa decidere di rendere applicabile l'articolo 100 C del
Trattato della CEE
ad azioni pertinenti ad alcuni settori contemplati dall'articolo K.1, incluse
dunque le politiche d‟asilo e d‟immigrazione; ciò avrebbe così consentito di trasferire tali materie
sotto il Primo Pilastro e quindi sotto la competenza della Comunità
69
.
Il passaggio nell‟ambito del Primo Pilastro viene, in effetti, effettuato attraverso il Trattato
di Amsterdam, firmato dagli Stati membri il 2 ottobre 1997 ed entrato in vigore il 1º maggio 1999,
che dispone una parziale e graduale comunitarizzazione delle politiche in materia di immigrazione e
asilo
70
. Questi settori, precedentemente regolati dalla mera cooperazione intergovernativa, vengono
sottomessi all‟azione comunitaria, fondata su disposizioni vincolanti per gli Stati membri e soggetta
alla competenza della Corte di giustizia
71
, seppur con alcune deroghe.
La politica in materia di asilo, visti e immigrazione viene disciplinata dal Titolo IV del
Trattato (articoli 61-69)
72
. All‟articolo 61, viene prevista una scadenza generale di cinque anni a
partire dall‟entrata in vigore del Trattato entro la quale il Consiglio è tenuto ad adottare misure
rilevanti nei settori dell'asilo, dell'immigrazione e della salvaguardia dei diritti dei cittadini dei Paesi
terzi, nonché misure volte ad assicurare la libera circolazione delle persone e misure di
65
Cfr. art. K4.2 del TUE.
66
S. PEERS, N. ROGERS, EU Immigration and Asylum Law: Text and Commentary, Martinus Nijhoff Publishers,
Leiden, Boston, 2006, p. 22; M.R. SAULLE (a cura di), Il Trattato di Maastricht, cit., p. 233; C. CURTI GIALDINO, Il
Trattato di Maastricht sull'Unione Europea: genesi, struttura, contenuto, processo di ratifica, cit., pp. 301 - 302.
67
Cfr. art. K6 del TUE; per un approfondimento, si veda B. M. FARINA, Le nuove competenze del Parlamento Europeo
nel Trattato di Maastricht, in M.R. SAULLE (a cura di), Il Trattato di Maastricht, Napoli, Edizioni scientifiche italiane,
1995, pp. 63 - 71.
68
C. CURTI GIALDINO, Il Trattato di Maastricht sull'Unione Europea: genesi, struttura, contenuto, processo di
ratifica, cit., p. 297; F. GRAZIANI, op. cit., p. 232; M. PASTORE, op. cit., p. 24; L. S. ROSSI, op. cit., p. 197; M.R.
SAULLE (a cura di), Il Trattato di Maastricht, cit., p. 233; G. STROZZI, op. cit., p. 18.
69
Cfr. nota 55.
70
G. FIENGO, Gli atti “atipici” della Comunità europea, Napoli, Editoriale scientifica, 2008, p. 107; G. STROZZI, op.
cit., pp. 20 – 31; S. QUADRI, op. cit., p. 163; C. BONIFAZI, S. STROZZA, Integration of migrants in Europe: data
sources and measurement in old and new receiving countries, in Studi Emigrazione, 152/2003, pp. 690 – 691.
71
F. GRAZIANI, op. cit., p. 236.
72
A. VERRILLI, S. MINIERI, op. cit., pp. 99 - 102.