3
INTRODUZIONE
La figura dell’Amicus Curiae nel diritto internazionale
rappresenta un punto tanto affascinante quanto controverso, il cui
sviluppo è avvenuto attraverso gli anni non senza scontri e battute
d’arresto.
In un contesto in cui gli effetti di una controversia
trascendono spesso la controversia stessa e i diretti contendenti, e
gli interessi coinvolti sono da valutarsi sempre di più su un piano
globale e non limitato ai confini dei singoli stati, ne discende che
estendere alla società civile la possibilità di intervenire in ambito
processuale assume un’importanza sempre maggiore, e soprattutto
che è sempre meno possibile esimersi dal far si che questa
estensione prenda naturalmente corso.
Il panorama inoltre non è più caratterizzato dalla presenza di
istituzioni internazionali formate solo da Stati, i cui governi si
trovavano impegnati a difendere i diritti dei propri cittadini, che ne
orientavano le priorità nazionali attraverso un’opera di lobby. Il
sistema infatti si è ormai chiaramente aperto alla possibilità di
consultarsi anche con attori non statuali, al fine di divenire più
trasparente e democratico grazie all’apporto che essi sono in grado
di fornire sulla base delle loro competenze e capacità.
4
La scelta del mezzo dell’amicus curiae per servire a questo
scopo è riconducibile alle sue caratteristiche di snellezza e di
flessibilità; fin dall’origine infatti la possibilità di presentare una
memoria scritta sotto forma di amicus curiae è stata vista come una
“concessione” dai collegi giudicanti, che solitamente cercarono di
evitare di dare una definizione precisa e di specificare le condizioni
per utilizzare tale meccanismo:
“Inasmuch as permission to participate as a friend of the court
has always been a matter of grace rather than right, the courts have
from the beginning avoid precise definition of the perimeters and
attendant circumstances involving possible utilization of the device.
This, of course, increases judicial discretion, while it concomitantly
maximizes the flexibility of the device. As one court opinion has quite
pointedly stated:
“If such appearance was an amicus curiae and as a matter of grace,
then that grace alone concerns us. Grace doth not abound through consent of
one’s adversary. It dropped, withal, like mercy-as the gentle and refreshing
dews of Heaven.”
1
”
2
E proprio tale mancanza di regole precise che ne regolassero
rigidamente i limiti e le modalità d’applicazione portarono l’istituto
a essere la miglior “breccia procedurale”
3
attraverso la quale i
privati potessero insinuarsi nel contenzioso internazionale.
Abbiamo già ricordato che il diritto internazionale è un diritto
originariamente interstatuale; gli attori che ne popolano la scena
sono quindi storicamente gli Stati. In pratica accettare che dei
1
Ex parte Brockman, 233 Mo. 135, 154, 134 S.W. 977, 982 (1911).
2
S. KRISLOV, The Amicus Curiae Brief: From Friendship to Advocacy, in Yale Law
Journal, 1963, PP.694-721, p. 695.
3
“L’amicus curiae est la brèche procédurale par laquelle peuvent s’enguffrer individus,
sociétés et associations lorsque la qualité de partie est rèservée aux Etats.” H.
ASCENSIO, L’amicus curiae devant les juridictions internationales, in Revue générale de
Droit International Public, 2001, p. 897-929, p. 900.
5
soggetti terzi possano intervenire nella disputa come amici
curiae significa per gli Stati perdere una parte della loro
supremazia, e accettare che, su questioni nelle quali gli stessi
possono avere degli interessi diretti, tali soggetti terzi possano,
ricorrendo a tale mezzo, influenzare il giudizio della corte in
direzioni non sempre gradite a uno o più Stati coinvolti.
Considerato quanto sopra non stupisce che tale istituto trovò
fin dalle sue prime apparizioni reazione molto diverse dai diversi
attori operanti sulla scena mondiale. Richiamando brevemente solo
quelle emerse nel WTO, in quanto ritenute particolarmente
esemplificative, troviamo da una parte quelle degli Stati Uniti, già
familiari all’istituto e convinti sostenitori dello stesso, mentre
maggiori resistenze vennero dagli altri paesi industrializzati;
apertamente ostili infine si rivelarono i Paesi in via di sviluppo.
Questi ultimi infatti temevano di risultare svantaggiati dall’uso di
un mezzo del quale risultava più facile si servissero in modo
persuasivo le ONG e le parti private delle maggiori potenze
commerciali, le quali indubbiamente godevano di mezzi e di
un’influenza sia economica che politica maggiori rispetto a quelli
dei PVS stessi.
L’obiettivo di questo elaborato è fornire una panoramica
quanto più completa sull’istituto dell’amicus curiae, in particolare
dimostrare come tale mezzo, nel corso nel tempo e attraverso le
diverse istituzioni che compongono il complesso panorama
sovranazionale, si stia sempre di più imponendo come sistema di
6
risoluzione alternativo nell’ambito delle controversie
internazionali. Si analizzeranno infine le ragioni, storiche politiche
sociali ed economiche che sono alla base del verificarsi di tale
fenomeno.
Una volta fornite le informazioni minime utili a delineare le
componenti essenziali di un quadro d’insieme piuttosto ampio,
particolare attenzione verrà riservata al caso del WTO.
Ci si concentrerà quindi sull’analisi della partecipazione della
società civile al Sistema di Risoluzione delle Controversie a cui
l’Organizzazione ha dato vita, dalla costituzione
dell’Organizzazione fino ai giorni nostri, per esaminare i
cambiamenti avvenuti, quelli che sono ad oggi in atto, e i possibili
futuri sviluppi.
La struttura attraverso la quale si è costruito l’elaborato
prevede fondamentalmente la divisione in due macro blocchi.
Il primo blocco si apre con il capitolo I, il quale si propone il
compito di introdurre la figura dell’amicus a partire dalle sue
origini storiche , che lo vedono presentarsi dapprima sulla scena di
alcuni ordinamenti interni, prevalentemente in quelli di stampo
anglosassone. Si affronterà in particolare il caso USA, sistema
interno in cui più di qualunque altro tale mezzo ha trovato sviluppo
e applicazione. Il sistema interno statunitense mostrerà inoltre
come l’istituto ha subito nel tempo una fondamentale evoluzione da
quello che originariamente era, ossia un mezzo neutrale di aiuto
alla Corte, a uno strumento con cui l’inteventor sostiene una causa
7
ben precisa: è questo il passaggio che nel testo verrà definito del
“litigating amicus curiae”. Per affrontare poi il sistema statunitense
come è attualmente strutturato, si analizzerà il ruolo che l’istituto
ha trovato sia (e soprattutto) nella Corte Suprema americana, in cui
fondamentale è il contributo della previsione di cui alla Rule 37 del
Regolamento di Procedura della Suprema Corte, sia nelle altre corti
americane.
Conclusa questa prima analisi di un sistema interno, nel
secondo capitolo ci si sposterà in campo internazionale per passare
in rassegna gli ambiti principali in cui l’amicus curiae ha ottenuto
locus standi. Occorre infatti notare come, sul piano internazionale,
gli ultimi decenni abbiano costituito un punto di svolta
fondamentale nell’uso di tale mezzo alternativo di risoluzione delle
controversie, segnando quindi il passaggio dell’amicus curiae da
figura originariamente adoperata in sistemi interni a figura nota
anche al diritto internazionale:
“Nongovernmental organizations are playing an increasingly
important role in international litigation. This study will analyze
the participation of nongovernmental organizations, primarily as
amici curiae, in the proceedings of four permanent international
courts: the International Court of Justice, the European Court of
Justice, the European Court of Human Rights and the Inter-
American Court of Human Rights.”
4
4
D. SHELTON, The Partecipation of Nongovernmental organizations in International
Judicial Proceedings, in American Journal of International Law, 1994, p. 611.
8
Il capitolo si aprirà con un’introduzione delle implicazioni
che l’istituto ha in un contesto sovranazionale, e di quale sono state
le spinte favorevoli e contrarie che hanno dominato lo scenario. Ci
si limiti qui a dire che le maggiori difficoltà in ambito
internazionale risiedono innanzitutto in problemi di mancanza di
uniformità tra le previsioni delle diverse Corti, e poi nel differente
trattamento che storicamente i tribunali internazionali hanno
riservato alle ONG rispetto agli Stati. Si parlerà inoltre dei diversi
vantaggi e svantaggi che gli amici incontrano negli interventi di
fronte a questi tipi di tribunali.
Il capitolo proseguirà poi con un’analisi specifica di Corti
che, con maggiori o minori limitazioni, ammettono l’istituto: la
Corte Internazionale di Giustizia, la Corte di Giustizia Europea, la
Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, la Corte Inter-americana dei
Diritti dell’Uomo, e, per finire, i Tribunali Penali Internazionali
dell’ex-Jugoslavia e del Rwanda.
Oltre alle Corti sopra citate, un’istituzione fondamentale
manca dall’elenco, ossia l’Organizzazione mondiale del
commercio, che costituirà il punto centrale del secondo blocco del
lavoro in oggetto.
A livello strutturale il secondo blocco si aprirà dunque con un
terzo capitolo in cui si cercherà di delineare il sistema generale di
riferimento che domina le logiche presenti nel WTO.
L’importanza strategica rivestita dal sistema degli scambi
mondiali e la crescente incidenza che il sistema multilaterale del
9
WTO va assumendo in numerosi aspetti della vita quotidiana, non
solo in riferimento al presente, ma anche in un’ottica proiettata al
futuro del pianeta, ha reso il WTO, o più precisamente i lavori del
WTO, un campo sul quale più che mai le Organizzazioni non
governative (ONG), le associazioni di operatori economici e gruppi
industriali, e, più in generale, le parti private, hanno cercato un
canale d’accesso per poter dispiegare una qualche forma
d’intervento e non rimanere tagliate fuori da definizioni di politiche
che vanno a incidere su interessi ed equilibri mondiali.
Snodo nevralgico nella definizione delle politiche del WTO è
il Sistema di Risoluzione delle Controversie, chiamato a risolvere
le questioni sulle quali i membri dell’Organizzazioni non sono stati
in grado si trovare una soluzione a livello politico, e che ha inoltre
dimostrato nel tempo di non essere solo una sede atta a dirimere le
dispute, ma:
“Un foro in cui si realizza la precisazione di un corpus di
principi di diritto internazionale i quali rappresentano i punti di
riferimento delle relazioni commerciali tra Membri Omc. Il
contenzioso di Ginevra è stato definito come “the most advanced
laboratory of contemporary international law”
5
.”
6
Proprio a causa dell’importanza che tale sistema assume nel
quadro complessivo dell’Organizzazione mondiale del commercio,
il capitolo si propone di illustrare non solo le caratteristiche del
5
T. COTTIER, WTO Dispute Settlement and Multilateral Trade Negotiations: Is there a
Need for Inter-Round Negotiations, Draft Discussion Paper, Presented at the World Trade
Forum, Berne, August 2002.
6
Tutto in: E. BARONCINI, L’apertura alla società civile del sistema di risoluzione delle
controversie dell’OMC: gli Amici Curiae, in Diritto comunitario e degli scambi
internazionali, Fasc. 1/2003, PP.115-176, p.117.
10
sistema attuale, ma anche il passaggio storico che ha portato dal
vecchio sistema, quello presente nel GATT, a quello odierno del
WTO, mettendo in luce le differenze e gli sviluppi che sono emersi
dal passaggio dal primo al secondo.
Nel quarto capitolo infine, si arriverà a parlare del ruolo che
l’istituto oggetto del lavoro ha avuto, e ha, all’interno del WTO.
L’amicus curiae infatti è stato, in tale contesto, il mezzo prescelto
da coloro che normalmente non avrebbero avuto locus standi per
partecipare al contenzioso internazionale, per natura normalmente
interstatuale. L’obiettivo era far si che a prevalere fosse l’interesse
alla buona amministrazione della giustizia tramite l’apporto di
soggetti che non diventano formalmente parti, ma che dispongono
di conoscenze tecniche in grado di apportare elementi di fatto e di
diritto utili a prendere decisioni adeguate in caso di dispute vertenti
su materie complesse, come la tutela della salute, il giusto
bilanciamento tra commercio e ambiente, i diritti fondamentali e le
politiche sociali.
Questo capitolo riporta inoltre una serie di casi specifici
sollevati all’interno del Sistema di risoluzione di controversie del
WTO, casi che rappresentano degli esempi interessanti di come il
problema del ruolo dell’amicus curiae si sia presentato, e sia stato
di volta in volta affrontato dai diversi organi giudicanti. La
disciplina attuale del DSU infatti, non contiene ancora una regola
incontrovertibile che disciplini la figura dell’istituto all’interno
della normativa DSU; in particolare, il testo ambiguo dell’articolo
13 DSU ha dato vita a una serie interpretazioni opposte tra loro, a
11
seconda che provenissero da sostenitori o da detrattori dell’istituto.
Il capitolo si conclude infine con una serie di riflessioni sulle
prospettive di riforma del DSU, e in particolare in merito
all’intervento degli amici. Nonostante i numerosi round negoziali
emergerà infatti che le difficoltà per giungere a una disciplina
comunemente accettata non sono ancora state superate. I motivi per
questo insuccesso sembrano andare al di là delle singole questioni
su cui gli Stati non riescono a trovare un accordo. Il sistema attuale
del WTO rappresenta infatti un ostacolo preliminare da affrontare
se si vogliono poi riformare con successo dei punti specifici.
Ciò a cui si vuole arrivare parlando delle prospettive di
riforma, così come nelle conclusioni, è la consapevolezza che un
primo passaggio, preliminare a un’efficace riforma del DSU, e
quindi anche della normativa riguardante l’intervento a titolo di
amicus curiae, è quello della riforma del WTO nel suo complesso,
in modo da chiarire punti controversi fondamentali sul ruolo e gli
obiettivi dell’Organizzazione.
Concludendo quindi si tenterà di spiegare come i fallimenti
nel processo di riforma del DSU sono stati causati dal fatto che gli
interventi finora tentati sono stati meramente tecnici, specifici su
singole questioni, mentre, l’approccio più corretto, a cui avrebbe
dovuto far pensare la profonda crisi del WTO emersa già a Seattle
nel 1999, dovrebbe orientarsi a ristabilire, come primo passaggio, i
contorni e le competenze dell’Organizzazione mondiale del
commercio nel suo complesso, che sempre meno legata a
12
problematiche meramente commerciali sta assumendo sempre di
più un ruolo orientato secondo una prospettiva di vera e propria
world governance.
13
I. L’ISTITUTO DELL’AMICUS CURIAE
Origini storiche e primi sviluppi dell’istituto amicus curiae nei
sistemi interni: il caso USA.
Amicus Curiae è un termine giuridico latino che significa
letteralmente “amico della corte”, e si riferisce a colui che senza
essere parte in causa si offre volontariamente di fornire
informazioni alla corte al fine di aiutarla a decidere sulla
controversia.
Le origini dell’istituto si possono rinvenire già nel diritto
romano, ma sono stati successivamente i sistemi di common law
7
,
con capostipite l’ordinamento inglese, e poi fondamentalmente il
grande utilizzo che ne è stato fatto nel sistema statunitense, a
consacrarne lo sviluppo e a porne le basi per una successiva
evoluzione, anche in ambito internazionale, fino a farlo arrivare ai
modi e alle forme in cui lo conosciamo e lo adoperiamo noi adesso.
7
“The amicus appears to have been originally a bystander who, without any direct interest
in the litigation, intervened on his own initiative to make a suggestion to the Court on
matters of fact and law within his own knowledge: the death of a party, manifest error,
collusion, etc.”The device was known in Roman law: one or more instances are noted in
the Year Book and in limited form is found in the French Courts.” E. Angell, The Amicus
Curiae: American Development of English Istitutions, in International & Comparative
Law Quarterly, 16, 1967, p.1017-1044.
14
Le ragioni di questo successo nel sistema di common law
sono facilmente rintracciabili nelle caratteristiche tipiche delle
procedure a cui esso dava vita. Tali procedure infatti si rivelarono
particolarmente resistenti ad accettare le ragioni poste alla base
dell’intervento di parti terze nel processo, rendendo lo stesso se non
impossibile altamente difficile; e quando si verificavano delle
eccezioni esse erano limitate a casi ben specifici e aree marginali.
8
La visione che dominava era quella del processo come
“duello”, limitato alle due parti principali, che venivano considerate
le uniche legittimate a prendervi parte, e dovevano essere tutelate
da possibili interferenze di “estranei”:
“”The fundamental principle underlying legal procedure”, a
court has observed, “is that parties to a controversy shall have the
right to litigate the same, free from interference of strangers.””
9
Considerato quindi un sistema in cui era lasciato così poco
spazio ai terzi per intervenire, e di conseguenza in cui pressante si
poneva il problema della mancanza di rappresentanza delle “third
parties” nel processo, non stupisce che lo strumento dell’amicus
curiae trovò proprio in esso un terreno fertile per imporsi e
svilupparsi e mitigare uno dei più seri e durevoli difetti dell’
”adversary proceedings”.
8
“The proposition that the common law knew no intervenors as parties-a proposition
regularly advanced by the courts-may be too sweeping; but if there were exceptions, they
were in fringe areas, paralleling equity cases, as in proceeding involving heirs.” S.
KRISLOV, The Amicus Curiae Brief: From Friendship to Advocacy, in Yale Law
Journal, 1963, PP.694-721, p. 696.
9
KRISLOV, supra nota 10, p. 696.
15
La mancanza di regole precise che ne disciplinassero l’uso,
inoltre, permise alle corti anglosassoni di sviluppare uno strumento
altamente adattabile e flessibile atto a fronteggiare i problemi tipici
di cui si accennava sopra. Le corti evitarono appositamente di
fissare contorni e circostanze d’utilizzo rigidi, sia per conservare
una maggiore discrezionalità nella possibilità di ammetterne o
meno la partecipazione, sia per permetterne la sopravvivenza in un
contesto in cui la snellezza era caratteristica necessaria per aggirare
gli ostacoli all’ingresso posti da un sistema processuale chiuso e
ostile ad ogni apertura verso la partecipazione di terzi non parti.
Si diceva che le corti evitarono di definire rigidamente lo
strumento dell’amicus curiae anche per mantenere una certa
discrezionalità nello stabilire quando e se ammetterne l’intervento;
e a tal proposito si andarono formando dei criteri di base che i
tribunali seguivano nell’esercizio di questa loro scelta.
“”No great ceremony was attendant to this, often the court
merely extended the privilege of filing a brief “by leave of the court”.
Gradually this practice came to be controlled by a set of increasingly
formal rules that were communicated more or less informally to the
regular practitioners before the court, or those who habitually handled
similar cases on another level. It was only at a much later date that
these tended to be codified.””
10
L’assunto da cui partire fu dunque quello che gli amici
potevano intervenire nel processo “by leave of the court”, ossia
previa consenso della corte. Quasi tutte le corti richiedevano che
10 KRISLOV, supra nota 10, p. 699.
16
l’amicus, qualora volesse partecipare, ne facesse previa esplicita
richiesta alla corte, mentre, qualora fosse stata la corte stessa a
ritenerne appropriato l’intervento, il filtro della richiesta preventiva
veniva meno.
Alcune corti potevano poi richiedere che la memoria
contenesse elementi di novità rispetto a quanto presentato dalle
parti, altre ammettevano gli amici allo scopo di rinforzare
argomenti che le parti avevano esposto in modo debole o poco
convincente; altre guardavano a chi chiedeva di essere ammesso
come “amico”, e basavano la loro decisione sul presumibile aiuto
che tale soggetto potesse apportare alla corte. Nei casi più
permissivi poi, la corte consentiva la presentazione di amici in ogni
caso in cui questo sembrava giustificato dalle circostanze, mentre ci
furono di contro tribunali che ammisero gli “amici” solo previo
consenso delle parti principali della causa.
Ma l’approccio più efficace in relazione alla funzione che tale
mezzo si proponeva di avere, fu quella che ne permetteva la
partecipazione alla sola condizione che la corte lo considerasse
utile alla luce del buon funzionamento della giustizia, e che
lasciava quindi piena discrezionalità ai giudici.
La funzione originaria dello strumento era sostanzialmente
quella di richiamare l’attenzione della corte su cause che
presentassero aspetti collusivi tra le parti, in cui o il procedimento
stesso era fraudolento o che mirasse a precludere illegalmente gli
interessi delle parti terze.
17
Per capire chi fosse originariamente l’amicus curiae, e quale
funzione effettivamente svolgesse, ci vengono in aiuto le
definizioni comuni, e possiamo inoltre rinvenire tali informazioni
in fonti come il Corpus Juris Secundum
11
, oppure il Dictionary of
terms and phrases used in American or English jurisprudence
curato dall’eminente avvocato e autore Benjamin Vaughan Abbott,
nel quale la definizione che viene data dell’amicus curiae è la
seguente:
(The amicus curiae is) “A friend of the court. A term applied to
a bystander, who without having an interest in the cause, of his own
knowledge makes suggestion on a point of law or of fact for the
information of the presiding judge.”
12
Il ruolo svolto dall’amicus, che poteva essere esercitato da
chiunque, e dunque non necessariamente da un avvocato, era
inizialmente quello di portare alla conoscenza della corte elementi
non noti al giudice; un aiuto che poteva consistere per esempio nel
richiamare l’attenzione su errori manifesti, o avvertire della morte
di una delle parti, o dell’esistenza di appropriati statuti da applicare
al caso concreto. Poteva inoltre fornire un’analisi dettagliata su
aspetti di legge non contenuti negli argomenti delle parti, o
concentrarsi su esposizioni di legge “scolastiche”, mettendo in luce
gli aspetti dottrinali o giurisprudenziali del caso. Poteva inoltre
11
Il Corpus Juris Secundum costituisce un’enciclopedia della legge americana arrangiata
in ordine alfabetico per argomenti legali così come sono stati sviluppati nei casi trattati a
livello statale e federale. Il titolo completo è: Corpus Juris Secundum: Complete
Restatement Of The Entire American Law As Developed By All Reported Cases (1936- )
12
Un ‘altra definizione interessante è contenuta nell’Holthouse’s Law Dictionary:”When
a judge is doubtful or mistaken in matter of law, a buystander may inform the court
thereof as amicus curiae. Counsel in court frequently act in this capacity when they
happen to be in possession of a case which the judge has not seen or does not at the
moment remember.”