5
è “ prima di tutto uno stile di pensiero, di relazione intellettuale con la
realtà, di cui si vogliono cogliere i tratti essenziali e costitutivi,
evitando giudizi e schematismi. Vorrei dire che è quasi un
atteggiamento di carità intellettuale verso l’uomo e il mondo e, per il
credente, verso Dio, principio e fine di tutte le cose. Per superare la
crisi di senso che segna una parte del pensiero moderno, ho voluto
insistere sull’apertura alla metafisica, e la fenomenologia può offrire a
tale apertura il suo contributo. La grande aspirazione di Edmund
Husserl era una fenomenologia capace di formare una comunità di
ricerca, per affrontare, con diversi approcci complementari il grande
mondo dell’uomo e della vita ”
1
.
La fenomenologia wojtyliana è interessata alla dimensione
dell’operare umano inserito nel concetto di persona. Una
fenomenologia della parola, se così si può dire, si costituisce
nell’orizzonte dell’Umanesimo di Wojtyła. L’esistenza dell’apertura
alla metafisica è riscontrabile fin dalle sue prime frequentazioni del
teatro romantico polacco. Il teatro del giovane Karol è segnato
profondamente dalla parola, dall’emozionalità, con poca gestualità
ridotta all’essenziale. Lo segnano nella sua crescita intellettuale autori
come Adam Mickiewicz, che porta con sé la positività
dell’Illuminismo e l’umiltà della fede, Cyprian Kamil Norwid per cui
si definisce un Cristo che conduce l’uomo dal regno della fatalità a
quello della libertà
2
. Ma indubbiamente nasce a Wadowice, sua città
natale, la sorgente del suo teatro. Dal 1936 è Mieczyslaw Kotlarckzyk
1
Giovanni Paolo II , Discorso alla delegazione dell’Istituto mondiale di fenomenologia di
Hanover , dal sito http:// www.vatican.va / holy_father / john _ paul _ ii /speeches / 2003 /march
/do…&IMAGE. Y=1
2
Cfr. in George Weigel , Testimone della speranza , A. Mondadori Editore Oscar saggi , Milano
2001 , p. 47.
6
a istruirlo nella recitazione o nella sceneggiatura. Si badi che il teatro
di Kotlarckzyk è un teatro della parola interiore che ( a detta di
Weigel) avrebbe reso presenti, chiamandoli a giudicare il qui e ora,
verità e valori morali universali che avrebbero offerto al mondo una
possibilità di autentica trasformazione . E’ da questo tipo di teatro che
il futuro Pontefice comincia ad esplorare il mistero stesso della
parola
3
.
La parola è qualcosa che sintetizza una capacità di trasformare il
mondo, la storia, tale da misurare, come si legge nel dramma La
Bottega dell’Orefice ( 1960 ), “ l’infinito e insegnare che ogni cosa
muta, che ogni cosa fugge, perisce ”
4
.
Terminati gli studi al liceo Marcin Wadowita nell’estate del 1938,
Karol Wojtyła si iscrive all’ Università Jaghellonica presso la facoltà
di filosofia, al corso di filologia polacca. La Jaghellonica era il cuore
della cultura cristiana e umanistica polacca, e in un lontano passato vi
aveva studiato Niccolò Copernico. I corsi termineranno per lui dopo
un anno in seguito all’invasione nazista e alla nascita di un
Governatorato che sarà poi responsabile di persecuzioni contro gli
ebrei e contro i seminaristi. Dal 1940 cominciano i primi scritti teatrali
come Giobbe e Geremia. Ma sarà l’incontro con Jan Tyranowski a
segnare d’ora in poi le tappe del suo pensiero, perché il giovane
Wojtyła leggerà le opere di San Giovanni della Croce e Santa Teresa
d’Avila.
3
Giovanni Paolo II , Dono e Mistero , Libreria Editrice Vaticana , Città del Vaticano 1996, p. 11.
4
Karol Wojtyła , La Bottega dell’Orefice, in , Id., Tutte le opere letterarie , a cura di Giovanni
Reale , con saggi di Bolesław Taborski , I ed. Bompiani , Milano 2001 , p. 785.
7
L’incontro col misticismo del gruppo guidato dal Tyranowski, il
Rosario Vivente, pone le basi della formazione spirituale di Karol. Pur
lavorando in miniera a Zakzòwek o allo stabilimento Solvay, col
Kotlarckzyk Wojtyła dà vita al Teatro Rapsodico, svolto in case
private. Nel testo Il dramma della parola e del gesto, il sacerdote
Wojtyła scrive quanto conti il rapporto fra parola e azione ( cosa
presente nei suoi testi filosofici ), con una parola umana che coglie
appieno il movimento del pensiero. L’azione teatrale vive rallentata e
l’uomo si libera dall’eccesso importuno del gesto, dall’attivismo che
soffoca l’essenza interiore e spirituale dell’uomo. E’ la parola che
impegna a pensare!
5
Il tema della parola è sempre visibile, come luogo d’incontro
primordiale del Verbo, e l’asse del Wojtyła drammaturgo, e poi
poeta, coincide perfettamente con gli assi del Wojtyła filosofo e
teologo. Bolesław Taborski
6
, osservatore acuto della produzione
letteraria del futuro Pontefice ( in procinto di approdare pienamente
alla filosofia ), indica una interessante ipotesi circa l’accordo fra il
pensiero teatrale di Wojtyła e il pensiero fenomenologico di Roman
Ingarden. Per Taborski le lezioni sull’importanza del rapporto fra
parola e recitazione del filosofo di Lvov, portarono il giovane Karol
che le frequentò, a vedere come la parola recitata presenti l’azione,
esprima la disposizione dei personaggi del dramma e i personaggi che
agiscono. Da qui Wojtyła muoverà, insieme al Teatro Rapsodico, per
comprendere la funzione espressiva della comunicazione, e in genere,
del linguaggio parlato nel teatro.
5
Cfr. Karol Wojtyła , Il dramma della parola e del gesto , in Id., Tutte le opere letterarie , cit. ,
pp. 975 – 976.
6
Cfr . Bolesław Taborski , Introduzione generale ai drammi , in Karol Wojtyła , Tutte le opere
letterarie , cit. , p. 261.
8
Ricordando l’entrata nel seminario clandestino di Cracovia
nell’autunno 1942 e il suo primo approccio alla Metafisica ( 1926 ) di
Kasimierz Weis, di ambito neoscolastico, possiamo passare alla fase
romana di Karol Wojtyła con i suoi studi presso l’Angelicum.
Ordinato sacerdote il primo novembre 1946, il 15 dello stesso mese
parte per Parigi e di qui per Roma , ospite del Collegio Belga, retto dal
poi futuro cardinale P. Maximilien de Furstenberg .
9
I dottorati su S. Giovanni della Croce e Max Scheler , Lublino e il
Concilio Vaticano II
A Roma Karol Wojtyła avrebbe ottenuto il dottorato in teologia al
Pontificio ateneo San Tommaso d’Aquino ( Angelicum ). Fu padre
Karol Kozlowski, rettore del seminario di Cracovia, a consigliargli di
andare a Roma, dove Karol rimarrà per due anni. Weigel ricorda il
clima al Collegio Belga, dove influiva moltissimo la nouvelle
théologie di Marie Dominique Chenu, Yves Congar, Jean Daniélou,
Henri de Lubac
7
.
E’ con Garrigou Lagrange, suo relatore per la tesi di dottorato, che
Wojtyła esamina la concezione della fede di San Giovanni della
Croce, che, come già accennato precedentemente, era già presente
nella formazione wojtyliana nel gruppo del Rosario Vivente. Lagrange
nutriva, da tradizionalista in teologia dogmatica, interesse per la
tradizione mistica. Sia Wojtyła che Garrigou Lagrange amano il
mistico spagnolo, ma, mentre Wojtyła vede l’insieme degli scritti del
Santo come una mappa dell’esistenza mistica, il suo docente vuole
unificare lo spagnolo con San Tommaso d’Aquino
8
. Il titolo della tesi
scritta in latino, è nell’originale Doctrina de fide apud S. Joannem a
Cruce, e la lettura del mistico spagnolo porta alla scelta del problema
della fede. A proposito dell’opera di S. Giovanni, Wojtyła scrive nel
proemio : “ A nessuno sfuggirà come i suoi scritti siano una granitica
reazione, contro le erronee tendenze a lui contemporanee, contro false
inclinazioni di pensiero e contro quelle dottrine mistiche dove l’errore
7
Cfr. in George Weigel ,Testimone della speranza , cit. , p. 104.
8
Cfr. in George Weigel , Testimone della speranza , cit. , p. 108.
10
di partenza trovava immediato riscontro nella realtà esistenziale ”
9
( nell’originale latino “ ubi error in principiis deplorandos habuit
effectus in usu ” ).
Il testo, che poi inevitabilmente si incrocia nell’itinerario intellettuale
wojtyliano con l’altro testo su Max Scheler di qualche anno più tardi,
parla di una testimonianza di vita per S. Giovanni della Croce, in cui
“ non si può ragionare sulla sola fede come virtù a sé stante separata
dalle altre; sempre si disquisisce di una fede viva, che, per caritatem
operando, unisce l’anima a Dio. ( … ) Possiamo riferirci alla sola
fede, alla sua importanza, azione e compito e scoprirne l’indole
propria. San Giovanni della Croce si occupa di un unico aspetto della
fede, quello unitivo, elaborato con grande precisione e perfezione ”
10
.
E’ come se la fede fosse il primo passo verso un vero addentrarsi nel
mistero dell’uomo, dopo vari anni nel mistero della parola.
Non ottenuto il dottorato nella capitale italiana, dato che questo era
assegnato dietro pubblicazione della tesi ( cosa che Wojtyła non
poteva permettersi ), potrà invece conseguirlo all’ Università
Jaghellonica nel dicembre del 1948. Comincia il duro lavoro pastorale
nella sua prima parrocchia a Niegowìc, e poi a Cracovia presso la
parrocchia di San Floriano. Fu poi l’arcivescovo Eugeniusz Baziak a
volere per il giovane prete un secondo dottorato che gli avrebbe
permesso di insegnare all’Università. Wojtyła lo ricorda bene
divenuto Papa, quando scrive che per volontà di Baziak, “ dovetti
9
Karol Wojtyła , La dottrina della fede in S. Giovanni della Croce , Traduzione di Massimo
Bettettini , I edizione Bompiani Milano 2003, p. 45.
10
Karol Wojtyła , La dottrina della fede in S. Giovanni della Croce , cit. , p. 61.
11
occuparmi di scienza come professore di etica alla facoltà teologica di
Cracovia e all’Università Cattolica di Lublino ”
11
.
La tesi di libera docenza sarà su Max Scheler, e “ specificamente sul
contributo che il suo sistema etico di tipo fenomenologico può dare
alla fondazione della teologia morale (…) Sulla mia precedente
formazione aristotelico – tomista ( studi al seminario clandestino di
Cracovia e all’Angelicum ) si innestava così il metodo
fenomenologico. A questo lavoro di ricerca devo molto ”
12
.
E’ il settembre 1951 quando inizia la stesura del testo su Scheler. Il
testo è letto fra gli altri dal professore della Jaghellonica Stefan
Swieżawski, lettore nella commissione che decise di chiedere
l’abilitazione di Wojtyła. Prima di essere ammesso alla facoltà,
Wojtyla tiene una conferenza dal titolo Un ’ analisi dell’atto di fede
nell’ottica della filosofia dei valori, facendo convergere Max Scheler
e San Giovanni della Croce. Ma non poteva essere docente alla facoltà
di filosofia della Jaghellonica, chiusa dalle autorità comuniste, e andò
a Lublino. Col testo su Scheler Wojtyła descrive come la realtà sia
vera misura del pensiero, così come precedentemente era la parola a
vivere nella realtà della rappresentazione, prima mentale e poi sul
palcoscenico. Il dramma dell’uomo è nel chiedersi le fondamenta della
vita morale, se può conoscere qualcosa con certezza, evitando il
pericolo solipsista, ricordando sempre l’incontro con l’altro
13
. Nasce
così una fenomenologia innovativa, che medita sostanzialmente
sull’appello husserliano “ Verso le cose stesse ”, cambiando però
11
Giovanni Paolo II , Dono e Mistero , cit. , p. 104.
12
Giovanni Paolo II , Dono e Mistero , cit. , p. 104.
13
Cfr . in George Weigel , Testimone della speranza , cit. , p. 157.
12
l’obiettivo, cioè tornando all’uomo come persona e passando non dalla
persona all’atto, ma dall’atto alla persona. Wojtyła si chiederà se
un’etica cristiana possa costruirsi sulle basi del sistema di Max
Scheler . Studiando Max Scheler si può riconoscere un’ispirazione
cristiana ed evangelica delle sue idee principali e dei suoi valori,
anche se non si può vedere nel suo sistema un tentativo riuscito di
elaborare un’etica veramente cristiana. Il problema principale è : se
Scheler “ ha costruito un sistema etico tale da poter servire
all’interpretazione di tutti i fatti e contenuti etici, esso può servire ad
elaborare i contenuti etici cristiani? ”
14
. Quello wojtyliano non è un
lavoro di confronto fra l’etica di Max Scheler e l’etica cristiana. Egli
scrive : “ Esaminando l’essenza stessa delle premesse del sistema
scheleriano a confronto con la dottrina delle fonti cristiane, possiamo
stabilire se quel sistema, che attraverso il principio della perfezione
della persona e l’idea ad esso connessa di sequela, chiaramente si
incontra con l’etica cristiana, può essere del tutto adatto alla sua
interpretazione o no ”
15
. Max Scheler segna Wojtyła perché afferma
che la perfezione di una persona sia il fine proprio dell’etica. Il
filosofo tedesco, tradotto tra l’altro interamente da Wojtyła, cerca le
vie che portano allo studio di un valore di una persona il più alto
possibile. E questo studio si basa sull’imitazione del modello
personale, della persona che Scheler definisce di alto valore ( rapporto
discepolo – modello ). Su Scheler Wojtyła nel corso degli anni
compirà numerosi studi integrativi, specie nel raffronto fra la sua etica
dei valori ed etica del dovere kantiana, o fra Scheler e San Tommaso
14
Karol Wojtyła , Valutazioni sulla possibilità di costruire l’etica cristiana sulle basi del sistema
di Max Scheler , prefazione di Pietro Palazzini , traduzione di Sandro Bucciarelli , Edizioni Logos,
Roma 1980 ( ed. or. Kul , Lublino 1959 ) , p. 58.
15
Karol Wojtyła , Valutazioni sulla possibilità … , cit. , p. 63.
13
d’Aquino. Anche se Kant e Scheler hanno presupposto come obiettivo
la dimensione di un’etica pienamente capace di descrivere il
comportamento morale dell’uomo, sia la norma kantiana che il valore
di Scheler sono rimasti sospesi nel vuoto. Entrambi a detta di Wojtyła
hanno spezzato il nesso con l’oggetto materiale dell’etica, ossia con
l’uomo stesso. Infatti l’uomo è in senso pieno ente e non solo
coscienza. Un’etica veritiera è legata a un uomo integrale, ente e
coscienza insieme. Solo un’etica che contempli tutto l’uomo può
essere radice sia della norma che dei valori
16
.
Wojtyła ottiene il suo secondo dottorato in filosofia nel 1954. La sua
carriera accademica comincia nell’ottobre 1953 con un corso di etica
sociale cattolica alla facoltà di filosofia della Jaghellonica. Dal 1955
insegna alla Cattolica di Lublino. Nella città polacca l’università era in
contrasto continuo con il regime comunista, che limitava le
pubblicazioni dei docenti, con un controllo sulle attività didattiche.
Ricorda Weigel, nella sua poderosa biografia wojtyliana, come a
Lublino i filosofi di quell’università volessero un progetto che
collegasse la metafisica ( dire le cose come sono ), l’antropologia
( natura umana ) e l’etica ( cosa si deve fare ). Il preside era Jerzy
Kalinowski ( specialista di logica e filosofia del diritto ), e i professori
fautori del progetto Stefan Swieżawski ( storico della filosofia e legato
al tomismo esistenziale di Maritain, che guida Wojtyła alla rilettura di
Tommaso d’Aquino fatta da Etienne Gilson ), Stanislaw Kaminski
( epistemologo ), p. M. Albert Krapiec ( esperto di metafisica ) e poi
don Wojtyła, specialista di etica
17
. Era un vero lavoro di squadra fra
16
Cfr. in Karol Wojtyła , Alla ricerca dei fondamenti del perfezionismo nell’etica , in , Id. , I
fondamenti dell’ordine etico , Cseo Biblioteca , Bologna 1980, pp. 47 – 48 .
17
Cfr. in George Weigel , Testimone della speranza , cit. , p. 165.
14
i docenti, che spesso discutevano del loro progetto di fare luce sulla
condizione umana.
E’ nel periodo fra gli anni 1954 – 1955 e 1961 che Wojtyła tiene dei
corsi su Atto ed esperienza morale, Bontà e Valore, Norma e
Felicità, Amore e responsabilità e Teoria e metodologia
dell’etica. Wojtyła propone una lettura assidua di Immanuel Kant,
confrontando la sua Critica della ragion pratica con l’etica
scheleriana, e poi la grande epopea della antica filosofia greca, con
Platone, Aristotele, Plotino, i grandi pensatori cristiani come
Sant’Agostino ( su cui è opportuno ricordare un ritorno decisivo nella
stesura dell’enciclica Fides et Ratio del 1998 ), San Tommaso
d’Aquino, la spiritualità di San Giovanni Maria Vianney, l’empirismo
di David Hume, l’utilitarismo di Jeremy Bentham, il personalismo di
Jacques Maritain , la fenomenologia di Victor Emil Frankl . Oltre a
essere docente, Wojtyła dirigeva un dottorato di etica filosofica dove
gli allievi potevano iniziare le loro tesi. Del 1960 ( nel 1958 è
divenuto vescovo con Pio XII ) è la pubblicazione di Amore e
responsabilità, il cui piano teoretico è dato da una fenomenologia
intersecantesi con il personalismo, alla ricerca di un senso della
sessualità umana, della forza dell’umanesimo cristiano e del dono
dell’amore. “ L’ etica non si può capire se non è capita la persona, il
suo modo di essere, di agire, i suoi diritti ”
18
.
18
Karol Wojtyła , Amore e Responsabilità. Studio di una morale sessuale , traduzione di Ambretta
Berti Milanoli , prefazione del card. Giovanni Colombo , Marietti , Torino 1969 , ( ed. or. KUL ,
Lublino 1960 ) , p. 11.