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CAPITOLO PRIMO
EVOLUZIONE NORMATIVA DELLE FORME
CONTRATTUALI E RELATIVA DISCIPLINA
PREVIDENZIALE
1. Introduzione alla disciplina organica dei contratti a norma
dell'articolo 1, comma 7, della Legge 10 dicembre 2014, n. 183
L’articolo 1, comma 7, della Legge 10 dicembre 2014, n. 183, ha delegato il
Governo ad adottare uno o più decreti legislativi, di cui uno recante un testo
semplificato delle discipline delle tipologie contrattuali e dei rapporti di lavoro,
finalizzati al raggiungimento dei seguenti scopi:
- rafforzamento delle opportunità di ingresso nel mondo del lavoro da parte
di coloro che sono in cerca di occupazione;
- riordino dei contratti di lavoro vigenti per renderli maggiormente coerenti
con le attuali esigenze del contesto occupazionale e produttivo;
- incremento dell’efficienza dell'attività ispettiva.
Si tratta, come evidente, degli stessi scopi che il nostro legislatore ha
inutilmente cercato di raggiungere negli ultimi 15 anni per mezzo di numerose
riforme che si sono succedute copiosamente, ma che hanno determinato solo una
inestricabile stratificazione di provvedimenti normativi, talvolta recanti
disposizioni normative persino contrastanti tra loro.
Ed è proprio nella consapevolezza dei problemi apportati anche dalla più
recente riforma organica del mercato del lavoro – e cioè la c.d. Riforma Fornero,
attuata dalla Legge 28 giugno 2012, n. 92 –, che il legislatore ha imposto al
Governo, come primo passo da compiere verso un profondo processo di riforma,
di individuare e analizzare “ tutte le forme contrattuali esistenti, ai fini di poterne
valutare l'effettiva coerenza con il tessuto occupazionale e con il contesto
2
produttivo nazionale e internazionale, in funzione di interventi di
semplificazione, modifica o superamento delle medesime tipologie contrattuali”
1
.
Infine, nella consapevolezza dell’attuale coesistenza di plurimi
provvedimenti normativi – talvolta contrastanti tra loro o, più semplicemente, di
difficile interpretazione – atti a disciplinare le varie tipologie contrattuali, il
nostro legislatore ha anche riconosciuto al Governo la facoltà di procedere al
riordino dell’attuale disciplina anche tramite l’“ abrogazione di tutte le
disposizioni che disciplinano le singole forme contrattuali, incompatibili […] al
fine di eliminare duplicazioni normative e difficoltà interpretative e applicative”
(lettera i).
Fatta questa doverosa precisazione, le successive linee guida previste dal
comma 7 dell’art. 1, ed in particolare le lettere b e c, evidenziano, con un intento
programmatico e un espresso invito alla coerenza con la normativa comunitaria
ed internazionale, il principale obiettivo che il nostro legislatore si è proposto di
raggiungere con tale provvedimento normativo, e cioè quello di incentivare e
promuovere forme di occupazione stabile
2
– id est, il contratto di lavoro a tempo
indeterminato – rispetto a “ forme, esasperate e talvolta improprie, di lavoro c.d.
‘flessibile’”
3
.
Tale obiettivo del legislatore, tuttavia, pur essendo stato sin da subito
definito come in aperta controtendenza rispetto alla grande trasformazione in atto
nel mercato del lavoro – che ha determinato negli ultimi anni un radicale
cambiamento delle modalità di lavoro e produzione verso un progressivo
superamento dell’idea di lavoro stabile e, per alcuni, dello stesso concetto di
lavoro subordinato come categoria giuridica di imputazione di inderogabili
1
Come imposto dall’art. 1, comma 7, lett. a).
2
Così, testualmente, anche l’ incipit del comma 118 dell’articolo unico della successiv a l.
23 dicembre 2014, n. 190, “legge di stabilità 2015”.
3
GHEIDO M.R., CASOTTI A., Disciplina organica dei contratti di lavoro, 2015, Diritto
& Pratica del Lavoro, 28/2015, p. 1725.
3
regimi di tutela previsti dalla legge e dal contratto collettivo
4
– ripropone in realtà
un concetto già consolidato nell’ambito del nostro ordinamento.
L’obiettivo di avviare un modello di sviluppo che generi opportunità di
lavoro stabile, o flessibile ma non precario, del resto, si collega anche con
l’esigenza di creare un modello di mercato del lavoro non caratterizzato da
periodi di discontinuità contributiva che finirebbero per avere rilevanti riflessi
negativi sulla posizione previdenziale dei lavoratori.
La formulazione utilizzata dall’art. 1, infatti, riecheggia quella dell’articolo
1, comma 01, del Decreto Legislativo n. 368/2001, secondo cui “ il contratto di
lavoro a tempo indeterminato costituisce la forma comune di rapporto di
lavoro”
5
.
Tale ultimo articolo, a sua volta, riprendeva la formulazione dall’articolo 1,
comma 1, della Legge n. 92/2012, che aveva qualificato il contratto di lavoro
subordinato come “ contratto dominante, quale forma comune del rapporto di
lavoro”.
In concreto, al fine di conseguire il predetto obiettivo, la delega legislativa
ha indirizzato il Governo verso l’adozione di due importanti misure finalizzate
alla promozione del contratto a tempo indeterminato quale comune forma di
lavoro rispetto alle altre tipologie contrattuali.
La prima misura è rappresentata dalla rimodulazione degli oneri diretti
(oneri contributivi) e indiretti (deducibilità ai fini Irap) per renderlo
maggiormente conveniente. In tal modo, il nostro legislatore prefigura un
intervento destinato ad incidere sugli oneri retributivi, contributivi e fiscali.
4
R. MITCHELL, Where are we Going in Labour Law? Some Thoughts on a Field of
Scholarship and Policy in Process of Change, 2010, Monash University Workplace and
Corporate Law Research Group, Working Paper, 2010, n. 16.
5
Come efficacemente evidenziato anche da GHEIDO M.R. E CASOTTI A., disciplina
organica dei contratti di lavoro, in Diritto e Pratica del Lavoro, 28/2015, p. 1725.
4
Risultano finalizzate al perseguimento dello stesso obiettivo anche le
misure di incentivazione economica successivamente previste dalla Legge 23
dicembre 2014, n. 190, meglio nota come “ Legge di Stabilità per il 2015”
6
e dal
comma 20 della Legge 23 dicembre 2014, n. 190
7
.
Per completezza, occorre segnalare che le predette misure verranno
presumibilmente confermate, seppur con alcune variazioni, anche dalla “ Legge di
Stabilità per il 2016”, attualmente in fase di approvazione
8
.
6
I commi 118-124 dell’articolo unico della predetta “ Legge di Stabilità 2015”, infatti,
hanno introdotto, come noto, uno specifico esonero dei contributi previdenziali a carico del
datore di lavoro.
A seguito dell’emanazione di tale provvedimento normativo, infatti, i datori di lavoro hanno
beneficiato di un esonero per trentasei mesi dal versamento dei complessivi contributi
previdenziali, con esclusione dei premi e contributi dovuti all'INAIL, in caso di assunzione di
lavoratori che nei sei mesi precedenti l’instaurazione del rapporto di lavoro non erano stati
occupati a tempo indeterminato presso qualsiasi datore di lavoro, purché l’assunzione stessa sia
stata effettuata nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2015 ed il 31 dicembre del medesimo
anno. Lo sgravio può ritenersi totale ma soltanto entro uno specifico massimale, fissato a 8.060
euro annui, ovviamente da riproporzionare in relazione alla durata del rapporto di lavoro
nell’arco temporale considerato.
L’esonero non spetta con riguardo ai lavoratori che nei sei mesi precedenti siano risultati
occupati a tempo indeterminato presso qualsiasi datore di lavoro e con riferimento a quelli per i
quali il beneficio sia già stato usufruito in relazione ad una precedente assunzione a tempo
indeterminato.
L’esonero non spetta inoltre ai datori di lavoro che, anche tramite società controllate o
collegate, abbiano avuto rapporti a tempo indeterminato con lo stesso lavoratore nei tre mesi
precedenti la data di entrata in vigore della legge di stabilità 2015.
Il comma 20 della stessa legge 23 dicembre 2014, n. 190, modificando l’articolo 11 del
decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, inoltre, ha previsto anche la deducibilità ai fini
Irap delle somme relative al costo complessivo per il personale dipendente anche in questo caso
a fronte della assunzione del lavoratore con contratto di lavoro subordinato a tempo
indeterminato.
7
Il predetto provvedimento normativo, modificando l’articolo 11 del decreto legislativo 15
dicembre 1997, n. 446, inoltre, ha previsto anche la deducibilità ai fini Irap delle somme relative
al costo complessivo per il personale dipendente anche in questo caso a fronte della assunzione
del lavoratore con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.
8
Per completezza, infatti, occorre segnalare che anche la futura “Legge di tabilità 2016”,
già approvata dal Governo e attualmente all’esame del Parlamento, prevede per i nuovi contratti
di lavoro a tempo indeterminato stipulati con decorrenza 1° gennaio al 31 dicembre 2016, uno
sgravio dei contributi INPS a beneficio dei datori di lavoro per ventiquattro mesi.
Si tratta tuttavia di uno sgravio che, almeno per quanto ad oggi definito, non può più essere
definito totale, stante l’incisiva riduzione del tetto massimo di esonero ammesso, che dagli
8.060 euro del 2015 passerà ai 3.250 euro.
5
Per quanto riguarda la seconda misura, invece, il legislatore ha prefigurato
l’adozione, per le nuove assunzioni, di un sistema di tutele crescenti in relaz ione
all’anzianità di servizio, da attuare mediante la revisione dei principi di ‘‘ tutela
reale’’ e ‘‘tutela obbligatoria’’ sanciti dallo tatuto dei Lavoratori – id est, la
Legge 20 maggio 1970, n. 300 – per la fase di cessazione del rapporto di lavoro.
Per mezzo della lettera d, infatti, il legislatore ha conferito al Governo
un’espressa delega finalizzata all’introduzione, nell’ambito del nostro sistema
normativo, di specifiche previsioni, per le nuove assunzioni, relative ad un
“contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti in relazione all'anzianità di
servizio, escludendo per i licenziamenti economici la possibilità della
reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro, prevedendo un indennizzo
economico certo e crescente con l'anzianità di servizio e limitando il diritto alla
reintegrazione ai licenziamenti nulli e discriminatori e a specifiche fattispecie di
licenziamento disciplinare ingiustificato, nonché prevedendo termini certi per
l'impugnazione del licenziamento”.
Tale disposizione, inizialmente interpretata da molti erroneamente come
foriera di una nuova tipologia contrattale
9
, si limita a prevedere, più
semplicemente, un incentivo normativo
10
volto ad aumentare i casi di
stipulazione del contratto a tempo indeterminato.
Sul punto, è bene notare come, di fatto, in sede attuativa, il Jobs Act sembra
delineare un mercato del lavoro strutturalmente più flessibile con il passaggio da
un regime di tutela reale ad uno di tutela indennitaria in una prospettiva di
politiche attive del lavoro.
9
In Italia, in realtà, si parla di contratto unico a tutele crescenti già da parecchi anni: per
una analisi delle diverse proposte di contratto unico cfr. BERTON F., RICHIARDI M.,
SACCHI S., Curare la precarietà: proposte per un dibattito, LABOR-URGE Policy Paper,
maggio 2009. Più recentemente, e in termini schematici, MELONI G., Il dibattito sul “contratto
unico di lavoro”, tra mito e realtà, in Boll. spec. ADAPT, 17 marzo 2014, n. 11.
10
TIRABOSCHI M., Il contratto a tutele crescenti: spazi di applicabilità in caso di
apprendistato e somministrazione di lavoro, 2015, in AA.VV. I decreti attuativi del Jobs Act:
prima lettura e interpretazioni, 2015, ADAPT Labour Studies, ebook n. 37, p. 108.
6
L’effetto conseguente potrebbe essere quello di una carriera lavorativa
caratterizzata da periodi di discontinuità contributiva che si riflette
irrimediabilmente nel “quantum” pensionistico con un incremento tendenziale
del gap previdenziale
11
.
Inoltre, al dichiarato scopo di incrementare la flessibilità per le imprese
operanti nel settore privato
12
e di ridurre il contenzioso garantendo una maggiore
certezza del diritto
13
, tale incentivo si concreta in una sostanziale monetizzazione
di tutti i licenziamenti intimati per motivazioni diverse da quelle riconducibili ad
un intento discriminatorio.
Nelle linee guida dettate dal legislatore, infatti, la reintegrazione dei
lavoratori licenziati dovrebbe essere prevista esclusivamente nelle limitate ipotesi
di licenziamento che vengono espressamente indicate:
a) discriminatorio
b) nullo
c) disciplinare ingiustificato.
Tale previsione, del resto, si colloca sulla scia già tracciata dalla Riforma
Fornero che, solo qualche anno prima, aveva già limitato il campo di
applicazione della tutela reintegratoria, rendendola applicabile solo in qualche
ristretta eccezione, fatta salva l’area riservata alla tutela contro le
discriminazioni.
11
A tal riguardo, si segnala come l’ultima Relazione annuale dell’Inps ha rimarcato come 5 anni di
disoccupazione nei primi 10 anni del percorso lavorativo possono comportare due anni di lavoro in più a
fine carriera per recuperare lo stesso tasso di trasformazione associato ad una vita lavorativa continua e
regolare fin dall’inizio.
12
La normativa prevista nella legge 183/2014, infatti, è stata scritta per aumentare la
convenienza ad assumere nel settore privato.
13
Tra i più attenti, che hanno sin da subito evidenziato come “il co ntratto a tutele
crescenti non è un nuovo tipo contrattuale”, v. M. MAGNANI, Il formante contrattuale: dal
riordino dei “tipi” al contratto a tutele crescenti (ovvero del tentativo di ridare rinnovata
centralità al lavoro subordinato a tempo indeterminato), in M. RUSCIANO, L. ZOPPOLI (a
cura di), Jobs Act e contratti di lavoro dopo la legge delega 10 dicembre 2014 n. 183, WP
C. .D.L.E. “Massimo D’Antona” – Collective Volumes, 2014, n. 3, pp. 20-21.
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Gli ulteriori percorsi delineati dal legislatore ai fini di una riforma organica
della disciplina del lavoro riguardano:
- il rafforzamento degli strumenti atti a favorire l’alternanza scuola -lavoro
(quali il ricorso a stage, tirocini di orientamento o formativi etc.);
- il riesame della procedure di demansionamento attuate nell’ambito dei
processi di riorganizzazione ristrutturazione o conversione aziendale,
volto ad evitare la nullità degli atti realizzati nell’esercizio dello jus
variandi
14
, analogamente a quanto già avvenuto, nel settore pubblico, ad
opera dell’art. 5, comma 1, lett. b, del D.L. 90/2014 ;
- la revisione della disciplina dei controlli a distanza sugli impianti e sugli
strumenti di lavoro, da attuarsi nel rispetto delle esigenze organizzative
del datore di lavoro e della riservatezza dei lavoratori, che tenga in
considerazione l’intervenuta e voluzione tecnologica
15
;
- l’introduzione di un compenso orario minimo per i lavoratori subordinati e
parasubordinati (contratti di collaborazione continuata e continuativa)
16
;
- l’estensione del ricorso alla tipologia di lavoro c.d. accessorio per le
attività discontinue e occasionali e la rideterminazione della quota
14
La successiva lettera e, infatti, incarica il Governo ad operare una “ revisione della
disciplina delle mansioni, in caso di processi di riorganizzazione, ristrutturazione o conversione
aziendale individuati sulla base di parametri oggettivi, contemperando l'interesse dell'impresa
all'utile impiego del personale con l'interesse del lavoratore alla tutela del posto di lavoro,
della professionalità e delle condizioni di vita ed economiche, prevedendo limiti alla modifica
dell'inquadramento; previsione che la contrattazione collettiva, anche aziendale ovvero di
secondo livello, stipulata con le organizzazioni sindacali dei lavoratori comparativamente più
rappresentative sul piano nazionale a livello interconfederale o di categoria possa individuare
ulteriori ipotesi rispetto a quelle disposte ai sensi della presente lettera”.
15
Cfr. Art. 1, comma 7, lettera f, Legge 183/2014.
16
Viene prevista, in particolare, la possibilità di introdurre, “ eventualmente anche in via
sperimentale, del compenso orario minimo, applicabile ai rapporti aventi ad oggetto una
prestazione di lavoro subordinato, nonché, fino al loro superamento, ai rapporti di
collaborazione coordinata e continuativa, nei settori non regolati da contratti collettivi
sottoscritti dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro
comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, previa consultazione delle parti
sociali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale”, v. Art. 1, comma 7, lettera
g.
8
contributiva dei buoni lavoro utilizzati per regolare la retribuzione dei
suddetti lavoratori (sistema dei vouchers)
17
.
Inoltre, come già anticipato, poiché il dichiarato intento del legislatore è
quello di realizzare una riforma organica, la riorganizzazione delle discipline
contrattuali potrà comportare anche l’abolizione di taluni istituti previsti
dall’attuale ordinamento, qualora incompatibili con le disposizioni del testo
organico semplificato, al fine di eliminare duplicazioni normative e difficoltà
interpretative e applicative
18
.
La legge delega, infine, ha programmato una razionalizzazione dell’attività
ispettiva da attuarsi mediante l’istituzione di una agenzia unica per le ispezioni
del lavoro, in grado di integrare in un’unica struttura i servizi ispettivi del
Ministero del Lavoro, dell’INP e dell’INAIL e con funzioni da coordinare con i
servizi ispettivi delle aziende sanitarie locali e delle Agenzie Regionali per la
protezione ambientale
19
.
2. Il contratto di lavoro a tempo determinato
Il contratto di lavoro a tempo determinato dà luogo ad un rapporto di lavoro
che si caratterizza per la preventiva determinazione della sua durata,
estinguendosi automaticamente allo scadere del termine inizialmente fissato
20
.
17
Nel medesimo comma, la successiva lettera h, infatti, pur imponendo la coerenza con
quanto in precedenza disposto dalla lettera a ed il rispetto dell’articolo 70 del decreto legislativo
10 settembre 2003, n. 276, ha prefigurato la possibilità di estendere “ il ricorso a prestazioni di
lavoro accessorio per le attività lavorative discontinue e occasionali nei diversi settori
produttivi, fatta salva la piena tracciabilità dei buoni lavoro acquistati, con contestuale
rideterminazione contributiva di cui all'articolo 72, comma 4, ultimo periodo, del decreto
legislativo 10 settembre 2003, n. 276”.
18
Cfr. art. 1, comma 7, lettera i, Legge 183/2014.
19
V. art. 1, comma 7, lettera l, Legge 183/2014.
20
otto il vigore dell’art. 1628 del codice civile del 1865, in particolare, il contratto a
tempo determinato era l’unica forma di lavoro subordina to consentita, in quanto “nessuno
poteva obbligare la propria opera all’altrui servizio che a tempo o per una determinata impresa”.
La predetta formulazione è stata successivamente sovvertita dall’art. 2097 del codice civile del