“Well, which is it—Nietzsche or Schopenhauer?” he boomed again as he pushed me into a
chair, his radiantly satyric face bursting with ironic amiability. […]
I have now forgotten whether I flung out in answer a boost for the unhappy optimist of the
Superman or the happy pessimist of Frankfurt. It matters little. Huneker raced on—Chopin,
Spencer, Lafcadio Hearn, Laforgue, Wagner, George Luks, Renoir, Abraham Lincoln, Brillat-
Savarin, Whistler, Culmbacher, Philadelphia, William James’ The Thing, the Will-to-D. T.’s,
Style, Roosevelt, Dostoievsky, Philistines, Goya, Paracelsus, Harry Thaw, the Imp of the
Perverse, Cellini, Ireland—all tasselled and starred with anecdotes, witticism and Rabelaisian
vocables.
Ah! I had certainly met James Huneker—a perfect furnace of ideas and reading, a
groundling who lived on Olympus and an Olympian who could throw the dice with
groundlings; a man who could wear the mask of a fool or of Apollo; a fumiste, a living paradox,
a revolutionary conservative, an aristocratic anarchist, a patrician of the proletariat, a satyr who
never missed mass—said over the ivory keys generally. In a word, one of the most puzzling,
elusive, mystifying, satirical and sentimentally human personalities that the maw of Mother
Nature ever fetched up.
1
Abbiamo voluto citare per esteso il ricordo del primo incontro con James
Gibbons Huneker tracciato dallo scrittore e critico americano Benjamin De Casseres
(che lo conobbe bene negli anni del successo e quattro anni dopo la morte gli dedicò
un volume monografico in segno di affettuosa memoria), perché presenta
efficacemente le caratteristiche più peculiari di questo singolare individuo.
Per un lettore odierno non è facile immaginare l’enorme influenza che Huneker
ebbe nell’ambiente culturale del suo tempo: l’abitudine a una critica motivata e
documentata, attenta all’analisi del testo, consapevole dell’esegesi precedente e
solitamente opera di specialisti che si rivolgono ad altri specialisti, rende oggi
difficile comprendere l’importanza dell’affastellata, poliedrica e istintiva
produzione di un critico come Huneker, capace di affrontare le discipline più
disparate munito solo del proprio ingegno e di un’insaziabile curiosità, e di
coniugare il rispetto dei colleghi a una straordinaria popolarità presso il grande
pubblico.
Eppure questo originale approccio, sostenuto da una prodigiosa memoria e da
un intelletto fuori del comune, non solo permise a Huneker di raggiungere un
1
Benjamin De Casseres, James Gibbons Huneker, New York, Joseph Lawren, 1925, pp. 9-11.
iii
INTRODUZIONE
successo di pubblico senza precedenti negli Stati Uniti, ma gli concesse anche lampi
di intuizione troppo frequenti per essere casuali, come sottolineava H. L.
Mencken—che gli fu amico e che ne subì l’influenza per alcuni aspetti della propria
critica—nel saggio commemorativo che scrisse nel 1922:
[…] looking back over the whole of his work, one must needs be amazed by the general
soundness of his judgments. He discerned, in the main, what was good and he described it in
terms that were seldom bettered afterwards. His successive heroes, always under fire when he
first championed them, almost invariably moved to secure ground and became solid men,
challenged by no one save fools—Ibsen, Nietzsche, Brahms, Strauss, Cézanne, Stirner, Synge,
the Russian composers, the Russian novelists. He did for the Western world what Georg
Brandes was doing for the Continental Europe—sorting out the newcomers with sharp eyes,
and giving mighty lifts to those who deserved it.
2
Con la sua versatilità e l’esasperato individualismo, Huneker rappresentò
l’ingresso nel mondo della critica del modello americano dell’individuo irrequieto e
iperattivo, dalle molteplici esperienze e sfaccettature. Insofferente a ogni tipo di
schema o costrizione, guidato solo ed esclusivamente dal proprio gusto personale,
Huneker si trovò costantemente in prima linea nel proporre al pubblico americano
nuovi autori, movimenti, idee.
Anche se oggi il suo nome e il suo contributo sono quasi dimenticati, l’influenza
di Huneker sulla critica letteraria e artistica degli Stati Uniti fu notevole. Senza il
lavoro di preparazione svolto da lui e da pochi altri pionieri, le nuove generazioni
non avrebbero trovato terreno fertile in cui crescere e prosperare, come ricorda
ancora Mencken nella prefazione alla raccolta dei saggi di Huneker da lui stesso
curata nel 1929:
So passed one of the most charming fellows ever heard of, and the best critic of the American
first line. The young professors who write literary history for sophomores seldom mention him
to-day, but there was vastly more in him than in all their N. P. Willises and Charles Dudley
Warners—nay, than in all their Lowells and Howellses. Alone among the men of his generation he
knew precisely which way the literary current was running, and alone among them he kept his
bark in the middle of the stream to the end. It is not enough to say that he was the chief man in the
movement of the 90’s on this side of the ocean; he was, indeed, the only man who mattered at all, for he
was the only one who never wavered. […]
He emancipated criticism in America from its old bondage to sentimentality and stupidity,
2
H. L. Mencken, “Huneker: A Memory” in Prejudices: Third Series, 1922, ripubblicato in H. L.
Mencken, Prejudices: A Selection, a cura di James T. Farrell, New York, Vintage, s. d., pp. 132-133.
iv
INTRODUZIONE
and with it he emancipated all the arts themselves.
3
De Casseres condivide il giudizio di Mencken sull’importanza di Huneker, e nel
1925 in un capitolo della sua monografia significativamente intitolato “Our
Indebtedness”, azzarda una previsione:
If there is ever a real culture in this country its roots will run in many directions; but
historians will not dig very far before they run across the Huneker-root.
4
De Casseres non immagina certo che il nome di Huneker sarà velocemente
dimenticato dal grande pubblico e che le sue opere, salvo rare eccezioni,
diventeranno rapidamente introvabili. Eppure non ha completamente torto: nel
corso dei decenni, infatti, la figura di Huneker riaffiora negli studi più attenti sulla
storia della critica americana dell’inizio del ventesimo secolo.
Già nel 1930 Lewis Pattee lo ricorda come “the most erudite critic that America
has yet produced”
5
; l’anno successivo, George E. De Mille riserva a Huneker un
intero capitolo del suo Literary Criticism in America
6
, e giustifica così la propria
scelta:
There are moods in which one is disposed to call Huneker the greatest of American critics.
This is probably excessive. At any rate, he stands, with Lowell and Poe and James, in the very
front rank of American criticism.
7
Nel 1932 è la volta di Ludwig Lewisohn, che in Expression in America afferma che
la cultura americana moderna nel suo complesso sarebbe “scarcely thinkable”
8
senza gli sforzi di Huneker.
Nel 1948 Harry Levin dedica un capitolo della Literary History of the United States,
3
H. L. Mencken, “Introduction” a James Gibbons Huneker, Essays by James Huneker, a cura di H.
L. Mencken, New York, Scribner, 1929, pp. x-xiii. I corsivi sono nostri.
4
De Casseres, op. cit., pp. 15-17.
5
Fred Lewis Pattee, The New American Literature 1890-1930 [1930], New York, Cooper Square,
1968, p. 437.
6
Gli altri capitoli sono dedicati a The North American Review, James Russell Lowell, Edgar Allan
Poe, Ralph Waldo Emerson e Margaret Fuller, Edmund Clarence Stedman, Henry James, William Dean
Howells, e Stuart P. Sherman.
7
George E. De Mille, “Huneker” in Literary Criticism in America: A Preliminary Survey, New
York, Lincoln Mac Veagh - The Dial Press, 1931, p. 242-243.
8
Ludwig Lewisohn, Expression in America, New York, Harper, 1932, p. 354.
v
INTRODUZIONE
intitolato “The Discovery of Bohemia”, a un ristretto gruppo di critici che si era
prodigato per far conoscere in America le forme e i contenuti della cultura europea,
e attribuisce proprio a Huneker uno dei ruoli principali in questa opera di
divulgazione:
Iconoclasts: A Book of Dramatists (1905) and Egoists: A Book of Supermen (1909) were pioneering
achievements which did much to direct the swirling currents of European modernism toward
these shores.
9
In seguito il nome di Huneker viene citato più di rado, ma possiamo ricordare
almeno Edmund Wilson—che può essere considerato l’equivalente di Huneker, un
grande divulgatore, per la generazione successiva—il quale nel 1952, in alcune righe
di The Shores of Light, afferma: “In my youth, we used to read James Huneker, who
chaotic and careless though he was, made you ravenous to devour his favorite
writers”
10
.
Nel 1963 viene pubblicata la biografia scritta da Arnold T. Schwab, che avremo
occasione di citare spesso e che è a tutt’oggi l’unico volume monografico dedicato al
critico americano.
In Italia Giacomo Prampolini cita nella sua Storia universale della letteratura “i
metodi impressionistici di James Huneker (1860-1921), introduttore di Ibsen,
Nietzsche, Anatole France”
11
soprattutto per ricordare che, al pari dei tentativi di
Joel Elias Spingarn di divulgare in America l’estetica di Croce, questi metodi non
ebbero fortuna. La citazione è degna di nota perché Prampolini fa riferimento ai
principi adottati da Huneker per svolgere la propria attività di critico; la maggior
parte degli altri testi ne ricorda invece soprattutto l’attività di divulgatore, come
infatti fa anche un altro italiano, Carlo Izzo, nel capitolo dedicato alla critica della
sua storia della letteratura americana:
A James Gibbons Huneker (1860-1921) risale la responsabilità o il merito d’essersi portato
dietro da Parigi, […] e aver fatto conoscere in America, con un fervore che sapeva di
9
Harry Levin, “The Discovery of Bohemia” in Robert E. Spiller et al., a cura di, Literary History
of the United States, II [1948], New York, Macmillan, 1963, p. 1076.
10
Edmund Wilson, The Shores of Light:A Literary Chronicle of the Twenties and Thirties [1952], New
York, Vintage, 1961, p. 713.
11
Giacomo Prampolini, Storia universale della letteratura, VI, Torino, UTET, 1961
3
, p. 972.
vi
INTRODUZIONE
accanimento, le nuove tendenze artistiche europee in ogni campo, dalla musica alla pittura e
alla letteratura, dall’impressionismo al simbolismo, precorrendo in tal modo, e forse in parte
promuovendo, l’espatrio di uomini come Ezra Pound e T. S. Eliot, venuti a cercare alla fonte i
nuovi filtri dei quali Huneker aveva vantato le prodigiose virtù.
12
René Wellek, invece, nella sua History of Modern Criticism 1750-1950, dopo aver
presentato la figura di Huneker nelle primissime pagine del sesto volume, ne
ricorda anche i metodi in un capitolo successivo, quando sintetizza la situazione
della critica americana prima dell’avvento del cosiddetto “New Criticism”
13
:
There was, first, a type of aesthetic impressionistic criticism, of “appreciation, ” ultimately
derived from Pater and Remy de Gourmont, prevalent in the first decade of the century. James
G. Huneker may stand here as the representative figure.
14
Ci è sembrato abbastanza sorprendente il fatto che un autore la cui opera aveva
suscitato tanto interesse non fosse oggi ricordato che come un riferimento di
passaggio in opere specialistiche, anche se per la natura stessa dei suoi scritti il
ridimensionamento della sua figura era probabilmente inevitabile, come commenta
Schwab:
To be forgotten is, I suppose, the destiny of every critic who is not also an outstanding
creative writer or an original aesthetician; no matter how much he has educated his own
generation or the next, the third one inevitably worships new gods and takes for granted the
achievements of his grandfathers. Thus Huneker, a legend in his own era, is today a name
known to relatively few, a name vaguely associated with H. L. Mencken, possibly, or Union
Square bohemianism.
15
Questo studio nasce proprio dalla curiosità di scoprire qualcosa di più su questo
personaggio e sui suoi scritti, e dal desiderio di verificare quanto in effetti sia
giustificato il drastico ridimensionamento della sua figura e dell’importanza delle
sue opere, o se, piuttosto, i suoi saggi non siano oggi meritevoli di una rilettura.
12
Carlo Izzo, La letteratura nord-americana [1967] Milano, Accademia, 1979
9
, p. 599.
13
Il termine sembra originare dal volume The New Criticism di John Crowe Ransom, del 1941,
ma Wellek fa risalire gli inizi del movimento almeno al 1923, e quindi al periodo immediatamente
successivo a quello in cui opera Huneker.
14
René Wellek, A History of Modern Criticism 1750-1950: VI, American Criticism, 1900-1950, New
Haven and London, Yale University Press, 1986, p. 145.
15
Arnold T. Schwab, James Gibbons Huneker: Critic of the Seven Arts, Stanford, Stanford
University Press, 1963, p. viii.
vii