2
Introduzione
Questa tesi descrive l‟esperienza poetica testimoniata dal primo libro edito da
Sandro Penna, Poesie
1
. Con questo lavoro si è cercato di offrire un contributo
all‟interpretazione della lirica di Sandro Penna, valutata sotto il profilo storico-critico
e sotto quello che più strettamente pertiene alla complessità delle scelte formali,
contenutistiche ed espressive, compiute dall‟Autore.
Nel primo capitolo si è tracciata la storia della ricezione della lirica di Penna,
dai primi articoli di Solmi
2
e Anceschi
3
alla vera e propria svolta rappresentata dalla
lettura compiuta da Pasolini sul “Popolo di Roma”
4
, fino alla stagione più recente
rappresentata dai contributi di Nava
5
e di Deidier
6
, individuando i giudizi che più ne
hanno accompagnato l‟accoglienza, così come i fraintendimenti che ne hanno
inficiato la corretta valutazione nell‟ambito del Novecento poetico italiano. In questo
primo capitolo, in particolare, si è cercato di individuare le differenze fra le varie
stagioni critiche relative alla scrittura lirica penniana, a partire dalla lettura in chiave
ermetica delle Poesie (alto esempio di grazia e di candore
7
espressivi, fusi in una
folgorante concisione epigrammatica), culminata nella proverbiale definizione offerta
1
S. Penna, Poesie, Firenze, Parenti, 1939.
2
S. Solmi, La poesia italiana contemporanea, in "Circoli", n.1, gennaio 1939.
3
L. Anceschi, Sensibile candore di Penna, in “Letteratura”, n. 4, a. III, ottobre 1939.
4
P.P. Pasolini, Gli appunti di Sandro Penna, in "Il Popolo di Roma", a. I, n.13, 28 settembre 1950.
5
G. Nava, La lingua di Penna, in "Paragone", n. 494, 1991.
6
R. Deidier, Le parole nascoste. Le carte ritrovate di Sandro Penna, Palermo, Sellerio, 2008.
7
Come esempio si guardi l‟articolo di Solmi apparso su “Circoli”: «Ci piace terminare con un libro
ancora fresco di stampa, le Poesie di Sandro Penna, giovane che, per quanto già noto al ristretto
pubblico delle riviste letterarie, si distingue appunto per questo inequivocabile segno della grazia
poetica. Un candore sensuale, che a torto potrebbe talora parer malizioso, ombreggiato a tratti d‟una
chiara malinconia; e limpidi paesi e leggiadre figurette campiti nel giro di componimenti il più spesso
brevissimi, con un essenzialità di segno degna dell‟Antologia. Qui lo sforzo, lo scrupolo formale – e ci
sono – riescono a farsi dimenticare nel tono naturale e sfumato d‟una voce. E non baderemo ai limiti di
quel suo trasparente e affettuoso mondo poetico: Penna rappresenta una qualità, un dono. e sembra
essere soltanto quello che è, come le cose della natura» (in Id., in La poesia italiana contemporanea, in
"Circoli", n.1, gennaio 1939).
3
da Bigongiari della poetica dell‟idillio penniano: «un fiore senza gambo visibile»
8
.
L‟etichetta di epigono dell‟ermetismo risulta accompagnare il nome di Penna
fino alla fine degli anni ‟60: ed è significativo che un poeta-critico della finezza di
Sanguineti, ancora nel 1969, definisca Sandro Penna come «il punto di più alta
coscienza espressiva» dell‟area ermetica
9
, nell‟ambito di un giudizio tutto sommato
favorevole, soprattutto se si considerano le riserve nutrite dall‟autore di Ideologia e
linguaggio nei confronti di un tipo di lirica volta a una critica della poetica
dell‟ermetismo compiuta all‟interno di un linguaggio fortemente compromesso con
tale esperienza e con i relativi presupposti simbolistici (quelli testimoniati dalla
poesia di un Pascoli e di un d‟Annunzio, in primis, di cui si rende conto nei capitoli a
seguire).
Sarà la lettura di Pasolini
10
, fortemente simpatetica e proiettiva, a gettare le basi
di un sovvertimento dei piani di lettura della poesia penniana, rapportandone
dialetticamente il candore e la grazia dell‟espressione a un trauma e a un dolore
effettivamente vissuti dall‟autore nella realtà storica, destinati a riprodursi liricamente
con ossessiva insistenza, attraverso la circolarità delle soluzioni stilistico-espressive
adottate. La realtà storica cui fa acutamente riferimento la lettura pasoliniana è quella
sociale, definita da precise e rigide interdizioni, che costringono il poeta diverso alla
sublimazione stilistica delle pulsioni omoerotiche. A partire dall‟articolo di Pasolini,
attraverso il saggio di Debenedetti (il primo a mettere in luce le differenze che
intercorrono fra Penna e il movimento ermetico), fino ai contributi di Garboli
11
e di
Giuliani
12
, prende allora le mosse un filone critico che se non cessa di valutare il
candore e la semplicità dei versi di Penna come la superficie sotto cui proliferano
lesioni e sofferenze segrete, tuttavia ha il merito di evidenziarne il carattere di una
8
P. Bigongiari, Per una sistemazione poetica, in “Paragone”, n. 10, a. I, ottobre 1950, p. 45.
9
E. Sanguineti, Introduzione, a Poesia del Novecento, Torino, Einaudi, 1969, p. XXXV.
10
P. P. Pasolini, Una strana gioia di vivere, in “Paragone” VII, n. 76, aprile 1956.
11
C. Garboli, Penna Papers, Milano, Garzanti, 1995.
12
A. Giuliani, Sandro Penna: Poesie, in “Il Verri”, II, a. 1, 1958, poi in Id., Immagini e maniere,
Milano, Feltrinelli, 1965.
4
scrittura complessa e articolata, attraversata nel profondo da traumi e da scissioni e
saldamente radicata nella realtà storica, lungi dal costituirne la semplicistica evasione
lirica. A questa fase della ricezione critica della poesia di Penna ne segue un‟altra che
prende l‟avvio negli anni ‟80, con la pubblicazione integrale dell‟opera poetica di
Penna
13
, seguita di poco dalla stampa dei diari e dei testi giovanili del poeta. Questa
iniziativa editoriale ha permesso agli studiosi di usufruire di ulteriori strumenti per
comprendere la struttura e la complessità della lirica penniana: compaiono, infatti, in
questo breve volgere di anni, i contributi di Girardi
14
e di Mariani
15
, dedicati ai testi
giovanili del poeta, e i saggi di Deidier
16
, improntati all‟analisi filologica. La critica
ha potuto, così, affrontare la poesia di Penna da un punto di vista diacronico,
evidenziandovi l‟evoluzione della scrittura e della riflessione poetica dell‟autore, così
come i rapporti intrattenuti con le opere poetiche degli autori assunti a modello.
Nell‟ambito definito da questo nuovo indirizzo di studi, le figure dell‟iterazione che
caratterizzano la scrittura lirica penniana sono state sottratte alla considerazione
psicologistica che aveva caratterizzato la precedente stagione critica e interpretate
quali manifestazioni dell‟intenzionalità soggiacente a questo tipo di scrittura.
A partire dalle ultime considerazioni offerte nel primo capitolo, nelle successive
pagine di questa tesi si è compiuta l‟analisi del linguaggio poetico delle Poesie di
Sandro Penna, condotta tanto sotto il profilo tematico-contenutistico (capitolo
secondo) quanto sotto il profilo lessicale e retorico (capitolo terzo). In particolare, si è
cercato di individuare nella scrittura lirica di Penna quei tratti formali che hanno
condotto Pasolini e la critica successiva a evidenziarne il carattere circolare. Nel
13
Sono del ‟76–‟77 gli ultimi libri di Penna, Stranezze, Milano, Garzanti, 1976 e Il Viaggiatore
insonne, con prefazione di N. Ginzburg e G. Raboni, Genova, San Marco dei Giustiniani, 1977; nel ‟77
avviene l‟uscita della raccolta di racconti, di Sandro Penna, Un po' di febbre, Milano, Garzanti, 1973;
nel 1980 sono pubblicati alcuni testi giovanili Confuso sogno, a cura di E. Pecora, Milano, Garzanti,
1980, mentre solo nel 2000 vedono la luce i diari del giovane Penna, Una felicita possibile : appunti di
diario, Genova, San Marco dei Giustiniani, 2000.
14
A. Girardi, Cinque storie stilistiche, Genova, Marietti, 1987.
15
G. Mariani, Innocenza e passione di Sandro Penna, in Id., Poesia e tecnica nella lirica del
novecento, Padova, Liviana, 1983.
16
Raccolti in R. Deidier, Le parole nascoste. Le carte ritrovate di Sandro Penna, Palermo, Sellerio,
2008.
5
secondo capitolo il problema viene affrontato da un punto di visto simbolico–
figurativo, evidenziando come dalla ripetizione di caratteristiche immagini e figure
(modulate attraverso adeguati esponenti metonimici), così come dall‟iterazione di
medesime situazioni, si produca una singolare mitologia, fondata su una strategica
combinazione di ricordi e di improvvise epifanie. In estrema sintesi, si può affermare
come nelle Poesie l‟oggetto del desiderio sia costituito dall‟archetipo del fanciullo
divino di derivazione dannunziana. Esso tende a manifestarsi nell‟ambito di ogni
rappresentazione lirica penniana, non soltanto come tale (come un fanciullo,
appunto), ma anche attraverso figurazioni socialmente connotate (come operaio,
come marinaio, per esempio). La traumaticità intrinseca a questo tipo di lirica si
manifesta, d‟altro lato, attraverso il carattere epifanico, improvviso e imprevisto, del
fanciullo entro l‟orizzonte percettivo del soggetto lirico-desiderante. La vita del
soggetto, pertanto, risulta internamente articolata in una situazione di trepida
contemplazione-attesa e nel momento della rivelazione, strategicamente rappresentato
da immagini (il vento, il trascorrere di un treno in corsa, ecc.) che interrompono la
fissità del momento contemplativo. Questa struttura tematica di base viene, da Penna,
sottoposta a continue variazioni morfologiche, attraverso l‟introduzione di motivi
(quello del sonno e del sogno, del fiume, ecc.) metonimicamente connessi al tema
dell‟evento epifanico.
Complici di tali variazioni indotte dalla continua ripresa del nucleo tematico di
base sono le figure dell‟iterazione, affrontate in termini analitici nell‟ultimo capitolo
della tesi. In particolare, si è rilevato come le figure preferenziali della scrittura lirica
penniana (l‟anafora e l‟epifora, l‟anadiplosi e l‟epanadiplosi, la geminatio), motivate
dal carattere monolinguistico di questo tipo di lirica, siano perfettamente adeguate
all‟estrinsecazione dei motivi descritti nel secondo capitolo: da quello dell‟insistente
ripresentificarsi dell‟oggetto del desiderio in forma epifanica a quello della
frustrazione del soggetto lirico-desiderante, data dall‟impossibilità di operare un
autentico contatto con il fanciullo-angelo.
6
Capitolo I
La ricezione critica della poesia di Sandro Penna
I.1 Tra Saba e Montale
La poesia di Penna non ha mai conosciuto, nemmeno nella fase iniziale,
particolari momenti di disattenzione da parte della critica. La fama del poeta, anzi, si
è accresciuta nel tempo, tanto che la sua poesia, incontrando l‟interesse e
l‟ammirazione di sempre più folte schiere di lettori, è andata progressivamente
trasformandosi da fenomeno di élite in un vero e proprio fenomeno di costume. A ben
vedere, però, gli studi dedicati alla poesia di Penna, salvo alcune eccezioni di cui si
dirà in seguito, si sono limitati, per lo più, a sondaggi di tipo superficiale, senza
approfondirne i fondamenti e i principi costruttivi: fatto che si pone in particolare
contrasto con l‟essere stato, Sandro Penna, amico e confidente dei più grandi poeti
italiani del secolo XX e oggetto dell‟attenzione dei maggiori critici del paese. Il
primo lettore della poesia di Penna, infatti, fu Umberto Saba; editor ne fu lo stesso
Eugenio Montale.
Non pare fuori luogo definire Umberto Saba come lo “scopritore” di Penna. I
due scrittori si conobbero a Roma nell‟ottobre del ‟32 tramite lo psicologo Edoardo
Weiss
1
; fu lo stesso Weiss a metterli in contatto, riconoscendo una comune passione
per la poesia. La gioia di Saba nello scoprire in Penna quel “Bino Antonione”
2
, che
tempo prima gli aveva inviato dei versi da lui giudicati «deliziosi»
3
, fece subito
interrompere la partenza per Firenze e sancì l‟inizio della loro amicizia. Il rapporto tra
1
M. David, La psicoanalisi nella cultura italiana,Torino, Boringhieri, 1970, p. 127.
2
«Non firmò la lettera con il suo vero nome, ne adoperò uno, ambiguo inventato, cui fece seguire il
cognome materno: Bino Antonione» (in E. Pecora, Una cheta follia,Milano, Frassineli, 1984, p. 103).
3
«Delle poesie che ha avuto la bontà di mandarmi, la prima (Sensazione) mi è sembrata deliziosa» (in
U. Saba, Lettere a Sandro Penna 1929 – 1940, R. Deidier (a cura di), Milano, Archinto, 1997, p. 3).
7
i due fu costante e duraturo, fraterno e sincero; Saba e Penna si scambiarono opinioni
e consigli di lettura, influenzandosi a vicenda, ma ben presto il rapporto si precisò in
quello tra maestro e discepolo, nell‟ambito del quale Saba si sforzava, con numerosi
consigli di carattere tecnico, di sostenere il talento dell‟amico
4
. Fin dalle sue prime
prove poetiche a firma “Bino Antonione”, Penna ricevette commenti lusinghieri da
parte di Saba («l‟impressione che ho riportato dai suoi componimenti è che lei ha
certamente un diritto a scrivere versi; più di così non posso dirle»
5
). Altrettanto
positivi si mantennero i giudizi di Saba nel tempo («non so che consigli darti per la
pubblicazione delle tue poesie. Io le amo così come sono; le amo, su per giù tutte; e
oggi – come nel primo giorno – mi sembrano un piccolo miracolo»
6
), spingendosi
fino a fornire una delle più suggestive definizioni mai elaborate su Penna:
l‟amabile castità di questo poeta viene dal fatto che egli ci ha dato –
senza che né lui né noi lo volessimo – i tanto attesi canti della
maternità.
7
Saba, nell‟ambito dei giudizi espressi, a più riprese, sulla poesia dell‟amico, riuscì a
isolare alcune delle componenti della scrittura poetica di Sandro Penna (“grecità”
8
,
“castità”
9
, “spontaneità”
10
, “leggerezza”
11
, “egotismo”
12
) su cui, come vedremo, si
innesteranno le prime letture critiche dell‟opera penniana.
4
I consigli riguardavano aspetti economici e pratici: «cercati – prima possibile – un‟attività pratica,
quanto più lontana dall‟arte. L‟arte ti verrà poi come reazione, all‟improvviso» o semplicemente temi
poetici e stilistici «“Appunti” mi piace molto il titolo, anche per la sua modestia. Però il titolo si adatta
più alle tue piccole cose che mi hai fatto leggere nella tua lettera, che non alle altre.» (Ivi, p. 5).
5
U. Saba, Lettere a Sandro Penna 1929 – 1940, R. Deidier (a cura di), Milano, Archinto, 1997, p. 5.
6
Ivi, p. 12.
7
U. Saba, Scorciatoie e raccontini, Milano, Mondadori, 1946, poi in Id., Prose, L. Saba (cura di),
Milano, Mondadori, 1964, p. 45.
8
«solamente un greco (Archiloco) avrebbe potuto rendere una sensazione simile con tanta ingenuità,
sapienza e freschezza, da farne una poesia indimenticabile» (in U. Saba, Lettere a Sandro Penna 1929
– 1940, Op. cit., p. 10).
9
«le tue poesie sono così caste» (in Ivi, p. 5).
10
«Le tue poesie hanno il profumo della spontaneità» (in Ivi., p.5).
11
«sai scrivere delle poesie così meravigliosamente leggere» (in Ivi, p. 17).
12
«Tu sei la compagnia più cara di questo mondo, ma solo fino a quando si può occuparsi
esclusivamente di te. È la tua grazia questa è la tua malattia, e non c‟è nulla da fare.» (in Ivi, p. 28).
8
Se l‟amicizia con Saba fu costante e duratura, il rapporto con Montale fu acceso
e appassionato, ma si dissolse in breve per disinteresse dello stesso Montale
13
. Si
conobbero il 20 novembre del 1932 in casa Marangoni
14
in occasione di un soggiorno
di Penna a Firenze
15
, nello stesso giorno in cui, su “L‟Italia Letteraria”, venivano
pubblicate in prima pagina due sue poesie
16
. Montale rimase subito colpito dal
giovane poeta, come testimonia una lettera inviata ad Alberto Grande, datata 24
novembre 1932: «Ho scoperto un certo poeta Penna che mi piace e del quale ti
manderemo qualcosa. È un giovane fine che si leva dalla solita pastetta “moderna”
che va in giro»
17
. Il rapporto tra Montale e Penna fu un sodalizio profondo che
rasentò spesso i toni ironici del «discours amoureaux»
18
ma che si assestò ben presto
nella forma di quello tra editore e scrittore; non a caso Montale è il primo vero editor
di Penna, avendone curato la prima edizione di Poesie, poi fallita per paura della
censura
19
. Se, da un lato, Penna confidava a Montale paure e frustrazioni,
riservandogli attenzioni e considerazioni maggiori di quelle riservate allo stesso Saba,
dall‟altro lato Montale giungeva ad esprimersi in questo modo nei riguardi
dell‟amico: «dimenticarti? E come potrei? Io sto diventando, con gioia, infedele, ma
13
«Aveva incontrato Penna nel ‟32 e ne era stato sedotto; aveva visto in Penna quello […] che gli era
negato: i sensi, il desiderio. […] Poi erano trascorsi gli anni, il tempo necessario […] che maturasse
un'altra convinzione che i sensi sempre accesi di Penna erano una bella favola […] Penna era diventato
un pensiero noioso: noioso il suo vittimismo, il narcisismo, noiosa la depressione» (in C. Garboli,
Penna, Montale e il desiderio, Milano, Mondadori, 1996, p. 64).
14
Montale ricevette alcuni giorni prima un telegramma in cui Saba gli annunciava la scoperta di un
nuovo poeta: «Trovato turbante poeta stop Rimando arrivo di un giorno stop» (in C. Garboli, Penna
Papers, Milano, Garzanti, 1996, pp. 17 – 26).
15
E. Pecora, Sandro Penna – Appunti di Vita, Perugia, Elcta editori umbri, 1990, p. 55.
16
Le poesie sono «La vita… è ricordarsi di un risveglio» e «Sotto il cielo di aprile la mia pace» (in E.
Pecora, Una cheta follia, Milano, Frassinelli, 1984, p. 125.)
17
U. Saba, Lettere a Sandro Penna 1929 – 1940, Op. cit., p. 92.
18
R. Deidier, Postfazione in E. Montale e S. Penna, Lettere minute 1932 – 1938, Milano, Archinto,
1995, p. 93.
19
Il fallimento editoriale fu dovuto ai problemi di censura, riaffiorati energicamente dopo la guerra in
Spagna, che non consentivano la pubblicazione di versi di dichiarata natura omosessuale. Anche se
Garboli nel suo libro dedicato al rapporto tra Penna e Montale fa trapelare nel finale l‟idea che sia stato
lo stesso Montale a far fallire il progetto nel timore di veder oscurato l‟uscita dei suoi Mottetti; idea
questa caldeggiata dallo stesso Penna: «Pensò che Montale avesse abbandonato il progetto per
stampare le sue poesie per farle uscire dopo la raccolta dei Mottetti» (in C. Garboli, Op. cit., p. 66).
9
sono fedelissimo a Penna, fin che Penna lo vorrà e ne avrà piacere»
20
. È nota, del
resto, la definizione che Montale diede della poesia dell‟amico: «Amo le tue poesie
afrodisiache»
21
. L‟amicizia del futuro premio Nobel e di Umberto Saba fu individuata
dalla critica posteriore come un fattore caratterizzante della vicenda umana e poetica
di Sandro Penna, il quale viene sempre considerato come un epigono dell‟uno o
dell‟altro poeta, ovvero mettendo in evidenza aspetti similari e convergenti con le
interpretazioni riservate alla poesia del Ligure e del Triestino.
Al fine di comprendere la collocazione dell‟esordio poetico di Sandro Penna
nella storia della poesia del ‟900 alla luce della critica letteraria, riteniamo sia
fondamentale ripercorrerne le tappe che ne segnarono percorso artistico; dalle più
illuminanti letture fino ai più notevoli fraintendimenti
22
.
I.2 Il Penna delle Poesie (1939): un poeta “visivo”?
La pubblicazione, nel 1939, del primo libro di Penna, Poesie
23
, edito a Firenze
presso Parenti, segna l‟inizio “ufficiale” della critica penniana. Sergio Solmi, che
curò personalmente l‟edizione delle Poesie, ne fu anche il primo recensore, sulle
pagine di “Circoli”:
Un libro nato sotto l‟inequivocabile segno della grazia poetica. Un
candore sensuale che a torto potrebbe parer malizioso – per quanto, in
ogni senso, al di là del bene e del male – ombreggiato a tratti d‟una
chiara malinconia
24
.
20
E. Montale e S. Penna, Lettere minute 1932 – 1938, Milano, Archinto, 1995, p. 18.
21
Ivi, p. 47.
22
Dei quali il maggiore si può considerare la frase di Contini che definiva Penna: «uno scialbo
sabiano» (in R. Deidier, Penna tra Saba e Montale, Postfazione in U. Saba, Lettere Minute …, Op. cit.,
p. 98)
23
S. Penna, Poesie, Firenze, Parenti, 1939.
24
S. Solmi, La poesia italiana contemporanea, in “Circoli”, n.1, gennaio, 1939.
10
Questa prima fase della critica applicata alla poesia di Penna
25
comprende i
giudizi, generalmente positivi, di numerosi tra scrittori e critici: da Solmi a Gadda
(«Egli suol versare nelle brevi sequenze dell‟idillio o nella lucidità più nitida e più
cara dell‟epigramma il suo senso […] dell‟amore»
26
) a Lanfranco Caretti, che saluta
le Poesie come: «il libro di versi più significativo tra quanti usciti quest‟anno»
27
. I
lettori di Penna si mostrano concordi nel rilevare, della sua poesia, la purezza
linguistica, l‟ingenua immediatezza espressiva
28
, non sostenuta, al livello
contenutistico, da motivazioni di carattere filosofico o puramente riflessivo («Il suo
verso è così semplice, privo di ogni lenocinio letterato, di ogni compiacimento
strutturale, bello di una sua trasandata indolenza
29
»). Quella di Penna, ai loro occhi,
appare come un tipo di poesia che non lascia spazio alla “non poesia”, alle ragioni di
carattere critico, cui indulge vistosamente la lirica del ‟900, dai Crepuscolari a
Montale e oltre: «Il mondo poetico di Sandro Penna non si raccoglie, come avviene in
molti poeti moderni, attorno ad una metafisica meditata ma si concreta in un
effusione improvvisa
30
». A dirla con Giacinto Spagnoletti:
Le poesie di Penna partono senza una storia, affidate unicamente alla
loro immediata felicità, quando c‟è. Ereditato, da Saba, quello che
potremmo chiamare un certo gusto della prosaicità, o dell‟aneddoto,
egli non vi aggiunge, però alcunché di nuovo, non vi porta nessun
controllo dell‟anima; si che ogni episodio vale l‟altro, e serve
solamente ad incontrare la risposta, già scontata, del sentimento
amoroso.
31
25
Si possono comprendere Cusatelli presente su “Palatina”( G. Cusatelli, Tutto Penna, in “Palatina”, n.
3, a. I, luglio – settembre 1957); Cicciarella con la sua situazione di «stupore e diffidenza» (in T.
Cicciarelli, in "Il Secolo XIX", 26 luglio 1941).
26
C. E. Gadda, Il premio poesia Le Grazie, in I viaggi e la morte, Milano, Garzanti, 1958, p.247.
27
L. Caretti, Sandro Penna, in “Corriere Padano”, 18 novembre 1939.
28
De Meichelis parlerà di «spontaneità ingenua» (in E. De Michelis, Poesia 1939,in "Romana", a. III,
n. 2, dicembre 1939, poi in Id., Narratori al quadrato, Nistri-Lischi, Pisa 1962).
29
R. Roversi, Sandro Penna o della grazia poetica, in “L‟Architrave”, n. 2, a. II, novembre 1941.
30
U. Apollonio, Candido prodigio in Penna, in “Prospettive”, n. 3, a. IV, marzo 1940.
31
G. Spagnoletti, Poesia Italiana contemporanea, Milano, Spirali, 2003, p. 353.