INTRODUZIONE
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dell’Unione europea.
1
Essa oggi accoglie 27 paesi e quasi mezzo miliardo di
persone e tratta un’ampia serie di questioni che toccano da vicino la nostra vita
quotidiana. Sono infatti sempre più numerosi gli ambiti di sovranità statale e
del vivere quotidiano dei cittadini che vengono trasferiti dagli Stati all’Unione
e diventano oggetto di una gestione comune europea dando impulso alla
cooperazione tra i popoli d’Europa, promuovendo l’unità nel rispetto della
diversità e garantendo che le decisioni vengano prese il più possibile con la
condivisione dei cittadini.
Il Parlamento Europeo è l’Istituzione più rappresentativa dell’Unione
Europea, cioè l’Istituzione i cui rappresentanti dovrebbero essere il riflesso
della scelta degli elettori europei. Infatti non è sufficiente che il Parlamento
europeo sia eletto direttamente da cittadini, ma occorre che ogni elettore abbia
le stesse opportunità di scelta dei rappresentanti se si vuole eliminare il
cosiddetto deficit democratico e aumentare così la sua legittimità democratica.
L’intento di questo lavoro è quello di analizzare le questioni giuridiche
e politiche che hanno impedito, fino ad oggi, l’adozione di una Procedura
Elettorale Uniforme (PEU) per l’elezioni del Parlamento Europeo al fine di
individuare un valido sistema elettorale comune, che possa contribuire ad
aumentare la legittimità democratica di tale Istituzione. La procedura elettorale
uniforme non è un semplice problema di ingegneria costituzionale, cioè di una
tecnica giuridica che possa consentire ad un sistema elettorale di essere
applicato nei Paesi dell’Unione; esso è un problema politico, perché dal
sistema elettorale si possono desumere una serie di conseguenze implicite ed
esplicite che incidono direttamente sul sistema sociale ed economico di ciascun
Stato membro. Definire questa procedura è piuttosto difficile e complicato. Ma
possiamo dire che ad essa associamo un principio elettorale univoco che sia
adottato, cioè, in tutti i Paesi membri, anche per evitare che si verifichino
distorsioni nella rappresentanza dei diversi stati che compongono l’Unione.
Se andiamo indietro negli anni, notiamo che il significato della nozione
di procedura elettorale uniforme era già contenuta nei rispettivi Trattati
1
E’ doveroso specificare che l’Unione europea non nasce come un’organizzazione tra governi (come le Nazioni Unite)
né come una federazione di Stati (come gli Stati Uniti d’America), ma nasce come una confederazione di Stati cioè
come un organismo sui generis, in cui i suoi Paesi membri hanno creato una serie di Istituzioni comuni a cui delegano
parte della propria sovranità nazionale in modo che le decisioni su questioni specifiche di interesse comune possano
essere prese democraticamente a livello europeo.
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INTRODUZIONE
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istitutivi - paragrafo 3: art. 21 del Trattato Ceca; art. 138 del Trattato Cee e art.
108 del Trattato Euratom - in quanto era ritenuto un requisito essenziale per la
creazione di una assemblea rappresentativa dei popoli europei. Queste tre
identiche disposizioni stabilivano che “l’Assemblea elaborerà progetti intesi a
permettere l’elezione a suffragio universale diretto secondo una procedura
elettorale uniforme in tutti gli Stati membri”. Anche l’articolo 7 dell’Atto di
Bruxelles si richiamava a queste norme, ma a differenza degli articoli sopra
citati prevedeva che “fino all’entrata in vigore di una procedura elettorale
uniforme, le consultazioni elettorali comunitarie saranno disciplinate in
ciascuno Stato membro da proprie disposizione nazionali”. Con questo articolo,
nel frattempo che l’Assemblea avrebbe predisposto un sistema uniforme, i
redattori hanno liberamente voluto stabilire un periodo transitorio in cui le
elezioni si sarebbero svolte ancora coi diversi sistemi nazionali. Questo periodo
transitorio si è però protratto per quasi 30 anni ed è solo grazie a tale
disposizione che si sono potute tenere ben sei tornate elettorali per l’elezione
del Parlamento Europeo. Infatti a riprova della delicatezza del problema e,
nonostante il Trattato di Amsterdam abbia modificato l’articolo 138, paragrafo
3 del Trattato sull’Unione Europea, aggiungendo accanto alla formula
“procedura elettorale uniforme” “...o conformemente a principi comuni a tutti
gli Stati membri” (Articolo 190, paragrafo 4 del Trattato consolidato),
l’ordinamento dell’Unione Europea, non prevede tuttora un unico sistema
elettorale, ma un sistema differenziato. Le procedure elettorali sono dunque
diverse da paese a paese e, sebbene esse si fondino tutte sul sistema elettorale
proporzionale, fanno ricorso a differenti varianti (metodi categorici e metodi
ordinali, numero di circoscrizioni e soglie di sbarramento). Bisogna quindi,
cercare di omogeneizzare le diverse variabili presenti nelle procedure elettorali
nazionali, al fine di avere una procedura elettorale uniforme, così come
stabiliscono i principi ispiratori della istituzione europea.
Prima di passare a descrivere i quattro capitoli che compongono questo
lavoro di tesi, ci preme sottolineare il fondamentale orientamento multi-
disciplinare che caratterizza questa ricerca. L’utilizzo complementare della
Storia nelle sue varie forme, della Scienza Politica, del Diritto dell’Unione
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INTRODUZIONE
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Europea, della Statistica e di altri approcci risulta fondamentale per garantire
un risultato quanto più completo e, nello stesso tempo, utile ad interpretare i
fatti e a valutare anche delle possibili prospettive ed evoluzioni.
Nel primo capitolo del presente lavoro, dopo alcune considerazioni
introduttive sulla nascita dell’Unione europea e sull’evoluzione storica della
sua istituzione più rappresentativa, cioè il Parlamento europeo, esamineremo i
vari progetti elettorali, presentati negli ultimi 40 anni, tesi a introdurre un
sistema elettorale uniforme per la sua elezione: “Progetto Dehousse” (1960),
“Progetto Patijn” (1975), Atto di Bruxelles (20 settembre 1976), “Relazione
Seitlinger” (1982), “Relazione Bocklet” (1986), “Progetto De Gucht” (1993) e
“Risoluzione di Anastassopoulos” (1998).
Nel secondo capitolo saranno introdotte le funzioni dell’istituzione più
originale e rappresentativa dell’intera architettura istituzionale comunitaria e
cioè del Parlamento Europeo. Infatti, esso non è, come vorrebbero in molti, una
semplice assemblea, un foro, svuotato di poteri e quindi privo di significato,
per cui esamineremo anche il suo ruolo nell’iter legislativo, lo status degli
eurodeputati e dei gruppi politici e cercheremo di individuare il supplemento di
importanza, di poteri e di legittimazione che gli deriverebbero dall’adozione di
un sistema elettorale unificato.
Poiché non è ancora chiaro quando e come si giungerà, nonostante le
ripetute proposte presentate, alla realizzazione di una procedura elettorale
uniforme, nel terzo capitolo illustreremo, tramite un’approfondita ed accurata
ricerca, la prassi elettorale del Parlamento europeo in modo di avere un quadro
esauriente della situazione attualmente esistente. In particolare esamineremo le
procedure elettorali adottate dai singoli Stati membri, sulle cui basi si è
proceduto anche per la legislatura tuttora in corso, per l’elezione dei membri
del Parlamento Europeo. Infatti, se non risulta indifferente la diversità tra la
determinazione di una procedura elettorale uniforme ed il ricorso a procedure
elettorali diverse da Stato a Stato, non sembra privo di significato e di utilità
considerare i caratteri, le finalità sostanziali, i termini concreti delle diverse
legislazioni nazionali vigenti per l’elezioni dei Parlamenti nazionali e di quelli
posti in essere al fine di determinare l’elezione del Parlamento Europeo. In
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INTRODUZIONE
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realtà, in un caso rispetto all’altro, se emergono i caratteri distintivi dei diversi
sistemi, possono evidenziarsi altresì elementi comuni di omogeneità o gradi
persistenti di disomogeneità, e ciò proprio in rapporto al significato stesso della
rappresentanza politica ed in vista dell’obiettivo da perseguire di una possibile
ed auspicabile procedura elettorale uniforme, da applicarsi nei diversi Stati
comunitari, nella prospettiva delle ulteriori scadenze elettorali per il rinnovo
del Parlamento Europeo del 2009. Il Prof. Philippe C. Schmitter ritiene che il
Parlamento europeo abbia un problema di legittimità democratica riferendosi
soprattutto al concetto di una effettiva e valida rappresentatività; cioè, a una
reale rappresentanza politica dell’organo, la quale costituisce, la sua vocazione
istituzionale, che dovrebbe essere conforme a due fondamentali aspetti: il
primo, di avere in ciascuno Stato membro un’equa proporzione fra il numero
degli elettori e il numero dei deputati; il secondo, di raggiungere una valida
rappresentanza politica, in relazione al sistema elettorale. Tale situazione
inevitabilmente richiede dei correttivi, perché sia garantita una rappresentanza
dignitosa e pluralistica ai Paesi aderenti all’Unione.
Ma quale potrebbe essere un valido sistema elettorale uniforme? Questa
è la domanda fondamentale a cui si è inteso dare una risposta nella parte finale
del presente lavoro. Infatti nel quarto capitolo, dopo un’attenta analisi sui
risultati elettorali delle elezioni europee del 2004, indicheremo il sistema del
“Voto Singolo Trasferibile”, operante già in Irlanda e a Malta, come soluzione
al problema del sistema elettorale uniforme per l’elezione del Parlamento
europeo, in quanto esso soddisfa determinati criteri fondamentali: ricava il
massimo numero di informazioni sulle preferenze dei votanti per la procedura
del calcolo della trasformazione dei voti in seggi; riduce la palese distanza che
attualmente allontana i cittadini ad interessarsi sull’operato del Parlamento
europeo; e aumenta, sull’elettore, il livello di comprensione nella scelta di voto.
Tutti questi aspetti saranno ripresi ampiamente e approfonditi nel corso della
ricerca, tentando di analizzare i criteri e la metodologia utilizzata per definire
un sistema elettorale comune. Superati questi ostacoli, si potranno forse
raggiungere traguardi importanti quali ad esempio la realizzazione di una forte
personalità giuridica internazionale di cui l’Unione Europea è tuttora
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sprovvista. A questo punto vedremo in futuro se, dopo l’unità monetaria e
quella doganale, si giungerà effettivamente anche ad un’Unione politica
europea.
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INTRODUZIONE: L’Europa nella mitologia greca
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Il nome uscito dal mito
Tutto comincia a Creta,
un giorno di molto tempo fa, quando,
provenendo dalla terra dove il sole si leva,
una fanciulla dal nome Europa
tocca, a piedi nudi, la terra dove il sole tramonta,
disegnando con il suo primo sguardo,
i confini del continente che da lei prende nome.
La bandiera dell’Europa
II suo blu-oltremare è il colore del cielo d’Occidente.
Le sue stelle gialle a cinque punte,
che si stagliano sul fondo blu, sono dodici.
Dodici, qualunque sia il numero degli Stati
e dei popoli aderenti all’Unione.
Dodici perché dodici, multiplo del numero perfetto tre,
è il simbolo della pienezza e della perfezione.
Perché dodici sono i figli di Giacobbe,
gli apostoli di Gesù,
le tribù d’Israele.
Perché dodici sono, nell’Apocalisse di Giovanni,
le porte della Gerusalemme celeste
e le stelle della corona sul capo della donna,
descritta nel capitolo XII.
Perché dodici sono le tavole della legge romana,
i mesi dell’anno,
le ore del giorno e le ore della notte,
i segni dello zodiaco,
le fatiche di Ercole.
Perché dodici è il numero prescelto
per lo Stato ideale di Platone,
allo scopo di definire il sistema
monetario, ponderale, elettorale, assembleare.
Perché dodici sono le stelle dell'aureola della Madonna
nella vetrata dell’abside
della cattedrale di Strasburgo,
distrutta dalla guerra
e fatta sostituire dal Consiglio d’Europa
il 21 ottobre 1956.
L’euro uscito dal mito
Euro è il vento che spira da sud-est.
Un vento dai natali illustri perché generate da Eos,
personificazione dell'Aurora, e da Astro,
da cui discende pure Astrea,
figlia di Zeus e Temi che, nell’età dell’oro,
delusa dagli uomini cui cercava inutilmente di erogare giustizia,
si rifugiò in cielo per divenire la costellazione della Vergine
e la vergine delle stelle.
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CAPITOLO PRIMO: Introduzione all’Europa di oggi
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Capitolo primo
Introduzione all’Europa di oggi
Sommario: 1. Inquadramento generale della storia europea. 2. Genesi e sviluppo storico dell’Unione europea.
3. L’Unione europea prima del Trattato di Maastricht: la Comunità Economica del Carbone e dell’Acciaio. 3.1
Progetti e fallimenti di Comunità Europea di Difesa e di Comunità Politica Europea. 3.2 Nasce la Comunità
Economica Europea: i Trattati di Roma. 3.3 Progetti elaborati dal Parlamento europeo per la sua elezione a
suffragio universale diretto: le ragioni di un percorso difficile. 3.3.1 La disgiunzione tra elezione diretta e
Procedura elettorale uniforme: il Progetto Dehousse. 3.3.2 Il progetto Patijn e il conseguente Atto del 20
settembre 1976 relativo alle elezioni a suffragio universale diretto del Parlamento europeo. 3.3.3 Ultimi
preparativi per le elezioni popolari del Parlamento europeo. Il 10 giugno 1979, un punto di partenza? 3.4
L’esecuzione da parte del Parlamento europeo del mandato attribuitogli circa l’approvazione di una procedura
elettorale uniforme: la relazione Seitlinger. 3.5 La relazione dell’onorevole Reinhold Bocklet, l’Atto Unico
europeo e il progetto pragmatico di procedura elettorale uniforme elaborato dall’on. De Gucht. 3.6 Il trattato
sull’Unione europea: Maastricht 7 febbraio 1992. 4. L’Unione europea dopo il Trattato di Maastricht: il
Trattato di Amsterdam e il progetto di procedura elettorale uniforme presentata dall’on. Anastassopoulos. 4.1. Il Trattato di
Nizza e la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione. 4.2. Il Trattato che istituisce una Costituzione per
l’Europa. 4.3. Nuovi ingressi nell’Unione europea: l’Europa da 25 a 27. Considerazioni conclusive.
“Non coalizziamo Stati,
uniamo uomini”
Jean Monnet
1. Inquadramento generale della storia europea
Molti si sono esercitati nel tentativo di definire le origini storiche
dell’idea di Europa, se non proprio i suoi avvenimenti storici propriamente
detti, al punto da poter dettagliatamente indicare il luogo e la data di nascita:
notte di Natale dell’anno 800.
2
Pur utile per illuminare la conseguenzialità
cronologica della storia, questo tipo di esercizio resta comunque fine a se
stesso quando si tiene conto che il processo storico non conosce cesure,
essendo i fatti seguenti dipendenti dai precedenti e non da questi divisibili in
modo netto. Comunque sia, è proprio di questo periodo una parziale ma
significativa risposta alla domanda circa le origini di un’idea di Europa: gli
eventi del terrorismo internazionale di matrice pseudo-islamica,
3
e la
conseguente nascita di discussioni circa l’incontro-scontro delle cosiddette
2
Cfr. Valentini G., La via europea, SugarCo Edizioni, Milano 1979, p. 15. Più specificamente, sulle origini storiche
dell’idea di Europa, vedi i testi di Chabod F., Storia dell’idea d’Europa, Laterza, Bari 1964 e Croce B., Storia
d’Europa nel secolo XIX, Laterza, Bari 1932.
3
Non si ritiene infatti corretta la definizione di “matrice islamica” più volte proposta dalle fonti di informazione. Infatti
la religione islamica non propugna le azioni terroristiche odierne, come spiega Alessandro Bausani: «La guerra santa
(÷LKƗG), letteralmente «sforzo», è un fard al-NLIƗ\Dper la comunità musulmana, e diventa obbligo personale solo in
caso di aggressione. […] La guerra non fatta secondo queste modalità (p. es. per puro scopo di bottino o politico) è
considerata dai giuristi [islamici] alla pari dell’omicidio. La legge proibisce inoltre in guerra l’uccisione di donne,
fanciulli, monaci, vecchi, uomini inermi, e inoltre la distruzione di beni immobili di ogni specie.» Bausani A., voce
“Islamismo”, in «Enciclopedia UTET», Torino 2003.
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CAPITOLO PRIMO: Introduzione all’Europa di oggi
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civiltà occidentali ed islamiche, hanno portato a definizioni di “Europa” il più
possibile aderenti alle sue vere origini.
4
Da una parte ci sono gli appelli della
Chiesa cattolica al riguardo della salvaguardia delle origini cristiane della
cultura europea, dall’altra la storia coeva al diffondersi del cristianesimo;
questi sono gli assi di supporto a tali definizioni, anche se demagogia e
populismo ne sono il più delle volte la vera causa.
5
La nascita ed il diffondersi del cristianesimo coincide infatti con la
massima espansione dell’impero romano, quando cioè tutto il continente (con
esclusione dell’estremo Est e dell’attuale Unione Sovietica) ed il perimetro
orientale ed africano del Mediterraneo erano accomunati dall’unica cultura
latina. Ma l’avvento del cristianesimo come religione di Stato (IV sec.)
coincide anche con la divisione dell’impero in Orientale ed Occidentale,
formulando così due storie culturali sempre più distanti fra loro: quella
dell’Europa continentale e quella medio-orientale ed araba. Se a questo si
aggiunge la nascita ed il diffondersi della religione islamica
6
che sottrasse la
fascia Nord-africana e medio-orientale all’influenza della Chiesa cattolica e del
potere temporale degli Stati europei, ciò che avvenne in seguito nel nostro
continente fu sostanzialmente una continua lotta politico-economica ma non
culturale. Infatti la politica dei vari Stati mirava a presentarsi come migliore
rappresentante terreno del potere spirituale detenuto dalla Chiesa di Roma, fede
religiosa professata dalla pressoché totalità dei popoli europei che, sotto
quest’ottica, possiamo ben definire come un’unica popolazione.
7
Sulla scorta di invenzioni e scoperte ormai assodate nella metà del XX
sec.
8
e dopo gli eventi della II
a
guerra mondiale si ebbe l’inizio, in chiave
4
Cfr. Cuttica C., L’idea di Europa. La difficile definizione di un concetto sfuggente, in «Il Politico», n. 2, Giuffrè,
Milano 2004, pp. 375-390 e Colombo A., I volti dell’Europa. Idee, identità, unificazione, in «Il Politico», n. 2, Giuffrè,
Milano 2003, pp. 198-248.
5
Il riferimento è, soprattutto, alle dichiarazioni della Chiesa cattolica e di alcuni statisti in relazioni a fatti contingenti
come la promulgazione di leggi nazionali (v. ad es. le leggi spagnole in materia sessuale) o gli indirizzi generali
dell’UE (v.ad es. il progetto di costituzione europea); dichiarazioni di principio che in realtà non hanno un reale
riscontro nella quotidianità della popolazione europea.
6
La religione islamica è stata fondata da Maometto agli inizi del VII sec.
7
È ovvio che il riferimento è alla sola religione, che già al suo interno presenta significative varianti culturali
(ortodossi, metodisti, protestanti, ecc.); per quanto riguarda la cultura dei vari popoli europei si possono infatti
riscontrare numerose varianti, differenze, e quindi originalità di contenuti, come si ricorda in http://europa.eu.int, alla
p. “L’Unione Europea in sintesi”: «Unità nella diversità: L’Europa è un continente con molte diverse tradizioni e
lingue, ma condivide anche un patrimonio di valori comuni da salvaguardare. Essa dà impulso alla cooperazione tra i
popoli d’Europa, promuovendo l’unità nel rispetto della diversità e garantendo che le decisioni vengano prese il più
possibile a contatto con i cittadini».
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Il riferimento è soprattutto al riguardo di tutte le tecnologie e le nuove conoscenze umane usate per la diffusione delle
idee e la vendita dei prodotti.
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CAPITOLO PRIMO: Introduzione all’Europa di oggi
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sistematica, di ciò che oggi viene chiamata “globalizzazione”: la maggiore
potenza mondiale, gli Stati Uniti d’America, si concentrò nell’affermazione
della sua economia e della sua forza militare, l’Europa si diede invece alla
costruzione della sua unità politica per scongiurare il ripetersi dei conflitti al
suo interno.
9
Anche se questo processo era ormai abbondantemente iniziato già nel
1946 (come vedremo fra breve),
10
la spinta propulsiva maggiore verso la
realizzazione della nuova Europa fu il crollo dichiarato del regime sovietico
(21 XII 1991) che già nel 1989 si era manifestato in modo eclatante con
l’abbattimento del muro di Berlino. Questo significò anche l’apertura di nuovi
mercati verso l’Est europeo e da qui quindi lo spostamento del centro
dell’attenzione da un’idea di unità politica a quella di un’unità soprattutto
economica che potesse avvantaggiarsi dell’allargamento dei confini
continentali.
11
Ma il significato degli eventi del 1989 riguardò anche i rapporti fra il
vecchio continente e gli Stati Uniti d’America: la fine del comunismo decretò a
chiare lettere che la sola ed unica potenza militare sarebbe stata quella degli
USA. In merito a questo, in Europa si riprese l’idea di una forza militare unita
nel suo interno ed il più possibile libera dalle ingerenze politiche della
superpotenza americana.
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All’unione politica ed alla potenza economica si venne così ad
aggiungere la rinnovata idea di un’autosufficienza militare indipendente dalle
direttive dei pur amici ed alleati Stati Uniti d’America che furono i principali
9
Infatti «Il 9 maggio 1950, ispirandosi a un’idea di Jean Monnet, il ministro francese degli Affari esteri Robert
Schuman propose di creare la Comunità europea del carbone e dell’acciaio (CECA). Le materie prime della guerra
passavano così sotto il controllo di un’autorità comune, l’Alta Autorità, che con grande senso pratico e altissimo valore
simbolico fece del carbone e dell'acciaio strumenti di riconciliazione e di pace». Cfr. Fontane P., L’Europa in 12
lezioni, a cura della Commissione europea e realizzato in opuscolo cartaceo ed in formato elettronico presente in
http://europa.eu.int, alla p. “L’Europa in 12 lezioni”. Sull’argomento v. anche, Paolini E., Altiero Spinelli. Appunti per
una biografia, Il Mulino, Bologna 1996, p. 68.
10
Nell’immediato post 1945 esisteva un vivo dibattito su come arrivare a una entità sovranazionale. Ci sono
inizialmente due correnti principali: i federalisti, guidati da Altiero Spinelli, sostenenti un integrazione generale e
diretta (appunto federale) e gli Unionisti che invece sostenevano una forma di cooperazione più graduale tra stati
sovrani. Alla fine si affermò una terza corrente, quella funzionalista, la quale puntava per una conciliazione tra le prime
due posizioni e sosteneva una integrazione evolutiva per settori per giungere infine alla federazione. Sull’argomento v.
Mammarella G. e Cacace P., Storia e politica dell’Unione europea (1926-1997), Laterza, Roma-Bari 1998, p. 37 ss.
11
È significativo il paragrafo intitolato, appunto, “La politica cede il passo all’economia”, in Graglia P. S., L’Unione
europea, Il Mulino, Bologna 2005, pp. 23 - 30, che a proposito di quegli anni afferma: «Notevole impulso in questa
fase è venuto dal crollo del sistema comunista nel 1989 e dalla riunificazione tedesca; in un certo senso si può dire che
sia Maastricht sia il successivo trattato di Amsterdam, sono figli delle speranze e dei rivolgimenti che le trasformazioni
nell’Est europeo hanno prodotto».
12
Cfr. Graglia P.S., Ibidem, pp. 18 – 23.
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