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2.1.3 Effetti sessuali dell’ isterectomia quando eseguita per patologie benigne.
Considerando che l’isterectomia è indicata come intervento necessario per patologie
differenti, sia esse di tipo maligno, come il carcinoma, ma anche per quelle benigne come:
endometriosi, infezioni, eccessivo sanguinamento e fibromi, è necessario quindi operare una
distinzione degli effetti che possono verificarsi nei due differenti casi e discernere gli esiti positivi
da quelli negativi. Come vedremo in seguito infatti, si rilevano casi dove l’isterectomia o
l’isteroannessiectomia, possono avere un’incidenza positiva su determinati aspetti della vita della
donna. Consideriamo per esempio il caso in cui l’isterectomia sia eseguita per curare una patologia
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dai sintomi invalidanti, ma non potenzialmente letale, gli effetti psicologici e psicosessuali saranno
sicuramente negativi? La maggior parte dei disturbi ginecologici non sono una minaccia per la vita.
Essi possono comunque influenzare gravemente la qualità della vita delle donne che vi sono affette.
La maggior parte delle isterectomie sono eseguite per il trattamento di condizioni non
maligne, per migliorare la qualità della vita piuttosto che salvare la vita. Recenti ricerche mostrano
miglioramenti della qualità della vita nei primi anni dopo l'isterectomia, inoltre, è stato constatato
che questa pratica chirurgica, non è responsabile di alcun esito psicologico sfavorevole in donne
psicologicamente sane prima, e al momento della diagnosi. Qualora fosse stata presente prima
dell’intervento una psicopatologia, è possibile che si determinino effetti negativi (Rannestad, 2005).
Tutto questo può sembrare al quanto bizzarro, ma perché può accadere? La risposta è
semplice. Considerando il fatto che nella maggior parte dei casi la patologia benigna porta con sé un
quadro di sintomi fisici altamente fastidiosi e limitanti per la donna, la rimozione degli organi
sessuali rappresenta la cessazione di queste problematiche portandola così a rifiorire, godendo di
una ritrovata vitalità e salute fisica. Infatti, l’isterectomia può essere indicata anche per patologie
benigne, quindi il sollievo, fisico ed esistenziale, che la donna spesso avverte quando “esce dalla
schiavitù dei sintomi”, ha un rimbalzo positivo anche sulla sessualità. Inoltre, per molte coppie il
non avere più problemi contraccettivi dà una libertà in più. L’isterectomia può essere indicata anche
per patologie come l’endometriosi, dolore pelvico o dispareunia, ed anche in questo caso,
rappresenta per la donna, una liberazione dai sintomi fastidiosi di questa patologia portando quindi
ad un sostanziale miglioramento della qualità della vita e dell’attività sessuale (Graziottin, 2005).
Nel Maine Women’s Health Study, uno studio prospettico di coorte condotto su circa 400
donne sottoposte ad isterectomia per patologia benigna, si rileva che la sintomatologia legata alla
dispareunia, così come interesse e piacere nell’attività sessuale, sono nettamente migliorati un anno
dopo l’intervento chirurgico. Nel Maryland Women’s Health Study, gli investigatori hanno scoperto
che il funzionamento sessuale in generale dopo l’isterectomia, subisce un miglioramento, del tutto
simile a quello osservato per quanto riguarda lo stato di salute generale e la qualità della vita. La
percentuale di donne impegnate nei rapporti sessuali aumenta significativamente dal 70% prima
dell’isterectomia, a 78% e il 77% a 12 e 24 mesi dopo l'intervento. Casi di frequente dispareunia
sono diminuiti dal 19% prima dell'intervento, al 4% dopo l’isterectomia, e la probabilità di avere
orgasmi, aumentata dal 63% al 72%. Casi di bassa libido, diminuiscono significativamente, dal 10%
prima isterectomia al 6% dopo la chirurgia (Shifren e Avis, 2007). Rhodes et al. (1999), in uno
studio prospettico con un follow-up a due anni condotto su 1.000 donne, dimostravano che il
desiderio sessuale, la frequenza dei rapporti e la qualità generale dell’orgasmo risultavano
significativamente aumentate dopo l’isterectomia e per l’intero periodo di follow-up. Tale risultato,
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comprensibilmente, era negativamente ed inversamente influenzato dall’età della paziente. Altri
autori hanno anche documentato un aumento della soddisfazione sessuale post-chirurgica (Salonia
et al., 2007). In particolare, per quanto riguarda la libido, è stato segnalato un decremento della
percentuale di pazienti con scarso desiderio. Prima dell’intervento si registrò una percentuale del
10%, dopo la chirurgia invece del 6% .
Anche i risultati del contributo di Fasolino et al. (2001) mostrano, nel complesso, nelle
pazienti isterectomizzate un miglioramento dell’attività sessuale con incremento della frequenza dei
rapporti, una diminuzione del dolore da penetrazione, un miglioramento della libido e, inoltre, una
maggiore facilità a raggiungere l’orgasmo. Sembra che l’isterectomia migliori il sesso, ma si deve
fare attenzione alle condizioni fisiche che hanno portato la donna a subire tale intervento. Molto
spesso sono il dolore, le perdite ematiche, l’utero fibromatoso, quindi situazioni che condizionano
uno stato fisico già difficile da sopportare anche fuori la camera da letto. L’intervento, in questi
casi, viene visto come un atto liberatorio, l’inizio di una nuova fase di vita (Fasolino et al., 2001).
Dal momento che le diverse modalità chirurgiche possono incidere in differenti modi,
Thakar et al. (2002) hanno messo a punto uno studio in doppio cieco al fine di valutare gli effetti
della rimozione della cervice sul funzionamento sessuale. Sono state assegnate in modo casuale 279
donne con patologia benigna, a due diversi approcci d’isterectomia addominale, in un caso totale,
subtotale (sopracervicale) nell’altro. Prima dell’intervento è stato valutato il funzionamento
vescicale, intestinale e sessuale e così anche dopo 6 e 12 mesi dall'intervento chirurgico. Né le
donne, né i ricercatori erano a conoscenza del trattamento assegnato durante lo studio di 12 mesi.
Per quanto riguarda: frequenza urinaria, nicturia, incontinenza da sforzo, capacità vescicale, o
sintomi intestinali, non emergono differenze significative tra i due gruppi, uguale considerazione
vale per il funzionamento sessuale, compresa frequenza dei rapporti, desiderio, frequenza
dell'orgasmo, lubrificazione vaginale, e valutazione dei rapporti sessuali del partner. Altri esiti che
sono stati riscontrati in entrambi i gruppi sono: diminuzione significativa di sintomi di dispareunia
grave, aumento della frequenza dei rapporti, senza effetti particolari in base al tipo di intervento
chirurgico (Shifren e Avis, 2007).
Nel Maryland Women’s Healt Study, è stato anche possibile esaminare le differenze nel
funzionamento sessuale tra donne che hanno optato per il mantenimento delle ovaie rispetto coloro
che hanno scelto l’ovariectomia. L'unico dato significativo per quanto riguarda l’ovariectomia,
tenendo in considerazione l’età e il fatto di non aver esperienze orgasmiche prima dell'intervento
chirurgico, solo lo stato depressivo pre-trattamento e la rimozione delle ovaie, erano associati ad
anorgasmia post-intervento. È interessante notare che, la depressione pre-isterectomia era associata
all'esperienza di dispareunia, secchezza vaginale, basso desiderio sessuale e anorgasmia dopo
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l’intervento. Inoltre, ogni problema sessuale, sperimentato prima dell'operazione chirurgica si è
rivelato predittore, del fatto che poi venisse vissuto anche dopo l’intervento (Shifren e Avis, 2007).
In conclusione, la maggior parte degli studi hanno dimostrato un migliore funzionamento
sessuale dopo l’isterectomia quando eseguita per patologia benigna. Questi benefici sono visti se il
collo dell'utero viene rimosso o mantenuto, e anche con eventuale ovariectomia concomitante.
Diversi contributi però hanno suggerito un effetto negativo dell’asportazione dell’ovaio sulla libido
e sulla risposta orgasmica, forse a causa di un calo delle concentrazioni di androgeni circolanti nel
periodo post-operatorio (Shifren e Avis, 2007). Inoltre, la terapia ormonale standard può essere
insufficiente per riprodurre l'intero e fisiologico equilibrio di ormoni, prodotti biologicamente dalle
ovaie, tra cui il testosterone (Flory et al., 2005). Fasolino et al. (2001) mettono in luce le difficoltà
nell’avere uno studio omogeneo a causa della differente indicazione all’intervento e la conseguente
diversa influenza sull’atto sessuale. A tutto questo si aggiunge ciò che l’utero rappresenta
nell’immaginario femminile, non considerato solo un viscere pelvico, ma una culla materna che
rende donna a tutti gli effetti. Detiene un valore simbolico ed occupa un posto importante all’interno
della concezione che la donna ha di sé, oltre che uno spazio importante nel suo corpo a livello
strettamente anatomico (Fasolino et al., 2001).
2.1.4. Effetti psicologici dell'isterectomia quando eseguita per patologie maligne .
La dimensione sessuale, non è la sola ad essere colpita. Anche quella psichica infatti, può
subire importanti cambiamenti negativi determinando una diminuzione del benessere psicologico in
generale come risultato di stati ansiosi, depressivi e/o ad una compromissione dell'identità e
dell'immagine corporea. Lo stress psicologico generato da un intervento chirurgico all'utero è stato
studiato per molti anni dai ricercatori a causa del controverso rapporto esistente tra l'isterectomia e
l'alta incidenza di problemi psicologici post-operatori, in particolare la depressione (Baldaro,
Gentile, Codispoti, mazzetti, Trombini e Flamigni, 2003). L'umore depresso è da sempre
riconosciuto come il rischio psichiatrico più comune dopo l'isterectomia, ed è da sempre stato
teorizzato che questa pratica chirurgica possa determinare disturbi depressivi a causa della perdita
percepita dell’immagine di sé, della femminilità, della forza, e della stima di sé, così come i
sentimenti di mutilazione e lutto per la perdita della fertilità. In realtà, studi prospettici hanno messo
in luce che solo una minima percentuale di pazienti ha sviluppato disturbi psicologici in seguito
l'intervento chirurgico rispetto a coloro in cui il disagio preesistente era persistito o migliorato.
Questi risultati hanno portato a ripensare radicalmente al ruolo diretto dell'isterectomia nel causare
disagi psicologici post-intervento. La maggior parte delle donne che presentano sintomi nei follow-
up infatti, avevano problemi psicologici già in periodo antecedente all'operazione, di conseguenza,
l'attenzione dei ricercatori si è concentrata sullo stress pre-operatorio (Baldaro et al., 2003).
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Per esempio, Khastgir et al. (2000) hanno esaminato la letteratura pubblicata relativamente
gli esiti psicologici dell'isterectomia, al fine d'identificare: l'incidenza, le possibili cause e fattori di
rischio di morbilità psicologica, e le misure che possono essere adottate per apportare miglioramenti
a questi stati patologici. Gli autori hanno evidenziato che l'incidenza dell'umore depresso è più alta
ancor prima dell'intervento d'isterectomia nelle donne con preesistenti disturbi psichiatrici, di
personalità e problemi psicosociali, come risultato della reazione emotiva ai sintomi ginecologici o
come una manifestazione di insufficienza ovarica associata. In questo caso, l'isterectomia può non
essere di alcun beneficio per i sintomi psicologici in quanto il disagio è preesistente. Lo studio
prospettico condotto da Kjerulff et al. (2003), supporta questa conclusione rivelando che il rischio
di sequele psicologiche negative post-intervento aumenta per coloro che hanno un reddito basso o
sono in terapia per problemi emotivi, al momento dell'intervento (Baldaro et al., 2003).
Alla luce di ciò si può dire che il disagio psicologico non è sempre direttamente correlato
all’isterectomia, ma può derivare anche dalla malattia oncologica, oppure da uno stato depressivo
preesistente. Questi ultimi possono determinare infatti un’escalation di conseguenze.
Stati depressivi preesistenti si associano spesso ad una maggiore dispareunia, secchezza
vaginale, riduzione della libido ed anorgasmia (Cagnacci et al., 2009). Illuminante a questo
proposito è stato lo studio retrospettivo di Cull et al. (1993) condotto su un campione di donne con
cancro cervicale e per esso trattate con isterectomia e radioterapia, che offre una descrizione utile
dell’esito psicosessuale. Emerge che, nonostante le donne facenti parte del campione, non fossero
più inclini all’ansia rispetto a quelle della popolazione generale, hanno comunque mostrato livelli
più alti di ansia di stato. Per quanto riguarda la depressione, nello studio, il 13% del campione ha
segnalato stati depressivi abbastanza gravi. Inoltre, quasi tutte le pazienti hanno riferito ansia
persistente sulla possibile ricorrenza della malattia, e la maggior parte di esse si sono dichiarate
preoccupate per la loro salute in generale. I fattori psicologici sono stati messi in correlazione anche
coi disturbi fisici soggettivamente segnalati (Cull et al., 1993). Infatti, le donne del campione
riferivano una sintomatologia fisica a carico del sistema urinario e gastrointestinale, come un
aumento dell’urgenza e della frequenza urinaria, ed infine diarrea (in questo ultimo caso, le denunce
sono state prevalentemente dalle donne trattate con radioterapia). Altri sintomi riscontrati sono stati:
mancanza di energia e disturbi del sonno.
In uno studio retrospettivo come quello appena descritto, non è possibile determinare con
certezza, qual’ è la causa e quale l’effetto. In altre parole, non è chiaro se le donne che presentavano
effetti collaterali più persistenti vanno incontro a maggior disagio psicologico o viceversa, cioè se
all’aumentare del disagio, aumentano le denunce di disturbi fisici. È stato interessante notare che
l'ansia di tratto, che come caratteristica duratura può essere preesistente alla diagnosi di cancro, è
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altamente correlata a lamentele fisiche, rispetto coloro con ansia transitoria. L’esperienza clinica
però, sostiene un'interazione bidirezionale tra soma e psiche (Cull et al., 1993). Molto importante, è
l'effetto combinato di questi fattori sul risultato funzionale per queste donne. Il disagio psicologico
infatti si riversa nelle normali attività di tutti i giorni, limitandole fortemente. Interrompe la
quotidianità, portando ad essa modifiche importanti. Per esempio, appare preoccupante, che ben il
60% delle donne facenti parte dello studio, la cui età media era di 45 anni, non hanno ripreso tutte le
loro precedenti attività. Una piccola parte di esse, che in precedenza aveva un impiego retribuito,
avevano smesso di lavorare, altre invece hanno ridotto le ore di lavoro o la responsabilità lavorativa
dopo il trattamento (Cull et al., 1993).
Emerge chiaramente un rapporto di causa-effetto bidirezionale tra quelle che sono le
conseguenze fisiche e psicologiche; entrambe però hanno un effetto sulla qualità della vita perché
incidono altamente sulle attività della donna determinandone una forte limitazione.
2.1.5. Effetti psicologici dell’isterectomia quando eseguita per patologie benigne.
Nella maggior parte delle donne che soffrono di disturbi ginecologici non maligni, la qualità
della vita risulta migliorata dopo l'isterectomia; tendenzialmente in un paio di mesi possono tornare
ad una, cosiddetta “vita normale”.
Relativamente allo stato psicologico di donne trattate con isterectomia per patologie
benigne, i risultati che arrivano dal contributo di Giochin e Volta (2001), dimostrano chiaramente
che l’isterectomia è seguita da un miglioramento dello stato di salute. Si rileva anche un incremento
della vita relazionale. Anche l’attività sessuale migliora insieme al complessivo stato di salute e
alla qualità della vita. Inoltre le donne riferiscono un miglioramento dal punto di vista psicologico,
uno stato di benessere generale e una diminuzione dell’irritabilità. Generalmente quindi l’umore
migliora. Ansia e depressione diminuiscono rispetto al periodo pre-operatorio, considerando altresì
che l’incidenza della sindrome depressiva in questa fase è alta a causa della sintomatologia cronica
che troverà risoluzione solo con l’intervento chirurgico. Nella maggior parte delle pazienti che
hanno subìto l’isterectomia, l’umore volge in miglioramento, ma l’incidenza della morbilità
psicologica, rimane aumentata rispetto ad una popolazione femminile simile per età. Quali sono le
possibili cause della residua morbilità psicologica dopo l’isterectomia? Una preesistente malattia
psichiatrica che spesso viene mascherata come disturbo ginecologico può probabilmente essere
aggravata dallo stress chirurgico. Similmente in pazienti con una personalità ansiogena e nevrotica
l’isterectomia può causare una crisi emotiva con preoccupazioni riguardo la perdita della
femminilità, la fine della potenziale capacità di avere figli e la diminuita funzionalità sessuale.
È sempre bene considerare anche l’ipotesi che una donna sottoposta ad isterectomia possa
soffrire, già in precedenza rispetto all’intervento, di patologia psichiatrica. La chirurgia in genere,
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non è diretta responsabile di disturbi psicologici, tuttavia nelle donne che prima dell’intervento
presentino una storia psichiatrica o una qualche forma di disagio psicologico, può assumere il ruolo
di fattore slatentizzante o rafforzante, una vera e propria psicopatologia.
In questo caso, nonostante lo stato psicologico migliori nella maggioranza delle donne anche
in seguito alla cura dei sintomi ginecologici e alla prescrizione di terapie estro-progestiniche, questo
non avviene per le pazienti con malattia psichiatrica preesistente e problemi psico-sociali (Giochin e
Volta, 2001). La ricerca infatti, dimostra che gli esiti delle valutazioni pre-operatorie sono predittive
di quelle post-chirurgiche circa diversi aspetti importanti che determinano o meno il benessere della
donna; questi sono per esempio: relazione di coppia, rapporti familiari, lavoro e vita sociale.
I risultati degli studi riguardanti i cambiamenti nella percezione dell'immagine corporea,
femminilità, e percezione di sé, sono ambigui e contrastanti, ma ci sono alcuni dati preliminari che
suggeriscono disfunzioni nell’immagine corporea in seguito ad isterectomia per patologie benigne,
proprio come accade quando sia eseguita per cause oncologiche. In particolare gli effetti si
aggravano se effettuata con approccio addominale (Flory et al., 2005). Tale evidenza potrebbe
trovare una spiegazione nel fatto che in quest’ultimo caso l’intervento lascia evidenti cicatrici
visibili tali da determinare una compromissione dell’autostima e dell’attrattiva.
Se molti aspetti circa le conseguenze, differenziano l’intervento d’isterectomia come
trattamento per patologie oncologiche o benigne a partire proprio dalla prescrizione alla fonte, altri
esiti sono invece equivalenti, come quelli che si riferiscono alla percezione di sé, della propria
immagine corporea e senso di femminilità. È chiaro che, indipendentemente dal motivo che
conduce all’asportazione dell’utero ed eventuali annessi, questo avrà un forte impatto negativo
proprio a causa della sua invasività, fisica, ma soprattutto psicologica.
Come bene evidenziano Rifelli e Moro (1995), i fattori più significativi e frequenti, che
incidono sulle dimensioni prima citate, possono essere quelli relativi alla paura per la sopravvivenza
(soprattutto per quanto concerne le patologie oncologiche), ed in questo caso molto spesso la donna
può sperimentare una paura inconscia di contagio, con un significato simbolico di trasmissione
oncologica per mezzo del contatto intimo.
Generalmente invece, aldilà dell’indicazione terapeutica per l’intervento d’isterectomia, la
donna può sperimentare una sorta di “esperienza di lutto” che si manifesta con: angoscia per la
perdita di una parte di sé (soprattutto perché l’utero è investito di un ruolo affettivo e simbolico
importante nella strutturazione dell’identità personale), vissuto di mutilazione che determina una
svalutazione di se stessi, crisi dell’identità sessuale in quanto quelle asportate sono zone erogene, ed
infine, un danno all’immagine corporea (Rifelli e Moro, 1995).
Considerando, in particolare il caso delle patologie benigne, è vero che spesso l’isterectomia