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testimonianze storiche alquanto scarne. Eppure è stato un popolo fiero ed
indomito che ha impresso per decine di lustri l'impronta della propria civiltà
sulle terre che dal Gran Sasso arrivavano fin giù alle aree della Magna
Grecia. I Sanniti ed i Romani sono cresciuti insieme combattendosi ed
alleandosi per l'egemonia di quella parte d'Italia che, agli inizi del IV secolo
a.C., rappresentava l'espansione naturale per ambedue i popoli: le fertili
terre a sud del fiume Liri, dal Volturno fin oltre il Sarno. Quale sia stato il
fattore, umano o fortuito, che ha permesso agli uni di sovrastare gli altri, è
difficile da conoscere. La storia di Roma, che da sempre ci è stata
insegnata, si basa su di un crescendo epico costruito dal lavoro di annalisti
e storici, molti asserviti al suo potere, il cui solo interesse era celebrare la
grandezza dell'Impero, le sue grandi battaglie e lo sforzo proteso dai grandi
dell'Urbe per arrivare a sovrastare tutti gli altri popoli. Le apparizioni dei
Sanniti nella letteratura antica sono casuali e sporadiche. L’unico caso in
cui essi vengono fatti oggetto almeno di una parvenza di trattazione
sistematica è in occasione delle loro guerre contro Roma, ma anche queste
sono descritte esclusivamente dal punto di vista dei vincitori. Di questi
popoli soggiogati, delle loro vicende, delle loro idee politiche o religiose, ci è
pervenuto poco o nulla.
Negli ultimi tempi l'impegno della Soprintendenza Archeologica, con
nuovi scavi e ricognizioni ed il conseguente studio dei reperti ritrovati, ha
permesso una nuova e diversa ricostruzione dell'antica società sannitica,
mettendo un po’ d'ordine nella storia del nostro popolo.
Attualmente per conoscere il patrimonio etnico-culturale lasciatoci dai
Sanniti, in maniera soddisfacente, bisogna fare il giro dei musei di almeno
quattro regioni: Abruzzo, Molise, Lazio e Campania. Questi sono i territori
dove vissero (ciò attesta anche come grande sia stata l'influenza dei loro
usi e costumi sui popoli italici) e, non potendo costituire, per evidenti
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contrasti geografici e politici, un unico luogo museale dove conservare le
vestigia di questo antico popolo, bisogna rassegnarsi a pellegrinare da una
città all'altra quantomeno per osservarne i reperti archeologici che ciascun
luogo conserva e che più di ogni scritto testimoniano l'importanza che i
Sanniti ebbero nella storia della nostra penisola. Basti pensare che furono i
primi ad utilizzare il nome "ITALIA", all'epoca per indicare quei territori, dal
Tirreno all'Adriatico, uniti per combattere l'egemonia di Roma.
1.2 I limiti territoriali
Il territorio abitato dai Sanniti, nella parte
centro-meridionale della penisola italiana, era
chiamato dai suoi abitanti Safinim i quali designavano
se stessi come Safineis. In latino Safinim divenne per
assimilazione Samnium, da cui i Romani derivarono il
termine Samnites per designare gli abitanti.
I Greci li chiamavano Saunitai e la loro terra Saunitis.
La tradizione antica vuole che popolazioni ataviche fossero immigrate
in quelle terre dove precedentemente
vivevano gli Opici o Oschi e che ne
avrebbero assimilato gradualmente gli
usi e la lingua, l'Osco appunto. Si crede
che fossero arrivati nel Sannio dalle
terre limitrofe dei Sabini, di cui
sarebbero stati i discendenti.
Le popolazioni osco-umbre, che
includevano sia i Sanniti che i Sabini, si
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erano quindi sviluppate dalla fusione di abitanti del luogo con infiltrazioni
indoeuropee ma, in seguito alla colonizzazione greca del sud della penisola
italiana, anche mescolanze coloniali elleniche riconducibili agli ultimi periodi
dell'Età del Ferro.
Nel VII secolo a.C. esistevano ormai popolazioni distinte dalla
primitiva radice comune umbra e nel VI secolo a.C., se non prima, il popolo
storicamente noto come Sanniti deve essere stato chiaramente
identificabile ed aver avuto il controllo incontrastato del Sannio. Le terre
storicamente riconducibili alla permanenza sannitica costituivano una vasta
area del territorio peninsulare costituita da un territorio morfologicamente
vario composto da pianure, altopiani e dorsali appenniniche, queste ultime
pur non essendo certo invalicabili, sicuramente rappresentarono un
ostacolo al transito di gente e merci.
Proprio questa particolare morfologia, che faceva del territorio
sannitico una roccaforte difficile da insidiare, permise per molto tempo al
popolo che l'abitava di controllare una gran porzione dell'Italia meridionale.
Le ampie aree pianeggianti dai contorni limitati e modellati dalle pendici
delle boscose montagne del Sannio favorirono anticamente l'insediamento
di popolazioni stanziatesi a causa del .
La tradizione tramandata dagli scrittori antichi attribuisce la
formazione delle tribù sabelle, ed il loro stanziamento lungo le pendici delle
impervie montagne del Sannio, ad un rituale religioso, Ver Sacrum o
Primavera Sacra, una manifestazione divinatoria attuata dalle popolazioni
antiche e basata su emigrazioni forzate.
Per vincere una battaglia, allontanare un pericolo o porre fine ad una
calamità naturale quale carestia o epidemia, i Sabelli promettevano di
sacrificare a Mamerte (Marte, dio della guerra) tutto ciò che fosse nato nella
primavera successiva. I bambini nati in tale periodo non venivano tuttavia
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letteralmente immolati, bensì lasciati crescere ma come sacrati. In questo
modo tali individui vivevano fino all'età adulta come elementi particolari con
un destino già segnato. L'obbligo era di lasciare il proprio gruppo di
appartenenza per cercare nuove terre dove insediarsi, muovendosi sotto la
guida di un animale sacro alla divinità. L'animale guida poteva essere
rappresentato da un toro, un lupo oppure un cervo ed il gruppo emigrante lo
seguiva nel suo errare e si stabiliva nel luogo che pensavano l'animale
avesse indicato. L’origine remota di tale pratica si può forse ricercare in
qualche cerimonia connessa con la migrazione stagionale delle greggi, in
ogni caso è chiaro che il motivo reale per celebrare il Ver Sacrum era la
sovrappopolazione. Quando questi gruppi di emigranti si stabilivano in una
nuova regione. Il Ver Sacrum, essendo dedicato a Mamerte, dio a cui i
Sanniti erano particolarmente devoti, si celebrava probabilmente nel mese
che ne portava il nome, ed è evidente che esso doveva coincidere con
quello che per i romani e per noi è il mese di marzo. Ciò grazie anche alla
tradizione tramandataci dagli scrittori antichi che descrissero come questo
rituale religioso, il Ver Sacrum appunto, spingesse i popoli di lingua osca ad
inoltrarsi sempre più lungo gli Appennini, discendendo periodica-mente alle
pianure su entrambi i versanti.
A compiere questo genere di migrazioni dovettero essere in modo
particolare quei guerrieri-pastori tipici di tante etnie mediterranee. Anche
l'animale guida ha i suoi equivalenti: la sua esistenza è nota presso altre
comunità indoeuropee. Interpretando i segni divini che il bove, influenzato
dal dio Mamerte (Marte per i Latini, Mamerte per gli Oschi ed Ares per i
Greci) avrebbe manifestato, i Sacrati, dopo un lungo cammino, si fermarono
nella terra degli Opici, presso un colle chiamato "Samnium" da quella
gente, in un'area pianeggiante molto fertile e ricca d'acqua. Sempre
secondo Festo, i Sanniti avrebbero tratto il proprio nome da quel colle. La
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figura di Comio Castronio che guidò i primi Sanniti nel loro futuro territorio
acquisì con il passare del tempo l'aureola della miticità, tanto che
l'immagine iconografica del condottiero-sacerdote che veglia il bove a
riposo venne raffigurata nel I secolo a.C. come simbolo etnico sulle monete
della Guerra Sociale.
1.3 Il popolo sannita
1.3.1 Formazione dell’ethnos
La tradizione antica ritiene unanimemente che i Sanniti fossero
immigrati nel Sannio, dove precedentemente vivevano gli Opici (Osci) i
quali diedero il loro nome alla lingua parlata dai Sanniti dal V secolo in poi:
l’osco. Probabilmente i Sanniti emigrarono nel Sannio dal paese dei Sabini,
di cui sarebbero stati discendenti. Una versione di tale ipotesi avrebbe
portato a concludere che i Sanniti in definitiva erano greci, poiché secondo
una leggenda i Sabini discendevano dagli Spartani. L’assenza di grecismi
dalla lingua osca dei Sanniti priva di attendibilità questa legenda.
L’aggettivo Sabellus spesso veniva usato come sinonimo di “Sannita”.
Fu nel periodo della guerra sociale che si cominciò a sentire la necessità di
trovare un termine generico per designare tutti i popoli diversi e
geograficamente separati fra loro di lingua osca. Non era più possibile
accomunarli tutti sotto il nome di “Sanniti” poiché il termine aveva il definito
significato di “abitanti del Sannio”.Per limitare le possibilità di equivoco gli
antichi romani misero in uso il termine Sabelli con il significato di “genti di
lingua osca”.“Sabellici” sarà utilizzato in riferimento ai popoli che parlano
dialetti di tipo osco (Peligni, Vestini, Marrucini, Marsi) e “Sabelli” a quelli che
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parlavano l’osco vero e proprio (Sanniti, Frentani, Sidicini, Campani,
Lucani, Apuli, Bruzi, Mamertini). Con termine “Sannita” ci si riferirà sempre
agli abitanti del Sannio, i Sabelli per eccellenza.
1.3.2 Le tribù
Il popolo sannita propriamente detto era formato dall'unione di quattro
tribù, come spesso elencano gli scrittori antichi: i Pentri, i Carricini, i Caudini
e gli Irpini. In seguito, forse con la nascita della Lega Sannitica come
organismo di coordinamento militare già dal V secolo a.C., altre tribù
stanzianti nell'Italia centrale si unirono ad essi. Tra queste i Frentani.
La tribù che costituiva il cuore del popolo sannita era quella dei Pentri,
che popolava il centro del Sannio nel territorio compreso tra la catena
montuosa delle Mainarde a nord ed il massiccio del Matese a sud. Forti e
temibili, erano la spina dorsale della nazione. Nell'ultimo periodo delle
guerre contro Roma ressero quasi da soli l'urto degli eserciti consolari che
si infrangevano contro le difese occidentali del Sannio. Città pentre erano
Aesernia, Allifae, Aquilonia, Aufidena, le due Bovianum, Fagifulae,
Saepinum, Terventum e Venafrum.
I nascosti interessi romani verso gli sbocchi commerciali dell'Adriatico
e dello Ionio, supportati da interventi militari celati sotto sembianze
pacificatorie, divelsero totalmente qualsiasi rapporto tra Touti riuscendo ad
aizzare l'uno contro l'altro i diversi gruppi territoriali, distruggendo così le
antiche fratellanze. Questo inserirsi tra dispute "familiari" allo scopo di
trarne vantaggio, portato avanti abitualmente e senza scrupolo dai Romani,
riuscì persino con il popolo dei Campani, considerato una "costola" dei
Sanniti ed affine ai diversi popoli oschi.