Premessa
II
rinnovamento. Questi sono alcuni dei principi che guidano, nei paesi
occidentali, il faticoso percorso dello sviluppo sostenibile.
Il complesso quesito cui deve rispondere una societa’ consiste nella
valutazione delle conseguenze (non necessariamente negative)
delle alterazioni che essa stessa apporta al sistema ambiente,
essere in grado, cioè, di valutare la risposta del sistema ad ogni
sollecitazione.
La questione, se posta nella sua accezione piu’ ampia, allo stato
delle conoscenze odierne, rimane senza risposta. L’ambiente infatti
e’ un sistema evolutivo estremamente complesso per il quale oggi
non e’ pensabile fornirne una rappresentazione in termini di leggi
fisiche note che consenta di determinare i nuovi stati di equilibrio a
cui perverrebbe a seguito di sollecitazioni diverse. Preso atto di
questo limite, la questione va’ ricondotta dunque alla esperienza ed
alla scala temporale della vita umana.
Sappiamo ad esempio che la capacita’ ideale di autodepurazione di
un sistema idrico da agenti inquinanti varia da qualche ora ai milioni
di anni a seconda dell’agente e della tipologia di recapito, sia esso
fiume, lago, falda o mare; che i tempi di rinnovo di un sistema idrico
variano da qualche settimana per i fiumi fino alle migliaia e decine
di migliaia di anni per i ghiacci, i mari, gli oceani e le acque
sotterranee. Si tratta ovviamente di stime indicative i cui valori
possono variare di ordini di grandezza a seconda della
conformazione del sistema idrico stesso.
Rimane il fatto che per le riserve idriche importanti per il fabbisogno
umano, i tempi di formazione e auto-depurazione sono ben superiori
a quelli della vita attesa di piu’ generazioni. Da qui l’impossibilità di
rinunciare a risorse vitali e quindi la sfida scientifica e tecnologica di
Premessa
III
avvalersi di procedure, metodi, pratiche, tecniche che ci consentano
di non rinunciare al benessere, al progresso industriale e allo
sviluppo economico e anche sociale.
Siamo purtroppo ancora ben lontani dal poter affermare che il
complesso delle azioni di mitigazione adottate nei nostri paesi
occidentali abbia portato ad un efficace riduzione dei fenomeni di
alterazione della qualita’ e dei volumi delle nostre risorse idriche.
Tuttavia si puo’ affermare con certezza che le politiche ambientali
mondiali sono orientate per una crescita economica eco-
compatibile. Non a caso infatti uno dei temi guida del semestre 2003
della Presidenza Italiana in Europa è “l’ambiente come opportunità”,
in accordo con la strada europea già tracciata a Johannesburg, a
Lisbona, a Goteborg e a Barcellona.
E' interessante notare che l'acqua non è soltanto un "elemento"
fisico-chimico" che costituisce una risorsa primaria per ogni forma di
vita e per l'ecosistema in generale, ma è anche un "elemento" che
ha assunto valenze diverse (scientifiche, culturali, religiose e
politiche) nelle varie epoche della storia umana.
C'è un rapporto stretto tra cultura - immaginario collettivo -
simbolismo filosofico/religioso e il corpo idrico: solo a partire dalla
fine del XVIII secolo, si impone la teoria atmosferica
dell'evaporazione e delle precipitazioni (ricordiamo che il 60%
dell'acqua piovana evapora e forma le nuvole, il 25% penetra nel
suolo e il 15% alimenta i fiumi e i laghi) scalzando così la teoria del
ciclo sotterraneo del sistema platonico (le acque dolci avrebbero
avuto origine dal contatto del mare con il centro surriscaldato della
terra, e per evaporazione e capillarità darebbero origine alle sorgenti
e ai fiumi superficiali) - ad opera di Alexis-Claude Clairaut nel 1743.
Premessa
IV
A partire da quell'epoca l'acqua diventa oggetto di indagine
scientifica ed elemento essenziale per lo sviluppo industriale.
Ad esempio, i primi principi di idrometria e di costruzioni idrauliche
risalgono a poco prima e si trovano enunciati nel trattato "Della
Natura dei Fiumi" scritto nel 1697 dal matematico bolognese
Domenico Guglielmini.
La gestione, il consumo e la trasformazione delle risorse idriche in
energia rispondono a un paradigma culturale che fino a metà del
nostro secolo si basava sulla convinzione che le risorse d'acqua
dolce, sia pur limitate, fossero "moltiplicabili" con i progressi
dell’umanità.
Oggi ci rendiamo conto che questo paradigma non è del tutto vero:
a livello mondiale i consumi di acqua sono aumentati maggiormente
negli ultimi 40 anni che nel corso dei tre secoli precedenti, con un
ritmo annuale compreso tra il 4% e l'8% (e quindi l'uso dell'acqua è
triplicato a partire dalla metà di questo secolo).
Un contributo importante a questo aumento e’ dovuto in gran parte
ai paesi in via di sviluppo (PVS). Ciò è testimoniato
dall'abbassamento delle falde acquifere e dal prosciugamento di
numerosi bacini e fiumi più o meno in tutti i continenti. I rifornimenti
idrici non riescono a tenere il passo con l'aumento della domanda
perché le popolazioni crescono a ritmi vertiginosi e le città
esplodono
2
ovvero la terra scoppia come dice Sartori (2003); ma è
soprattutto l’indispensabile e rapida crescita delle attivita’
economiche che accompagna la crescita demografica per
2
La legge di Malthus-Falkenmark predice un raddoppio della popolazione ogni 20 anni;
la popolazione attesa entro il 2050 è di 9 miliardi di persone (proiezione 1950-2050 Nazioni
Unite, 1998)
Premessa
V
assicurare cibo che implica un vertiginoso aumento dei consumi e il
depauperamento della qualita’ delle risorse territoriali e idriche.
Oggi il consumo idrico è ripartito globalmente come segue:
l'agricoltura utilizza da sola oltre il 70% delle risorse, l'industria e il
settore energetico il 22%, l'alimentazione e l'igiene umana solo
l'8%. Inoltre la quantità d'acqua utilizzata per l'irrigazione e
l'agricoltura, che rappresentano come abbiamo notato la voce
dominante nei consumi idrici, è inversamente proporzionale al grado
di sviluppo: nei PVS circa il 60% dell'acqua dolce si disperde a
causa del cattivo stato delle reti di distribuzione, dell'inefficienza
delle tecniche di irrigazione e del non-riutilizzo delle acque reflue.
A causa di ciò i PVS, pur utilizzando circa il doppio di acqua per
ettaro rispetto ai paesi industrializzati, hanno una produzione
agricola di solo un terzo. Ma attenzione a non oggettivizzare
l'equazione: arcaicità = maggior consumo delle risorse idriche. Ciò è
senz'altro vero se il sistema di sviluppo è quello nostro, cioè quello
dei paesi industrializzati e delle economie di mercato. Esistono per
contro modelli diversi basati per necessita’ e cultura sulla
"sostenibilità idrica" come in zone desertiche o semidesertiche (ad
esempio il "modello dell'oasi" descritto dall'architetto urbanista Pietro
Laureano).
Purtroppo questi affascinanti modelli riguardano solo gruppi modesti
di persone e non valgono invece a garantire le condizioni essenziali
di vita a quella molteplicita’ di individui che si concentrano in
particolari aree del mondo e che subiscono inevitabilmente tutti gli
effetti positivi e negativi della globalizzazione. Servono tuttavia ad
Premessa
VI
ispirare scelte di sviluppo ispirate alla sostenibilita’ ed alla
compatibilita’ con l’ambiente.
L'acqua, o meglio il consumo idrico, è altresì causa di divisione
sociale: secondo la FAO i 15.000 m
3
d'acqua che servono in media
a irrigare un ettaro di riso delle moderne varietà ad alto rendimento,
bastano a 100 nomadi e a 450 capi di bestiame per tre anni; a 100
famiglie rurali per tre anni; a 100 famiglie urbane per due anni; a
rifornire 100 clienti di alberghi di lusso per soli 55 giorni.
Tutto ciò non risolve certo l'emergenza acqua a livello mondiale: già
nel 1995 la Banca Mondiale lanciò l'allarme affermando che 80
paesi, equivalenti al 40% della popolazione mondiale si trovano in
condizione di penuria d'acqua, ovverosia con meno di 1000 m
3
d'acqua per abitante all'anno, e il 50% della popolazione mondiale
(circa 3 miliardi di individui) non dispone di adeguati sistemi di
depurazione idrica e non ha accesso all’acqua potabile.
Come conseguenza di ciò, la mortalità legata alle epidemie e ai
contagi causati dall'inquinamento delle acque ammonta, secondo
l'OMS, a circa 30 milioni di persone all'anno. Le cause principali
sono, secondo la Banca Mondiale, un accentramento spesso
eccessivo dei sistemi di gestione idrica sotto il controllo dello Stato
(e poco in quello privato) e il fatto di considerare l'acqua un bene
gratuito o di basso costo.
In altre parole, bisognerebbe trattare l'acqua come un "bene
economico" e definire criteri di "produttività dell'acqua" come oramai
fanno la maggior parte dei paesi occidentali (o occidentalizzati).
Questi criteri economici vanno tuttavia ponderati e proposti con
molta cautela poiché ignorano il fatto che l'acqua è un diritto degli
Premessa
VII
esseri umani e che i fattori culturali-religiosi che ne celebrano la
sacralità rischiano di aumentare il divario e la conflittualità latente tra
i paesi sviluppati e quelli non; creano cicli inflattivi virtuali dato che i
maggiori costi dovrebbero alla fine essere coperti sotto altre forme
dagli Stati dei PVS (dove per inciso il reddito pro-capite è
mediamente meno di 10 dollari al giorno) e, per assurdo, privilegiare
l'uso idrico per scopi industriali piuttosto che agricoli innesca
processi conflittuali sull’uso della risorsa con gravi conseguenze per
l’uomo e l’ambiente. Banalizzando e a solo titolo di esempio, dal
punto di vista economico, 1000 tonnellate d'acqua utilizzate nei
campi producono circa una tonnellata di frumento del valore di 200
dollari mentre possono aggiungere valore alla produzione industriale
per circa 14.000 dollari.
L’acqua oltre ad essere oggetto di conflitti tra gli usi è talvolta anche
oggetto di conflitti tra Stati in quanto è una delle risorse primarie
distribuite nel mondo con maggior disomogeneità e la sua
disponibilità varia considerevolmente da paese a paese: l'acqua
diviene quindi un obiettivo geostrategico e causa di possibili conflitti
tra Stati.
Secondo i dati di "Plan Bleu
3
", meno di 10 paesi si dividono il 60%
delle risorse idriche naturali del mondo (primi posti Brasile, Russia,
Cina, Canada, Indonesia, Stati Uniti). I paesi Europei e dell'area
Mediterranea hanno risorse interne d'acqua (naturali e rinnovabili)
valutabili mediamente in 985 Km
3
/anno per ogni nazione, ma queste
sono distribuite in maniera estremamente disuguale tra il Nord
(74%), l'Est (21%) e il Sud (5%).
3
http://www.planbleu.org
Premessa
VIII
Su un totale di 25 paesi mediterranei, 8 di questi, con una
popolazione complessiva di 115 milioni di abitanti, si trovano al di
sotto della soglia considerata di criticità (1000 m
3
/ab/anno) e altri 6,
cioè Israele, Giordania, Libia, Malta, Territori Palestinesi e Tunisia,
con una popolazione di 28 milioni di abitanti, hanno risorse inferiori
alla soglia considerata di assoluta povertà (500 m
3
/ab/anno). Inoltre
il consumo pro-capite per anno passa dai 1.000 m
3
dell'Albania
e
della Federazione Jugoslava, ai soli 100 m
3
del territorio di Gaza e
di Malta.
Queste disparità possono aumentare ulteriormente con il
sopraggiungere di cicli pluriennali di siccità che si verificano varie
volte in un secolo intensificandosi negli ultimi decenni per le
variazioni climatiche in atto.
Inoltre nei paesi Mediterranei più aridi, la situazione climatica
comporta l'irrigazione di tutte le coltivazioni che diventa così un uso
prevalente sugli altri e accresce ulteriormente la domanda globale
d'acqua.
Infine l'impatto delle acque reflue, sia urbane che industriali,
nell'area Mediterranea (in media 15 miliardi di m
3
/anno) è più grave
al Sud che al Nord a causa dell'assenza di mezzi e strategie per
prevenire l'inquinamento (impianti di recupero delle acque reflue,
controllo dei rifiuti, uso razionale dei pesticidi e fertilizzanti, incentivi
a inquinare meno, ecc.).
Tutto ciò incide ulteriormente sulla qualità e sulle risorse di acque
potabili realmente fruibili.
Le proiezioni mostrano per il futuro scenari preoccupanti: le forniture
idriche pro-capite si ridurranno in dieci anni del 15% in Israele, del
Premessa
IX
30% in Egitto, del 40% in Nigeria e del 50% in Kenya. Inoltre, paesi
come l'Arabia Saudita e la Libia, si trovano già al disotto della
disponibilità delle loro acque rinnovabili, e devono ricorrere all'uso di
falde acquifere fossili, cioè a risorse idriche non-rinnovabili, che al
ritmo di estrazione attuale, si esauriranno nei prossimi 15-60 anni.
Da qui al 2025 il quantitativo d'acqua a disposizione di ciascun
abitante del vicino Medio Oriente e del Nord Africa sarà diminuito
dell'80% nel giro di un'unica generazione. Ma se la situazione è
particolarmente grave in questi paesi, non stanno certo meglio Cina
e India, dove le acque del sottosuolo si stanno abbassando a un
ritmo di 1,5-3 metri all'anno.
La carenza e l'enorme disomogeneità delle risorse idriche ha
causato (e forse causerà) conflitti nella regione del Medio Oriente.
Già nel 1987 Boutros Ghali, all'epoca Ministro degli Affari Esteri
egiziano, riteneva che - pensando al bacino idrico del Nilo - "l'acqua,
non la politica, sarà la causa della prossima guerra nella regione".
Dello stesso parere, e cioè che l'acqua può essere causa di conflitti
regionali, è l'idrologo Thomas Naff che nel 1989 affermava:"…sarà
proprio l'acqua a determinare il futuro dei Territori occupati
(Cisgiordania) e, al di là di questo, la pace o la guerra. Se la crisi
dell’acqua dovesse avverarsi , ovvero non verrà risolta, sarà
probabile un conflitto tra i paesi di valle piu’ poveri d’acqua di tutto il
bacino del Giordano
4
che coinvolgerà certamente altri paesi arabi”.
A questo proposito è utile evidenziare che tra le concause
scatenanti la guerra dei Sei giorni del giugno 1967 vi erano le
tensioni con la Siria per il controllo delle sorgenti del fiume Giordano
4
Disponibilità naturali: Israele 370 m3/pc/anno; Giordania 220 m3/pc/anno; Palestina 100
m3/pc/anno; Libano 1780 m3/pc/anno; Siria 2830 m3/pc/anno, UNDP 1994
Premessa
X
poi “risolte” da Dayan con un blitz -non programmato- il 9 giugno del
1967 con la conquista delle alture del Golan. Cio’ ha significato far
scomparire la minaccia che incombeva sul sistema di
approvvigionamento idrico di Israele: la conquista dell'altopiano del
Golan (comprese le sue sorgenti che alimentano il Lago di
Tiberiade) voleva dire controllare la principale fonte idrica per Israele
che contribuisce a un terzo dei suoi consumi d'acqua dolce.
La guerra dei Sei giorni non è stata la sola in questo secolo avente
come posta in gioco il controllo delle risorse idriche: anche la guerra
del 1980 tra Iran e Iraq è stata motivata, tra le altre, dal controllo del
delta dello Shatt-al-Arab.
Più in generale il controllo dell'acqua può fornire a un certo paese
l'opportunità di risolvere problemi politico-territoriali nei confronti di
quei paesi frontalieri che ne condividono i corpi idrici (un esempio è
fornito dallo sfruttamento del Tigri e dell'Eufrate che riguarda la
Turchia, la Siria e l'Iraq, dove questi due fiumi si uniscono per
formare lo Shatt-al-Arab, e il contenzioso è fornito dal grande
progetto idrico turco denominato GAP che permetterà di trasformare
un decimo del suo territorio, oggi arido e sottosviluppato, in una
regione fertile e sviluppata industrialmente
5
).
5
Il territorio Irakeno afferisce al bacino idrografico del fiume Eufrate di cui il Tigri è l’affluente
principale. Il bacino ha le classiche connotazioni di un bacino idrografico internazionale nel
quale la risorsa e’ condivisa tra piu’ paesi e la disponibilita’ dipende dallo sfruttamento e dalle
regole di gestione dei paesi ad esso afferenti ed in particolare di quelli piu’ a monte. In questo
caso specifico le sorgenti di ambedue i fiumi sono in territorio turco e, sin dalla definizione degli
obiettivi del progetto GAP ( Guneydogu Anadolu Projesi / Southeastern Anatolia Project) nel
1977 che mirava, ad uno sviluppo idroelettrico dei bacini montani del Tigri e dell’Eufrate, il
Pentagono e la Banca Mondiale valutarono che il programma delle nuove opere nella regione
anatolica ( 22 sbarramenti, centrali elettriche e bacini per oltre 70.000 chilometri quadrati)
avrebbe potuto essere motivo di contrasti o conflitti tra Ankara ed i suoi vicini meridionali, Siria
ed Iraq. Il GAP infatti, pur trattandosi di un piano regionale che riguarda solo piccola parte della
Turchia, la parte sud-orientale dell'Anatolia ( 73 mila kmq, il 9,5% del territorio, con 5 milioni 500
mila abitanti, l'8,5% della popolazione totale) e’ di fatto un’ alterazione delle naturali disponibilita’
idriche degli utenti di valle. Per quanto il GAP prevedesse un uso multiplo delle acque e un
Premessa
XI
Sarebbe molto riduttivo tuttavia pensare all’acqua solo come una
ragione di conflitto per quanto questo sia un argomento
ripetutamente proposto dai nostri media.
A ben guardare i dati storici, a fronte di circa una settantina di eventi
bellici che hanno visto tra le concause scatenanti il controllo delle
risorse idriche (nessun paese ha mai dichiarato guerra in nome
dell’acqua da quando nel 2500 aC, le citta’ stato di Lagash e Umma
si sono scontrate per il controllo del bacino del Tigri e dell’Eufrate),
vi sono ben oltre 420 accordi di gestione della risorsa
transfrontaliera tra Stati storicamente belligeranti
6
(volendo includere
tutti i trattati, tra cui quelli sulla navigazione, FAO conta dall’805 d.C.
al 1984, ben 3600 accordi tra stati per l’acqua
7
).
Significativo l’ accordo di pace tra Giordania ed Israele siglato nel
1994 in cui si stabiliscono tra le parti dei criteri di prelievo dal fiume
coordinamento, sia pure limitato ad organismi ministeriali, non teneva conto dell'enorme impatto
sull'ambiente , semiarido e frontaliero, e sulla società, rurale e formata da varie etnie, della
regione, né dell'aspetto internazionale delle acque dei due mitici fiumi, ne’delle falde freatiche
situate nei pressi della frontiera siriana, già abbondantemente sfruttate per l'irrigazione.
Negli anni ’70, sempre a monte del territorio irakeno, oltre al progetto GAP, di cui sopra, hanno
preso il via anche i programmi siriani, più orientati verso l'irrigazione, con la diga di Tishreen, a
monte della grande opera di Tabqa/Thawra, nei pressi del confine turco, con l'irrigazione di
terreni aridi nella piana di Aleppo, di Ressafe, delle terrazze di Raqqa, Deir-er-Zor e Meyadin,
delle valli dei Balikh e del Khabour, due affluenti dell'Eufrate e con la costruzione della stazione
di pompaggio di acqua dal Tigri nella regione del cosiddetto becco d'anatra.
L’accordo internazionale siglato nel 1987 e tutt’oggi in vigore prevede che la Turchia garantisca
alla Siria una portata media di 500m3/sec la quale, a sua volta, deve trasferirne il 58% all'Iraq
(ovvero circa 290 m3/s). Questi valori corrispondono a circa il 40% e il 60% dei deflussi naturali
rispettivamente per Siria ed Iraq.
Tenuto conto dell’importanza strategica della ricchezza idrica della Turchia nella intera regione
mediorientale che, grazie anche alla mediazione americana (si ricordi il piano water pipe for
peace) potrebbe garantire l’integrazione idrica ai fabbisogni di sviluppo economico e sociale nel
bacino del Giordano come azione sinergica al piano “road Map”, risulta quanto piu’ necessario
valorizzare la risorsa idrica irakena evitando di rimettere in discussione accordi gia’ intercorsi
con Siria e Turchia.
Da un punto di vista tecnico cio’ si traduce in una valutazione esatta della disponibilita’ idrica
Irakena e di concerto con i piani di sviluppo economico e sociale previsti per la regione,
identificare il criterio ottimale di uso plurimo della risorsa, in un ottica di magnificazione della
risorsa e salvaguardia ambientale.
6
Database sugli accordi su corsi d’acqua internazionali:
International Freshwater Treaties Database at Oregon State University,
http://www.transboundarywaters.orst.edu/projects/internationalDB.html;
FAO’s FAOLEX database, http://faolex.fao.org/faolex/index.html;
7
Worldwatch Institute, 2005. State of the World 2005, Sicurezza Globale, ed. Ambiente
Premessa
XII
Giordano e suoi affluenti (tra cui lo Yarmuk). Sempre a titolo di
esempio, l’acqua anche durante le due Intifada e’ rimasto l’unico
argomento di dialogo tra Palestinesi ed Israeliani e la Join Water
Commission non ha mai smesso di incontrarsi per la
programmazione dell’uso delle risorse. Infine, con l’avvio del
processo di pace in Medio Oriente avviato con la conferenza di
Madrid nel 1991 furono istituiti dei gruppi di lavoro multilaterali a
supporto di quelli bilaterali.
Nel caso israelo-palestinese, uno dei gruppi di lavoro ancora
esistenti, operativi e con all’attivo importanti risultati è quello
dedicato alle risorse idriche (MWGWR)
8
.
Non meno importanti in ultimo le programmazioni politico-
economiche in favore della pace e della riduzione delle tensioni per
la domanda d’acqua che sta operando Israele consapevole della
vitale importanza dell’acqua per un intesa finale con il popolo
palestinese e delle esigenze idriche di uno stato indipendente.
Israele ha infatti programmato di compensare il proprio deficit
attuale
9
con l’acquisto di consistenti quantitativi di acqua dalla
Turchia da trasferire via mare alle proprie coste. Tale soluzione non
e’ semplice ne da un punto di vista economico ne strategico.
Economico, in quanto il costo dell’acqua diviene molto alto con
8
http://www.exact-me.org
J. Keidar, F. Kawash, 2004. Regional water data bank project multilateral working group on
water resources, proc. Food Security under water scarsity in the Middle East: problems and
solutions, Como 2004, published by CIHEAM/MAIB , Options Mediterraneenes, series A:
Mediterranean Seminars, n. 65, ed. Hamdy A., Monti R.
9
Le risorse idriche su cui possono contare i territori in sponda occidentale (sinistra) del
Giordano (Israele e Palestina) sono essenzialmente il fiume Giordano con i suoi tributari
principali nella parte alta del bacino (a monte del lago di Tiberiade) e i due sistemi acquiferi
sotterranei principali, costiero e della West Bank. In totale le risorse disponibili in sponda
sinistra (Israele e West Bank) si stimano dell’ordine di 1850 Mm3/a contro una domanda
complessiva superiore ai 2000 Mm3/a (1998) ed in costante aumento vuoi per la pressione
demografica vuoi per le accresciute esigenze di benessere. Cio’ si traduce in un deficit
complessivo della regione in oggetto pari a circa 150 Mmc/a.
Premessa
XIII
pesanti ricadute sulle utenza e quindi sullo sviluppo; strategico, in
quanto la disponibilita’ della risorsa per un territorio già afferente ad
un bacino idrografico internazionale risulta dipendere anche da uno
Stato terzo in virtù di accordi economici.
Le altre sfide, piu’ di carattere tecnologico sono: riduzione dei
consumi di acqua dolce in agricoltura scendendo a circa il 33%
entro il 2010
10
; creazione di acqua nuova con dissalazione di acqua
di mare e acque salmastre passando dagli attuali 57mm
3
/a a
362mm
3
/a entro il 2008 e a 500mm
3
/a entro il 2010
11
; ripascimento
di falda con acque trattate per contenere la penetrazione del cuneo
salino
12
; cicli combinati di uso dell’acqua per produzioni ittiche e
agricole.
La cooperazione con l’acqua
Come premesso, tra le risorse ambientali, quelle idriche sono
strategiche per il mantenimento degli standards qualitativi e
quantitativi delle condizioni sociali ed economiche di una società, e
rappresentano in molte aree un fattore limitante per lo sviluppo. Da
esse non si può più prescindere in una seria pianificazione
economica e territoriale, sia per una esigenza di maggiore
disponibilità che per una necessità, ormai incontrovertibile, di
conservazione.
10
Israeli Water Commission data, 2002: consumi d’acqua dolce in agricoltura: 1970, 80%;
2000, 50%
2002, 41.4%; 2010, 33.7%.
11
"The Parliamentary Committee of Inquiry on the Israeli Water Sector, Report headed by MK
David Magen, Jerusalem, June 2002”
12
State of Israel Ministry of National Infrastructures, 2003: Water Commission Hydrological
Service, Hydrological YearBook of Israel 1999/2000, ISSN 0073-4217 Jerusalem 2003
Premessa
XIV
La gestione delle risorse idriche è infatti un operazione complessa
che deve soddisfare una molteplicita’ di variabili, autonome ma non
indipendenti tra loro e spesso conflittuali.
Prendiamo ad esempio, il caso dell’approvvigionamento idro-
potabile, ovvero del cosiddetto servizio idrico integrato che
comprende l’intero ciclo tecnologico dell’acqua in ambiente urbano:
produzione della risorsa; trasporto; distribuzione alle utenze;
raccolta dei reflui attraverso sistemi fognari; trasporto alla
depurazione; depurazione; scarico dell’acqua al recapito finale;
eventualmente, affinamento della stessa acqua per l’uso in
agricoltura, industria, o altri fini.
Il buon funzionamento della gestione integrata della risorsa deve
dunque assicurare:
• l’uso multiplo, irriguo, potabile, industriale, nonché la
conservazione degli ecosistemi naturali. Questi usi hanno
ognuno ragioni logiche, ed in generale valenze diverse da
armonizzare e rendere compatibili con la quantità e la qualità
delle risorse disponibili;
• la sostenibilità degli usi della risorsa, nel senso che, preso atto
della sua limitatezza e vulnerabilità, lo sfruttamento della
stessa deve avvenire secondo modalità e criteri che assicurino
la rinnovabilità della stessa e quindi il soddisfacimento dei
fabbisogni delle future generazioni;
• il soddisfacimento degli aspetti finanziario ed economico
attraverso una programmazione razionale di tutte le operazioni
di gestione (dall’approvvigionamento, all’adduzione, alla
distribuzione e alla depurazione) che consenta l’applicazione
di sistemi tariffari compatibili con gli usi;
Premessa
XV
• il riequilibrio territoriale fra le zone ove l’acqua “c’e’ “ e le zone
ove l’acqua “si consuma”, attraverso criteri tecnici ed
economici che prevedano un risarcimento dei costi ambientali
subiti dalle prime;
• l’efficienza strutturale e funzionale dei Soggetti gestori in
ciascun comparto d’uso dell’acqua, assicurando che la tutela
degli interessi in ciascun settore di gestione non pregiudichi
l’interesse generale del sistema.
Il funzionamento di questo servizio in molti PVS o è assente o non
puo’ dirsi efficiente. In queste zone però oltre che non efficiente, e’
anche insufficiente a garantire standard di sviluppo moderni:
esistono centri abitati, anche importanti, in cui il rifornimento idrico
avviene con frequenza settimanale e per poche ore al giorno o con
autobotti o addirittura in bottiglia (Gaza ad esempio). La causa di
questo stato di arretratezza va ricercato sia nelle cause ambientali
naturali sia nelle cause antropiche. Tra queste ultime e in specie in
Medio Oriente, oltre alle concause dovute a situazioni politiche e a
vicissitudini belliche, principalmente: l’elevato numero di enti che
gestiscono il servizio acquedottistico e la pluralità dei soggetti a cui
e’ affidata la gestione separata delle varie fasi del ciclo tecnologico
dell’acqua.
La striminzita dimensione della maggior parte di questi enti, sempre
in crisi economica - incapaci di assicurare al sistema una corretta
manutenzione delle opere e ancor meno l’ammodernamento
tecnologico e gestionale - assieme allo scarso interesse con cui
viene amministrata la “cosa” pubblica, non consente una
Premessa
XVI
conduzione del servizio che, come recitano le norme del ben
operare, sia efficiente, efficace ed economica al tempo stesso.
Questo stato di fatto impedisce di far fronte in modo programmatico
ad una richiesta idrica sempre crescente con la conseguenza di un
progressivo e rapido esaurimento delle risorse sia in termini di
qualita’ che di quantità.
Il primo elemento da considerare qualora si parli di gestione della
risorsa idrica e’ l’unicità del sistema idrico che in generale và al di là
della definizione dei confini amministrativi e nazionali. In quanto
unico, anche l’adozione di politiche gestionali deve essere unica
così come l’adozione di criteri, pratiche e metodi sull’intero territorio.
Cio’ al fine di garantire criteri di compensazione, ridistribuzione,
programmazione dell’uso delle risorse ed armonizzazione delle
conflittualità dei molteplici usi.
In altri termini adottare a scala di bacino criteri di gestione integrata
delle risorse al fine di rendere la stessa efficiente e compatibile con
le risorse effettivamente disponibili. Un primo interessante passo da
intraprendere e’ sicuramente il monitoraggio delle risorse e del
territorio che opportunamente combinate con le aspettative di
sviluppo della regione, consenta di tracciare le linee guida per una
corretta pianificazione dell’uso delle risorse, poi attuate e gestite
dalle autorità locali sul territorio.
Generalmente risulta apprezzabile un intervento tecnico di
pianificazione quando esiste un quadro politico chiaro e consolidato.
Viceversa in presenza di situazioni conflittuali e di piu’ potenziali
beneficiari, il processo di pianificazione diventa difficile e delicato.
In questa fase di intervento, la cooperazione internazionale diviene
ancor piu’ significativa, garantendo in un coordinamento
Premessa
XVII
multilaterale, l’oggettività giuridica e la neutralità tecnica necessarie
per la gestione della molteplicità degli interessi coinvolti.
Nei paesi caratterizzati da scarsità (ad esempio il Medio Oriente
dove alcuni Stati sono caratterizzati da un WSI inferiore a
500m
3
/pc/anno), per alleviare la penuria idrica e consentire lo
sviluppo della regione, vanno anche considerate le politiche di
risparmio della risorsa attraverso piani di gestione mirati e
attuazione di metodi integrati giacché ancora oggi, fatta eccezione
per Israele, i consumi idrici per attivita’ agricole sfiorano il 90% e le
perdite nei processi di estrazione e distribuzione sono superiori al
30%.