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I nt roduzione
S iamo soliti associare Isis a un gruppo di estremisti che ha sottomesso il Medio
Oriente alle regole dispotiche dell’ideologia jihadista, l’interpretazione più
radicale dell’islam. Oppure ad un gruppo di sbandati che semina il panico nelle
nostre città, incuranti dei valori civili e morali che regolano la società
occidentale. Con queste premesse Isis, e tutto ciò che si lega a questo termine,
ci appare come qualcosa di oscuro e distante dal nostro mondo.
Un ente governato dal caos e dalla follia che risiede nell’animo di chi uccide in
nome di un’ideologia religiosa.
Il discorso, tuttavia, si fa più complesso, se analizziamo il fenomeno nei dettagli.
Come è possibile che un gruppo di folli estremisti sia riuscito ad invadere i
nostri media (televisioni, giornali e social network) ottenendo visibilità mondiale?
P er rispondere a questa domanda è necessario analizzare il fenomeno nella
sua interezza. La prima risposta che si può dare, e che verrà argomentata nel
corso di questa tesi, è la conoscenza approfondita, da parte dello S tato
Islamico, delle logiche che regolano il mondo della comunicazione a livello
globale.
In particolare, a Isis va riconosciuto il merito di aver saputo sfruttare, a suo
vantaggio, tramite quella che possiamo definire una brillante operazione di
marketing , i valori che regolano la società occidentale e le dinamiche che ne
conseguono. Un esempio: l’interesse e la curiosità del pubblico per i contenuti
violenti; oppure l’audience televisiva che, allo stesso modo, si alza
sensibilmente in occasione di eventi tragici quali stragi o attentati.
S ono tutte occasioni i cui i media servono le esigenze dei terroristi, i quali si
esibiscono in azioni violente per ottenere copertura mediatica. V isibilità tramite
la quale Isis diffonde insicurezza e paura nelle popolazioni. Ma che, allo stesso
tempo, affascina e stimola l’azione di lupi solitari, che daranno luogo ad altre
azioni violente.
Quando si parla di questo fenomeno è necessario tenere bene a mente il
dualismo S tato Islamico/mondo occidentale, perché è attorno questo
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antagonismo, di cui la propaganda si nutre, che si sviluppa il tema della nostra
ricerca.
Il mondo di oggi è, più che mai, governato dalla logica della visibilità.
Quest’ultima viene pagata profumatamente dalle aziende, allo scopo di vendere
i propri prodotti e ricercata dalle persone, che, attraverso i social media,
mettono in evidenza il proprio stile di vita, quantificando il successo in followers .
Questo per dire che viviamo all’interno di una società brandizzata , dove a ogni
cosa fa riferimento un marchio, e al marchio seguono delle logiche commerciali.
Le multinazionali cercano utili, le organizzazioni reputazione e visibilità. P er
ottenere ciò è necessario saper comunicare con efficacia il proprio brand. A tal
fine si usano strategie di Marketing e pubblicità.
Un discorso che vale anche per Isis, nonostante, nel nostro immaginario, il
terrorismo islamico corrisponda alla figura del rozzo mujaheddin armato di
kalashnikov . S iamo abituati a considerare il fondamentalismo come un enclave
arretrato, più vicino alle logiche medioevali che alla società moderna. Non è
così: come avremo modo di dimostrare, gli esponenti di Isis sono stati capaci di
utilizzare, a proprio vantaggio, le logiche della comunicazione occidentale.
S fruttando i presupposti teorici e pratici che regolano i nostri media.
S e vogliamo analizzare i motivi che ne hanno determinato il successo, è
dunque necessario paragonare la creazione dello S tato Islamico al percorso
che accompagna la nascita di un moderno brand.
L’analisi che ho portato avanti segue, dunque, il ciclo di vita del marchio Isis. Lo
fa attraverso riferimenti costanti alla pubblicità, alla sociologia e al linguaggio
dei media. Un marchio che non ha lasciato nulla al caso: dotandosi di slogan,
testimonial, logo e mission.
A partire dal lancio dello “S tato Islamico”, con cui Isis si è presentata al mondo
intero. Un sistema organizzato, dalle finanze alla moneta, passando per
l’educazione delle generazioni future. A l lancio è seguito un periodo di rapida
crescita, affrontato nel capitolo secondo, in cui Isis ha messo in scena la paura.
È la fase della “guerra delle immagini”, in cui vengono prodotti contenuti audio e
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video violenti, ma tecnicamente sopraffini: costruiti su misura per diventare virali
online ed essere poi ripresi dai media offline.
P er giungere poi alla fase, tuttora in corso, di maturità e declino, in cui Isis ha
cambiato il paradigma della propria comunicazione. Con la perdita dei territori in
Medio Oriente, il volume della propaganda ha cominciato a scarseggiare. In
compenso Isis è passata dalla produzione di contenuti alla gestione della
narrazione degli eventi. Ciò accade quando Isis rivendica, puntualmente, gli
attentati, a prescindere dal suo reale coinvolgimento.
Questi tesi è stata condotta attraverso l’analisi di numerosi articoli online, la
maggioranza dei quali in inglese, redatti dalle principali testate internazionali
(«Guardian», «Independent», «New Y ork T imes», «W ashington P ost»). A nche
le testate italiane hanno dedicato, in rete, ampio spazio al tema.
P roprio perché rivolti a pubblico e media occidentali, gli stessi materiali di
propaganda sono stati diffusi, in larga parte, in lingua inglese. Come la rivista
ufficiale Dabiq, della quale abbiamo analizzato alcune sezioni. Lo stesso vale
per i video di propaganda, passati in rassegna nel secondo capito.
Non manca, inoltre, l’analisi dei social media: post, tweet, video che riguardano
sia il mondo jihadista che le reazioni ad esso.
S ono state riportate le dichiarazioni, a caldo e a freddo, della politica
internazionale nei confronti di Isis. Così come quelle dei giganti di Internet
(F acebook, Y ouT ube), accusati di assecondare la diffusione della propaganda
jihadista.
Infine, mi sono servito di documenti P DF reperibili in rete, come il rapporto della
Quilliam F oundation Documenting the V irtual “Caliphate” e la guida dell’Unesco
T errorism and Media .
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1
Cortellari Andrea, Il giornalismo del terrore: come testimoniare gli eventi quando tutti sono
testimoni?, 30/03/2015, medium.com
2
Redazione «YouMedia», "Terror Studios": Roberto Saviano racconta l'ISIS , 29/09/2016,
youmedia.fanpage.it
Capit olo 1
S t at o I slamico, creazione del brand
1.1 Isis, p o sizio n amen to
Il 29 giugno 2014, inizio del Ramadan 1435, A bu B akr al-B aghdadi è stato
proclamato Califfo dello S tato Islamico dell’Iraq e del Levante.
Il giorno 5 luglio egli si è mostrato in pubblico per la prima volta e ha rivolto
un’arringa, trasmessa dell’emittente araba «A l Jazeera», nella Grande Moschea
al-Nuri a Mosul, città tra le più grandi dell’Iraq, appena conquistata dalle milizie
dell’Isis. Questa data è fondamentale, in quanto ha sancito la discesa in campo
di Isis nel mondo dei media e della comunicazione di massa occidentale.
Il discorso del neo-proclamato leader, infatti, non solo ha annunciato la
formazione di una nuova entità politico-statale, lo S tato Islamico, ma ha
delineato la strategia comunicativa che permetterà a quest’ultimo di entrare
stabilmente nell’agenda setting dei giornali e telegiornali di tutto il mondo.
«S enza comunicazione il terrorismo non esisterebbe»
1
, sosteneva Mc Luhan
nel 1978. Lezione che A l-B aghdadi e tutto lo stato maggiore dell’Isis hanno
saputo fare propria, trasformando la loro organizzazione terroristica in una
multinazionale del terrore. F ondata sui valori dell’estremismo religioso e sul
richiamo al mito di una terra promessa, tutto ciò è stato possibile attraverso la
propaganda. S econdo S aviano, l’enorme sistema propagandistico di cui
dispone Isis è paragonabile soltanto alla macchina di propaganda nazista
2
.
Ma nell’epoca dei social media, in cui la visibilità, per persone e aziende,
diventa il bene più prezioso, è preferibile paragonare Isis a una moderna
azienda. L’insediamento del nuovo leader ha sancito l’inizio di una fase senza
9
3
Ballardini Bruno, Il marketing dell’apocalisse , Baldini e Castoldi, Milano 2015, pp. 28-29.
precedenti nella storia delle dittature e dello stesso fondamentalismo islamico.
A partire da quel momento, infatti, lo S tato Islamico, diventa un brand a tutti gli
effetti.
A ttraverso l’uso delle tecniche del marketing e della comunicazione occidentale,
Isis ha saputo accompagnare alla presenza nel territorio un uso strategico dei
mezzi di comunicazione di massa. In questo modo è riuscita ad abbattere le
barriere locali e diventare una realtà conosciuta in tutto il mondo.
Isis cercava un posizionamento nel mercato dell’audience internazionale. P er
far ciò ha costruito un brand forte che richiamava ai valori fondanti, radicali
dell’islam, di fronte al quale nessuno avrebbe potuto muovere obiezioni.
Gli elementi fondativi, che caratterizzano il brand, sono i sentimenti comuni di
rinascita e riscatto
3
.
Inoltre, come previsto dalle logiche di mercato, dove vige un meccanismo di
domanda e offerta, anche Isis punta a soddisfare una domanda. Quest’ultima
risponde a un bisogno che colpisce ampie frange della comunità islamica, ed è
quello di tornare ad essere forti come un tempo, di non scomparire di fronte
all’occidentalizzazione del mondo arabo e alla caduta dei valori dell’Islam.
Nei paragrafi successivi analizziamo, attraverso parole chiave, il modo in cui
Isis ha saputo costruire il proprio brand e promuovere la propria immagine e
identità di marca.
1.2 Califfato , o p erazio n e d i sto rytellin g
La cerimonia di insediamento di al-B aghdadi, avvenuta il 5 luglio 2014, nella
moschea di Mosul, è paragonabile ad un’audace operazione di storytelling di
matrice politico-religiosa.
Il primo passo, in questo verso, è stato riportare in auge il termine “califfo” e i
suoi derivati. Un’operazione brillante in termini di costruzione della propria
10
4
L’insieme delle rappresentazioni mentali, credenze e conoscenze che i consumatori legano ad
una marca.
5
Strange Hannah, Islamic State leader Abu Bakr al-Baghdadi addresses Muslims in Mosul ,
05/07/2014, www.telegraph.co.uk
6
“Grande Siria”, it.wikipedia.org
7
Ballardini Bruno, Il marketing dell’apocalisse , Baldini e Castoldi, Milano 2015, pp. 29-30.
immagine di marca ( brand image )
4
. L’offerta di Isis è diretta, in primo luogo, a
un pubblico preciso: tutti i musulmani, ovunque essi si trovino nel mondo.
A l-B aghdadi si è rivolto loro proclamandosi «Califfo di tutti i musulmani e primo
principe dei fedeli» e lodando la «vittoria jihadista», che ha permesso di
restaurare il “califfato” dopo secoli
5
.
La nuova entità statale ha preso il nome di «Califfato dello S tato Islamico
dell’Iraq e del Levante», in acronimo Isil, che diventa Isis nel momento in cui al
posto di Levante si usa la dicitura, più corretta, “al-S ham”. Una parola chiave
quest’ultima, che certifica come, nella scelta del naming , Isis abbia dedicato
particolare attenzione ai significati simbolici da veicolare.
Le mire espansionistiche di Isis, infatti, sono diventate chiare a tutti proprio nel
momento in cui è stato incluso nella dicitura il termine “S ham”.
A l-S ham, che tradotto significa “la grande S iria”, indica la regione storica
corrispondente all’area altresì definita Levante, i cui confini andavano ben oltre
quelli della S iria attuale. E ssi comprendevano l’area del Mediterraneo orientale
costituita da S iria, Giordania, P alestina, Libano, Israele e Cipro
6
.
S econdo B runo B allarini, saggista ed esperto di comunicazione strategica:
«la definizione stessa di califfato è una risposta netta a quanti abbiano provato
ad ingabbiare lo stato islamico in una definizione moderna e occidentale di
stato»
7
.
Il califfato rappresentava, inoltre, un riferimento storico e simbolico, poiché ha
reso esplicito l’obiettivo, a livello locale, di espansione in Medio Oriente fino alla
riannessione dei territori sopracitati.