5
Tra il 1945 ed il 1949 i sovietici applicano le decisioni del
trattato di Potsdam riguardo la smilitarizzazione, la
denazificazione, lo smantellamento e la conversione industriale.
Le strutture del potere statale vengono adeguate al modello
sovietico, ovvero verticismo del potere, controllo ideologico
della società, diffusa statalizzazione dell’economia.
L’impianto comunista, sotto falsa veste democratica, si basa
ideologicamente sulle teorie dell’ungherese György Lukács, ed
economicamente su quelle di Marx, Engels e Mehring.
Seguendo la linea socialista-comunista, vengono trasformate
l’economia, le industrie e l’agricoltura, (ricordiamo a proposito la
Bodenreform
1
).
Ma mentre nella RFT si aspira ad un repentino miracolo
economico e al riarmo, nella RDT il difficile decollo economico
provoca una forte ondata migratoria verso l’Ovest.
La politica economica della Russia, infatti, mira allo sfruttamento
degli operai e dei contadini a vantaggio della politica
centralizzatrice di Mosca.
La morte di Stalin da una parte, e le dure condizioni di lavoro
operaio dall’altra, provocano nel 1953 una forte ondata di
scioperi dei lavoratori, che l’esercito sovietico stronca in poco
tempo.
1
La Bodenreform prevede che le aziende agricole sopra i 100 ha vengano espropriate senza
indennizzo, che i terreni agricoli vengano affidati a dei contadini, e che si sostituisca la
proprietà privata con terreni di bene comune.
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E’ opportuno comunque dare merito alla Russia per aver
smantellato il sistema agrario feudale degli Junker.
La paura di vedere emigrare all’Ovest gli operai, favorisce la
decisione da parte di Cruščëv di dividere Berlino in due, già da
tempo centro di tensione fra le due maggiori potenze, attraverso
l’erezione del muro nella notte tra il 13 e il 14 Agosto del 1961.
Se da una parte il muro di Berlino spezza vincoli di parentela,
amicizia e scambio inasprendo gli animi, dall’altra però favorisce
uno sviluppo economico in pochi anni.
Già nel 1967 infatti viene registrato nella DDR il bilancio in
attivo dell’economia e un incremento del reddito nazionale pari a
quello della RFT.
La SED, che negli anni si identifica sempre più con lo Stato,
nasce dalla fusione dei partiti socialista e comunista. Essa
propugna un radicale rinnovamento democratico sia sul piano
economico che su quello letterario.
Ricordiamo a proposito le tre fasi del piano politico avvenute nel
1949, 1953 e 1956, in cui si stabiliscono le direttive economico-
politiche della DDR per gli anni successivi.
A queste direttive vanno aggiunte quelle relative al solo ambito
culturale, come la Conferenza di Bitterfeld del 1959, di cui
parleremo più avanti.
Il benessere economico non è però direttamente proporzionale ad
un benessere sociale e psicologico. Anche le strutture sociali
come sport, tempo libero, organizzazioni giovanili e soprattutto
la cultura nella DDR, sono sottoposte a controllo statale, sono
“ritualizzate”.
7
Tutto e tutti sono controllati.
Il maggior organo di controllo è la Stasi, la rete di spionaggio
organizzata della polizia segreta del Ministero per la Sicurezza
dello Stato, istituita nel 1950.
Secondo una statistica del 1966, infatti, i cittadini della RDT
convinti comunisti sono solo il 15%, poco più numerosi gli
oppositori, gli altri apolitici.
Cos’è quindi che li rende così ligi al socialismo?
<<Il vecchio male dei tedeschi, lo spirito di sudditanza e
d’obbedienza[…]>> afferma Cesare Cases,
2
e l’obbedienza è
infatti il male dei tedeschi che permise anche a Hitler di prendere
potere nel 1933.
Ma l’estremo rigore sovietico va oltre lo “spirito di sudditanza”,
poiché <<la repressione di qualsiasi manifestazione di libertà
individuale, il terrore esercitato con lo spionaggio reciproco e la
pretesa di una forzata e per giunta entusiastica adesione alle
nuove direttive ebbero per conseguenza un’alienazione di cui,
specialmente nella generazione dei vecchi, è difficile misurare la
gravità, la vastità e la profondità>>.
3
Il sistema estremamente organizzato, impedisce infatti ogni
spiraglio di libertà fisica e di pensiero, iniziativa personale e
felicità.
2
C.Cases, Alcune vicende e problemi della cultura della Rdt, in Saggi e note di letteratura
tedesca, Einaudi 1963, p. 95.
3
L.Mittner, L’ultimo venticinquennio (1945-1970), in Storia della letteratura tedesca. Dal
realismo alla sperimentazione (1820-1970), Torino 1971, p.1534.
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1.2 La cultura nella RDT.
La fine della guerra comporta un rinnovamento non solo in
campo economico, ma anche in campo culturale.
Come abbiamo già accennato prima, i due Stati tedeschi creatisi
dopo il 1945, portano con sé una netta separazione su tutti i
campi compreso quello culturale.
Vediamo brevemente qual è il quadro letterario nei quattro Stati
di lingua tedesca nel secondo dopoguerra.
L’Austria vive parzialmente, come nei primi decenni del XX
secolo, nella contemplazione del suo passato.
Lo vediamo in Die Welt von Gestern di Stefan Zweig e in
Radetzkymarsch di Joseph Roth.
Questo atteggiamento non è però valido per Broch, Musil,
Bernhard, Jelinck e Jaudl, i quali propongono una visione critica
dell’Austria.
La Svizzera, soprattutto con gli eccellenti drammaturghi
Dürrenmatt e Frisch, vive un’età d’oro con il teatro togliendo il
primato alla Germania.
La tragicommedia dell’assurdo si schiera contro il non-intervento
della Svizzera nella Seconda Guerra Mondiale.
La RFT vede nel Gruppo 47 il miglior portavoce del
rinnovamento letterario, che intende produrre un “Kahlschlag”
col passato, dal punto di vista storico, linguistico, etc.
La Kurzgeschichte e l’Hörspiel sono i generi letterari più diffusi,
i quali attraverso il linguaggio, operano una critica al nazismo e
analizzano le conseguenze negative del dopoguerra.
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Il gruppo, che nasce ad opera di Hans Werner Richter e Ulrich
Andersch, è frequentato dagli scrittori più illustri di questo
periodo come Heinrich Böll, Ilse Aichinger, Paul Celan, Nelly
Sachs, Wolfgang Borchert, Ingeborg Bachmann, la quale però è
austriaca.
Circa la letteratura della RDT bisogna fare un discorso a parte.
<<Per capire i meccanismi interni che muovono lo sviluppo della
letteratura della Repubblica democratica tedesca, con le sue
peculiari tendenze, coi suoi linguaggi, le sue “forme” particolari
e le sue allusioni, bisogna tener conto del suo specifico contesto e
occorre guardarsi da alcuni equivoci metodologici, che talvolta
portano la critica in generale (e quella occidentale in particolare)
a travisamenti e incomprensioni di notevoli proporzioni>>
4
.
E’ opportuno evitare di fare l’errore che i ricercatori occidentali
hanno compiuto nei confronti della letteratura della DDR.
Le opere vanno infatti lette all’interno del contesto politico-
sociale in cui sono state prodotte.
Come abbiamo accennato nel paragrafo precedente, nella RDT
anche la cultura subisce l’influsso dall’alto.
La politica culturale stabilisce che le fonti e i modelli letterari
debbano risalire alla letteratura della Repubblica di Weimar e
dell’esilio, più in generale all’“umanesimo borghese” e al
realismo socialista.
4
M.Ponzi, Il cortocircuito comunicativo, in La valigia di Heidelberg,, a cura di P.Chiarini e
L.Secci, Ed.Riuniti, 1987, p. 35.
10
Vengono fatti rimpatriare gli scrittori esuli comunisti e socialisti
come Bertolt Brecht, Johannes Becher, Anna Seghers, Arnold
Zweig, Friedrich Wolf, Gottfried Benn, e vengono presi come
modelli i classici Goethe, Schiller e i realisti dell’Ottocento.
Ulrich Plenzdorf si serve infatti in Die neue Leiden des jungen
W. della tradizione classico borghese, l’eredità culturale che la
RDT rivendica in chiave democratica, in questo caso Goethe, per
fare dell’ironia inconsueta che sottolinea le contraddizioni della
situazione socialista attuale.
Gli esuli richiamati in patria non sono gli unici a costellare il
cielo letterario.
Oltre a costoro, circa 1500 scrittori, artisti e intellettuali fondano
il “Kulturbund zur demokratischen Erneuerung Deutschlands”.
E’ rilevante sottolineare che gli scrittori appartenenti a questa
associazione siano pagati dallo Stato.
La letteratura imposta dalla propaganda culturale non produce
infatti niente di significativo.
Negli anni ‘50 e nei primi anni ‘60, solo il cinema, il
radiodramma e il cabaret che si oppongono al regime, il Berliner
Ensemble diretto da Brecht e la rivista “Sinn und Form” diretta
da Peter Huchel, sono le uniche concrete testimonianze di
letteratura non propagandistica e “significativa”.
La SED, responsabile anche del settore culturale, organizza la
politica culturale su stampo marxista-leninista.
Viene eletto come dogma il REALISMO SOCIALISTA, che
condanna il realismo critico, poiché si stabilisce che la letteratura
della DDR debba rappresentare la realtà nella sua evoluzione e
11
soprattutto la figura ideale dell’“eroe positivo” che vive il lavoro
per il collettivo.
Ricordiamo la “Formalismus Campagne” del 1951, che condanna
l’arte per l’arte e l’avanguardia, riprendendo un vecchio dibattito
degli anni ‘30 sulla letteratura “decadente”.
Il primo periodo letterario è così caratterizzato dalla figura
dell’“eroe del lavoro”, canonizzato in Menschen an unserer Seite
di Matthias Claudius nel 1951.
I generi di partito, oltre alla letteratura di viaggio e d’avventura,
sono l’Aufbauroman, il Betriebsroman e il Kampflied.
L’ambientazione tipica è la fabbrica, e il tema principale è la
descrizione della vita operaia, l’esaltazione degli sforzi e del
contributo del lavoratore allo Stato.
Il realismo socialista è ostile alla sperimentazione stilistica e
linguistica, poiché l’arte ha solo il compito di rispecchiare la
realtà sociale.
Nasce quindi una LITERATURGESELLSCHAFT, che prevede
il sostegno della politica da parte della cultura e viceversa.
Lo scrittore è infatti “Ingenieur der menschlischen Seele” e
“Erbauer der Gesellschaft”.
Dagli anni ‘60 anche i films e i media sostengono il processo di
sviluppo.
Il sistema dei mass-media nella ex DDR è un sistema chiuso di
disinformazione-comunicazione, concepito esclusivamente come
propaganda, in cui si escludono sconfitte e pluralismo di
posizioni.