Introduzione
all’investitore di partecipare, attraverso un unico prodotto, alle performance
dei singoli money manager “hedge”. In particolare sono i fondi di fondi “low
volatility” ad avere l’obiettivo della conservazione del capitale, tenendo sotto
controllo la volatilità dell’investimento.
In questo lavoro cercheremo quindi, sulla base di quanto detto, ponendoci
nell’ottica di un gestore, di trovare una risposta di investimento per quei
risparmiatori particolarmente avversi al rischio. L’idea è proprio quella di
proteggere il capitale sia attraverso un asset che abbia performance costanti e
stabili, sia attraverso una modalità di asset allocation dinamica che non si
limiti a fornire la sola garanzia dell’investimento.
6
Capitolo Primo
CAPITOLO I
I TITOLI OBBLIGAZIONARI:
LE DIVERSE TIPOLOGIE
1.1 Le obbligazioni
L’obbligazione è un titolo di credito.
E’ un prestito concesso dall’investitore all’emittente delle obbligazioni: uno
stato, un governo, un’organizzazione internazionale o una società privata. Il
soggetto che emette l’obbligazione si impegna a restituire il capitale scritto sul
titolo (valore nominale) alla scadenza del prestito con i relativi interessi
pattuiti,e, se previsto, ad effettuare una serie di pagamenti periodici (cedole)
calcolati in base al un tasso d’interesse prestabilito.
Le obbligazioni sono emesse allo scopo di reperire, direttamente tra i
risparmiatori e a condizioni più vantaggiose rispetto a quelle dei prestiti
bancari, capitali da investire. Contrariamente all’azionista, l’obbligazionista
non si assume il rischio d’impresa e non partecipa all’attività gestionale
dell’emittente, non avendo diritto di voto nelle assemblee. Mentre le azioni
attribuiscono ai possessori un diritto al dividendo, che è subordinato alla
realizzazione di utili, le obbligazioni attribuiscono un diritto di credito.
L’interesse può essere fisso o variabile, pagabile con una cedola avente
periodicità trimestrale, semestrale, o annuale. Le obbligazioni possono essere
emesse alla pari, sotto la pari e sopra la pari; spesso, per incentivare la
sottoscrizione, l’emissione è sotto la pari: in questo caso, essendo il prezzo di
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Capitolo Primo
sottoscrizione
1
inferiore al valore nominale
2
, il rendimento è maggiore. Per
garantire i sottoscrittori dal rischio di insolvenza dell’emittente, l’emissione di
obbligazioni può essere accompagnata da garanzie.
Per quanto riguarda i limiti di valore per l’emissione delle obbligazioni,
secondo l’art.2412 nuovo testo, la nuova disciplina codicistica afferma che la
società può emettere obbligazioni al portatore o nominative per somma
complessivamente non eccedente il doppio del capitale sociale, della riserva
legale e delle riserve disponibili risultanti dall’ultimo bilancio approvato. Si
può derogare a questo principio generale solo se l’emissione è accompagnata
da garanzie.
La differenza fondamentale tra un’obbligazione e un’azione è che
l’investimento azionario ha dei rendimenti incerti, mentre, quando si emette
un’obbligazione ci si impegna formalmente a ripagarne il capitale a scadenza e
gli interessi periodici.
Vengono individuate due modalità distinte di emissione in funzione delle
caratteristiche dei titoli in oggetto, che portano ad identificare due ben definite
categorie di obbligazioni:
1) Obbligazioni con caratteristiche di mercato, vale a dire titoli che siano
emessi per un importo complessivo non inferiore ai 150 milioni di euro.
Inoltre devono essere idonee a soddisfare i requisiti oggettivi richiesti
per l’ammissione nei mercati ufficialmente regolamentati. Occorre,
cioè, che i titoli siano liberamente trasferibili, siano idonei ad essere
oggetto di liquidazione di borsa, siano emessi a fronte di un prestito il
cui ammontare residuo sia di almeno 3 miliardi di lire, o importo
equivalente in euro, e abbiano le caratteristiche per una sufficiente
diffusione tra il pubblico. I titoli devono essere emessi da banche che
abbiano un patrimonio di vigilanza non inferiore ai 25 milioni di euro,
che presentino un utile di bilancio per gli ultimi tre esercizi e che
1 Il prezzo che si paga.
2 Il prezzo di rimborso a scadenza.
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Capitolo Primo
abbiano provveduto a far certificare da una società di revisione l’ultimo
bilancio
3
.
2) Obbligazioni senza caratteristiche di mercato, prive dei requisiti
posseduti dalla categoria menzionata in precedenza e, per questa stessa
ragione, non idonee ad essere oggetto di quotazione e negoziazione sui
mercati regolamentati. Come è immediato constatare, tale tipologia di
titoli di credito può creare dei problemi ai sottoscrittori, nel caso si
determini per questi ultimi l’esigenza di procedere allo smobilizzo
anticipato dell’investimento rispetto alla scadenza prevista per le
obbligazioni medesime. Questo problema, per altro, esiste anche nel
caso di quelle obbligazioni con caratteristiche di mercato e alle quali,
tuttavia, l’emittente non abbia richiesto l’ammissione alla negoziazione
in mercati ufficialmente regolamentati
4
.
1.1.1 Le obbligazioni Zero coupon bond
Le obbligazioni ZCB sono degli strumenti finanziari spesso oggetto di poca
attenzione da parte dei risparmiatori, anche se sono alla base di moltissime
strategie di investimento adottate dagli investitori istituzionali.
Una obbligazione Zero coupon è uno strumento che non paga interessi nel
corso della sua vita (da cui deriva il nome zero coupon bond), ma è venduta
con un forte sconto iniziale comprensivo anche degli interessi; ad esempio
un’obbligazione che verrà rimborsata fra tre anni a 100 euro sarà venduta oggi
a 90 euro (se i tassi sono circa l’3,6%). Il principio è analogo a quello delle
cambiali: si sconta in anticipo l’interesse, l’unica differenza è la durata, che nel
caso di uno zcb spesso è molto elevata. Bisogna peraltro ricordare che i BOT
ed i CTZ sono sostanzialmente delle obbligazioni zero coupon. Pur essendo
molto semplici, il prezzo di questi strumenti può variare notevolmente in base
3
Autore Burattelli S. “Titoli di Stato e obbligazioni. Guida operativa all’investimento nei titoli di
debito: le tipologie, il trattamento fiscale, le modalità di emissione”. Ed Il Sole 24 Ore. Milano, 2001.
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Capitolo Primo
alle mutevoli condizioni di mercato. Ad esempio, un’obbligazione ZCB che
garantisca un rimborso del capitale di 100 euro tra 10 anni, ha un valore oggi
che dipende dai tassi di interesse di mercato attuali e attesi: maggiori saranno i
tassi minore sarà il prezzo attuale
5
. Quando i tassi sono alti (es.7%) sono
necessari poco più di 50 euro per ottenerne 100 a scadenza, mentre quando i
tassi sono bassi (es.2%) sono necessari 82,6 euro per ottenerne sempre 100.
Inoltre maggiore è il tasso d’interesse, maggiori saranno le possibilità che un
ribasso dei tassi di interesse di mercato faccia lievitare il prezzo della ZCB nel
corso della sua vita. E’ evidente come un titolo con queste caratteristiche, non
pagando cedole, porti ad una maggior esposizione, nel bene e nel male, alle
variazioni dei tassi di interesse.
1.1.2 Le obbligazioni indicizzate
Per obbligazioni indicizzate si intendono quelle il cui valore capitale o gli
interessi periodicamente corrisposti, o ambedue, sono rivalutati ad un
parametro (o più parametri) di natura finanziaria, valutaria o reale. Con
riferimento all’oggetto dell’indicizzazione si possono distinguere:
x Obbligazioni indicizzate a tasso variabile, nelle quali l’oggetto dell’
indicizzazione è rappresentato dagli interessi pagati agli obbligazionisti;
x Obbligazioni a rimborso indicizzato nelle quali l’oggetto di
indicizzazione è rappresentato dal valore di rimborso dell’obbligazione
a scadenza;
x Obbligazioni a indicizzazione mista, nelle quali l’oggetto dell’
indicizzazione è rappresentato contemporaneamente dall’interesse
pagato agli obbligazionisti e dal valore di rimborso dell’obbligazione a
scadenza
6
.
4
Autore De Vincentiis P. “Il mercato obbligazionario”. Ed Giappichelli. Torino, 2002.
5
Tenendo presente che la duration di un zcb è uguale alla durata dello stesso.
6
Autore Burattelli S. “Titoli di Stato e obbligazioni. Guida operativa all’investimento nei titoli di
debito: le tipologie, il trattamento fiscale, le modalità di emissione”. Ed Il Sole 24 Ore. Milano, 2001
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Capitolo Primo
Fra le obbligazioni indicizzate una particolare categoria è rappresentata dalle
obbligazioni drop-lock, le quali incorporano un’opzione di conversione da
tasso variabile a tasso fisso a favore dell’investitore. Tali titoli obbligazionari a
indicizzazione finanziaria sono dotati infatti di un tasso minimo (trigger rate),
nel senso che se i tassi di mercato scendono al di sotto di una soglia
prestabilita, l’investitore continua ad incassare cedole pari almeno al livello
minimo prefissato e dunque i titoli si trasformano da tasso variabile a tasso
fisso
7
.
Tra le obbligazioni indicizzate particolare importanza rivestono le obbligazioni
index e equity linked, che tratteremo in modo approfondito all’interno del
paragrafo dedicato alle obbligazioni strutturate.
1.1.3 Le obbligazioni convertibili
Le obbligazioni convertibili sono una via di mezzo tra le obbligazioni e le
azioni. Per la loro natura “un pò ibrida” ci aspetteremo che renderanno meno di
un’azione quando il mercato azionario sale ma, al tempo stesso, perderanno
meno di valore quando il mercato azionario scende.
Le obbligazioni convertibili sono delle obbligazioni che, in aggiunta al tasso di
interesse pagato annualmente, comprendono un’opzione ad acquistare
determinati titoli azionari a determinate condizioni
8
.
Ad esempio, possiamo ipotizzare un’emissione così strutturata:
valore obbligazione 1000 euro che paga una cedola annua del 2% e alla
scadenza (fra tre anni) il possessore dell’obbligazione potrà convertire
l’obbligazione in un’azione della società “X”. Come si può ben intuire il punto
centrale è il prezzo della società “X” al momento dell’emissione ed alla
scadenza. All’emissione di solito il prezzo del titolo azionario sottostante (la
società “X”) è inferiore di un 20-30% al prezzo di conversione; nell’esempio
7
Autori Keith Cuthbertson, Dirk Nitzsche .“Financial Engineering. Derivatives and risk
management”. Ed John Wiley & Sons, Chichester, LTD 2001.
8
O pzione di tipo Call.
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Capitolo Primo
possiamo pensare ad un prezzo compreso tra 700 e 800 euro. Chiaramente, se
il prezzo a scadenza del titolo in esame sarà inferiore a 1000 non sarà
conveniente convertire le obbligazioni in azioni, mentre se sarà superiore
converrà convertire le obbligazioni in azioni della società “X”. E’ quindi
evidente che quanto maggiore sarà l’aumento di valore del titolo azionario,
tanto maggiore sarà anche il conseguente incremento di valore delle
obbligazioni convertibili. Al contrario, se il prezzo del titolo dovesse scendere,
o non raggiungere 1000, il possessore si accontenterà a scadenza di incassare il
valore nominale dell’obbligazione. Nel caso di crescita del titolo azionario, la
performance dell’obbligazione convertibile risulta compressa anche se
consente il rimborso del capitale impiegato, nel caso di acquisto alla pari
oppure al disotto, mentre invece nel caso di acquisto sopra il valore nominale
permette di contenere le perdite tra il valore di acquisto e il valore nominale.
Qual è il prezzo da pagare per avere l’opzione di acquistare i titoli azionari?
Principalmente un tasso di interesse corrisposto decisamente inferiore a quello
di mercato (per intendersi quello che si potrebbe incassare dai BTP). Tuttavia,
le obbligazioni convertibili fanno comodo anche alle società emittenti, perché
da un lato consentono di pagare un interesse sul debito inferiore al tasso di
mercato, ma soprattutto a scadenza (se il prezzo delle azioni rende conveniente
la conversione) la società non dovrà rimborsare il prestito in denaro, ma in
azioni e quindi avrà fatto entrare del denaro nella società ad un costo
ragionevole: in linguaggio tecnico possiamo affermare che la società ha
effettuato un aumento di capitale a pagamento.
Le possibilità per stabilire le condizioni di un’emissione sono molteplici: tasso
fisso, tasso variabile, durata breve media o lunga, livello di conversione molto
favorevole o molto sfavorevole. Tutte queste condizioni messe insieme
determinano la convenienza di un’emissione. Chiaramente non si potrà pagare
un tasso di interesse molto basso e, al tempo stesso, stabilire un livello di
conversione delle obbligazioni in azioni molto alto. L’emittente dovrà decidere
se pagare di più, ma avere un bassa probabilità che le obbligazioni vengano
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Capitolo Primo
convertite, oppure riconoscere un tasso basso agli obbligazionisti prevedendo
che, molto probabilmente, le obbligazioni verranno convertite. In sostanza
un’obbligazione convertibile rappresenta un pezzo di un’azione e di
un’obbligazione; dove la parte azionaria si identifica in un’opzione call sul
titolo. E’ possibile affermare che un convertible bond è il risultato della somma
algebrica fatta tra un’obbligazione e un’opzione sul titolo. In base a questa
semplice relazione, si può affermare che quando il prezzo dell’obbligazione
convertibile è inferiore alla somma dei prezzi dell’obbligazione e dell’opzione
sarà conveniente acquistarla, altrimenti sarà più conveniente comprarla in due
pezzi separati: obbligazione più opzione. Alla base di questo concetto sono
state sviluppate tecniche e strategie di investimento definite di “arbitraggio”, la
cui logica è data dal fatto che un prodotto uguale non può avere prezzi diversi
(in questo caso: l’obbligazione convertibile è la somma di un’obbligazione e di
un’opzione). Quando questa rara ipotesi si verifica è possibile ottenere un
profitto senza alcun rischio: acquistando il prodotto che costa meno e
vendendo contemporaneamente il prodotto che costa di più. Ad esempio, se il
prezzo dell’obbligazione convertibile fosse 100, il prezzo dell’obbligazione
fosse 93 ed il prezzo dell’opzione fosse 9, si potrebbe ottenere un profitto certo
di 2 unità (acquistando l’obbligazione convertibile e vendendo l’opzione e
l’obbligazione: -100 + 93 + 9 = +2). Indubbiamente, le tecniche possono essere
molto più complicate, ma il concetto sottostante è il medesimo: un prodotto
non può avere prezzi diversi, altrimenti è possibile ottenere dei profitti senza
incorrere in alcun rischio. Per questo motivo le possibilità di arbitraggio sono
abbastanza rare nei mercati finanziari perché quando si verificano c’è sempre
qualcuno che ne approfitta, rendendo sempre meno conveniente l’operazione.
In Italia il mercato delle obbligazioni convertibili non è molto liquido, ma
spesso succede che questi titoli vengano trattati a sconto, cioè sia più
conveniente acquistare le obbligazioni e convertirle in azioni, rispetto ad
acquistare direttamente le azioni. Tuttavia, vi sono alcuni aspetti negativi
operando nel modo sopra indicato:
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Capitolo Primo
x spesso le azioni emesse dalla conversione hanno un godimento diverso
da quelle in circolazione (si perde il dividendo per un anno);
x il mercato è poco liquido e, quindi, l’ammontare dell’operazione deve
essere limitato; possono esserci costi di transazione e conversione
occulti;
x il periodo di conversione può essere limitato a poche settimane all’anno.
Come si può osservare le controindicazioni possono essere molteplici, tuttavia
le obbligazioni convertibili, se studiate con attenzione, possono garantire
ottime soddisfazioni agli investitori e, soprattutto, consentono di porre un
limite alle eventuali perdite derivanti da movimenti sfavorevoli delle
quotazioni nei mercati azionari, in quanto il capitale a scadenza è garantito.
1.1.4 Euro Obbligazioni
Per eurobond intendiamo un’obbligazione denominata nella valuta di un paese,
ma emessa al di fuori del paese. Ad esempio, pensiamo ad un eurobond
denominato in dollari che sia stato emesso al di fuori degli Stati Uniti, oppure
si pensi alle obbligazioni in dollari e marchi tedeschi emesse dalla Russia. Al
contrario i titoli di Stato, quali BOT CCT e BTP, non sono eurobond perché
sono emessi in Italia e denominati in euro e, quindi, sono definite
“domestiche”.
Il mercato degli eurobond è molto liquido ed è internazionale e globale a tutti
gli effetti. Come si può osservare gli eurobond sono divisi per:
Valuta
Durata
Tasso di interesse fisso o variabile
Zero Coupon
Rating dell’emittente (affidabilità)
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Capitolo Primo
Ogni risparmiatore può trovare il titolo che meglio si adatti alle sue esigenze
sia in termini di rischio, sia per quanto riguarda la valuta o particolari
aspettative di rendimento atteso.
Il problema dell’euromercato per il piccolo risparmiatore è dovuto al fatto che
tale mercato sia stato concepito per risolvere le esigenze dei grandi investitori
e, quindi, l’ammontare del singolo scambio di solito è abbastanza elevato (ad
esempio, è importante sottolineare come una transazione da 1 miliardo di euro
per un investitore istituzionale sia considerato il livello minimo da cui partire;
per importi inferiori di solito non considera neppure l’operazione). Ciò non
toglie che anche il risparmiatore possa comprare e vendere degli eurobond.
L’unica conseguenza spiacevole è che molto spesso quando si decide di
liquidare il titolo, prima della sua naturale scadenza, il prezzo offerto
dall’intermediario sia inferiore a quello rilevato sul giornale. Infatti, il
differenziale denaro-lettera
9
risulta abbastanza elevato per importi piccoli. Uno
scenario ipotetico, ma realistico, potrebbe essere questo:
l’intermediario è disposto ad acquistare i titoli (per un controvalore di 50
milioni di euro) al prezzo di 95, ma è disposto a vendere lo stesso ammontare
al prezzo di 97. Questa differenza si verifica quasi sempre perché il mercato
degli eurobond non è telematico (come la borsa Italiana), nel quale tutti
possono inserire le loro proposte di acquisto e vendita. Si tratta al contrario di
un mercato effettuato da intermediari che si contattano tra loro e, di
conseguenza, risulta meno trasparente di un mercato telematico.
Indubbiamente, detenendo gli eurobond fino alla scadenza si incassa il capitale
nominale, senza dover pagare questa forma di “aggio” dovuta al fatto di essere
dei risparmiatori e non degli investitori istituzionali. Spesso i risparmiatori
acquistano gli eurobond all’emissione tramite la propria banca e li detengono
fino alla scadenza, senza neanche essere a conoscenza delle particolari
caratteristiche di queste obbligazioni che, come abbiamo evidenziato, sono
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Capitolo Primo
caratterizzati principalmente dal fatto di non essere quotate su un mercato
telematico e di essere scambiate al di fuori dell’Italia. Tuttavia per chi
decidesse di non venderle, le differenze rispetto ad altre obbligazioni
“domestiche” sono effettivamente minime. Il vantaggio del mercato degli
eurobond è dato dalla molteplicità di emissioni che consentono di trovare,
quasi sempre, il prodotto con tutte le caratteristiche desiderate.
1.1.5 Le obbligazioni strutturate
Nell’ambito del mercato obbligazionario, vi è un segmento rappresentato dalle
obbligazioni strutturate. Un’obbligazione strutturata è un “pacchetto”
finanziario composto da un’obbligazione standard e da una combinazione di
strumenti derivati. La nascita di questo prodotto finanziario è avvenuta
essenzialmente su impulso della domanda di investitori istituzionali che
incontravano forti limitazioni di natura regolamentare e di vigilanza
prudenziale all’operatività diretta in strumenti derivati
10
.
La crescita del mercato è avvenuta anche grazie all’attività di intermediazione
delle principali banche d’affari internazionali: queste organizzano l’operazione
ricercando emittenti di rating adeguato e con un certo fabbisogno finanziario
da coprire mediante l’emissione di obbligazioni da collocare presso gli
investitori istituzionali. La banca d’affari è solita offrire all’emittente una
struttura, cioè una particolare configurazione di strumenti derivati, che
risponde alle richieste specifiche di uno o più investitori istituzionali, e allo
stesso tempo offre la copertura completa per l’esposizione derivante dalla
componente derivati dell’obbligazione
11
. Le emissioni di obbligazioni
9 il prezzo denaro (bid price) è il prezzo massimo di acquisto che un operatore di mercato è disposto a
pagare per uno strumento finanziario negoziato. Il prezzo lettera (ask price) è il prezzo minimo di
vendita che un operatore di mercato è disposto ad offrire per uno strumento finanziario negoziato.
10
Autori M. Longo, G. Siciliano. “La quotazione e l'offerta al pubblico di obbligazioni strutturate”. N
35 Studi e Ricerche. Quaderni Consob. Agosto 1999.
11
Normalmente l’emittente rimane quindi con una passività a tasso fisso o variabile.
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