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PREFAZIONE
Non sempre l’arte e il gusto per il bello si rivelano a noi in maniera chiara e
comprensibile. A volte l’arte fa dei giri immensi, altre volte si insinua nelle nostre vite
senza che ce ne accorgiamo, quasi non la notiamo, ma poi un bel giorno ci rendiamo
conto di non poterne fare a meno. Questo perché qualcosa nei nostri occhi e nel nostro
cuore si è insinuato in punta di piedi; il gusto per il bello e il fascino di un luogo si
sovrappongono alle nostre azioni quotidiane. Così, attraversando una città d’arte tutti i
giorni magari capita di innamorarsene.
Avete presente quelle situazioni in cui per anni passiamo per un certo luogo, ma non lo
si osserva mai realmente? Lo percorriamo spesso in lungo e in largo ma sempre
distrattamente, di sfuggita. Questo è quanto capita alla maggior parte delle persone che
vivono o si trovano a frequentare quotidianamente un luogo artisticamente interessante
come Venezia: essendo il loro passaggio unicamente legato al lavoro o agli studi, non lo
notano.
Eppure nel cuore di qualcuno che distrattamente attraversa i vari ponti e percorre
frettolosamente le calli di Venezia qualcosa accade. Qualcosa di invisibile e di
impalpabile si muove e cresce. Non tutti sanno cogliere la magia e la poesia che questa
città può regalare. Bisogna fare silenzio, staccarsi dalle proprie convinzioni, dal proprio
punto di vista e ascoltare quello che in realtà non conosciamo affatto. Ed è così che
nascono le passioni che mai avremmo pensato potessero appartenerci. In questo modo
anche chi per anni non ha mai badato all’arte saprà apprezzare la produzione artistica,
riconoscendone il valore e sentendo in essa un bisogno dello spirito. Un richiamo forte e
chiaro che mai avrebbe pensato di sentire.
Spesso chi non incontra l’arte nel proprio percorso di studi non riesce a capirne
l’effettivo valore e non si capacita di come certe opere possano valere tanto, di come
certi quadri siano così famosi o di come alcuni artisti siano tanto ricercati. È
comprensibile che davanti ai quadri completamente bianchi di Robert Ryman molti si
domandano “E questa sarebbe arte?”, “Ma potevo farlo anch’io!”. Eppure Venezia nel
corso di questi ultimi cinque anni ha cambiato il corso del mio pensiero e ha innescato
in me una tale curiosità verso l’arte contemporanea da portarmi ad amare e apprezzare
ogni forma di espressione umana.
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A un certo punto ho deciso di lasciarmi trasportare da questo mondo che non conoscevo
affatto, mi sono spinto a cercare curioso tra gli scaffali delle biblioteche, a entrare nella
sezione artistica delle librerie, a visitare mostre e musei d’arte contemporanea, a leggere
saggi che parlavano d’arte e artisti. E poi sono arrivati i libri giusti, che sembravano
scritti appositamente per conquistare chi come me non credeva nell’arte perché non la
capiva, non la sentiva. Queste preziose letture hanno fatto spiccare il volo alla mia
curiosità e han riposto in me un’incredibile fame di conoscenza verso questo mondo, un
po’ insolito per chi segue un percorso universitario in economia e finanza!
Ecco perché con questo lavoro ho scelto di intraprendere questa sfida personale: per
unire il mondo dell’economia, che per cinque anni ho conosciuto e studiato, con la mia
passione verso l’arte contemporanea, che è entrata nella mia testa e nei miei interessi.
Dopotutto, quale città se non Venezia potrebbe meglio rappresentare e racchiudere
insieme i saperi e la tradizione del commercio, dell’economia e dell’arte?
Punta della Dogana. Con la sua forma perfettamente triangolare divide il Canal Grande dal Canale della
Giudecca. L'ex porto monumentale della città è ora sede permanente della collezione di opere d’arte
contemporanea di François Pinault.
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INTRODUZIONE
Da quando mi sono avvicinato al mondo dell’arte contemporanea mi sono sempre posto
una domanda: secondo quali complesse psicologie un’opera d’arte contemporanea può
arrivare a valere più di 70 milioni di euro piuttosto che 50 mila o 1.000 euro?
Gli artisti contemporanei realizzano spesso lavori particolarmente creativi, innovativi e
scioccanti come Damien Hirst con il suo squalo tigre imbalsamato (The physical
impossibility of death in the mind of someone living, 1991) e Marc Quinn con il calco
della propria testa (Self, 1991), fatto con 4,5 litri del suo sangue congelato.
Oggi il valore di un’opera non è più collegato al solo contenuto artistico ma al nome
dell’artista, del gallerista, della casa d’aste e all’ego del collezionista, e non ha nulla a
che vedere con il tempo e le capacità impiegate per realizzarla. Il mercato odierno è
guidato da aste di alto livello e fiere d’arte internazionali che manovrano le tendenze e i
gusti dei ricchi collezionisti, sfruttando la percezione della rarità delle opere che
contribuisce a gonfiare i prezzi. Infatti, la preoccupazione di non riuscire più ad
acquistare delle opere di quel famoso artista unita alla combinazione tra la paura che i
prezzi aumentino a dismisura e il desiderio di possesso immediato non fanno altro che
alimentare il desiderio di acquisto.
La recente crisi finanziaria che ha investito i mercati mondiali ha fatto scoppiare la bolla
speculativa sul mercato dell’arte contemporanea. I primi a tirarsi indietro sono stati gli
speculatori seguiti da gran parte dei collezionisti privati, che hanno costretto le gallerie a
chiudere i battenti e svendere i loro magazzini. Tutti gli esperti erano concordi nel
pensare che una correzione di rotta fosse necessaria e molti di loro avevano previsto che
i prezzi si sarebbero normalizzati seguendo gli andamenti ciclici. Dai prezzi elevati
degli anni Ottanta si è passati al periodo di recessione nei primi anni Novanta, per poi
tornare in fase crescente all’inizio del nuovo millennio toccando cifre record alle aste
fino alla fine del 2008, momento in cui i prezzi hanno iniziato a scendere a livelli
“normali”. A differenza della crisi dei primi anni Novanta il numero di collezionisti
benestanti che vogliono investire in arte è maggiore, garantendo la prospettica risalita
dei prezzi ed evitando il temuto tracollo del mercato dell’arte contemporanea.
La globalizzazione l’ha portato a diventare un mercato mondiale riducendo
ulteriormente il rischio di crollo generale: se il dollaro cala lo yen o l’euro saliranno, se
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l’economia di certi Paesi rallenta quelle di altri probabilmente avanzeranno e,
soprattutto, se l’arte contemporanea continua ad essere considerata come un asset
d’investimento alternativo otterrà benefici quando altri tipi di investimento vacilleranno.
Nella prima parte di questa tesi proverò a dare una breve ma essenziale descrizione del
mercato dell’arte contemporanea illustrandone la struttura, il funzionamento e i fattori
chiave nella determinazione dei prezzi delle opere d’arte. I suoi protagonisti cercano di
contenere l’offerta per creare dei mercati oligopolistici e orientare la domanda (sempre
più ampia) verso autori di secondo piano al fine di vendere le scorte di opere
accumulate e nel frattempo valorizzate a quotazioni molto elevate.
Nel secondo capitolo sarà analizzata la domanda di arte contemporanea che consiste
principalmente nel collezionismo (si sviluppa in diversi livelli, dall’arredatore di casa
allo speculatore), nelle Fondazioni per l’arte contemporanea e nelle Corporate Art
collections; queste istituzioni private insieme ad altre istituzioni pubbliche possono
anche commissionare opere direttamente all’artista ponendosi a metà tra la domanda e
l’offerta.
Nel terzo capitolo vedremo che le opere d’arte sono offerte direttamente dall’artista
stesso o dai galleristi, i musei e le case d’aste, che svolgono il ruolo di intermediari.
L’artista di oggi è manager di se stesso e ai nuovi collezionisti non importa se un’opera
è creata dalla mano dell’artista, a patto che vi metta l’idea concettuale e che l’opera sia
associata al suo stesso nome (ch diventa un brand facilmente riconoscibile). Il ruolo
delle gallerie è decisivo per la carriera dei giovani artisti che ottengono il successo in
tempi sempre più ristretti. Con l’aiuto di esempi reali e alcuni fatti curiosi capiremo
quanto potere hanno i famosi artisti, i potenti galleristi, i direttori dei musei più
importanti, i critici più temuti, le grandi case d’aste, le fiere e le biennali internazionali
che impongono il loro volere sul mondo dell’arte e ne decidono le regole di mercato.
Nella seconda parte verificherò se l’arte contemporanea è davvero considerata un asset
di investimento alternativo alle altre forme tradizionali (azioni, obbligazioni, oro,
immobili) e se veramente si comporta come un bene rifugio.
In questi ultimi decenni l’arte si è globalizzata diventando immateriale, concettuale e
politica. L’arte contemporanea è vista dalle imprese come una risorsa creativa capace di
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mettere in circolazione nuove idee e forme di pensiero. A differenza di altri tipi di
investimenti quello in arte è maggiormente apprezzato e ricordato perché coinvolge
aspetti emotivi e di gusto personali, attraverso progetti ideati e sviluppati in
collaborazione diretta con gli artisti. L’impresa può trasmettere meglio i propri valori di
innovazione e dimostrare la sua mentalità aperta e il coraggio di uscire dagli schemi. Si
stanno diffondendo molti progetti “Art at Work” che trasformano le sedi delle imprese
in vere e proprie gallerie d’arte contemporanea, con grandi benefici per l’immagine
aziendale agli occhi dei clienti, dei dipendenti, dei partner e delle istituzioni.
Approfondirò alcuni esempi di collezioni aziendali e fondazioni per l’arte
contemporanea in ambito nazionale e internazionale nel capitolo 1.
L’opera d’arte oltre alla funzione estetica assolve anche una funzione economica nel
momento in cui diviene oggetto di scambi all’interno di un proprio mercato di
riferimento, allo scopo di guadagnarci dalla differenza tra il prezzo di acquisto e quello
di vendita. A differenza degli altri strumenti finanziari non produce flussi periodici nella
forma di interessi o dividendi e consente esclusivamente forme di speculazione al rialzo.
Investire in questo settore è un’operazione molto delicata e non basta conoscere il
mercato (le sue caratteristiche, le sue regole, i suoi tempi), bisogna anche saper
riconoscere un’opera d’arte e stimarne il possibile valore economico.
La crescita imponente della clientela del segmento private, i profondi mutamenti
strutturali dei mercati finanziari e l’altalenante redditività dei tradizionali strumenti
d’investimento hanno reso necessario il riposizionamento del business degli istituti
bancari. Nel secondo capitolo approfondirò in che modo le banche hanno allargato i loro
ambiti di attività all’interno del private banking strutturando servizi di Art Advisory per
far fronte al grande interesse rivolto all’arte dai propri clienti, sempre più interessati ad
investire in opere d’arte e valorizzare le proprie collezioni sotto la guida di un Art
Advisor. A metà strada tra il critico d’arte e il consulente finanziario, questa figura
professionale è relativamente recente nel nostro panorama bancario nazionale perché in
America se ne parla già dalla fine degli anni Ottanta. Gli istituti di credito vedono
nell’arte un’ottima strategia di marketing che può consolidare il rapporto col territorio e
il tessuto sociale in cui operano, e un ottimo modo per fidelizzare la clientela.
Il terzo capitolo è dedicato ai fondi d’investimento in arte (gli art funds), un prodotto
finanziario che ancora stenta a decollare nel nostro paese ma che potrebbe garantire
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grandi vantaggi ai sottoscrittori. Questi fondi rappresentano una valida alternativa per
gli investitori di fascia medio-alta nelle scelte d’investimento delle proprie ricchezze. Il
capitolo si conclude con una breve descrizione dei metodi di costruzione degli indici di
prezzo delle opere d’arte, strumenti indispensabili al potenziale investitore per orientarsi
nelle scelte di asset allocation. Sono stati fatti diversi studi sugli investimenti in arte
nell’ambito della portfolio theory riuscendo a calcolarne i profili di rischio-rendimento e
a valutare l’effetto della diversificazione.
Nel quarto e ultimo capitolo, dopo una breve analisi della situazione passata e attuale
del mercato dell’arte contemporanea, verificherò se le mie affermazioni iniziali sono
confermate dai dati a disposizione. Vedremo, cioè, se l’arte può effettivamente essere
considerata un bene rifugio in grado di mantenere il proprio valore nel tempo in questo
periodo di bassa crescita economica e se risulta una buona alternativa alle tradizionali
forme di investimento.
Damien Hirst, The physical impossibility of death in the mind of someone living, 1991. Vetro, acciaio,
squalo tigre, soluzione al 5% di formaldeide. (213,4 x 640,1 x 213,4 cm).
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PARTE I
ECONOMIA e ARTE
« L'arte è bella per gli occhi e buona per il cuore»
Concetto condiviso da autori classici e greci.
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Ba nk s y, graffiti sul muro tra Israele e Palestina, 2006.
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CAPITOLO 1
Il mercato dell’arte contemporanea
1.1 – L’arte e l’economia.
Il connubio arte-economia non è per niente una novità perché, già da qualche tempo,
l’arte è entrata nel mondo dell’economia che a sua volta si è insinuata in quello
dell’arte.
L’arte è un’attività con molti riflessi economici e può essere analizzata secondo le
caratteristiche tipiche dell’economia: prezzo, domanda, offerta, quantità, qualità, …
Sono molti gli artisti che si sono avvicinati all’economia a partire da Paul Gauguin e
Vincent van Gogh, che hanno concentrato molta attenzione alla gestione finanziaria e
all’aspetto monetario delle loro produzioni, fino a Andy Warhol, Jeff Koons e Damien
Hirst. Anche i collezionisti seguono ragionamenti economici per arricchire e valorizzare
le proprie collezioni di opere d’arte.
L’interesse degli economisti per l’arte è invece più recente e quelli che si sono
avvicinati a questo mondo sono stati spinti principalmente dalla propria passione
1
. È
nata così l’Economia dell’arte
2
che ha raggiunto in questi anni un buon grado di
autonomia grazie allo sviluppo di molte pubblicazioni, raccolte, riviste specializzate e
alla nascita di varie associazioni di settore. Analizza gli aspetti economici delle forme
artistiche dalle arti riproducibili (cinema, televisione, libri, cd musicali), arti dal vivo
(concerti e rappresentazioni teatrali), fine art (mobili, gioielli e altri oggetti da
collezione) alle arti visive, le quali saranno oggetto di interesse in questo lavoro e che
comprendono le diverse manifestazioni artistiche della pittura e della scultura.
Non potendo distinguere il bello dal brutto in maniera oggettiva, l’arte è considerata un
concetto dinamico che muta nel tempo e perciò l’analisi economica deve tener conto di
come le regole sociali e le istituzioni condizionino il comportamento degli individui in
campo artistico. Gli studi che più interessano agli economisti sono l’analisi del mercato
e dei prezzi dei dipinti per riuscire a misurare i rischi e i rendimenti delle opere d’arte,
in quanto considerate forme di investimento.
1
Trovano molte difficoltà nell’analizzare i consumi di questo particolare tipo di beni, in quanto più
sensibili a decisioni psicologiche o di carattere sociologico piuttosto che economiche e quindi razionali.
2
Vedi G. CANDELA e A. E. SCORCU, Economia delle arti, Zanichelli, Bologna, 2004.
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Il “triangolo dell’economia dell’arte” è una schematizzazione del mercato dell’arte
molto utile per capirne, seppur in modo semplificato, il funzionamento e i principali
attori che vi operano
3
. L’artista entra in contatto con l’intermediario, il quale lo propone
al pubblico dei collezionisti che decidono se acquistare le sue opere; in seguito anche il
pubblico può promuovere l’artista facendo vedere ad altri le opere, innescando così un
processo di selezione che consente agli artisti di incrementare contatti e relazioni. Il
mercato riceve impulsi dalla critica che ha il compito di far sì che l’opera sia recepita al
meglio dai collezionisti, condizionando a sua volta la produzione degli artisti.
Analizzando il funzionamento del mercato dell’arte sotto l’aspetto economico si
presuppone un significativo collegamento tra il valore monetario e il merito artistico
dell’opera. Infatti, maggiore è il suo merito artistico riconosciuto maggiori saranno i
potenziali acquirenti che ne alzeranno il prezzo di mercato entrando in competizione tra
loro. Il valore monetario delle opere d’arte è riassunto dal prezzo che, al contrario degli
altri tipi di beni, non è legato al costo di produzione. La maggioranza degli acquirenti e
dei venditori di opere d’arte agiscono disinformati riguardo alla qualità artistica del bene
e vale il principio del “nobody knows” (disinformazione simmetrica) mentre in altri casi
è solo l’acquirente ad avere uno svantaggio informatico rispetto all’offerente
(informazione asimmetrica). Il pittore francese Pierre-Auguste Renoir, uno dei massimi
esponenti dell’impressionismo, riguardo a ciò ha detto: «Nessuno conosce niente
[riguardo al valore dei dipinti]. C’è un solo indicatore del valore dei dipinti, ed è la sala
di vendita.»
1.2 – L’arte contemporanea.
Nel mercato dell’arte si scambiano dipinti, grafiche e sculture che sono beni unici e
sono classificati nelle principali categorie dell’arte antica, moderna e contemporanea
(distinte a loro volta in specifiche correnti artistiche, come l’impressionismo, il
futurismo, il minimalismo). La concentrazione degli scambi su una o più di queste
categorie dipende proprio dal mercato che, a seconda dei periodi, esalta determinati stili
o artisti e ne regola la frequenza.
3
Cfr. R. BARILLI, L’artista, il critico e il mercante: un triangolo ineliminabile, in G. CANDELA e M. BENINI
(a cura di), Produzione e circolazione dell’informazione nel mercato dell’arte, CLUEB, 1997, pp. 89-97.
15
In questo lavoro saranno oggetto d’esame soltanto le opere d’arte contemporanea, che
rappresentano già di per sé un argomento molto ampio e specifico. Dal punto di vista
cronologico l’arte contemporanea si colloca dopo il periodo dell‘arte moderna, sorta
verso la fine dell’Ottocento e conclusasi negli anni Sessanta quando Andy Warhol ha
iniziato a realizzare le scatole di detersivo Brillo.
Andy Warhol, Scatole di detersivo Brillo, 1964. Stable Gallery di New York.
Non è semplice dare una definizione oggettiva di arte contemporanea e, generalmente
come suggerisce il nome stesso, si fa riferimento a tutta l’arte prodotta nel presente.
L’aggettivo contemporaneo è molto inclusivo anche per la mancanza di una scuola
artistica dominante riconosciuta da artisti, critici, storici dell’arte. Il periodo di studio in
oggetto parte dagli anni Sessanta del XX secolo fino ai giorni nostri, anche se la
classificazione degli storici dell’arte non sempre coincide con quella del mercato. Ai
giorni nostri c’è già chi usa il termine “Supercontemporaneo” criticando il fatto di
comprendere in uno stesso termine (contemporaneo) espressioni artistiche troppo
diverse tra loro in un arco di tempo che, per merito o demerito della globalizzazione, ha
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meramente estetici. Con la globalizzazione il mercato dell’arte contemporanea ha
registrato notevoli cambiamenti, a partire dall’inversione del rapporto di forza fra i
galleristi e le case d’aste in favore di queste ultime. Infatti, molti mercanti non riescono
più a operare se non collaborando con le case d’aste in una situazione di relativa
dipendenza. I galleristi leader invece preferiscono una strategia di espansione mondiale
moltiplicando le proprie succursali all’estero e destinando molte risorse nelle fiere
internazionali.
Il mercato dell’arte contemporanea si é internazionalizzato diventando un mercato
mondiale costituito dai mercati nazionali interconnessi tra loro e inseriti in un sistema
globale di scambi culturali ed economici, facilitato anche dalla maggiore circolazione
degli individui, delle opere e dell’informazione. Grazie a internet l’informazione sulla
quotazione delle opere vendute all’asta è istantanea e universale, e lo stesso vale per gli
indici di prezzo del mercato e le classifiche che si riferiscono agli artisti in funzione del
volume d’affari realizzato alle aste che danno indicazioni sullo stato del mercato e sulle
tendenze in atto. Sono molte le gallerie, case d’aste, artisti, musei e le riviste di settore
che hanno preso al volo le opportunità proposte dai nuovi canali di comunicazione
(internet su tutti) per espandere il mercato, offrendo nuovi servizi e avvicinando alle
opere d’arte nuovi segmenti di clientela
6
.
Negli ultimi anni la domanda ha avuto una notevole crescita facendo entrare nuovi attori
sul mercato e l’offerta ha subito un ampio rinnovamento. Gli operatori e gli acquirenti
sono maggiormente disposti a spostarsi fisicamente in funzione della struttura del
mercato, delle regole e dei costi delle transazioni incoraggiati anche dalla volatilità dei
flussi finanziari investiti in questi beni artistici. Si è così creato un giusto equilibrio tra
concentrazione e internazionalizzazione del mercato: anche se le vendite all’asta si
concentrano nelle maggiori metropoli (New York, Londra e Parigi), al contempo in
un’altra parte del mondo si svolge una nuova fiera d’arte contemporanea.
Volendo individuare una possibile geografia del mercato dell’arte contemporanea
(sempre in base ai dati di Artprice) è possibile classificare i paesi in base al giro d’affari
raggiunto nelle aste internazionali. In testa troviamo gli Stati Uniti (quasi
esclusivamente con New York) con un fatturato di 1,3 miliardi di dollari e una
6
Penso che gli operatori del mercato dell’arte non sostituiranno mai del tutto i loro canali di vendita
tradizionali con quelli propri delle nuove tecnologie. Le case d’aste, per esempio, non abbandoneranno
mai le sedute d’asta fisiche nelle quali si crea un’atmosfera che non è riproducibile nelle aste online.