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Abstract
Obiettivo di questo lavoro è porre un focus sull’invecchiamento, come momento
naturale della vita di una persona e sul tema della neurodegenerazione, in
particolare, che dell’invecchiamento rappresenta uno dei risvolti patologici più
evidenti e debilitanti per l’individuo.
L’invecchiamento verrà trattato dalla prospettiva espistemologica della
PsicoNeuroEndocrinoImmunologia, in un’ottica olistica e globale che considera
l’individuo nella sua complessità e nella sua interazione continua e adattativa con
l’ambiente che lo circonda. Per questo, nel primo capitolo verrà inquadrata la
dimensione della vecchiaia, come parte integrante della vita di un essere umano,
mettendone in evidenza le caratteristiche peculiari, che non possono essere trattate
singolarmente, in un’ottica riduzionistica.
Nel secondo capitolo verranno poi approfondite le caratteristiche
dell’invecchiamento cerebrale e verrà illustrato il fenomeno della
neurodegenerazione come caratteristica patologica e non necessariamente usuale
ad esso associabile.
Infine, nel terzo capitolo, verranno illustrati fattori protettivi dell’invecchiamento
cerebrale, in un’ottica preventiva e auspicabile.
Tutta la trattazione si baserà sulle ricerche più attuali, presenti in ambito scientifico
e rintracciabili nella bibliografia di riferimento al testo.
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Introduzione
Il periodo storico che stiamo vivendo è caratterizzato da una grande complessità e
una certa dose di ambiguità, che rende volatile e incerta la possibilità di fare
previsioni circa il nostro domani, in quanto specie umana.
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Questa affermazione è supportata dagli studi scientifici alla base del progresso
tecnologico, che ha caratterizzato l’esordio di questo XI secolo e trova la sua
conferma nell’attuale situazione mondiale, che vede qualsiasi tipo di studio e
intervento sociale, svolto negli ultimi mesi, sotto la lente di ingrandimento dovuta
alla pandemia della COVID-19.
Nel grande trambusto che ha scatenato, con relativi lock-down nazionali (e non
solo), mi sono cimentata nello scrivere questa tesi che ha come argomento il tema
dell’invecchiamento, nell’ottica sistemica e onnicomprensiva della
PsicoNeuroEndocrinoImmunologia (PNEI). Il focus su cui mi sono concentrata è
quello della neurodegenerazione, nel tentativo di comprendere la natura di questo
fenomeno eterogeneo e complesso, alla luce degli studi finora condotti e presenti
in letteratura, con il proposito di delineare auspicabili traiettorie di salute che, pur
non potendo dichiararsi esaustive e risolutive, mi auguro possano fornire chiavi
di lettura e spunti utili alla prevenzione.
Parlare di invecchiamento e di anziani, durante questa fase di pandemia, ha
diverse valenze. Infatti, proprio gli anziani rappresentano la fascia di popolazione
potenzialmente più colpita e a rischio a causa delle infezioni da SARS-COV-19.
Questo, in primo luogo, a causa della vulnerabilità che caratterizza il quadro
clinico generale dell’anziano, a causa del fenomeno dell’immunosenescenza, che
verrà illustrato nel corso del 1° capitolo.
Bisogna però sottolineare che, nelle prime fasi della pandemia, purtroppo “essere
anziani” non ha significato, unicamente, essere più vulnerabili. Nei reparti di
terapia intensiva, saturi di pazienti con gravi insufficienze respiratorie, tra marzo
e aprile 2020 ci si è trovati di fronte ad una scelta, probabilmente senza precedenti
nella storia della sanità pubblica: abbiamo assistito alla nascita di un modello di
1
Non a caso viene spesso utilizzato il termine V.U.C.A. per definire la nostra epoca, termine coniato
in ambito militare negli anni della guerra fredda, ma ormai applicabile alla totalità dei contesti che
caratterizzano la quarta rivoluzione industriale. Per approfondimenti: https://www.vuca-world.org
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“sanità selettiva” che considera residuale la vita degli anziani e, per questo,
sacrificabile.
Ritengo che questo stato della sanità sia “senza precedenti” poiché in questa fase
evolutiva dell’umanità, a prescindere le pagine nere della storia che tutti
ricordiamo, la popolazione anziana è particolarmente numerosa. Soprattutto, da
quando è nato il concetto di un diritto alla salute e alla cura a tutela dell’individuo
e nell’interesse della società: diritto sancito nella nostra costituzione
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e innegabile
a qualsiasi essere umano.
In un comunicato stampa del maggio del 2020, la comunità di Sant’Egidio ha
diffuso un appello per esprimere “il dolore e la preoccupazione per le troppe morti
di anziani”, auspicando “una rivolta morale perché si cambi direzione nella cura”
sottolineando, inoltre come “l’apporto degli anziani continua ad essere oggetto di
importanti riflessioni in tutte le civiltà. Ed è fondamentale nella trama sociale della
solidarietà tra generazioni… è ora di dedicare tutte le necessarie risorse alla
salvaguardia del più gran numero di vite e umanizzare l’accesso alle cure per tutti.
Il valore della vita rimanga uguale per tutti. Chi deprezza quella fragile e debole
dei più anziani, si prepara a svalutarle tutte”.
Personalmente, non posso che essere d’accordo con questo appello, che in questa
tesi vorrei però ampliare. La cura e il benessere dell’individuo non si garantisce
unicamente mediante un’equità di accesso alle cure adeguate, ma anche attraverso
la possibilità di far in modo che le persone vivano pienamente e consapevolmente
la propria esistenza, in ciascuna fase della propria vita.
Sopravvivere, non è la stessa cosa di vivere. Gli anziani in questi mesi hanno
sofferto anche un forte isolamento e, nei casi più complessi, un’estrema
medicalizzazione e istituzionalizzazione. Come cercherò di sottolineare nella tesi
che sto presentando, l’isolamento è un grande fattore di stress e lo stress determina
un carico allostatico considerevole per il nostro cervello, promotore di un rischio
neurodegenerativo.
Gli studi analizzati e presentati nel corso del secondo capitolo di questa tesi, infatti,
prendono in considerazione proprio i fattori che rendono possibile l’instaurarsi e
l’esacerbarsi di processi neurodegenerativi, che possono compromettere la qualità
della vita delle persone e decretare l’invecchiamento cerebrale.
2
Articolo 32 della Costituzione Italiana
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Sappiamo oggi, come dimostrano studi condotti su persone anziane che
mantengono le proprie capacità cognitive, che il nostro cervello può continuare a
funzionare nel tempo, in maniera discreta e sufficiente, consentendo di
sperimentare una vita piena e piacevole. Può consentire alle persone di continuare
a condividere le proprie esperienze di vita passate, rendendole un patrimonio
acquisito e condiviso per l’intera umanità. Pensiamo, per fare solo un esempio,
all’immensa opportunità che abbiamo ancora oggi di poter ascoltare le
testimonianze dei sopravvissuti alla grande guerra e ai campi di concentramento,
che possono ostacolare le assurde ondate di nostalgie e revival delle idee
nazionalsocialiste, rendendo la storia viva nei loro racconti e più forte il desiderio
che non accada mai più nulla del genere.
L’invecchiamento di successo e in salute diventa, quindi, non solo un qualcosa di
desiderabile, ma un traguardo auspicabile per la scienza e per l’umanità.
Nell’ultimo capitolo di questa tesi verranno, perciò, presi in considerazione i fattori
di protezione dal rischio neurodegenerativo, cercando di sottolineare auspicabili
traiettorie di salute che possano essere intraprese per consentire non solo una vita
più lunga alle persone, ma una qualità della vita maggiore nella popolazione.
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1 CAPITOLO
L’invecchiamento in ottica PNEI
1.1. Studiare lo sviluppo dell’individuo in ottica PNEI
La storia della medicina, in termini di cura e prevenzione, sta cambiando. Il
paradigma riduzionista, che ha caratterizzato la scienza medica ed è ancora
possibile rintracciare in alcuni libri di testo, fondamentali alla preparazione di
futuri medici e scienziati, vacilla sempre di più dinnanzi alla complessità messa
in evidenza dalla ricerca.
Negli ultimi anni abbiamo assistito, infatti, a notevoli progressi nel campo
dell’endocrinologia, dell’immunologia e delle neuroscienze, grazie soprattutto
all’implemento di tecnologie, sempre più all’avanguardia, che aprono scenari
nuovi, per certi versi impensabili fino a qualche decennio fa.
Tali progressi hanno permesso l’affermarsi del paradigma della
Psiconeuroendocrinoimmunologia (PNEI): un nuovo paradigma
epistemologico e di ricerca che consente un ampliamento delle prospettive e
della conoscenza, in campo scientifico, rendendo evidenti i limiti di un
approccio riduzionistico allo studio della vita umana. Le attuali ricerche
rendono giustizia ad un filone di pensiero e di conoscenza, che ha visto la luce
a partire dagli anni ’30 del XX secolo e che costituisce una solida base teorica
dell’approccio PNEI. Tale approccio verrà approfondito in questa tesi,
focalizzando l’attenzione sul tema dell’invecchiamento e, in particolare, della
neurodegenerazione.
È opportuno, però, mettere prima in evidenza le caratteristiche di questa
disciplina, la PNEI, che studia le relazioni tra la psiche e gli altri sistemi biologici
che governano i meccanismi di omeostasi e allostasi dell’organismo,
considerato come un’unità strutturata e interconnessa. Lo scopo è quello di
accedere ad un concetto di salute e benessere onnicomprensivo e olistico,
prendendo in considerazione la comunicazione bidirezionale che avviene tra i
diversi sistemi del network PNEI: psicologico, endocrino, immunologico e
neuronale.
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Tali sistemi sono ovviamente influenzati dalla genetica, ossia dai geni che
contengono le informazioni necessarie alla formazione e al funzionamento di
ciascuna cellula del nostro organismo, ma soprattutto dai meccanismi
epigenetici, che regolano e rendono possibile il manifestarsi e l’espressione
stessa dei geni, caratterizzando così la natura delle diverse cellule (nate da un
unico patrimonio genetico) e il fenotipo dell’individuo. I meccanismi
epigenetici, inoltre, non sono limitati alle prime fasi dello sviluppo, anzi
“potremmo dire che la vita scrive i suoi appunti sul genoma sotto forma di
lettere epigenetiche, modulando l’espressione delle informazioni genetiche”
3
durante l’intero arco di vita, rendendo l’assetto dell’epigenotipo dinamico, con
possibili effetti transgenerazionali. Tale conclusione ha una portata
rivoluzionaria, in quanto permette il superamento del dualismo mente-corpo:
fornisce, infatti, solide basi scientifiche che dimostrano la comunicazione bi-
direzionale che si instaura tra la biologia del corpo umano e l’ambiente,
culturale e peculiare, in cui esso si trova immerso, fin dal momento stesso del
concepimento.
Il paradigma della PNEI si configura, quindi, anche come un nuovo modo di
guardare allo sviluppo dell’essere umano. Supera la storica dicotomia tra lo
studio del corpo e lo studio della mente, tra la medicina e la psicologia, ma
anche tra “scienze naturali” e “scienze umane”, cercando di rendere giustizia
della complessità e dinamicità che caratterizza tale dimensione evolutiva.
1.1.1. L’invecchiamento
Tradizionalmente, la vita umana viene fatta coincidere con una serie di tappe
evolutive che, dal momento del concepimento, guidano l’individuo nel corso
della vita, fin dalla nascita. Di norma, le prime fasi della vita attengono ai
concetti di crescita e sviluppo: il neonato diventa bambino/a, poi fanciullo/a,
poi ancora adolescente… in un rapido susseguirsi di eventi significativi di vita
e conquiste psico-fisiologiche, indispensabili alla formazione dell’organismo
adulto.
Proprio con l’età adulta, si raggiunge quello che può essere definito un “climax”
di performance al TOP, che solitamente viene fatto coincidere con i 40 anni.
3
Bottaccioli F., Bottaccioli A.G., (2017), pag. 51