2
normativa adeguata a cogliere le peculiarità ed i possibili correttivi
di tali fenomeni
1
.
Il legislatore, infatti, ha preferito rivolgere la sua attenzione ad
alcuni settori specifici o , per esempio, alla figura tipica del
commerciante o dell’agente, trascurando invece di regolare
direttamente quelle contrattazioni fra imprenditori volte a
disciplinare la distribuzione di prodotti e servizi mediante rapporti
di collaborazione innestati sulle tradizionali funzioni di scambio.
Proprio con riferimento a tale ambito si è sviluppato il
concetto di integrazione verticale da contratto, che si riferisce ad un
sistema distributivo nel quale interagiscono più imprese o soggetti
dello stesso o di diverso ruolo, per cui l’interazione di tali ruoli
rende possibile accentrare in capo ad un’impresa talune funzioni
proprie di un altro ruolo che viene ad integrarsi con quello
principale
2
.
1
Sul dibattito relativo all’opportunità o meno di una espressa disciplina legislativa riguardo ai
contratti atipici v. per tutti, DE NOVA, Nuovi contratti ², Torino, 2000, pag.30 ss.
2
SANTINI, Il commercio – Saggio di economia del diritto, Bologna, 1979
3
Gli schemi contrattuali diffusi nell’ambito del sistema
distributivo, pur se ormai largamente recepiti, hanno creato seri
problemi al legislatore sotto il profilo della loro qualificazione
giuridica.
Tra tutti questi schemi spicca il franchising, che ha suscitato, e
continua a suscitare le più fervide discussioni della dottrina
3
circa la
sua qualificazione giuridica.
Il franchising è un fenomeno commerciale che ha preso forma
negli Stati Uniti, nel cui sistema di commercializzazione dei
prodotti e dei servizi svolge un ruolo essenziale. Il suo clamoroso
sviluppo si ebbe dopo la seconda guerra mondiale, periodo in cui la
penuria dei mezzi finanziari ostacolava l’espansione commerciale
delle piccole e medie imprese.
In tal modo si pensò di rivitalizzare il franchising, in quanto
presentava dei vantaggi sia per il franchisee sia per il franchisor, i
due soggetti dell’operazione. Per il primo, infatti, si prospettava la
3
Tra i tanti FRIGNANI, Il Franchising , Roma, 1987; PARDOLESI, I contratti di
distribuzione, Napoli, 1979; COLELLA, Il Franchising, Napoli, 1976; ZANELLI, Il
Franchising , in Ann. Fac. Giur. Genova, 1977.
4
possibilità, purché dotato di una certa esperienza e di un minimo di
mezzi finanziari, di realizzare una propria impresa commerciale,
entrando a far parte di una catena di distribuzione già collaudata,
con l’ulteriore vantaggio di assumere un rischio abbastanza
limitato.
Per il secondo, invece, si profilava la prospettiva di inserirsi in
nuovi mercati, senza l’onere di effettuare investimenti diretti.
Inoltre, i vantaggi che si possono ottenere grazie ad un
contratto di franchising, o in generale grazie ai contratti di
distribuzione, riguardano anche il piano organizzativo; infatti si può
affermare senza dubbio alcuno che i contratti di distribuzione
nascono come strumenti di organizzazione della distribuzione, che
consentono una gestione e una pianificazione della politica
produttiva più duttile, e una realizzazione della politica di vendita
più efficace
4
. Il successo del franchising negli Stati Uniti è dovuto a
due fattori:
4
CARTELLA, Concessione di vendita, in Dizionari di diritto privato, a cura di N. Irti, vol.3,
pag.293
5
a) consente al franchisor un rapido sviluppo della sua cifra di affari
con conseguente aumento del tasso di rendimento del proprio
capitale;
b) relativamente al franchisee, presenta il vantaggio di aver
rivitalizzato le sue aspirazioni di piccolo imprenditore, e di
chiamarlo a svolgere una funzione essenziale nel mercato
commerciale garantendo una certa sicurezza
5
.
5
FRIGNANI, Factoring, Leasing, Franchising, Venture capital, Leveraged buy-out, Hardship
clause,Countertrade, Cash & Carry, Merchandising, Know-how,Securitization , 6^ ed. Torino,
1996.
6
1.2 (SEGUE) L’AFFERMAZIONE DEL FRANCHISING IN
EUROPA
In seguito alla grande diffusione che ha avuto negli Stati Uniti,
il franchising ha trovato frequente applicazione anche in Europa.
Bisogna, in tal proposito, distinguere due periodi; in un primo
momento, si è verificato uno sfruttamento del mercato europeo da
parte dei franchisors americani, mentre in una seconda fase, sono
state le imprese europee a stipulare contratti di franchising, sia tra
imprese di uno stesso Stato, che tra imprese di Stati differenti
6
.
La grande diffusione che ha avuto il franchising nel nostro
panorama distributivo è dovuta a diversi fattori. Tra questi si
possono facilmente individuare: la difficoltà per i gruppi
oligopolisti di ottenere licenze o autorizzazioni amministrative, il
sorgere di consorzi tra piccole imprese, i nuovi impulsi dati alla
distribuzione cooperativa, la difficoltà di reperire grandi aree nei
centri urbani.
6
FRIGNANI, op. ult. cit., pag.269 ss.
7
Queste, insieme a molte altre sono le cause che hanno fatto sì
che in Italia, cosi come negli altri paesi ad economia neo-liberistica,
lo sviluppo della grande distribuzione ha incontrato serie difficoltà
e si è sempre più frequentemente fatto ricorso al franchising.
Tuttavia il modo in cui si è sviluppato il franchising nel
mercato europeo, o comunque il fare ricorso a tale istituto, è
profondamente diverso se si guarda al mercato statunitense.
Infatti il franchisee americano è orientato a diventare un
imprenditore autonomo, mentre il franchisee europeo è più attento a
limitare il rischio d’impresa.
Ciò è confermato dal fatto che un franchisee europeo
preferisce versare una royalty più alta, rispetto ad un forte diritto
d’entrata, proprio per correre un rischio minore, ed avere dall’altra
parte un franchisor partner effettivo
7
.
Queste peculiarità emergono perché non soltanto il franchising
è un istituto nuovo nei paesi europei, ma anche per il fatto che sono
diverse le esigenze cui è preposto ; ad esempio, mentre negli Stati
7
FRIGNANI, op. ult. cit.
8
Uniti esso rappresenta un’alternativa alla grossa distribuzione, in
Europa accade esattamente il contrario, ossia sono le grosse catene
di distribuzione che vi ricorrono al fine di espandersi e penetrare in
mercati in cui sarebbe difficile, o comunque antieconomico entrare
direttamente.
Tuttavia si deve notare come sia abbastanza difficile dare una
definizione unica ed uniforme di franchising, in quanto esso assume
differenti peculiarità in ciascun Stato, dove è stato adattato alle
proprie esigenze di mercato e a quelle dei consumatori, e alle
disposizioni del proprio ordinamento giuridico.
A ciò si aggiunga che rappresenta un contratto non soltanto
atipico, ma anche complesso.
Ciò significa che tale istituto non è regolamentato da una
disciplina giuridica organica, e non è riconducibile a nessun tipo di
contratto, legale o sociale che sia.
Di conseguenza non esiste una vera e propria disciplina legale
di tale contratto, e su ciò gli orientamenti sono pacifici. Ma è
oggetto di ampie discussioni se il franchising sia un tipo sociale
9
autonomo o meno
8
, in quanto dal sistema di civil law, da cui è stato
introdotto, ha trovato, nel nostro ordinamento, la materia già
presidiata da un altro tipo sociale: la concessione di vendita.
8
DE NOVA, Franchising, in Digesto, VI, pag. 297.
10
1.3 TIPI DI FRANCHISING E CONCESSIONE DI VENDITA :
DUE MODELLI ALTERNATIVI NEL SISTEMA DELLA
DISTRIBUZIONE
Il problema per la diffusione del franchising è stato, quindi,
quello di rendersi autonomo rispetto alla concessione di vendita.
A tal proposito la dottrina si è data molto da fare per tracciare
una linea di demarcazione tra i due istituti; i primi criteri distintivi
elaborati (facoltà di sfruttamento del marchio, trasferimento del
know-how, carattere fiduciario del rapporto, collaborazione inter –
imprenditoriale, pagamento di una front fee) tuttavia non riuscivano
a distinguere in modo chiaro ed evidente le due fattispecie, in
quanto si riferivano a caratteristiche comuni ad entrambi,
caratteristiche peraltro solo eventuali, o perché si trattava di criteri
espressi in termini solo quantitativi
9
.
9
PARDOLESI, Contratto di franchising, risoluzione di diritto, provvedimenti d’urgenza, Foro
it., 1982, I, pag.2045.
11
Nonostante queste differenze, si può notare grazie ad
un’analisi approfondita, come la linea di demarcazione tra i due
istituti non sia cosi netta.
La facoltà di sfruttamento del marchio e dei segni distintivi,
l’uso dell’insegna, e lo stesso trasferimento del know-how,
costituiscono un elemento caratterizzante solo eventuale e non un
vero e proprio discrimen. Resta la front fee che però in Italia, a
parte rare eccezioni, incontra fortissime resistenze
10
.
La distinzione, inoltre, ha incontrato maggiori difficoltà anche
a causa delle sempre più frequenti e numerose definizioni di
franchising, che presentano un’intelaiatura comune costituita dai
vari elementi caratterizzanti, i quali, tuttavia, non sono in grado di
garantire l’autonomia concettuale del contratto di franchising
rispetto alla concessione di vendita
11
.
Una svolta verso l’autonomia del franchising si è avuta con la
crescente diffusione del franchising di servizi, fattispecie che per
sua natura si differenzia nettamente dalla concessione di vendita.
10
PARDOLESI, Contratti di distribuzione, Napoli, 1979, pag.5.
11
PARDOLESI, op. ult. cit.
12
In effetti, proprio la capacità del franchising di assumere
contenuti diversi, ha reso assai difficile distinguere il genus della
concessione dal franchising, che esprime una tendenza a coprire
l’intero ambito dei contratti di distribuzione
12
.
Infatti, sia lo schema della concessione che quello del
franchising rispecchiano il diffondersi di una vasta gamma di
negoziazioni molto varie, difficilmente riconducibili ad uno schema
unitario anche a causa delle stesse peculiarità del fenomeno
distributivo, ove si operano aggregazioni e disaggregazioni sia sul
versante dell’impresa che sul quello del contratto, lungo la via che
franchising e concessione non riescono a coprire.
Caratteristica di tali rapporti è lo spostamento della lotta per la
clientela dal piano orizzontale, cioè tra imprese che producono beni
o servizi in concorrenza tra loro, al piano verticale tramite la
predisposizione, in aggiunta al rapporto diretto consumatore
dettagliante, di un rapporto indiretto fra consumatore e produttore
reso preminente, nella distribuzione, dall’impiego dei segni
12
SANTINI, Il commercio, cit., pag.150
13
distintivi di quest’ultimo e dalla loro pubblicizzazione nell’attività
di smercio del bene o del servizio.
Sul piano normativo una spinta verso l’autonomia è venuta dal
Regolamento CEE n. 4087/88
13
, sulla scia della sentenza della
Corte di Giustizia riguardante il caso Pronuptia
14
.
La sentenza Pronuptia è stata molto attesa, in quanto si temeva
che da essa potesse scaturire una grave limitazione all’utilizzo e alla
diffusione del franchising.
Tuttavia i timori e le preoccupazioni a riguardo sono stati
smentiti; la Corte di Giustizia, infatti, ha sancito la compatibilità del
franchising con le regole comunitarie della concorrenza, e la
situazione di incertezza normativa che si era creata è stata del tutto
eliminata.
Le difficoltà erano molteplici e imputabili alla mancanza di
un’univoca nozione legislativa e giurisprudenziale di tale
fattispecie, ma anche dovute dall’estrema elasticità dell’istituto in
13
REGOLAMENTO CEE, n.4087/88, Commissione 30/11/1988, GUCE n. L. 359/4 del
28/12/1988
14
CORTE DI GIUSTIZIA CE, sentenza 28/1/1986 (causa 161/84), G.Co, 1987, II, pag. 36
14
esame ad assumere le più svariate forme e ad adattarsi a rapporti
differenti.
La decisione della Corte, però, è stata circoscritta al solo
franchising di distribuzione, riguardante la controversia in oggetto;
nonostante questa limitazione, è emersa una precisa definizione del
contratto di franchising, di cui è stata sancita la piena autonomia
rispetto ad altre figure di accordi di distribuzione, come ad esempio
i contratti di distribuzione selettiva o le concessioni di vendita con
esclusiva.
Dalla decisione della Corte emerge che il franchising risulta
caratterizzato, dal punto di vista giuridico, dalla concessione che
una parte fa all’altra di utilizzare, verso corrispettivo e secondo le
modalità convenute, oltre ai propri segni distintivi, un insieme di
conoscenze relative a metodi di commercializzazione.
Si tratta, quindi di un contratto essenzialmente basato sullo
schema delle licenze di marchio di know-how, con la caratteristica
ulteriore ed essenziale che i diritti trasferiti restano strettamente