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Da lì la scelta di prendere il master di I° livello in psiconcologia e la voglia di rimanere
volontaria e socia dell’associazione dove prestavo il servizio civile, l’UNITALSI, con gli
stessi compiti da me prima svolti.
Il presente lavoro è suddiviso in otto capitoli più un’appendice dove sono trascritte le
interviste effettuate ai malati e ad alcuni operatori che lavorano a contatto con i malati
oncologici: psicoterapeuti, volontari, ludoterapisti, clownterapeuti.
Il primo capitolo, che tratta “Le origini del cancro”, affronta il comportamento delle cellule
normali, la loro divisione e come queste si trasformano in cellule neoplastiche.
Il secondo capitolo tratta l’argomento dell’”Intervento psicologico nei malati oncologici”.
La psiconcologia è una scienza recente, che è giunta negli ultimi vent’anni anche in Italia,
divenendo una disciplina autonoma; in più, inoltre in questo capitolo sono descritti i diversi
modelli terapeutici.
Il terzo capitolo tratta l’argomento della “Comunicazione della diagnosi” e spiega i
principali trattamenti antitumorali, quali la chirurgia, la chemioterapia e la radioterapia e i
loro effetti collaterali sul paziente. La comunicazione della diagnosi comporta sempre uno
stato di shock sul paziente; in questa fase il malato è pieno di sentimenti contrastanti, tanto
da generare uno stato confusionale, dove la presenza di un familiare o un amico aiuterebbe
ad ascoltare i consigli del medico.
Il quarto capitolo, denominato “Aspetti fisici e psicologici del malato oncologico nelle
diverse fasi della malattia”, descrive il malato oncologico, il suo rapporto con la morte, i
suoi cambiamenti nelle diverse fasi della malattia, da quello post-diagnosi alla fase
avanzata e terminale, con un paragrafo dedicato alle cure palliative o movimenti hospice,
che servono a migliorare la qualità della vita del paziente nell’ultima fase della sua vita.
Il quinto capitolo tratta l’argomento della “Famiglia del malato di tumore: aspetti
psicologici e relazionali”. L’evento cancro è visto come un evento di rottura che porta
molteplici cambiamenti sul sistema familiare, dove tutti i rapporti sono messi in
discussione e dove le metodologie comportamentali sono differenti da individuo ad
individuo. E’ anche affrontato il tema della famiglia di fronte alla morte, delle varie
tipologie di lutto, come ad esempio nel caso della famiglia con un malato terminale, il lutto
anticipatorio o i vari lutti patologici.
Infine, sempre in questo capitolo sono affrontati due modalità d’aiuto per le famiglie dei
malati oncologici: i gruppi d’auto-aiuto e le case d’accoglienza.
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Il sesto capito tratta “Il bambino e l’adolescente malato di tumore”, come percepiscono la
malattia e che impatto ha questa sulla loro vita. Saranno affrontati gli argomenti della
scuola, dell’importanza del gioco in ospedale, non inteso solo come passatempo, ma come
mezzo di socializzazione e l’utilizzo dell’arteterapia, in particolare la teatroterapia; inoltre
sarà brevemente descritta un’atra forma di terapia alternativa per bambini che si sta
sviluppando recentemente anche in Italia: la pet-terapy.
Il settimo capitolo affronta l’argomento “L’importanza della comicoterapia e della
clownterapia” nei bambini malati di tumore: l’origine di queste due terapie, lo sviluppo e il
significato del ridere, del sorriso, dell’umorismo e della comunicazione ironica.
Infine, nell’ottavo capitolo è affrontato l’argomento del “Burn-out in ambito oncologico”,
in quanto il cancro non colpisce solo il malato o la sua famiglia ma tutti gli operatori
sanitari che si occupano di tale settore, perché le emozioni quotidiane, generate dalla
sofferenza altrui possono causare uno stato di black-out mentale, dove l’unica difesa
possibile risulta essere il cinismo e l’indifferenza.
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CAPITOLO I
LE ORGINI DEL CANCRO
Premessa
Il sospetto di un caso di cancro può sorgere in occasione di una semplice visita di
controllo o in seguito a manifestazioni di sintomi specifici.
La diagnosi può essere formulata dal medico curante o da uno specialista, sulla base della
biopsia.
La biopsia consiste nel prelievo di una porzione di tessuto effettuato per via cutanea sotto
guida TAC o ecografia, per via endoscopica, mediante prelievo con ago (agobiopsia) o
mediante escissione in un intervento operatorio.
Il campione prelevato, è poi esaminato da un patologo, che sulla base di quanto viene
osservato, elaborerà l’esame istologico.
La diagnosi di cancro è composta di tre elementi: il tipo di cancro, la sua origine e
l’accertamento d’eventuale presenza di cellule tumorali a distanza dalla sede anatomica.
Il cancro è una malattia complessa ed è il risultato di un comportamento anomalo di cellule
che crescono senza controllo.
1.1 IL COMPORTAMENTO DELLE CELLULE NORMALI
Una delle caratteristiche fondamentali della cellula è la sua divisione con la produzione di
due cellule figlie, ciascuna delle quali si dividerà in altre due cellule, e così via.
Dopo 10 divisioni successive, da una cellula avranno avuto origine 1024 cellule; dopo 15
divisioni saranno 32.768. La divisione cellulare avviene in vari modi e in vari momenti, ad
esempio, quando ci si ferisce, oppure durante la crescita e lo sviluppo dell’embrione e del
feto.
La divisione delle cellule avviene anche nei tumori, ma in questo caso sfugge ad ogni
controllo.
Tutte le cellule comunicano fra loro attraverso particolari molecole, come per esempio
ormoni, fattori di crescita e citochine in grado di trasmettere segnali; quando hanno
raggiunto le altre cellule, queste molecole si legano a dei recettori, cioè a delle regioni
specifiche situate sulla superficie cellulare (membrana).
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Il comportamento d’ogni cellula del corpo umano è controllato da una molecola molto
complessa, chiamata DNA (acido desossiribonucleico), che si trova nel nucleo cellulare.
Ognuno di noi eredita il DNA dai genitori, ed esso contiene il “programma genetico”, che
specifica la struttura dell’intero corpo. Nella cellula umana, il DNA è distribuito in 46
sezioni, chiamati cromosomi. Questi ultimi sono organizzati in coppie: ciascuno dei
genitori fornisce 23 cromosomi. Quello che distingue una cellula da un’ altra non è il DNA
in quanto tale, ma quelle parti del DNA che vengono usate per montare la cellula pezzo per
pezzo.
La “lettura” del DNA è denominata espressione genetica e il prodotto finale di tale
espressione è la sintesi di particolari molecole chiamate proteine.
Il DNA è diviso in segmenti; complessivamente i 46 cromosomi contengono 30.000 geni.
Ogni gene occupa una posizione specifica sul cromosoma. I geni sono organizzati in
coppie, come i cromosomi: un gene deriva dalla madre e l’altro dal padre; i geni di
ciascuna coppia sono chiamati alleli. Quando entrambi gli alleli producono esattamente la
stessa proteina, sono definiti omozigoti; se, invece, le proteine sono differenti sono definiti
eterozigoti.
Per ciascun gene esistono un gran numero di possibili alleli: in tal modo le proteine che si
trovano sulla superficie delle cellule sono diverse da un individuo all’altro. Questo è il
motivo per cui è difficile trapiantare un organo da una persona all’altra anche quando vi è
notevole somiglianza, come nel caso dei fratelli. E’ differente il caso dei gemelli, che
possiedono lo stesso corredo genetico.
Attraverso un certo numero di reazioni biochimiche, ogni gene induce la cellula a
fabbricare proteine diverse.
Esistono un’ampia varietà di proteine, diverse per forme e grandezze, con differenti
funzioni: alcuni geni sono responsabili della produzione di proteine strutturali, che servono
come mattoni per la costruzione dei tessuti; altri inducono la produzione di fattori di
crescita di ormoni e di citochine, che una volta usciti della cellula , trasportano messaggi
ad altre cellule. Altri geni, infine, determinano la determinazione di proteine regolatrici,
che controllano la funzione d’altre proteine o segnalano ad altri geni il momento in cui
devono attivarsi o disattivarsi.
Quando un gene si attiva, può indurre la sintesi di un’altra molecola, chiamata RNA
messaggero (acido ribonucleico) o MRNA, che contiene tutte le informazioni di cui la
cellula ha bisogno per produrre nuove proteine.
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La RNA messaggero è costituita da quattro differenti acidi nucleici legati insieme con
sequenze in modo da formare una catena. La sequenza dettagliata degli acidi nucleici nella
catena rappresenta l’informazione nel gene.
Il processo d’assemblaggio di un pezzo di MRNA, che contiene l’informazione di un gene
è chiamata trascrizione, e la MRNA risultante viene chiamato MRNA trascritto.
RNA messaggero è quindi trasportato all’interno del citoplasma, il materiale che circonda
il nucleo, dove coordina la fabbricazione della nuova proteina.
1.2 LE FASI DELLA DIVISIONE CELLULARE
Una cellula si divide unicamente, quando riceve uno specifico segnale dal proprio interno,
o da parte dei fattori di crescita che circolano nel sangue, oppure da un’altra cellula con la
quale è a contatto diretto. Per esempio, se una persona perde sangue, un fattore di crescita
chiamato eritropoietina, prodotto dai reni, circola nel sangue e dà ordine al midollo osseo
di produrre più globuli rossi.
I fattori di crescita che giungono dall’esterno della cellula, possono trasmetterle un
messaggio legandosi ad un suo recettore specifico; ciò scatena, all’interno della cellula, un
insieme di segnali che attiva un determinato gene nel nucleo cellulare. Anche altri segnali,
generati all’interno stesso della cellula, possono attivare specifici geni.
Quando la cellula riceve il segnale di divisione, avvia un ciclo denominato ciclo cellulare.
Il ciclo cellulare, dunque, consente ad una cellula di duplicare il proprio patrimonio
genetico e di dividersi attraverso quattro fasi denominate G1, S, G2, M.
Se una cellula, si trova a riposo si dice che è in fase G0 (dove per G, si intende gap, ovvero
intervallo). In questo stadio nessuna attività è rilevabile al microscopio.
La cellula, quando riceve il segnale adatto entra nella fase G1.
Nella fase G1, la cellula si prepara a dividersi; questa è la fase che intercorre tra il termine
della mitosi e l’inizio della sintesi del DNA. La fase G1 è un importante bersaglio su cui
agiscono molti agenti trasformanti, ed ha una durata variabile dipendente sia dal tessuto di
origine, sia dai fattori che regolano la prolificazione del tessuto stesso.
La seconda fase è denominata, fase S, ovvero di sintesi, durante la quale il DNA crea una
copia esatta di se stesso, processo chiamato replicazione.
In seguito, la cellula entra nella fase G2, che rappresenta una fase transitoria di riposo,
nella quale si prepara alla divisione vera e propria, che avviene nell’ultima fase,
denominata fase M, ovvero fase di mitosi, dove la cellula si divide completamente in due
cellule figlie.
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La fase G2, che intercorre alla fine della fase S e l’inizio della fase M, è fondamentale per
l’attività di riparo e controllo del DNA e per assicurare una corretta duplicazione del
patrimonio genetico. In fine la fase M, comprende lo svolgersi della mitosi, dalla profase
alla telofase.
Il passaggio da una fase all’altra è controllato da una serie di proteine, definite ciclone,
specifiche per le diverse fasi del ciclo. Le ciclone sono la componente regolatrice di altre
proteine ad attività chinasica, definite chinasi-ciclina-dipendenti (cdk).
L’accoppiamento ciclica-cdk è regolato da numerosi fattori, tra cui i fattori di crescita e le
proteine impegnate nella traduzione del segnale e poiché il sistema ciclica-cdk è posto alla
fine di una lunga catena d’eventi e controlla direttamente i tempi del ciclo cellulare, appare
evidente che le numerose alterazioni quantitative e qualitative di tali fattori di crescita e
proteine con funzione regolatrice si riflettano direttamente sul ciclo cellulare, causando
un’alterata prolificazione cellulare; infatti, se tutto procede normalmente, le due cellule
figlie contengono l’esatto duplicato di tutto il materiale genetico contenuto nel nucleo della
cellula madre.
Quando la divisione è compiuta, le due cellule figlie entrano a loro volta in fase di riposo
(fase G0) fino a quando riceveranno il segnale di una nuova divisione.
Come scritto prima, il passaggio da una fase all’altra è controllato da una serie di proteine;
quindi per poter passare da una fase alla successiva, la cellula deve superare dei “punti di
controllo” che, se individuato un malfunzionamento, riparano un eventuale danno, oppure
la cellula può subire il processo di morte cellulare programmata, denominato apoptosi,
mediante il quale le cellule difettose, che hanno perso la propria funzione, vengono
frammentate in più particelle e quindi vengono eliminate.
Nei tumori, il processo di divisione può essere alterato a causa di punti di controllo
difettosi.
In altre parole, la cellula cancerosa ha perso la capacità di regolare l’inizio e la velocità del
suo ciclo di divisione.
Il fatto che la cellula maligna continui a dividersi, può costituire, tuttavia, un’opportunità
terapeutica, poiché molti trattamenti chemioterapici sono concepiti per attaccare le cellule
nel momento in cui si dividono. Una cellula che si divide e rimane nella fase di riposo (G0)
ha una sensibilità nettamente inferiore e non risponde alla chemioterapia.
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1. 3 LE CELLULE CANCEROSE
La cellula neoplastica è quindi una cellula che si divide senza averne ricevuto l’ordine,
poiché i meccanismi di controllo del suo ciclo presentano dei difetti.
Poiché alcune cellule cancerose perdono la capacità di attivare la propria morte cellulare
programmata, i ricercatori stanno cercando di sviluppare una tecnica per ripristinare questa
capacità, ponendo un freno alla crescita incontrollata di tali cellule.
La cellula neoplastica differisce dalla cellula normale solo per il modo eccessivo e non
coordinato con cui avvengono alcuni fenomeni, piuttosto che per la presenza di
caratteristiche esclusive e, eludendo il programma di differenziazione, acquisisce peculiari
proprietà, tra cui la capacità di invadere i vasi linfatici ed ematici e colonizzare organi
distanti.
Le cause che determinano la trasformazione neoplastica sono numerosissime dipendenti da
fattori genetici e ambientali, che possono agire in maniera simultanea o sequenziale, dando
origine ad un processo a tappe (multistep carcinogenesis), che gradualmente conduce la
cellula normale all’acquisizione di un fenomeno trasformato fino alla capacità di dare
metastasi.
In una cellula cancerosa, i geni subiscono mutazioni che comportano difetti all’interno
della cellula.
Si distinguono generalmente due tipi di mutazioni.
Il primo, chiamato “mutazione dominante”, può essere causato dall’anomalia di un solo
gene: questo gene dominante è chiamato oncogene.
La mutazione della cellula comporta l’acquisizione di una nuova funzione, che spesso ne
imita una già esistente “ingannando” la cellula. Un esempio è la mutazione di un gene che
produce una proteina in grado di attivare, sulla superficie cellulare, un recettore per un
fattore di crescita, mentre in realtà questo fattore è assente: in tal modo la cellula riceve
l’ordine errato di dividersi.
Il secondo tipo di mutazione è denominato “mutazione recessiva” e coinvolge un gene, che
provoca la perdita di una funzione cellulare.
In questo caso è necessario che entrambi i geni di una stessa coppia siano danneggiati
prima che la cellula diventi cancerosa: ad esempio, prendendo un gene normale,
denominato p53, che produce una proteina che arresta il ciclo cellulare e quindi controlla la
crescita della popolazione delle cellule ( questo tipo di gene è definito antioncogene o gene
oncosoppressore).Se uno dei due geni subisce una mutazione, l’altro sarà in grado ancora
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di mantenere un controllo sul ciclo cellulare; se, invece, la mutazione colpisce entrambi i
geni p53, la divisione cellulare sfuggirà al controllo.
L’acquisizione di un’autonomia proliferativa costituisce certamente un evento
fondamentale nel processo di trasformazione neoplastica.
I fattori di crescita peptici e i prodotti degli oncogeni sono i maggiori responsabili
dell’acquisizione d’autonomia proliferativa mediante l’attivazione di una cascata d’eventi
che determinano alla fine una risposta fitogenica. I fattori di crescita possono agire in
maniera endocrina, mediante secrezione nella circolazione e azione a distanza, paracrina,
influenzando le cellule circostanti, o autocrina, in cui le stesse cellule produttrici del fattore
di crescita rispondono alla sua stimolazione.
Quando un tumore è in crescita, le sue cellule producono proteine, chiamate fattori
angiogenici, responsabili della prolificazione di nuovi vasi sanguigni all’interno e intorno
alla massa tumorale, che può così ricevere l’ossigeno di cui ha bisogno.
Queste proteine costituiscono uno dei bersagli su cui si concentrano le nuove strategie
terapeutiche, che mirano a bloccare l’attività, riducendo la formazione di nuovi vasi
sanguigni e, quindi, l’approvvigionamento d’ossigeno e altre sostanze nutritive
indispensabili per lo sviluppo del tumore.
Una cellula, perché diventi maligna, ha bisogno del verificarsi di più mutazioni. Per alcuni
tipi di cancro si può anche registrare la concomitanza di mutazioni dominanti e recessive.
Una tappa fondamentale nella storia della cellula neoplastica è l’acquisizione della capacità
di dare metastasi, cioè di perdere aderenza alle strutture circostanti, invadere i vasi ematici
e linfatici e colonizzare altri tessuti a distanza dove continuare a riprodursi.
La metastatizzazione rappresenta un evento critico per la storia clinica della malattia, in
quanto è la principale causa di morte per cancro.