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INTRODUZIONE
La presente trattazione è volta all’analisi approfondita dell’istituto
dell’intervento dei creditori nell’espropriazione forzata di cui agli artt. 498 e
ss. c.p.c.
Il fine è quello di offrire al lettore un quadro completo, per quanto possibile, di
una disciplina normativa che, evolutasi nel tempo, presta ancora oggi il fianco
a molte difficoltà soprattutto dal punto di vista interpretativo.
Nella disamina degli istituti, punto costante di riferimento sono gli
orientamenti di dottrina e giurisprudenza fondamentali per elaborare riflessioni
personali che traspariranno nel corso della trattazione.
Il lavoro è diviso in sei capitoli.
Il primo capitolo è volto all’esame dei lineamenti essenziali dell’istituto: dalla
nozione di intervento, all’individuazione degli aspetti strutturali dell’istituto;
ponendo l’accento sulla natura dello stesso come domanda giudiziale
accessoria ed evidenziando, sommariamente, le altre ipotesi di concorso dei
creditori menzionate dal codice di rito ( riunione di pignoramenti,
pignoramento cumulativo e pignoramento successivo).
All’interno dello stesso capitolo sarà, inoltre, condotta un’analisi dei principi
ispiratori dell’intervento, tanto di rango codicistico quanto di rango
costituzionalistico.
Sarà affrontato il tema del principio della par condicio creditorum di cui
all’art. 2741 c.c., come parametro di riferimento di ogni procedura concorsuale
( a tal proposito sarà dedicato uno specifico, seppur breve, paragrafo
all’attuazione del principio in ambito fallimentare); ne verranno evidenziate le
peculiarità sia come principio in quanto tale, sia, soprattutto, come principio
ispiratore dell’intervento.
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Si cercherà di capire come dottrina e giurisprudenza hanno affrontato la
questione e la natura giuridica riconosciuta al dogma del pari trattamento.
In tal modo si forniranno gli strumenti necessari a comprendere se, in
concreto, il legislatore sia riuscito nell’ intento di adattare l’istituto
dell’intervento al principio in parola.
Sarà poi esplorato l’ambito dei dettami costituzionali, in particolare si
analizzerà la portata delle norme del codice di rito in confronto al principio di
uguaglianza di cui all’art. 3 Cost. ( quale antesignano dell’art. 2741 c.c.) ; al
principio di effettività della tutela ex art. 24 Cost., nonchØ al principio del
giusto processo di cui all’art. 111, tenendo conto anche dei corollari che ne
derivano: ( diritto al contraddittorio, principio della corrispondenza tra chiesto
e pronunciato, quello della parità delle armi ed infine quello della terzietà ed
imparzialità del giudice).
Nel secondo capitolo sarà considerato il percorso storico dell’istituto, cercando
di rinvenire quali siano state le esigenze a cui il legislatore ha cercato di
corrispondere con le diverse versioni della normativa in esame.
L’excursus storico muoverà dalla legislazione del 1965, con richiami al
precedente Code Napoleòn al quale essa si ispirava. Verrà evidenziata la
caratteristica peculiare di quella normativa volta a riconoscere una forma di
espropriazione essenzialmente singolare, che prevedeva un minima
concorsualità solo al momento della vendita, allorquando i creditori
dell’esecutato potevano promuovere un’ opposizione sul prezzo di vendita del
bene, la cui procedura espropriativa era stata condotta dall’unico creditore
procedente, rappresentante processuale di tutti gli altri.
Verrà poi approfondito il sistema cosiddetto della “porta aperta”, introdotto
dal legislatore del 1940 e legittimante al concorso tutti i creditori
indistintamente; ciò in quanto il legislatore di allora aveva ritenuto che solo
un’espropriazione indifferentemente condotta da tutti gli aventi diritto avrebbe
realizzato a pieno il principio del pari trattamento.
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Questa considerazione sarà lo spunto per affrontare le criticità dell’allora
vigente sistema: si tratterà del problema dell’accertamento del diritto dei
creditori non titolati, della dicotomia tra “teoria cognitiva” e “teoria
esecutiva”, del principio della “prova documentale” del titolo, dell’esigenza,
ahimè non realizzata, di separare l’esecuzione dalla cognizione e si
metteranno a confronto le due normative per capire quale di esse sia stata piø
coerente con il principio di par condicio.
Si elencheranno, poi, in breve, gli interventi legislativi successivi al 1940: dal
Disegno di legge n. 1288/S/X alla legge Kessler, passando per l’analisi del
progetto della Commissione Tarzia, della legge Castelli e del progetto di
riforma varato dalla Commissione Vaccarella.
Si arriverà poi allo studio della normativa vigente di cui al terzo capitolo quale
approdo delle riforme introdotte con le leggi n. 80 del 2005 e n. 263 del 2006.
Qui, sarà individuato l’attuale atteggiarsi del ricorso di intervento, si farà
menzione della difficile portata dell’espressione “ titolo del credito” di cui
all’art. 499 c.p.c. e si vedrà come la giurisprudenza, prevalentemente di
legittimità, si è pronunciata in merito.
Saranno evidenziati i profili soggettivi ed oggettivi dell’intervento.
In particolare si distinguerà tra creditori titolati e non; si puntualizzerà sulla
portata piø tendenziale che reale del sistema della “porta chiusa”, cercando di
individuare la ratio di tale scelta legislativa e di mostrarne le perplessità
avvertite in dottrina dal punto di vista della sua legittimità costituzionale.
Si distinguerà tra diritto al concorso e diritto all’accantonamento, e si
affronteranno i dubbi interpretativi derivanti dall’attuale struttura della norma
quadro, quale l’art. 499 c.p.c.. In particolare si ritornerà sul tema
dell’accertamento anticipato del credito degli intervenuti non titolati,
attraverso l’analisi dell’udienza di verifica di cui ai commi cinque e sei
dell’art. 499 c.p.c.; si mediterà sulla ragionevolezza di tale scelta normativa, in
particolare sul ruolo determinante, in tal sede, del debitore esecutato.
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Si rifletterà, inoltre, sulla rilevanza dell’accertamento, sulla base della non
facile espressione di cui all’art. 499 c.p.c. che prevede che esso “rileva ai soli
fini dell’esecuzione”; si argomenterà dunque su cosa si debba intendere, in
concreto, per esecuzione.
Si guarderà poi all’aspetto temporale, distinguendo tra intervento tempestivo e
tardivo; si coglierà la ratio dell’intervento provocato e della “tecnica
dell’avviso” e si discuterà della loro presunta incostituzionalità.
Si tratterà poi dell’estensione del pignoramento partendo, per fini di chiarezza,
dalla disciplina dell’ora abrogato art. 527 c.p.c., arrivando alla disciplina
attuale.
Si vedrà, a tal proposito, come la giurisprudenza si è pronunciata riguardo alla
questione dei beni “utilmente indicabili all’estensione”.
Il quarto capitolo sarà dedicato agli effetti processuali e sostanziali
dell’intervento.
Riguardo ai primi si distinguerà, ancora una volta, tra creditori titolati,
legittimati a provocare i singoli atti della procedura espropriativa; e creditori
non titolati quali titolari del diritto all’accantonamento.
Si parlerà poi dell’irrilevanza del possesso del titolo nel momento successivo
alla vendita.
Riguardo agli effetti sostanziali dell’intervento si affronterà, con l’ausilio della
giurisprudenza, la questione dell’interruzione della prescrizione del diritto
controverso, partendo dal presupposto che l’intervento non è altro che una
vera e propria domanda giudiziale, seppur proposta in via accessoria.
Si farà poi menzione del problema della caducazione, nelle more della
procedura, del titolo esecutivo del procedente in costanza di interventi titolati.
Piø in dettaglio si partirà dall’analisi del principio “nulla executio sine titulo”,
proponendo un breve excursus della figura del titolo esecutivo, e si arriverà ad
analizzare le sorti degli intervenuti titolati a fronte della invalidità del titolo
esecutivo del procedente.
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Si metteranno a confronto giurisprudenza di merito e di legittimità, riportando
due pronunce tra loro completamente antitetiche e si distinguerà tra intervento
e pignoramento successivo.
Nel quinto capito, infine, si tratterà della particolare situazione concernente
l’intervento nell’espropriazione contro il terzo proprietario. Si cercherà di
delineare tanto la posizione dei creditori del debitore, quanto quella dei
creditori del terzo esecutato.
Infine si affronterà il tema dell’estinzione del processo esecutivo. Ne saranno
evidenziate le diverse modalità e saranno differenziate le posizioni dei
creditori, ancora una volta sulla base del possesso del titolo esecutivo o meno.
In particolare, soprattutto in materia di estinzione per rinuncia agli atti, si darà
una diversa portata alla rinuncia dei creditori titolati rispetto a quella,
irrilevante, dei non titolati e si confronterà l’art. 629 c.p.c. con il disposto di
cui all’art. 511 c.p.c.
Si discuterà, cioè, sulla necessità, per determinare l’estinzione del processo, di
una rinuncia da parte del creditor creditoris subentrato nella procedura ai sensi
dell’art. 511 c.p.c.
Seguiranno, nel sesto capitolo, riflessioni personali.
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CAPITOLO PRIMO
LINEAMENTI DELL’ISTITUTO E PRINCIPI ISPIRATORI
1)L’intervento dei creditori nell’espropriazione forzata: nozione ed
aspetti strutturali. (Cenni)
Da un punto di vista strutturale, è possibile descrivere l’intervento dei creditori
nell’espropriazione forzata come l’accessione di uno o piø creditori ad un
procedimento già pendente.
Infatti, mentre in caso di riunione di pignoramenti o di pignoramento
cumulativo
1
i creditori si pongono sullo stesso piano giuridico-processuale sin
dall’inizio della procedura, l’intervento, per sua stessa natura, postula
l’inserimento dell’interveniente in un procedimento già in atto, configurandosi
così come una species del piø ampio genus delle azioni accessorie.
In questo caso, infatti, l’azione principale è quella condotta dal creditore
procedente, azione nella quale si inserisce processualmente un secondo
creditore, il c.d. interveniente, in virtø della connessione tra le due azioni
nascente dalla identità dei beni su cui i concorrenti agiranno (e non in ragione
di una connessione per titolo o per oggetto come previsto per il processo di
cognizione).
2
In quanto azione accessoria e, in virtø del principio dell’autonomia privata che
postula la sussistenza di una specifica domanda per l’esercitabilità dell’azione
giudiziale civile, è possibile ritenere che l’intervento è, altresì, una “domanda
di collocazione”, avente forma di ricorso all’interno del quale vi è l’esplicita
domanda di partecipazione alla distribuzione della somma ricavata dalla
vendita ( art. 499 c.p.c. II c.).
1
Vedi par. seguente
2
Per un parallelo tra l’intervento nell’esecuzione e l’intervento nel processo di cognizione,
si veda in particolare: REDENTI, Diritto processuale civile , II ed., Milano, 1957, vol. III, pag.
181.
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Il ricorso deve contenere l’indicazione del credito e del titolo dello stesso, ove
per titolo non si intende, in questo caso, il titolo esecutivo; nØ l’art 499 c.p.c. si
riferisce alla prova del credito che, invece, sarebbe eventualmente necessaria
in sede di udienza di verifica, qualora sorgesse una contestazione.
In realtà il 499 c.p.c. allude al titolo esecutivo come fatto costitutivo del
credito stesso, ossia come causa del credito, muovendo, in tal modo, su un
piano strettamente sostanziale e non anche probatorio.
3
Affinchè l’intervento possa essere fondato, occorre, in primo luogo, l’esistenza
del credito ed, in secondo luogo, il fatto che esso credito abbia
necessariamente due caratteristiche ontologiche: a) essere distinto da quello
già fatto valere col pignoramento pendente (diversità oggettiva dei crediti); b)
sussistere nei confronti dello stesso soggetto colpito dal pignoramento
(uguaglianza soggettiva dei crediti).
4
In ultimo, si puntualizza la natura volontaria dell’intervento. Il creditore non è
mai tenuto ad intervenire in un’esecuzione già in atto in virtø di una norma
impositiva di legge, in quanto, il già richiamato principio di autonomia privata
consente al legittimato, anche per ciò che concerne il processo esecutivo, di
autodeterminarsi nell’azionabilità, a livello giurisdizionale, di un proprio
diritto. L’unica ipotesi di intervento obbligatorio è quella sancita dall’art 2899
c.c. (“divieto di rinunzia ad un’ipoteca a danno di altro creditore”).
1.1) Altre forme di concorso dei creditori nell’espropriazione.
Dalla lettura del nostro codice di rito, emerge che gli istituti attraverso i quali
si realizza il fenomeno del concorso dei creditori, nell’espropriazione
singolare, sul patrimonio del debitore sono molto eterogenei; di fatto,
l’intervento ne rappresenta solo un esempio.
3
A tale aspetto della disciplina sarà dedicato, più avanti, uno specifico paragrafo. Si veda
intanto, per un primo raffronto,: TRAVI, voce “Intervento dei creditori nell’esecuzione”, in
Nuovissimo Digesto , pag.973.
4
ANDRIOLI, Commento al codice di procedura civile, III ed., Napoli, 1957, vol. III, pag. 100.
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Affianco a quest’ultimo, infatti, si annoverano: 1) la riunione di
pignoramenti
5
; 2) il pignoramento cumulativo; 3) il pignoramento successivo.
Il pignoramento cumulativo, disciplinato dall’art 493 c.p.c. Ic.
6
, si presenta
quando piø creditori colpiscono un medesimo bene con un solo pignoramento.
Conseguenza di tale struttura unitaria, è che “la misura esecutiva continua a
produrre i suoi effetti anche quando risulti la nullità del titolo esecutivo”.
7
Al pignoramento cumulativo va ricondotto, per l’espropriazione mobiliare,
l’art 523 c.p.c. che testualmente recita, dando notevole rilievo alla figura
dell’ufficiale giudiziario :“L’ufficiale giudiziario, che trova un pignoramento
già iniziato da altro ufficiale giudiziario, continua le operazioni insieme con
lui. Essi redigono un processo verbale”. La norma disciplina l’ipotesi di due
pignoramenti collegati dal solo fatto di essere eseguiti contemporaneamente da
due ufficiali giudiziari diversi e su richiesta di due creditori differenti (è questa
la summenzionata riunione di pignoramenti) ; si verte quindi in una ipotesi
speculare e contraria a quella dettata dall’art 493 c.p.c.: si esclude che in
5
GARBAGNATI, Il concorso dei creditori nell’espropriazione singo lare, Milano, 1938, pag. 69.
Si veda anche CASS., 18 settembre 2008, n. 23847 : “ il creditore, in forza del medesimo
titolo esecutivo, può procedere a più pignoramenti dello stesso bene in tempi successivi,
senza dover attendere che il processo di espropriaz ione aperto dal primo pignoramento si
concluda, atteso che il diritto di agire in esecuzi one forzata non si esaurisce che con la piena
soddisfazione del credito portato dal titolo esecut ivo..”.
6
Art 493 c.p.c. I c. : “più creditori possono con unico pignoramento colp ire il medesimo
bene”. La norma puntualizza sul carattere dell’unicità del pignoramento; più creditori, cioè,
colpiscono con un unico atto di pignoramento lo ste sso bene: da ciò deriva che in caso di
vizio formale (es. difetto di sottoscrizione) tale vizio invalida il pignoramento nei confronti
di tutti i copignoranti.
7
BONSIGNORI, ” L’esecuzione forzata”, Torino, 1991, pag.178. Il REDENTI, invece, in Diritto
processuale civile, III pag. 176, esplica quali sarebbero le consideraz ioni effettuabili laddove
si ammettesse la tesi contraria. L’autore sostiene come immaginare una indipendenza tra i
due pignoramenti, finirebbe per contraddire le stes se premesse logico-giuridiche sancite
nella norma- base quale l’art 493 c.p.c. I c.
17
questo caso si abbia un unico pignoramento ma si postula la duplicità di
pignoramenti eseguiti successivamente.
8
La dottrina
9
vede nell’art. 493 c.p.c. la norma quadro che dà la possibilità ai
creditori di sottoporre a pignoramento il medesimo bene del debitore
attraverso iniziative disgiunte.
In realtà, però, guardando alla portata letterale della norma, essa sembra
applicabile alle sole ipotesi di pignoramento mobiliare, alla luce della
fondamentale rilevanza che viene data all’attività dell’ufficiale giudiziario.
10
Il pignoramento successivo, invece, è disciplinato dall’art 493 c.p.c. II c. il
quale prevede che :” Il bene sul quale è stato compiuto un pignoramento può
essere pignorato successivamente su istanza di uno o piø creditori”.
11
8
Tale duplice struttura emerge soprattutto dal teno re letterale della norma. E’ chiaro,
infatti, come il legislatore abbia voluto fugare qu alsiasi dubbio interpretativo avvalendosi di
una terminologia chiara e puntuale (es. i termini “continua ” ed “ insieme ”.
9
SOLDI, “Manuale dell’esecuzione forzata”, ed. 2012, pagg. 234 e ss.
10
SOLDI, op. cit., pag. 234: “ Essa [norma] a ben vedere costituisce duplicazione del principi o
enunciato nell’art. 523 secondo cui l’ufficiale giu diziario che trova un pignoramento già
iniziato da altro ufficiale giudiziario continua le operazioni insieme con lui…”. Cfr. MICCOLIS
– PERAGO, “L’esecuzione forzata riformata”, Torino, 2009, pag. 45. Il Miccolis puntualizza
sulla configurabilità dell’istituto non solo quanto i creditori promotori del pignoramento
agiscano sulla base del medesimo titolo esecutivo, bensì anche quando ognuno di essi sia
munito di un titolo autonomo rispetto agli altri.
11
Cfr. SOLDI, op. cit., pag. 234. L’autrice fa notar e come, a differenza di quanto previsto
dall’art. 493 I co. c.p.c., in caso di pignoramento successivo, l’art. 493 II co c.p.c. è norma di
portata generale applicabile ad ogni forma di proce 4sso espropriativo; inoltre “ Perché
possa parlarsi di pignoramento successivo occorre c he uno stesso bene del debitore si
aggredito esecutivamente con atti separati da più c reditori. Esula dall’ipotesi in esame il
caso in cui più creditori agiscano contro uno steso debitore sottoponendo ad esecuzione
beni differenti”. Inoltra la soldi ritiene che l’isituto del pignora mento successivo sia
configurabile anche quando i plurimi pignoramenti s iano eseguiti in danno a soggetti
differenti; l’autrice afferma questo sulla base del la ratio della norma che sembra essere
quella di evitare l’eventuale pregiudizio legato al l’ ipotesi in cui l’espropriazione di un
medesimo bene sia condotta separatamente. Vedi MICC OLIS – PERAGO, op. cit., pag. 46. In
tal contesto si equipara il pignoramento successivo all’intervento di cui all’art. 499 c.p.c.,
con la differenza che il pignoramento successivo, s eppur riunito al primo, è indipendente da
esso; per cui, in caso di nullità del primo pignor amento, sono salve le posizioni dei creditori
pignoranti successivi. (Vedi infra )
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In presenza di tale fenomeno, ognuno dei pignoramenti è indipendente
dall’altro e produce autonomamente i propri effetti, conservando ogni azione
la propria individualità ed autonomia.
Pertanto, in nessun modo, un eventuale vizio che colpisca uno dei
pignoramenti in atto potrà ripercuotersi sugli altri: la ratio della norma
consiste nell’evitare un aggravio del contenzioso che invece si prospetterebbe
qualora ad una pluralità di pignoramenti si faccia corrispondere un pluralità
di processi esecutivi.
E’ come se il legislatore si fosse preoccupato soprattutto di rimediare agli
inconvenienti di lunghi e farraginosi processi civili ( in species processi
esecutivi), cercando però al contempo di assicurare ai creditori il diritto al
concorso sul patrimonio del debitore (art 2741c.c.) qualora sussista una
identità oggettiva dei beni colpiti dalla/e procedura/e.
Tra l’altro l’istituto del pignoramento successivo è quello che piø degli altri
consente di cogliere gli aspetti che lo differenziano dall’istituto
dell’intervento.
Il primo si configura come maggiormente garantista del principio di stabilità
degli atti esecutivi, soprattutto nei confronti dei creditori successivi; l’
indipendenza dei diversi pignoramenti, infatti, fa sì che l’eventuale
caducazione del primo non ripercuota i suoi effetti sugli altri i quali sono salvi
proprio in quanto postulanti un’azione assolutamente autonoma rispetto alla
precedente.
Quando, invece, si parla di intervento è proprio l’ accessorietà dello stesso,
quindi è proprio la natura ontologica dell’istituto, che mostra delle
incongruenze rispetto alla tesi della salvezza dell’azione accessoria nonostante
la caducazione di quella principale.
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Sul punto dottrina e giurisprudenza hanno a lungo dibattuto: Si vedano a titolo
esemplificativo, rispettivamente, TISCINI, Dei contrasti tra giurisprudenza di merito e
giurisprudenza di legittimità circa il venir meno d ell’esecuzione forzata a seguito di difetto