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Capitolo I
Storia della formazione delle collezioni sabaude fino alla nascita
del Museo di Antichità
La prima parte dello studio ha come obiettivo l'indagine delle vicende relative al
collezionismo sabaudo, dalla formazione del nucleo originario delle collezioni alle
acquisizioni dai mercati antiquari, fino all'istituzione del museo, allo scopo di formulare
delle ipotesi sulla storia conservativa dell'opera oggetto dell'intervento.
1. Il nucleo originario costituito da Emanuele Filiberto
Emanuele Filiberto diventa principe ereditario nel 1535, ma è costretto a trascorrere
lontano dal Piemonte quasi quindici anni della sua vita, dal 1545 al 1559, affiancandosi
prima allo zio Carlo V e successivamente al cugino Filippo II di Spagna, nel tentativo di
riappropriarsi dei propri stati
1
. La restituzione dei suddetti territori, occupati dai francesi,
viene sancita dalla Pace di Cateau-Cambrésis nel 1559, ma solo a seguito del trattato
concluso a Fossano nel 1562 verranno ceduti anche gli ultimi presidi, tra cui la città di
Torino
2
.
L’anno successivo Emanuele Filiberto è autore del trasferimento della capitale del
ducato sabaudo da Chambéry a Torino, che da questo momento sarà il fulcro di una serie
di progetti volti alla riqualificazione architettonica, militare e non ultimo culturale ed
artistica
3
.
A partire dal 1563 viene ingrandito e abbellito l’antico palazzo del vescovo, allora
!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
1
P.MERLIN, “Emanuele Filiberto: un principe tra il Piemonte e l’Europa”, 1995, Torino, SEI, p. 16.
2
Ibidem p. 101.
3
A.M.BAVA, “Arti figurative e collezionismo alle corti di Emanuele Filiberto e di Carlo Emanuele I”, in
G.Ricuperati, “Storia di Torino. Dalla dominazione francese alla ricomposizione dello Stato, 1536-1630 ”,
Torino, G.Einaudi, 1998, voll.III, pag.312.
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8!
collocato sull’area dell’attuale Palazzo Reale, scelto come residenza per volere del duca
4
. Il
programma decorativo comprendeva sia l’impiego di maestranze specializzate sia l’arrivo
a Torino di varie tipologie di opere d’arte per l’arredo dei nuovi ambienti del palazzo e del
giardino, che venivano acquisite tramite l’acquisto di intere collezioni dai mercati italiani e
da quello internazionale
5
.
1.1.Le prime acquisizioni dal mercato antiquario ed il progetto per il Teatro Ducale
Emanuele Filiberto dà il via alle prime acquisizioni dai mercati antiquari da cui
giungono tipologie di oggetti molto vari, in sintonia con il collezionismo europeo del
secondo Cinquecento: oltre a sculture, oggetti archeologici e marmi pregiati, medaglie,
dipinti, libri e strumenti scientifici, trovavano posto anche molte curiosità da
Wunderkammer
6
.
In questo periodo viene tenuto sotto osservazione soprattutto il mercato antiquario
romano, che rappresenta, già dal ‘500, una fonte inesauribile per il collezionismo europeo
7
,
ma anche quello veneziano, dal quale nel 1573 viene acquistata dal diamantaro Rocco
Scarizza “un Cabinetto over studio con diverse antichità de marmi, et bronzi, et altre cose
diverse”
8
, giudicata di grande importanza.
Per i suoi acquisti, il Duca si appoggiava ad una vasta rete di intermediari che
segnalavano le collezioni meritevoli di attenzione e portavano avanti le trattative
9
. Una
serie di documenti tratti dall’Archivio di Stato testimoniano questi scambi e l’attenzione
!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
4
A.M.BAVA, “La culture figurative et le mécénat de cour aux XVI
e
et XVII
e
siècles: Emmanuel-Philibert et
Charles-Emmanuel I
er
”, in “De Van Dyck à Bellotto: splendeurs à la cour de Savoie”, a cura di E.Spantigati,
Torino, Allemandi, 2009, pag. 42.
5
A.M.BAVA, 1998, pag. 315.
6
A.M.BAVA, “Carlo Emanuele I di Savoia: la rete dei rapporti internazionali”, in “Geografia del
collezionismo: Italia e Francia tra il 16. E il 18. Secolo: atti delle Giornate di studio dedicate a Giuliano
Briganti, Roma, 19-21 settembre 1996”, a cura di Olivier Bofait, Roma, École française de Rome, 2001,
pag.145.
7
S.MAMINO, “Ludovic Demoulin de Rochefort e il “Theatrum omnium disciplinarum di Emanuele
Filiberto di Savoia”, in “Studi piemontesi”, Torino, Centro Studi Piemontesi, 1992, vol.21, fascicolo 2/1992,
pp.361.
8
A.GUERRINI, “Sculture antiche ed all’antica nelle collezioni sabaude”, in “Diana Trionfatrice: arte di
corte nel Piemonte del Seicento”, a cura di M.Di Macco e G.Romano, Torino, Allemandi, 1989, pag. 126.
9
A.M.BAVA, 1998, pag. 315.
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9!
dei principi sabaudi nelle scelte
10
.
Tra i protagonisti delle trattative, insieme ai fratelli Filippo e Agostino Bucci, è il
canonico lateranense Orazio Muti, con il quale Emanuele Filiberto scambia una fittissima
corrispondenza e grazie al quale nel 1574 viene acquisita una cospicua collezione romana
11
che giungerà a Torino in tre momenti, in parte dopo la morte del Duca
12
. Anche Francesco
Mosca detto il Moschino, scultore in marmo, toscano di origine, viene incaricato da
Emanuele Filiberto (lettera del 4 maggio 1572) di procacciare anticaglie romane e “pietre
di mistro atte a commettere tavole di marmo e simil lavori”
13
.
Nel 1550 verrà stampato per la prima volta, postumo, “L’idea del theatro” di
Giulio Camillo, testo che avrà molta fortuna negli ambienti colti
14
e che farà nascere
l’ideale della collezione universale contente tutte le cose note esistenti.
Seguendo questa tendenza, anche Emanuele Filiberto da il via ad un progetto per
una raccolta universale di oggetti che riassumessero tutte le cose note nel mondo, un
Theatrum Omnium Disciplinarum
15
. L’opinione più diffusa è quella che pone accanto alla
costituzione di una raccolta museale il vagheggiato proposito del duca di dare vita ad
un’opera enciclopedica in più volumi, di notevole impegno sia sotto il profilo
organizzativo che economico, ma si suppone che il progetto fosse stato in parte
abbandonato dopo l’entusiasmo iniziale e qualche tentativo
16
.
Viene comunque realizzata la raccolta che comprendeva molti libri rari, acquistati
dai maggiori mercati europei, ma anche strumenti scientifici, orologi e sofisticati strumenti
di misura, una sezione numismatica, busti antichi e reperti naturalistici, oltre che curiosità,
“mirabilia” e oggetti di artigianato esotico. La grande presenza di libri va attribuita non
solo all’ideale enciclopedico ricorrente nella cultura del tempo, ma anche ad un tentativo di
!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
10
I documenti sono riportati da A.ANGELUCCI, “Arti e artisti in Piemonte. Documenti inediti con note”,
pp.33-38 e da A.MANNO, “I principi di Savoia amatori d’arte”, Atti della Società Archeologica e Belle Arti
per la Provincia di Torino, vol.II, 1878, pp. 33-38 e pp.200-224.
11
A.MANNO, 1878, pp.217-23.
12
A.GUERRINI, “Sculture antiche ed all’antica nelle collezioni sabaude”, in “Diana Trionfatrice: arte di
corte nel Piemonte del Seicento”, a cura di M.Di Macco e G.Romano, Torino, Allemandi, 1989, pag. 126.
13
L.VENTURI, “Emanuele Filiberto e l’arte figurativa”, in “Studi pubblicati dalla Regia università di
Torino nel IV centenario della nascita di Emanuele Filiberto”, Tipografia Villarboito, Torino, 1928, p.172.
14
S.MAMINO, 1992, pag. 358.
15
S.MAMINO, “Reimagining the Grande Galleria of Carlo Emanuele 1. of Savoy”, in “Res Anthropology
and aesthetics”, n. 27, (1995), Harvard University press, pag. 72.
16
S. MAMINO, 1992, pp.355.
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10!
presentare il significato dei materiali collezionati nel modo più concreto e preciso
possibile
17
.
Alla fine del secolo nel collezionismo nobiliare si affermerà inoltre il principio per
cui il semplice possesso delle opere non è sufficiente a dare una forma armonica
all’allestimento di una raccolta, motivo per cui si sente l’esigenza di affidarne il compito a
studiosi ed esperti
18
. La creazione del Teatro viene curata da una commissione istituita tra
1573 e 1575 formata per la maggior parte da studiosi in contatto con l’Università di
Torino, mentre l’organizzazione viene affidata allo studioso francese Ludovic Demoulin de
Rochefort
19
.
2. Carlo Emanuele I e la nuova sede ducale
Carlo Emanuele I diventa principe nel 1580 all’età di diciotto anni, ed eredita dal
padre, oltre al ducato, un profondo interesse per le opere antiche, tale da fargli guadagnare
subito un posto di rilievo come acquirente nei mercati antiquari più accreditati
20
. Negli
stessi anni si apre a Torino il cantiere del “Palazzo Novo grande”
21
destinato ad accogliere
Carlo Emanuele con la sua sposa, Caterina d’Austria.
Nel novembre del 1584, anno di arrivo a Torino dell’architetto orvietano Ascanio
Vitozzi, al quale viene affidata la direzione della costruzione della grandiosa residenza
22
,
inizia la demolizione del vecchio palazzo del vescovo che non soddisfaceva più le esigenze
del Duca, il quale era intenzionato a realizzare una residenza di prestigio in linea con il
ruolo che la capitale sabauda doveva assumere, a confronto con le altre corti europee
23
.
Gli ambasciatori sabaudi si interessarono dell’invio a Torino di opere di alta qualità
per la decorazione della nuova sede principesca e di artisti prestigiosi: Annibale Cambi,
!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
17
S. MAMINO, 1995, pag. 73.
18
M.T.FIORIO, “Il museo nella storia. Dallo studiolo alla raccolta pubblica”, Bruno Mondadori, Milano,
2011, pp.18-19.
19
S. MAMINO, 1992, pp. 352-367.
20
A.GUERRINI, ibid., pag. 126.
21
G.DARDANELLO, “Cantieri di corte e imprese decorative a Torino”, in “Figure del Barocco in
Piemonte. La corte, la città, i cantieri, le province”, a cura di G.Romano, Torino, Cassa di Risparmio di
Torino, 1988, pp. 163-180.
22
A.M.BAVA, "Antichi e moderni: la collezione di sculture", in “Le collezioni di Carlo Emanuele I di
Savoia”, a cura di G.Romano, Torino, Fondazione CRT, 1995, pp.143.
23
A.M.BAVA, 1998, pag.321.
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ambasciatore sabaudo a Madrid si adoperò per far sì che Giambologna, scultore del Duca
di Toscana, passasse un periodo alla corte sabauda, ma nessun documento a noi pervenuto
documenta la sua presenza, anche se tra le sculture inventariate nel 1631 compaiono “due
statue di bronzo del Rapto delle Sabine di mano di Gio.Bologna”
24
. Carlo Emanuele riuscì
però a far arrivare a Torino uno dei migliori allievi del maestro, Adriaen de Vries, che
divenne scultore di corte dei Savoia dal 1588 e il pittore Federico Zuccari.
Negli anni ottanta del Cinquecento Carlo Emanuele ereditava parallelamente una
collezione archeologica di rilievo e ne continuava la formazione in direzione delle scelte
paterne mantenendo i contatti con Venezia e portando a termine a Roma la trattativa
lasciata in sospeso dal padre
25
. Il ruolo degli agenti sabaudi continua ad essere
fondamentale: oltre a tenere informata la corte sul mercato antiquario i ministri inviavano a
Torino l’inventario redatto dal proprietario, si occupavano della contrattazione degli
oggetti e organizzavano la spedizione, dopo aver superato le difficoltà connesse all’uscita
delle opere antiche da Roma. A seguito delle azioni papali contro la dispersione del
patrimonio occorreva infatti ottenere la licenza di esportazione e la franchigia degli oggetti
preziosi, in modo tale da evitare l’apertura delle casse per controlli doganali
26
. Il trasporto
avveniva via mare fino alla Liguria e sui carri fino a Torino
27
.
Superati gli anni di maggiore difficoltà economica per le continue imprese miliari
che vedevano il duca impegnato su diversi fronti, il decennio di pace che seguì il trattato di
Lione nel 1601 garantì un nuovo slancio collezionistico. L’acquisto di antichità, pitture e
oggetti d’arte si intensifica ulteriormente in concomitanza dei lavori di decorazione della
Grande Galleria (1605-1608) che univa il Palazzo Ducale al Castello, luogo favorito per la
raccolta
28
. Tra il 1610 e il 1616 la corte sabauda si assicurava la prestigiosa collezione
romana degli Altoviti
29
, acquisto dal quale emerge l’interesse di Carlo Emanuele I oltre che
!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
24
A.ANGELUCCI, “Arti e artisti in Piemonte. Documenti inediti con note”, Atti della Società Archeologica
e Belle Arti per la Provincia di Torino, vol.II, 1878, pag.69.
25
La trattativa a cui ci si riferisce è quella già menzionata, iniziata da Emanuele Filiberto e portata avanti dal
Canonico Muti.
26
A.M.BAVA, op.cit., 1995, pp. 156.
27
A.M.BAVA, “Le collezioni di Carlo Emanuele I (gli oggetti archeologici)”, in Politica e cultura nell’età
di Carlo Emanuele I: Torino, Parigi, Madrid: Convegno internazionale di Studi, Torino, 21-24 febbraio
1995”, a cura di M.Masoero, S.Mamino e C.Rosso, pp. 313.
28
A.M.BAVA, op.cit., 1995, pp.156.
29
L.MERCANDO, “Per la storia del Museo di Antichità. Appunti al margine di un allestimento”, in
“Xenia”, n. 19, 1990, pp.92-94.
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per busti e sculture antiche, anche per marmi pregiati di particolare seduzione secondo il
gusto del collezionismo romano e fiorentino di tardo Cinquecento.
A partire dal secondo quarto del secolo, diventa progressivamente più difficile
anche per acquirenti dotati di grandi disponibilità finanziarie trovare sul mercato opere di
indiscusso valore. In questo periodo si diffonde sempre di più la pratica delle copie, dei
calchi e dei pezzi compositi, con parti antiche completate con pezzi nuovi
30
. I Savoia non
si sottraggono al clima generale: nel cinquantennio successivo non sembrano essere più
effettuati acquisti di rilievo di opere antiche, ma quelle presenti verranno spesso restaurate
e riadattate alle nuove esigenze decorative. Si hanno notizie di un Tommaso Carlone che
nel 1634-35 restaura “le statue del palazzo di S.A.R.”
31
e di Bernardino Quadri
32
, scultore
proveniente da Roma, dove faceva parte della cerchia algardiana, che nel 1656 viene
pagato per aver lavorato alle statue della Galleria
33
.
La galleria si configura come luogo privilegiato per la raccolta delle collezioni di
corte attorno alla seconda metà del XVI secolo. Nasce in Francia come tipologia
architettonica utilizzata come collegamento tra corpi di fabbrica e assume per la prima
volta il ruolo espositivo nella reggia di Fontainebleu. In Italia le prime gallerie compaiono
a Roma e a Firenze, seguite da quelle di Palazzo Ducale a Mantova e dalla galleria di
Torino
34
.
A quest’ultima, esistente sin dal 1497 come manica di collegamento tra Palazzo
Madama e l’antico palazzo del Vescovo, venne attribuita funzione espositiva da Carlo
Emanuele I, il quale affidò un grandioso progetto decorativo a Federico Zuccari, che
comprendeva la rappresentazione di costellazioni, grottesche ed imprese sabaude sulla
volta, la collocazione dei ritratti equestri dei Savoia nel registro alto mentre in basso undici
armadiature dovevano contenere oggetti vari
35
.
!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
30
F.HASKELL, N.PENNY, “L' antico nella storia del gusto : la seduzione della scultura classica, 1500-
1900”, Torino, G.Einaudi, 1984, pag 32-45.
31
A.BAUDI DI VESME, “Schede Vesme: l’arte in Piemonte dal XVI al XVIII secolo”, Torino, Società
Piemontese di Archeologia e Belle Arti, 1963-1982, Vol. 1, pag. 274.
32
A.BAUDI DI VESME, Ibidem, pag. 879.
33
A.GUERRINI, ibid, pag. 126.
34
M.T.FIORIO, “Il museo nella storia. Dallo studiolo alla raccolta pubblica”, 2011, Bruno Mondadori, pag.
22.
35
G.ROMANO, “Le origini dell’armeria sabauda e la grande galleria di Carlo Emanuele I”, in “L’Armeria
reale di Torino”, a cura di F.Mazzini, Busto Arsizio, Bramante, 1982, p.24
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13!
La galleria svolgeva la funzione di museo e biblioteca, riproponendo il concetto che
era già stato alla base dei progetti di Emanuele Filiberto di “teatro universale di tutte le
scienze e le arti”, espresso da Quiccheberg nel suo trattato
36
del 1565 nel quale egli
suggerisce una metodologia per la costituzione di una raccolta universale portando a
modello la collezione di Alberto V di Baviera
37
.
A partire dal 1605, in concomitanza ai lavori di decorazione, fino al secondo
decennio del Seicento la corrispondenza diplomatica rivela l’intensificarsi delle richieste
ducali di statue antiche ed altri oggetti d’arte sia per la decorazione della Grande Galleria,
sia per i giardini delle residenze sabaude
38
.
Una testimonianza risalente a questo periodo, l’”Inventaro delle Statue, Busti,
Bassi rilievi et altri marmi di S.A.Ser.ma stanti nella Galleria et altri luoghi”, compilato il
4 settembre 1631, rivela la ricchezza della collezione archeologica sabauda l’anno
successivo alla morte di Carlo Emanuele I
39
.
L’inventario mostra la varietà della collezione scultorea: soggetti profani si
alternavano a temi religiosi; accanto a statue antiche erano state riposte sculture moderne,
frammenti di marmo, bronzi, pezzi rotti o mancanti di parti, oggetti compositi di antico e
moderno
40
. Sfortunatamente, non si avranno altre notizie importanti sulle collezioni ducali
fino al ‘700.
3. Vittorio Amedeo II e il riordino delle collezioni di antichità
Al potere dal 1675 al 1732, il regno di Vittorio Amedeo II inizia dall’età di 9 anni,
a seguito della morte improvvisa del padre Carlo Emanuele II, con la reggenza della
Duchessa Maria Giovanna Battista. Anni dopo il duca sarà impegnato a più riprese nella
guerra contro la Francia, che si concluse una prima volta nel 1696 con il trattato di Torino,
!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
36
Il trattato di S.QUICCHEBERG, intitolato “Inscriptiones vel tituli theatri amplissimi”, viene pubblicato
nel 1565.
37
S.MAMINO, “Reimagining the Grande Galleria of Carlo Emanuele 1. of Savoy”, in Res Anthropology and
aestetics, n. 27, (1995), Harvard University press, pag. 72-76.
38
A.M.BAVA, “Le collezioni di Carlo Emanuele I (gli oggetti archeologici)”, in Politica e cultura nell’età
di Carlo Emanuele I: Torino, Parigi, Madrid: Convegno internazionale di Studi, Torino, 21-24 febbraio
1995”, a cura di M.Masoero, S.Mamino e C.Rosso, pp. 316.
39
A.ANGELUCCI, “Arti e artisti in Piemonte. Documenti inediti con note”, Atti della Società Archeologica
e Belle Arti per la Provincia di Torino, vol.II, 1878, pp. 53-83.
40
A.M.BAVA, op.cit., 1995, pp. 321.
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14!
per poi ricominciare nel 1706, scontro che condusse all’assedio della città e alla sua
successiva liberazione.
Nel 1713, con la pace di Utrecht, il principe diventa primo re della sua dinastia.
Vittorio Amedeo è fautore di una serie di riforme che porteranno al rinnovamento
dell’Università di Torino, della quale sposta la sede da via san Francesco d’Assisi al
palazzo fatto costruire appositamente in via Po, terminato nel 1719
41
e alla quale dona nel
1720 le collezioni di oggetti antichi appartenenti alla sua famiglia
42
.
3.1. L'incarico di Scipione Maffei
Intorno al 1722 la demolizione della fortificazione cinquecentesca nei pressi della
chiesa della Consolata, dovuta ad un ampliamento urbanistico, consente il ritrovamento di
numerose epigrafi antiche. A seguito di questo avvenimento Vittorio Amedeo II decide di
affidare nel 1724 a Scipione Maffei, importante storico veronese, l’incarico di sistemare le
iscrizioni, lapidi e marmi figurati, provenienti sia dagli scavi che dalle collezioni
dinastiche
43
. In questi anni, grazie soprattutto all’Editto Albani del 1733, si afferma il
principio di pubblica utilità del patrimonio artistico e archeologico, insieme ad una
generale presa di coscienza del suo valore sociale. L’Illuminismo porta inoltre ad un
distacco dalle tipologie espositive precedenti, che suscitavano meraviglia accostando gli
oggetti più disparati, introducendo il criterio della divisione dei materiali e dell’esposizione
specialistica
44
.
In linea con questi nuovi principi, Scipione Maffei a Torino fa collocare nel
loggiato del cortile del Palazzo dell’Università le lapidi e i marmi figurati, di scavo e delle
collezioni dinastiche, riproponendo ciò che aveva già messo in pratica per la prima volta
nel Museo Lapidario di Verona, museo specialistico di chiara matrice illuminista istituito
nel 1746 e interamente dedicato all’esposizione di epigrafi provenienti dal territorio
!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
41
AA.VV., “Cenni storici sulla Regia Università di Torino: origini, vicende e cndizioni attuali
dell’Università, notizie sommarie sugli istituti scientifici, pubblicazioni degli attuali membri del corpo
accademico”, Torino, Stamperia Reale, 1872, pag.21
42
A.FABRETTI, “Il Museo di Antichità della Regia Università di Torino. Notizie raccolte e ordinate da
Ariodante Fabretti”, Torino, Fratelli Bocca, 1872, pp.3-4
43
L.BRECCIAROLI TABORELLI, “Guida breve: il Museo di antichità di Torino”, Torino, U.Allemandi,
2006, pag.5.
44
M.T.FIORIO, ibid., pag.34.
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15!
veronese, del quale lo studioso cura l’ordinamento.
Maffei definiva l’epigrafia come una “antichità parlante”, insieme alla
numismatica, ed entrambe rappresentavano secondo lui un importante ausilio alla ricerca
storica se studiate sugli originali, da cui la necessità di un museo dove le epigrafi potessero
essere fruibili al pubblico
45
. Parallelamente, al
primo piano dell’edificio inizia l’allestimento
di una Camera delle curiosità che conservava
monete, antichità e rarità.
In linea con la cultura del periodo, che
dedica una nuova attenzione anche all’aspetto
della catalogazione sistematica, Maffei
pubblica un volume, il Museum Veronense
46
,
all’interno del quale dedica una parte al
Museum Taurinense, con iscrizioni e
riproduzioni dei bassorilievi e un’introduzione
in cui ricostruisce le vicende che hanno
portato alla formazione del Museo, nella quale
si vanta di aver riunito le opere che Carlo
Emanuele I aveva acquistato a Roma e che
erano andate dimenticate dopo l’incendio della
Grande Galleria
47
.
Un’ulteriore pubblicazione, la prima
interamente dedicata alle antichità torinesi che
!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
45
M.T.FIORIO, ibid, pp. 35-36.
46
Il titolo completo del volume pubblicato da S.MAFFEI, “Museum Veronense, hoc est antiquarum
incriptionum atque anaglyphorum collectio cui Taurinensis adjungitur et Vindobonenses. Accedunt
monumenta id genus plurima mondum vulgata, et ubicumque collecta.”, Verona, Typis Seminarii, 1749.
47
L.MERCANDO, “Brevi note sul museo di antichità di Torino fino alla direzione di Ariodante Fabretti”, in
“Dalla stanza delle antichità al museo civico. Storia della formazione del museo civico archeologico di
Bologna”, a cura di C.Morigi e G.Sassatelli, Casalecchio di Reno, Grafis, 1984, p. 539
Fig. 1.1: Frontespizio del Museum Taurinense
con la rappresentazione delle iscrizioni e dei
rilievi infissi nelle pareti del loggiato del cortile
dell'Università.
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16!
aveva lo scopo di promuovere la pubblicizzazione delle collezioni, è edita in due volumi
che escono quasi contemporaneamente all’opera di Maffei, negli anni 1743 e 1747,
intitolata “Marmora Taurinensia, dissertationibus, et notis illustrata”
48
.
Autori del testo sono Antonio Rivautella e Paolo Ricolvi, due giovani funzionari
della nuova Biblioteca dell’Università di Torino ai quali viene affidato il compito di
tutelare e arricchire il lapidario conducendo ricerche sul territorio piemontese
49
.
Nel testo, dedicato a Carlo Emanuele III, vengono illustrate le lapidi e in particolare
quelle raccolte da Scipione Maffei nel cortile del palazzo dell’Università indicandone la
diversa provenienza. A Maffei gli autori attribuiscono i meriti del suo intervento,
conservativo nei confronti delle opere e didattico nei confronti degli studiosi, ribadendo
l’importanza dello studio delle antichità figurate. All’interno dei due volumi le opere
vengono descritte, con osservazioni sullo stato di conservazione e sulla provenienza, le
circostanze di ritrovamento e le fonti i riferimento
50
.
Antonio Rivautella sarà inoltre il primo a ricoprire la carica di conservatore del
museo, ruolo che svolge dal 1751 al 1753, anno della sua morte.
4. Il progetto per il Museo dell'Università
Negli anni ’30 del Settecento prende piede l’intenzione di istituire un Museo
dell’Università, organizzato diversamente rispetto alla “Camera delle curiosità” che era
stata inizialmente allestita nel Palazzo in via Po. Questa intenzione è espressa nel
documento, datato 1739 e intitolato “Progetto del Magistrato della Riforma de’ Studi a’
riguardo dello stabilimento d’un Museo; con altro Progetto del Protomedico Bianchi; Ed
una nota de’ Capi che debbono comporre il Museo Suddetto”
51
che fornisce l’elenco delle
!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
48
L.LEVI MOMIGLIANO, “Il Regio Museo di Antichità”, in “Cultura figurativa e architettonica negli Stati
del Re di Sardegna, 1773-1861: Torino, maggio-luglio 1980”, Torino, Stamperia artistica nazionale, 1980,
vol.1, pag. 44.
49
L.LEVI MOMIGLIANO, “All’origine dei Musei Universitari”, in “Il palazzo dell’Università di Torino e le
sue collezioni”, a cura di A.Quazza e G.Romano, Torino, fondazione CRT, 2004, pag.99.
50
L.LEVI MOMIGLIANO, 1980, vol.1, pag.45.
51
ASTo, Corte, Istruzione pubblica, Regia Università, mazzo 1 di addizione, n.5: “Progetto di Provvedimenti
per l’Università, fol.10, in DI MACCO, “Il Museo Accademico delle Scienze nel Palazzo dell’Università di