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che riguarda il tempo libero e tutte le attività quotidiane, comunque
l’approccio italiano alla rete rimane ancora naif, il che implica un utilizzo
frammentario e limitato della rete, proprio questo aumenta ulteriormente
l’importanza dei portali sia come indice di sviluppo della “coscienza
tecnologica” sia come indicatori del tipo di navigazione.
L’approccio di questo lavoro nei riguardi dell’utilizzo di Internet è
riassumibile con le parole di Colombo (1995): Sto raccontando le prime avvisaglie
di un fenomeno che potrà diventare grande, in proporzione alla grandezza della Rete e alla
accelerazione della macchina. Uscire dalla Rete? Insensato, e impossibile. Ma c'è un primo
passo da fare: rompere lo stato di estasi, sottrarsi, restando in Rete, al fascino pernicioso del
culto, come atei in visita a una chiesa sospetta." Queste parole, dell’”ormai lontano”
1995, pur avendo perso la forza dell’innovazione che in quell’epoca aveva
l’avvento di Internet, si ritiene conservino ancora un giusto atteggiamento di
fronte ad un fenomeno che ormai ha preso piede e si è ampiamente diffuso.
Entrando più nello specifico, il lavoro si articola in cinque capitoli. Il
primo si occupa di Internet, della sua storia e del suo sviluppo, introducendo
ad argomenti quali il cyberspazio ed accennando al funzionamento logico e
tecnico della rete, inoltre propone dati sull’utilizzo della suddetta in Italia e nel
mondo; il secondo approfondisce lo studio dei portali dandone definizioni,
spiegando il loro funzionamento, le caratteristiche precipue delle varie
categorie, e la differenza esistente tra i portali italiani e gli statunitensi. Il
terzo capitolo introduce alla teoria che costituisce il corpus della ricerca
soffermandosi soprattutto sulla matrice di Cronin, cioè il mezzo utilizzato
nella ricerca, per calcolare l’efficacia comunicativa dei portali presi in
considerazione, il capitolo quarto consiste nello svolgimento della ricerca
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vera e propria, ed infine il quinto svolge discussioni e conclusioni dell’intero
lavoro, considerando risultati e limiti della ricerca.
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-Capitolo 1: Internet
-1.1 Che cos’è il cyberspazio
-1.1.1 Bit e byte
-1.2 La storia di Internet
-1.2.1 Dati sull’uso di Internet
-1.3 Lo sviluppo tecnologico
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Capitolo 1: Internet
1.1 Che cos’è il cyberspazio
Gibson, inventore del termine cyberspazio, nel suo romanzo
Neuromancer lo definisce: “un’allucinazione vissuta consensualmente ogni giorno, da
miliardi di operatori legali, in ogni nazione, da bambini a cui vengono insegnati i concetti
matematici.Una rappresentazione grafica di dati ricavati dai banchi di ogni computer del
sistema umano. Impensabile complessità. Linee di luce allineate nel non-spazio della mente,
ammassi e costellazioni di dati. Come le luci della città che sì allontanano… “ (Gibson,
1984, p. 52)
Questa definizione anche se molto colorita e romanzata, è esplicativa
del significato del concetto, e può essere chiarita in modo migliore da altre
definizioni del termine:
Sterling a sua volta definisce il cyberspazio il posto in cui “una
telefonata sembra avvenire” non all’interno del “tuo” telefono, come neppure
all’interno del telefono del “tuo interlocutore”, ma in un luogo intermedio tra i
due telefoni: l’indefinito posto in cui “tu” e il “tuo interlocutore” v’incontrate e
comunicate effettivamente.
Per Mc Fadden il cyberspazio ha le seguenti caratteristiche:
- connessione ad una rete di canali e questi canali sono affidabili;
- presenza di agenti in grado di modificare l’informazione e i protocolli
condivisi. Gli agenti possono essere persone o programmi, cioè interagire o
meno con l’esterno ed essere o meno parte dello spazio informativo;
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-presenza di agenti che possono modificare l’informazione nel
cyberspazio in modo che i comunicanti abbiano esperienze analoghe a
quelle del mondo quotidiano, realizzando così l’idea di spazio modellato.
Tale concetto è importante in quanto molto vicino al concetto d’inganno del
virtuale.
Per Howard Rheingoldil (1993) cyberspazio è il nome che usato per lo
spazio concettuale dove le parole, le relazioni umane, i dati, la salute, e il
potere sono manifestati da persone che usano la tecnologia di
comunicazione mediante computer (c.m.c)
Queste definizioni fanno comprendere l’importanza e la portata
culturale del termine che sebbene risulta utile per capire la tecnologia digitale
in genere, e nella fattispecie l’uso delle reti telematiche e della “rete” per
eccellenza cioè Internet. Il miraggio che esista uno spazio in cui si trovano gli
interlocutori è espresso dal concetto di rete. La stessa Internet attraverso
l’idea di cyberspazio viene interpretata come mezzo attraverso cui si può
comunicare in un luogo al di fuori dello spazio, comunicare nel mezzo non
solo attraverso un mezzo che permette la comunicazione multimediale, ma
proprio attraverso il mezzo ci s’incontra in “altri” spazi, in costrutti artificiali
che rendono realistico il concetto più puro di cyberspazio, ma anche quello
romanzato da Gibson e ben descritto da molti altri autori. La forza innovativa
di questo mezzo consiste nella velocità con cui i due comunicanti entrano in
contatto, velocità che annulla le distanze ed il concetto di tempo ad esse
legato.
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1.1.1 Bit e Bytes
Fondamentale per capire come funziona la rete di Internet è il
concetto di digitale e i termini a questo collegati. “Digitale” significa
conversione dell’informazione in formato numerico, a questa definizione però
si devono affiancare i concetti di bit e di conseguenza di byte. Infatti, la base
dell’informazione digitale è il codice binario, impersonato nel concetto di bit
(binary digit), cioè la quantità d’informazione fornita dalla scelta fra due
alternative diverse considerate come egualmente probabili. Solitamente
quando si parla di digitale si intende che il codice sottostante sia binario, e di
conseguenza il concetto di bit.
Dal concetto di bit, come unità di informazione si passa per
convenzione al concetto di byte che corrisponde a otto bit e di conseguenza
a 256 possibili diverse combinazioni. Questa prospettiva apre le porte all’uso
dell’informazione binaria per moltissime forme di espressione diverse ma
rese interpretabili con il medesimo linguaggio. Ormai sono codificate in
codice binario oltre alla scrittura, anche i suoni, le immagini e i video, e
questo convergere verso una sola codifica è già ampiamente sviluppato ed
utilizzato in ogni tipo di forma espressiva. La convergenza verso un’unica
forma di codifica permette al computer di canalizzare l’informazione di vario
genere in un solo mezzo capace non solo di archiviarla ma anche di
elaborarla, diversificarla e trasmetterla. Il concetto di “multimedialità” è reso
possibile da questa tecnologia che unifica più forme espressive nello stesso
ambiente, dando la possibilità, non solo di avere un’esperienza che
coinvolge più sensi ma, anche di interagire con il mezzo.
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1.2 Storia di Internet
Nel ‘66 Bob Taylor, dirigente dell’Advanced Research Projects Agency
(ARPA), propose un progetto per poter far comunicare i computer dei
laboratori universitari tra loro. Dato il periodo di forte competizione
tecnologica con l’allora Unione Sovietica, il progetto fu subito visto come un
brillante modo di tener all’avanguardia la tecnologia militare. Taylor fu
affiancato da un illustre informatico, Larry Roberts, e da Paul Baran,
ingegnere delle telecomunicazioni che lavorava alla Rand Corporation,
un’agenzia per forniture militari. Proprio da qui nacque l’idea che in caso
d’attacco nucleare bisognasse avere informazioni distribuite in più nodi
attraverso una rete. Le possibilità tecnologiche erano date dai primordi
dell’uso della tecnologia digitale e dalla scoperta fatta in Inghilterra da
Donald Davis, i pacchetti. Questa scoperta dava la possibilità di poter
dividere un messaggio in molte parti e spedirlo attraverso più canali per poi
unificarlo solo nella codifica finale. Così nacque il progetto Arpanet. Nel ‘69
prese il via la fase esecutiva del progetto, l’appalto per la realizzazione fu
vinto da una piccola società la Bolt Beranek and Newman (BBN) e nello
stesso anno vennero attivati i primi due nodi della rete. Lo sviluppo dei
protocolli per l’uso della rete fu affidato a dei giovani ricercatori che
costituirono il Network Working Group (NWG) che assunse subito un tono
molto informale e di condivisione totale dell’informazione, tale da arricchire
velocemente tutte le conoscenze condivise. Lo spirito di condivisione
dell’informazione è stato elemento che ha contraddistinto da sempre l’uso
della rete. Nel ‘72 Arpanet contava 37 nodi e dopo i primi rudimentali
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protocolli, nel ‘73 si sviluppò un nuovo protocollo il TCP/IP, che permetteva la
trasmissione dei pacchetti d’informazione e sopratutto di integrare in un unico
ambiente comunicativo reti e mezzi di comunicazione diversi. All’inizio degli
anni ‘80 il National Science Foundation (NFS), un ente governativo,
sovvenzionò la costruzione di reti tra istituti universitari, così nacquero Bitnet,
Csnet, e Usenet, quest’ultima, nata nel ‘79 da due studenti dell’Università del
Nord California, consisteva in un sistema che permetteva agli utenti di
leggere e scrivere messaggi contenuti in una banca dati ripartita nel network
e divisa per soggetto (newsgroup). Notato il forte sviluppo delle reti si separò
la parte militare di Arpanet da quella di ricerca, e nel ‘85 l’NSF decise di
costruire tra le università una nuova rete gratuita chiamata Nsfnet. Nell’89
Arpanet, a causa degli onerosi costi di gestione, chiude definitivamente dopo
vent’anni d’attività. Queste trasformazioni e l’interesse sempre maggiore
dimostrato nei riguardi del mezzo da parte di aziende, fanno sì che agenzie
private di telecomunicazione costruiscano delle loro dorsali sempre più veloci
e che nel ‘95 la Nsfnet decida di vendere ad un privato.Nel frattempo nel
CERN di Ginevra Tim Berners Lee, con lo scopo di facilitare la
comunicazione tra la comunità dei fisici, sviluppa il Word Wide Web, un
sistema per pubblicare documenti testuali interconnessi sui nodi della rete.
Nel ‘93 due dottorandi, Marc Andressen ed Eric Bina dell’università
dell’Illinois costruiscono la prima interfaccia grafica per l’accesso ai
documenti presenti nel Word Wide Web, il Mosaic, di fatto il primo sito a cui
connettersi, che distribuirono gratuitamente. Questi ultimi passi portano alla
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luce l’Internet che esiste adesso con un’ampia facilita d’utilizzo da parte di
tutti ed una diffusione ormai quasi planetaria.
1.2.1 Dati sull’uso di Internet
Da ricerche condotte presso l’U.C.L.A. per il Center for
Communication Policy nel mese di novembre 2001 si è riscontrato che il 72,3
% degli americani possiede un accesso ad Internet, in crescita rispetto al
66,9 % del 2000 e che, in media gli utenti restano collegati alla rete per 9,8
ore settimanali. Questa cifra rappresenta un lieve incremento rispetto al
2000, quando lo stesso studio dell’UCLA è stato effettuato per la prima volta.
In oltre da questa ricerca emerge che, il maggior tempo speso utilizzando
Internet è stato sottratto per lo più alla televisione, emerge anche che gli
statunitensi acquistano meno attraverso Internet e sono più preoccupati per
quel che riguarda la privacy, infatti, poco più del 50% ha acquistato online nel
2000; questa percentuale è scesa al 48% nel 2001. Per gli utenti inoltre, la
privacy resta una delle preoccupazioni principali; il 28,4% degli intervistati ha
dichiarato che il motivo principale, per cui non ha ancora effettuato primo
acquisto online, è l'inadeguatezza dei sistemi di sicurezza, proprio questi
dubbi riguardanti la sicurezza in rete ha spinto alcuni ad interrompere
completamente l'attività online. Il dieci per cento degli ex-utenti hanno
addotto come motivazione le perplessità circa la privacy. I maggiori indiziati
come attentatori alla privacy sono il governo le aziende private. Per quanto
riguarda l’Italia i dati sono molto interessanti, infatti, risulta da una ricerca
condotta dall’Eurisko/Censis che: il numero di persone online in Italia (in una
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definizione “estesa” del concetto) sia fra i 9 e gli 11 milioni. Con una
tendenza a crescere che è continua nel tempo – ma in questa fase è
rallentata. Più rilevante dei “numeri assoluti” è l’analisi per categorie
demografiche. Si conferma quanto già constatato due anni fa e poi
confermato in varie verifiche successive; Internet in Italia non è ancora “per
tutti” ma non è: più “per pochi” – e c’è una tendenza non sempre veloce, ma
solida e costante, ad un uso sempre più diffuso della rete. Secondo questa
ricerca svolta nel giugno 2001, il numero totale di persone che accedono alla
rete in Italia sarebbe 11,4 milioni, che si riducono a 9,6 se si escludono gli
accessi in situazioni esterne, come corsi di formazione, presso amici, in
biblioteca o “bar”; e a 6,4 se si considerano le persone che dicono di
collegarsi “almeno una volta alla settimana”. Dati più recenti (settembre-
ottobre) indicano che la situazione non è sostanzialmente cambiata rispetto a
tre o quattro mesi prima.
Il numero totale di “utenti dal lavoro, da casa o da scuola” è cresciuto
del 25% rispetto al giugno 2000 (mentre nei dodici mesi precedenti l’aumento
era stato dell’80%). Da più di un anno non aumenta il numero delle persone
che si collegano dal lavoro, mentre c’è una crescita dei collegamenti da casa.
Tendenze analoghe sono confermate da altre fonti. Secondo uno studio del
Censis (luglio 2001) il 63% delle persone che possiedono un computer a
casa dispone di un collegamento alla rete, ma solo il 36% lo usa. .