abitudini di fruizione, che permettono al cosiddetto divo di relazionarsi
in modo diverso rispetto al passato con i propri ammiratori. Ogni
protagonista della scena musicale è, quindi, obbligato a adeguare le
proprie strategie di presentazione al nuovo linguaggio innovativo,
considerando il fatto che internet costituisce il miglio mezzo di
comunicazione di massa per intrattenere relazioni con il pubblico. Lo
sviluppo costante della rete ha offerto la possibilità alle nuove star di
presentare e rafforzare la propria identità attraverso la costruzione di siti
web capaci di ospitare ogni tipo di informazione relativa al cantante o
gruppo musicale in questione e la possibilità unica, per il fan, di
interagire, senza bisogno di intermediari, con il proprio idolo. Internet,
infatti, permette approfondimenti e possibilità relazionali e interattive
fino a pochi anni fa impensabili: gli artisti oggi hanno la possibilità di
interagire come meglio credono con i loro fan di ogni parte del mondo,
senza filtri e controllo di intermediari. Prima dell'introduzione delle
innovazioni portate dalla rete, i cantanti e i gruppi musicali erano
obbligati a promuovere la propria immagine attraverso i media locali.
Ora il web agevola queste stelle musicali nei contatti con il proprio
pubblico.
In particolare, entrare nel sito web di un artista musicale significa
sempre più poter accedere ad un vero e proprio luogo di culto o show
room, in cui il divo non si limita a presentare la sua identità di musicista,
bensì a fornire un'immagine più complessa e diversa da quella proposta
dai tradizionali mezzi di comunicazione di massa.
Questo lavoro, dunque, prende in esame i siti web di cantanti pop
inglesi. Si è preferito restringere il campo d'analisi ad un campione di
soli musicisti e band inglesi in modo da avere a disposizione un oggetto
omogeneo da osservare e rilevare le diverse strategie comunicative e di
presentazione dell'identità di divo messe in atto.
L'obiettivo di questa indagine è, infatti, di rilevare le modalità
secondo cui i cantanti e i gruppi musicali costruiscono la propria
immagine di divi attraverso i propri siti web, ma non solo: si cercherà di
indagare anche le possibilità relazionali, evidenziando la partecipazione
dell'emittente stesso al sito.
Questo lavoro si sviluppa in cinque capitoli: i primi tre capitoli
sono teorici, mentre il quarto e il quinto vertono principalmente
sull'analisi dei siti.
Il primo capitolo verterà sul tema, molto dibattuto, dell'identità: si
passeranno in rassegna i tre diversi approcci, cognitivi, sociali e
motivazionali, che si occupano delle questioni del sé e dell'identità
secondo diversi, ma altrettanto importanti, orientamenti. In seguito, si
discuterà delle modalità di costruzione dell'identità attraverso un nuovo
mezzo di comunicazione di massa come internet. Inoltre, si prenderà in
considerazione come gli emittenti presentano il proprio sé attraverso le
home page personali, che rappresentano in ampia misura ciò che sono i
siti web ufficiali dei cantanti e dei gruppi musicali.
Nel secondo capitolo si affronterà il fenomeno del divismo: in
particolare, si cercherà di spiegare chi è il divo e perché spesso viene
accostato al mito. Inoltre, verranno presentate le due principali teorie sul
divismo, quella psicologia e sociologica-politica, elaborate prima dallo
studioso francese Edgar Morin e poi da Francesco Alberoni e in seguito
completate da studi più recenti. Ci si soffermerà, altresì, sulla storia del
fenomeno divistico, descrivendone la nascita e le successive
trasformazioni fino agli ultimi anni. Si è scelto, inoltre, di mettere in
risalto i rapporti che il divo intrattiene con il mercato e con lo star
system, che sono tanto stretti da trasformare la star in un prodotto
confezionato pronto per il consumo di massa. Condizione necessaria per
l'espansione del divismo è il rapporto inscindibile con i mezzi di
comunicazione di massa, che permettono la diffusione dell'immagine del
divo: in particolare, verrà, in questo paragrafo, sottolineato il ruolo del
nuovo medium per eccellenza, vale a dire internet.
Nel terzo capitolo si descriverà il ruolo del cantante come
protagonista del racconto musicale: una volta appurato il fatto che la
musica presenta tutte le caratteristiche del racconto narrativo, si vedrà la
caratterizzazione del musicista come divo e come avviene la propria
costruzione identitaria attraverso i vari luoghi della messa in scena
musicale.
Nel quarto capitolo si passerà all'analisi vera e propria del
campione di siti considerato. Si è scelto, quindi, di esaminare un
campione rappresentativo di undici siti di artisti e band musicali dagli
anni sessanta ai nostri giorni ancora in attività. Inoltre si è preferito far
cadere la scelta su siti completi e complessi, tralasciando gli spazi web
ancora in fase progettuale che avrebbero potuto compromettere i risultati
della stessa analisi.
Ogni sito sarà analizzato seguendo uno schema di analisi volto a
rilevare quali componenti contenutistiche e relazionali rendono possibile
la caratterizzazione dell'artista come divo. In primo luogo, si rileveranno
le analogie strutturali tra i diversi siti sia dal punto di vista del contenuto
che della dimensione relazionale. Poi i siti verranno presi in esame
singolarmente per rilevarne le eventuali specificità.
Inoltre, nel quinto capitolo, verrà compiuta anche un'analisi
macro- e microlinguistica su un sito del campione, comparato ad un sito
di un'artista italiana (Laura Pausini), permettendo, quindi, anche un
confronto interculturale sulla costruzione dell'immagine del divo on line.
CAPITOLO 1
IL SÉ E L’IDENTITÀ ON LINE
1.1. IL TEMA DELL'IDENTITÀ
Il tema del sé e dell’identità è ormai da qualche tempo molto
discusso nelle scienze sociali in generale e nella riflessione sui media.
Purtroppo è difficile individuare una precisa e completa definizione dei
concetti di sé e identità, perché quando si comincia ad interessarsi di
quest'argomento, ci s'imbatte in un vasto panorama di ricerche e
paradigmi di riferimento in cui è molto facile perdersi. Per riuscire a
raccapezzarsi in questo mare d’indagini, gli studiosi tendono spesso a
rifarsi alla distinzione tra approcci cognitivi, sociali e motivazionali.
Gli approcci cognitivi o Social Cognition si basano sulla
considerazione che la persona sia un “costruttore” d’informazioni
rilevanti relative al proprio sé. Questi si oppongono in modo netto alla
prospettiva sociale, che tende a privilegiare il ruolo dell'ambiente sociale
entro cui il sé si sviluppa. Si tende a valorizzare, quindi, la dimensione
del ruolo e della posizione sociale dell’individuo. Il terzo modello pone
l’accento su come i processi motivazionali e i bisogni dell’individuo
contribuiscano allo sviluppo dello stesso.
Prima, però, di approfondire uno per uno i tre diversi paradigmi è
utile soffermarsi su alcune questioni circa il sé e l’identità che non hanno
ancora trovato una soluzione definitiva e che si ritroveranno nella
descrizione dei tre diversi approcci.
Dopo aver passato in rassegna le diverse teorie sul sé e l'identità, è
d'obbligo soffermarsi sull'identità on line vera e propria, aprendo una
finestra sulle home page personali come siti di costruzione dell'identità
stessa.
1.2. LE QUESTIONI SUL SÉ
Le domande fondamentali nell’ambito dello studio del sé
riguardano rispettivamente la sua struttura, la sua unicità e inscindibilità
e, infine, la differenza tra i termini sé e identità.
Sono due le filosofie si oppongono per quanto riguarda la struttura
del sé, cioè se quest’ultimo sia da definirsi come una forma fluida o, al
contrario, fissa. Nel passato si era sempre considerato il sé come
qualcosa di monolitico e unitario che caratterizzava il nucleo centrale
della personalità. L’individuo, quindi, pur influenzato da sollecitazioni
esterne, continuava a mantenere inalterata la parte fondamentale del
proprio essere. Ora si è in parte superata questa convinzione, grazie
anche a studi successivi come quelli sulla Social Cognition, e si tende a
ritenere il sé come composto da una struttura multipla e complessa, che
può essere caratterizzata anche da elementi fra loro contradditori. Il sé è
visto come una costellazione di immagini, schemi, concezioni di teorie,
propositi e compiti non più come qualcosa di stabile e compatto.
Tuttavia, recentemente, molti studiosi hanno cercato, attraverso
diversi modelli teorici, di conciliare il problema della sua continuità e
stabilità del sé con quello della sua adattabilità alle diverse situazioni
della vita quotidiana.
Il secondo quesito molto dibattuto riguarda la natura stessa del sé:
si tratta di qualcosa di unitario o molteplice? James, uno dei padri
fondatori della psicologia americana, aveva risolto questo dubbio già nel
1890 quando pubblicò Principles of Psychology
1
. In questo libro lo
studioso statunitense affermava che il sé si deve considerare come
formato da un Io o sé conoscente e un Me, vale a dire un sé conosciuto.
L’Io è la parte attiva del sé che è consapevole di conoscere. Si tratta
quindi della parte più autentica del sé, è la consapevolezza che ciascun
individuo ha della propria capacità di agire. Al contrario, il Me è il
prodotto dell’attività del conoscere dell’Io. In altre parole il Me è
formato dall’insieme degli attributi sui quali l’Io riflette.
Oggi si tende a considerare questa distinzione come accettabile e
veritiera all’interno degli studi sul sé e l’identità. Gli approcci cognitivi,
sociali e motivazionali si soffermano, secondo le circostanze, sullo
studio del sé come oggetto o del sé come soggetto.
Pur distinguendo tra Io e Me, non bisogna commettere l’errore di
giudicare il sé come qualcosa di separabile. Lo stesso James afferma che
l’Io e il Me sono due istanze tra loro inscindibili. E’ proprio questa
inscindibilità tra i due caratteri che contraddistingue il processo di
conoscenza di sé: il Me è costruito per mezzo dell’Io e i processi dell’Io
si basano sugli aspetti oggettivi della conoscenza di sé, quindi sul Me.
In conclusione, è difficile definire con esattezza i termini sé e
identità. Spesso essi sono utilizzati come sinonimi e, altrettanto spesso, si
1
James W., Principles of Psychology, Holt, New York, 1890
usano con una sfumatura di significato diversa o si utilizzano per
distinguere i termini della psicologia sociale americana (la Social
Cognition) da quelli della psicologia sociale europea. In generale, si può
definire il sé come
[…] un concetto più generale ed esteso del concetto d’identità, quasi una
sintesi delle diverse identità che le persone si trovano a sperimentare nella
propria quotidianità.
2
Studiosi come Erikson
3
definiscono la nozione di identità come quel
qualcosa che rimane invariato rispetto ai cambiamenti che accadono nel
tempo e nello spazio. L’identità viene soprattutto intesa come la
consapevolezza di essere un soggetto unico, diverso da tutti gli altri
soggetti presenti nel mondo.
In particolare, gli approcci cognitivi intendono il sé come
informazioni su se stessi costruite attraverso esperienze soggettive e
attività in situazioni specifiche. Gli approcci sociali, invece, vedono il sé
come la molteplicità delle immagini acquisite attraverso i rapporti con la
società e il contesto sociale. Infine, gli approcci motivazionali, pongono
l’attenzione sul sé come sintesi dei percorsi che gli individui compiono
prima di compiere determinate scelte che riguardano la propria identità.
2
Mancini T., Sé e identità, Carocci, Roma 2001, p. 18
3
Erikson E.H., The problem of Ego Identity, in «Journal of American Psychoanalytic Association»
(1956), 4
1.3. GLI APPROCCI ALLO STUDIO DEL SÉ E
DELL’IDENTITÀ
1.3.1. GLI APPROCCI COGNITIVI
Gli studi cognitivi si basano sull’analisi del sé come una struttura
complessa e articolata. In modo particolare, la Social Cognition
privilegia l’analisi degli aspetti strutturali e contenutistici, trascurando
volutamente il ruolo della situazione sociale.
Gli autori che appartengono a questo filone di studi statunitense
affermano che ogni individuo può avere un concetto di sé composto da
varie concezioni particolari che variano secondo i campi d’interesse,
attività in cui è inserito. Il sé, quindi, non può essere considerato come
un’unica struttura cognitiva, ma come formata da diversi elementi o
concetti relativi alle varie situazioni in cui ci si trova.
Gli approcci cognitivi, inoltre, hanno individuato due aspetti
fondamentali del sé:
• il sé non si costruisce casualmente, ma attraverso l’esperienza e la
raccolta d’informazioni come ogni altra forma di conoscenza;
• le strutture di conoscenza formano degli schemi di riferimento (o
anticipatori) con una funzione di organizzazione delle
informazioni.
Vengono, in aggiunta, individuati gli schemi di sé che sono quelle
strutture che l’individuo utilizza ogni qualvolta vuole spiegare il proprio
comportamento o guidarlo verso un preciso scopo.
Esistono due tipi di rappresentazioni di sé: il primo è basato sui
significati; il secondo sulla percezione. Nel primo caso i significati
vengono definiti come frutto dei processi di astrazione e
generalizzazione delle informazioni che riguardano il concetto. Le
percezioni, al contrario, sono collegabili alle azioni e alle esperienze in
generale. Sono, infatti, due le principali fonti di conoscenza del sé. Da
una parte abbiamo il comportamento; in questo modo le persone si
riconoscono attraverso le proprie azioni e reazioni in determinate
situazioni della quotidianità. Dall’altra parte si utilizzano le espressioni
più spontanee di ognuno, che sono i pensieri e i sentimenti.
Ma come le rappresentazioni del sé diventano poi presenti nella
consapevolezza del soggetto? Secondo Markus e Norius per spiegare
questo processo bisogna ricorrere alla nozione di sé operativo, che viene
definito come
[…] quella costellazione di concezioni di sé che sono accessibili al pensiero e
alla memoria in un dato momento.
4
L’attivazione di una costellazione dipende rispettivamente dalla
disponibilità dei concetti di sé già presenti in memoria, dalle richieste e
aspettative dell’individuo, dallo stato motivazionale del soggetto. In
breve, alcuni aspetti della conoscenza di sé diventano rilevanti quando la
situazione o le esperienze precedenti particolari lo richiedono; mentre
quando essi non sono attivati rimangono sullo sfondo, pronti però ad
ogni possibile intervento. E’ da queste riflessioni che alcuni studiosi
4
Markus H., Norius P., Possible Selves, in „American Psychologist”, 41, 1986, p. 163
hanno ricavato l’idea di un sé fluido, malleabile rispetto alle diverse
situazioni e occorrenze della quotidianità.
1.3.2. LE FUNZIONI DEL SÉ
Per individuare le caratteristiche funzionali del sé è opportuno
distinguere tra i processi di elaborazione dell’informazione e i processi
implicati nell’azione. Nel primo caso il concetto di sé può influenzare in
modo molteplice il processo di analisi: facilitando, per esempio, il
recupero delle informazioni ad esso legato o influenzando
l’organizzazione dei ricordi della nostra vita passata. Il sé può anche
aiutare nel prevedere i comportamenti futuri in una data situazione. In
questi casi la funzione del sé è soprattutto di filtrare e attribuire le
informazioni e facilitarne l’elaborazione. Il sé, in altre parole, funziona
come schema anticipatorio.
Nel secondo caso il sé agisce come mediatore dei comportamenti
umani, rendendoci evidenti i motivi per cui un individuo compie certe
azioni e non altre. La funzione del sé è, di conseguenza, regolazione del
processo che porta la persona ad agire. Alla fine di questo processo di
autodeterminazione viene coinvolto il cosiddetto ciclo cibernetico di
regolazione del sé che comprende fasi di monitoraggio, di giudizio e
valutazione delle proprie azioni.
Il sé, quindi, modella e viene modellato dal comportamento. In
particolare in questa azione sono implicate due dimensioni diverse del
sé: l’autoconsapevolezza, vale a dire l’orientamento a dirigere
l’attenzione verso se stessi, e la dimensione di realtà del sé, che agisce
come regolatore dei comportamenti standard usati per confrontare le
varie azioni nelle situazioni specifiche.
In aggiunta, bisogna ricordare che il concetto che le persone hanno
di sé può incidere anche sui modi stessi in cui gli individui conducono i
propri rapporti con gli altri. In questa circostanza, il sé gioca un ruolo
fondamentale nella regolazione dei rapporti interpersonali.
Concludendo, gli studi sulla Social Cognition considerano le
informazioni circa il sé come parte di processi le cui caratteristiche si
rifanno alle generali modalità del funzionamento cognitivo. Sono tre gli
assunti fondamentali degli approcci cognitivi. Il primo punto riguarda il
ruolo della persona nella costruzione del sé: l’individuo è la principale
componente attiva di questo processo che comprende la selezione,
l’elaborazione e la conservazione delle informazioni più importanti circa
il proprio sé. Una volta che analizzati i dati d'esperienza secondo le
proprie capacità cognitive, l’individuo gestisce il proprio agire per
autoaffermarsi e autorealizzarsi.
Il secondo assunto riguarda il sé inteso come struttura cognitiva.
Gli studiosi che si rifanno a quest'approccio indicano nel sé una struttura
di conoscenze autoriferite, la cui articolazione dipende dalla rilevanza
che ogni soggetto attribuisce a particolari ambiti come i comportamenti
intra e interpersonali.
L’ultima tesi concerne il ruolo attribuito al contesto nel quale le
informazioni riguardo il sé vengono raccolte: le teorie cognitive tendono
a trascurare gli aspetti sociali di costruzione del sé, la cui importanza
verrà, in seguito, sottolineata dagli studi sociali.
1.3.3. GLI APPROCCI SOCIALI
Gli approcci sociali pongono l’attenzione sui contesti, a diversi
livelli e dimensioni, entro i quali il sé si sviluppa. Bisogna sottolineare
come gli autori che si rifanno a questi studi preferiscono utilizzare il
termine identità, piuttosto del termine sé.
La definizione, secondo cui il sé è legato in modo inestricabile alla
vita sociale e n’è per la maggior parte determinato, può essere attribuita
originariamente a James, che in Principle of Psychology affermava che il
sé si può considerare come l’elemento centrale del collegamento tra il
mondo psichico, mentale dell’individuo e il mondo esterno. Abbiamo già
analizzato come sempre James distingua il sé in Io conosciuto e Io
conoscente per rendere evidenti i processi che collegano le attività del
pensiero e della conoscenza individuale con il mondo degli oggetti fisici
e sociali. Afferma, inoltre, che ognuno ha a disposizione diversi sé o
identità quante sono le persone con cui entra in contatto e che hanno
un’immagine di noi nella mente.
5
Queste affermazioni sono riprese da Cooley e completate dalla
nozione di autorispecchiamento
6
. Anche secondo quest’autore si diventa
consapevoli della propria identità attraverso le interazioni sociali, ma, a
contrario di James, afferma che queste rimangono fuori dalla conoscenza
di sé. In altre parole, il concetto che le persone hanno di se stesse deriva
dall’osservazione di quanto gli altri individui mostrano di pensare di noi
stessi.
5
James W., Principles of Psychology, op.cit.
6
Cooley C. H., L'organizzazione sociale, ed. Comunità, Milano, 1963
Nel 1934, Mead
7
, basandosi sulle intuizioni di James e Cooley,
sviluppò la teoria sull’origine sociale del sé. Secondo questa teoria il sé
si forma nel corso dell’interazione con gli altri appartenenti allo stesso
gruppo o alla stessa comunità di cui l’individuo stesso fa parte.
Attraverso l’interiorizzazione delle risposte, socialmente condivise, che i
nostri atteggiamenti suscitano negli altri, riusciamo a ricostruire la nostra
identità. Due concetti sono fondamentali nella teoria di Mead: quelli di
“atteggiamento “ e “gesto”. Si può definire l’atteggiamento come
un’azione che, attraverso il riconoscimento degli altri e le dovute
risposte, acquista un significato proprio. Il gesto, invece, è inteso come
un simbolo significante, quando suscita uguali risposte a quelle che
susciterebbe alle persone a cui è rivolto. E’ fondamentale osservare i
gesti e gli atteggiamenti per studiare il modo interiore e soggettivo e il sé
come espressione del mondo. Un individuo giunge, infatti, alla
conoscenza di sé attraverso l’interiorizzazione di gesti e atteggiamenti.
Un altro studioso, Goffman
8
intendeva il sé come un prodotto
sociale derivato dalle risposte degli altri, pur rimanendo un’entità
autonoma. Usando una metafora drammatica, Goffman affermava che
l’individuo si mostra contemporaneamente come attore e personaggio.
Come attore esprime la propria identità personale, mentre come
personaggio esprime un’identità "gruppale", una proiezione
dell’immagine di sé nella società in cui si vive. Secondo quest’autore, il
sé è frutto della costruzione sociale, determinata dalle attese di un ruolo
che viene strutturato dall'ambiente in cui le persone vivono.
7
Mead G.H., Mente, Sé e società, Giunti-Barbera, Firenze 1966
8
Goffman E., The Presentation of Self in Everyday Life, Doubleday Anchor Books, New York, 1959