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INTRODUZIONE
Le dinamiche di globalizzazione che caratterizzano il nostro secolo ci portano,
come individui e come gruppi, a cogliere sfide che ormai proiettano verso
dimensioni planetarie. Senza alcun dubbio, il fenomeno colpisce qualsiasi
organizzazione, dalle più semplici alle più complesse, dalle pubbliche alle private,
che inevitabilmente devono cogliere e trasformare tutto questo in un’opportunità
per il loro futuro. Con tali presupposti, che coinvolgono anche la realtà italiana,
sempre più imprese guardano con interesse i mercati esteri.
L’internazionalizzazione, termine ormai noto e diffuso, rappresenta proprio
questo: “flessibilità” alla base del moderno concetto di mercato e capacità delle
aziende di spostarsi lì dove c’è spazio per i propri bisogni. A questo punto, le
interpretazioni possono essere differenti. Una, può essere quella sulla scia del
“Capitalismo Parassitario” (Z.Bauman,2009), che soddisfa le proprie necessità ed
evolve incurante degli effetti che ha sul territorio ospitante. L’altra, è quella
proposta dal “Movimento delle Tecnologie Appropriate”( E.F.Schumacher,1973), che
tiene fermo il principio di flessibilità e adattamento ma al contempo, offre un nuovo
punto di vista: quello della trasparenza tra domanda e offerta, della negoziazione
win-win, dell’innovazione come veicolo per lo sviluppo sostenibile da una parte, e
del business dall’altra.
Il concetto di “appropriatezza” affianca quello tradizionale di “innovazione”, a
indicare l’ultima frontiera per le aziende che fanno internazionalizzazione. Aziende
che offrono le loro competenze per risolvere problemi, facendo profitto senza
tuttavia creare alterazioni negative di natura ambientale, sociale o politica.
Con questi presupposti, il presente lavoro di tesi sviluppa uno studio di fattibilità
tecnica, ambientale ed economica per un impianto di micro-cogenerazione a biogas.
L’analisi, che si inserisce all’interno della partnership dedicata al servizio di
consulenza per le imprese italiane, è elaborata per conto di due aziende,
Roncucci&Partneers e NòvaEngineering. In accordo con quanto detto
precedentemente, l’obiettivo è duplice: offrire alle aziende che fanno “Made In
Italy” un nuovo mercato in cui poter esprimere le loro conoscenze e le loro volontà
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di sviluppo; alle aziende estere, invece, un know-how innovativo e sostenibile dal
punto di vista economico, tecnico ed ambientale, sia nel breve che nel lungo
periodo.
L’impianto in progetto permette di utilizzare le sostanze organiche presenti nei
rifiuti - normalmente destinate in discarica - e valorizzarle controllando il loro
naturale processo di decomposizione: la digestione anaerobica. Il biogas che si
origina da questa trasformazione viene utilizzato per alimentare un motore
endotermico, che genera elettricità e calore sufficienti per soddisfare i fabbisogni
energetici locali.
Prima di lasciare il lettore ai capitoli di approfondimento, si vogliono
evidenziare i due aspetti fondamentali che, di fatto, riassumono la Mission di tutto
il progetto. Il primo rappresenta la risposta italiana alla richiesta di innovazione dei
processi di gestione dei rifiuti del Brasile; il secondo sottolinea la nostra capacità di
accogliere le più forti esigenze del Paese, producendo energia da fonti rinnovabili e
contribuendo alla realizzazione di uno sviluppo sostenibile, proprio dei programmi
governativi più lungimiranti.
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1. L’INTERNAZIONALIZZAZIONE
Sempre più imprese italiane, e non solo, guardano con interesse i mercati esteri. E così, il
termine “internazionalizzazione” è ormai diventato di uso comune, pur rappresentando
dinamiche complesse e di dimensione mondiale. Ma cosa significa internazionalizzazione?
Quali sono le cause? Come si gestisce il cambiamento nelle imprese? Quali sono i mercati
verso cui si orientano? Queste sono alcune delle domande a cui risponde il capitolo, che
termina illustrando dove, all’interno di tutto ciò, si colloca uno studio di fattibilità come
quello realizzato dal presente lavoro di tesi.
1.1 Aspetti Generali
L'internazionalizzazione è oggi considerata un’ottima opportunità di business
development, e coinvolge ormai tutti i tipi di imprese: grandi, piccole e medie. Si
tratta di un processo che porta l'azienda - e non solo i prodotti - all'estero, e da cui
scaturisce una trasformazione che spesso interessa gran parte delle unità
organizzative. È un tipo di investimento impegnativo, che richiede una corretta
gestione e che comporta persino un cambiamento nel modo di approcciarsi ai nuovi
mercati.
La conoscenza del Paese individuato, con tutte le pertinenti considerazioni di
natura economica e finanziaria, è uno dei punti chiave per avere una strategia di
successo. A tal proposito, invece di vendere i prodotti applicando i principi e i
comportamenti di sempre - che è quello che accade esportando -, l’impresa deve
cogliere le caratteristiche del nuovo mercato per plasmarsi su di esse, elaborando
una nuova struttura organizzativa, comunicativa ed operativa. Pragmaticamente,
tutto questo si realizza passando per un serie di fasi conseguenti attraverso cui si
raggiungono specifici risultati, e che richiedono metodi, strumenti e risorse
appropriate.
Si percepisce allora la complessità dell’intero processo, e dal momento che il
prodotto (o il servizio) da realizzare è solo un elemento del tutto, oltretutto da
integrare con un’eterogeneità di competenze, conoscenze e informazioni, la
decisione di andare all'estero deve essere valutata insieme a tutte le capacità e le
potenzialità dell’impresa.
Internazionalizzare significa aumentare le opportunità di business, estendere il
proprio marchio a livello globale, creare nuove strategie di marketing, gestire una
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metamorfosi sia nel prodotto che nella struttura aziendale. In sostanza, è un
investimento che, seppur richieda un grande sforzo per realizzarlo, offre - adesso
più che mai - enormi possibilità di crescita alle imprese italiane e alla tradizione del
“Made In Italy” nel Mondo.
1.2 Cause Che Inducono Le Imprese Ad Internazionalizzare
I motivi per cui intraprendere un processo di internazionalizzazione possono essere
diversi. In alcune circostanze, rappresenta una “scelta obbligata”, a causa di
condizioni economiche particolarmente negative nel mercato locale. E questo
rappresenta per molti aspetti l’attuale situazione in Europa, dove molte piccole e
medie imprese sono costrette ad affrontare i mercati emergenti (BRICS o le
cosiddette Next Eleven) per sopravvivere, ed eventualmente, crescere o ampliare il
proprio business. Altrimenti, internazionalizzare è una scelta motivata da una o più
delle seguenti ragioni:
Per testare un prodotto in un mercato diverso, sfruttando una caratteristica
particolarmente riconoscibile e distintiva (ad esempio quella del “Made In
Italy”);
Per espandere il business esplorando nuovi mercati in crescita, nuovi
segmenti e nuove basi di potenziali clienti;
Per diversificare il business, sperimentando nuovi prodotti/servizi
specificamente finalizzati ad uno o più mercati esteri;
Per diversificare i rischi aziendali;
Per ridurre i costi produttivi, delocalizzando la produzione o alcune fasi di
essa, in un ambiente a costi inferiori.
Tuttavia, come mostreranno i paragrafi seguenti, prima di considerare tale decisione
è fondamentale effettuare una profonda analisi dell'organizzazione e dei mezzi
aziendali, in modo da essere sicuri della fattibilità e della sostenibilità del progetto
sia nel breve che nel lungo periodo.
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1.3 Come Avvicinarsi Ai Mercati Internazionali
Come già sottolineato più volte, l'internazionalizzazione si riferisce ad un’attività
svolta dalle imprese, in un mercato estero e per un lungo periodo. Non essendo
quindi un evento occasionale, alla base ci deve essere una precisa strategia volta ad
aumentare il portafoglio clienti ed il fatturato. Per questo motivo, è possibile fare
riferimento a modelli teorici
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che regolano un processo di questo genere, che pur
stereotipando la realtà, riescono comunque ad offrire un valido supporto di
approccio al problema.
In generale è possibile distinguere due modi di internazionalizzare, secondo
l'attività aziendale:
a) Internazionalizzazione Commerciale
L’impresa si focalizza sulla scelta dei canali distributivi: esporta i propri prodotti
nel mercato estero, direttamente o indirettamente, a seconda che la distribuzione
ricorra ad agenti esterni o rappresentanti/canali interni. Pertanto la distribuzione
può passare da produttore a produttore o dal produttore al consumatore. La vendita
diretta può avvenire tramite negozi, negozi on-line, per cataloghi, porta a porta,
tele-selling, etc.
Gli attori che contribuiscono ad incanalare la fornitura all'estero possono essere
di diverso tipo:
Aziende di commercio: possono essere indipendenti o parte di un gruppo più
grande, e distribuiscono beni di brand differenti.
Agenti: inviati direttamente o reclutati nel mercato estero; possono essere
pagati dalla dall’impresa ma non entrano in possesso dei beni promossi.
Dettaglianti: vendono i prodotti direttamente ai consumatori.
Grossisti: acquistano grandi quantità di merci dai distributori e le vendono ai
dettaglianti.
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Pur non approfondendoli in questa sede, si rimanda ai “Modelli di internazionalizzazione a fase” di
Vernon (1966), Johanson e Vahlne (1977), Bilkey e Tesar (1977), Cavusgil (1980), Czinkota (1982),
Reid (1981); e ai “Modelli con approccio economico” di Buckley e Casson (1993,1995), Williamson
(1975), Dunning (1988,2000, 2001).
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Distributori: vendono beni ad altri commercianti, come grossisti, attraverso il
loro network di vendita. Alcuni possono essere esclusivi, ovvero autorizzati a
vendere solo una marca, secondo l'accordo siglato con il produttore.
GDO (Grande Distribuzione Organizzata): i beni vengono venduti attraverso
ipermercati, supermercati, discount, ipermercati,etc.
Importatori: rivendono beni ad altre società (distributori) e sono responsabili
di tutte le procedure doganali necessarie quando le merci entrano in un paese
straniero.
Concessionari: vendono direttamente al dettagliante o al consumatore.
Questa è una possibile classificazione che serve per sottolineare la varietà di
categorie esistenti nel sistema distributivo. Tuttavia, nel mercato reale queste figure
possono sovrapporsi e il modo in cui i prodotti giungono ai consumatori sono molto
più complessi.
b) Internazionalizzazione Produttiva
L’ azienda può decidere di iniziare a produrre all'estero per i vantaggi competitivi
legati alla posizione, alla minimizzazione dei costi, alla disponibilità di risorse o
alle economie di scala dovute alla frammentazione della produzione. Gli
Investimenti Diretti all’Estero (Foreign Direct Investment, FDI) definiscono le
attività di business nei differenti mercati. Un IDE può essere realizzato investendo
in nuove attività produttive, ad esempio costruendo in loco un nuovo impianto,
oppure acquisendo società straniere.
La produzione può essere internazionalizzata in diversi modi: con un “IDE
orizzontale”, attraverso cui si produce tutto il bene nel nuovo mercato sia per
mantenere la produzione nel paese che per delocalizzare; oppure con un “IDE
verticale”, attraverso cui si produce all'estero solo una parte del bene,
esternalizzando parte della catena del valore.
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1.4 Come Scegliere La Giusta Strategia
Come visto in precedenza, ci sono diversi modi per affrontare i mercati esteri, ma
non tutti posso essere considerati equivalenti. L’internazionalizzazione rappresenta
un investimento e dunque, anche un rischio. Così, un’azienda deve valutare
accuratamente tutte le condizioni richieste per ogni tipo di strategia.
Il primo passo è un’analisi interna per capire i tratti distintivi dell’impresa, quali
sono gli obiettivi e quali le potenzialità da raggiungere, poiché
l’internazionalizzazione produttiva e commerciale hanno percorsi e scopi differenti.
Alcune società vogliono mantenere elevato il livello qualitativo del loro processo
produttivo, per cui non sono disposte a spostarlo all’estero (o anche parte di esso),
anche se questa operazione può comportare una rilevante riduzione dei costi. Altre
invece scelgono di delocalizzare totalmente la produzione. Ci sono casi in cui le
aziende sono troppo piccole o presentano una situazione finanziaria che non
consente loro di aprire un nuovo stabilimento all'estero, per cui la strategia
commerciale rimane l’unica alternativa.
Tutte queste circostanze devono essere valutate fin dall'inizio, perché una
penetrazione di mercato estera è qualcosa che non può essere data per scontata. In
breve, dovrebbero essere analizzati i seguenti aspetti:
Stato economico e finanziario: l'azienda ha il budget per andare all'estero?
Dimensioni della società e organizzazione interna: l'azienda ha personale per
formare un team che gestisca il progetto estero? Le risorse a disposizione
sono sufficienti per affrontare un tale mercato nel lungo termine?
Attività commerciale ed esperienza nei mercati internazionali: l'azienda ha
abbastanza esperienza e conoscenza su come funziona un mercato che non sia
locale?
Prodotti (o servizi) e sistemi produttivi: i fornitori sono abbastanza
competitivi? Quale potrebbe essere il valore aggiunto per i consumatori
internazionali?
A prescindere da quale sia l'obiettivo, è sempre utile realizzare prima uno studio di
fattibilità economica a cui segue la realizzazione di un Business Plan, documento
essenziale perché riassume l’intero progetto di internazionalizzazione in termini di:
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operatività, piani di marketing, analisi di mercato, stime di costi e ricavi, indicatori
di valutazione dell’investimento.
Come appena accennato, la decisione di andare all'estero deve essere supportata
anche e soprattutto da un’accurata analisi di mercato, volta a scegliere
correttamente il luogo in cui si realizzerà la strategia. Questo studio fornisce
preziose informazioni sui concorrenti locali, sulla presenza di altri operatori
stranieri e su quelle specificità che possono ostacolare il successo
dell’investimento. Con questo scopo, la SWOT analysis (Strengths, Weaknesses,
Opportunities and Threats) aiuta ad evidenziare gli aspetti positivi e negativi,
esterni ed interni, che possono condizionare le scelte aziendali. I punti di forza
(Strengths) rappresentano il potere dell’organizzazione: la buona qualità del
prodotto o del servizio, le competenze operative, la tradizione del “Made In Italy”
che va a rappresentare, la competitività, etc. I punti deboli (Weaknesses) sono
quelle caratteristiche che possono essere dannose per il raggiungimento
dell'obiettivo: scarsa capacità produttiva, reattività debole, problemi di lingua, bassa
capacità di adattamento, etc. Le opportunità (Opportunities) sono le condizioni
esterne favorevoli all’investimento: assenza del prodotto nel mercato scelto, elevata
richiesta del servizio, di formazione o know-how, etc. Infine, le minacce (Threats)
sono le condizioni esterne che potrebbero danneggiare le prestazioni: forte
concorrenza locale, barriere culturali, dazi molto elevati, etc.
Tutti questi aspetti devono essere considerati fin dall'inizio, nonostante ci sia una
costante revisione e verifica di tutte le strategie; così come l'approccio, che deve
essere sì pianificato, ma che deve essere monitorato ed eventualmente modificato in
funzione di tutte gli imprevisti legati al nuovo mercato.
1.5 Come Scegliere Il Mercato
A seconda del prodotto, della dimensione e delle necessità dell’azienda, la scelta tra
un mercato e l’altro può variare notevolmente. Un’impresa può essere interessata ad
una specifica nicchia o semplicemente, desidera capire quale potrebbe essere più
adatta per iniziare a trasferire la propria attività all'estero.