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INTRODUZIONE
Per molti anni si è pensato che lo sviluppo dei mercati internazionali, causato dalla
convergenza delle culture e dei bisogni delle diverse popolazioni, fosse un fattore correlato
alle grandi imprese multinazionali che, sfruttando i vantaggi derivati da economie di scala,
potevano introdurre nel mercato prodotti di successo standardizzati a livello mondiale. Con lo
sviluppo dell’economia mondiale, specialmente attraverso l’uso commerciale della rete
Internet, la situazione però ha iniziato a mutare. Sono nati, infatti, strumenti di
internazionalizzazione più efficaci e più semplici da adottare, basati sull’utilizzo delle nuove
tecnologie in ambito di comunicazione, promozione e Marketing. Grazie a questi sviluppi
oggi si stanno creando sempre maggiori opportunità e sfide competitive per le PMI, che sono
tradizionalmente considerate non adeguate ad attuare un processo di internazionalizzazione.
In Europa, il 99%
1
delle aziende commerciali è costituito da PMI e molte di queste svolgono
parte della loro attività in ambito internazionale, contribuendo in modo consistente allo
sviluppo economico mondiale. Negli ultimi anni, quindi, il problema di come affacciarsi in
ambito internazionale e come ricercare nuovi contatti a livello mondiale è diventato il nodo
cruciale per le aziende che, in un periodo di crisi e di difficoltà di accesso al credito, si
trovano a dover fronteggiare gli elevati costi legati ad un processo di internazionalizzazione
“tradizionale”.
Sulla base di ciò si sono sviluppate nuove forme di internazionalizzazione basate su strumenti
più moderni, che assicurano alle aziende una riduzione dei costi permettendo, nel contempo,
un costante controllo sull’attività svolta. Tra questi, Internet è lo strumento più interessante,
basato su una tecnologia in costante sviluppo che, se adottata e integrata in modo adeguato,
può garantire un sicuro successo in ambito internazionale. Questa tecnologia è
particolarmente stimolante per le PMI poiché permette di semplificare la gestione delle
operazioni di contatto, relazione e fidelizzazione dei clienti, azzerando i costi legati alla
comunicazione globale.
Internet, tuttavia, non ha solo posto le basi per la riduzione dei costi, ma ha anche offerto la
possibilità di migliorare la qualità della comunicazione e della promozione del brand e dei
prodotti delle aziende, offrendo loro la possibilità di sfruttare nuove soluzioni.
I miglioramenti si possono riscontrare i diversi ambiti: in campo pubblicitario, con l’utilizzo
di nuovi mezzi di comunicazione e promozione; in campo di gestione aziendale, con l’utilizzo
di software per la gestione interna delle aziende e per la comunicazione tra succursali o filiali;
1
Fonte: EUROSTAT (2011) Figura 1.2 pagina 11.
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in campo di gestione del post-vendita, offrendo numerosi strumenti di supporto al CRM
(Customer Relationship Management) per aumentare il livello di customer satisfaction e
aumentare, così, il livello di fidelizzazione dei clienti.
Internet ha anche permesso di migliorare la ricerca del mercato di sbocco e del target
obiettivo, fornendo alle aziende gli strumenti necessari per effettuare precise e dettagliate
analisi di mercato che hanno consentito il superamento di alcune delle principali barriere
all’ingresso nei mercati internazionali quali le barriere legate alla mancanza di informazioni,
alla distanza fisica, alla necessità di intermediari, alla comunicazione a distanza, all’ambiente
culturale e sociale talvolta ostile o di difficile comprensione.
Questo lavoro, sviluppato durante una collaborazione di 9 mesi presso l’impresa MIPU s.r.l.,
vuole essere sia un approfondimento sulla materia dell’internazionalizzazione e sulle nuove
forme di Internazionalizzazione 2.0, sia una guida pratica per presentare ad una PMI le nuove
possibilità e i nuovi strumenti per affacciarsi sui mercati internazionali attraverso l’utilizzo dei
mezzi di comunicazione e promozione online.
Lo studio è strutturato in tre parti:
I PARTE: presentazione del fenomeno dell’internazionalizzazione, delle nuove forme di
Internazionalizzazione 2.0 e delle caratteristiche del Web Marketing e della
Comunicazione 2.0;
II PARTE: presentazione e descrizione degli strumenti operativi per pianificare, gestire e
controllare una campagna di Web Marketing e di Social Media Marketing;
III PARTE: presentazione e descrizione dei lavori svolti per promuovere online l’azienda
Inspiring Software. Partendo dal Marketing Plan effettuato saranno esposte tutte le fasi
dello sviluppo del progetto, presentandole dal punto di vista pratico e con l’obiettivo
di poter utilizzare tale esempio per invogliare altre aziende a procedere con lo sviluppo
di un piano di Internazionalizzazione 2.0 basato sui nuovi strumenti di comunicazione
e promozione come il Web Marketing, la Web Communication e la Web Promotion.
All’interno del testo troverete alcuni indirizzi Internet brevi (es: http://bit.ly/yva9UO).
Ognuno di questi rimanda a una pagina web che approfondisce l’argomento appena citato o
ne riporta la fonte originaria. Per praticità ognuno di questi link è stato ottenuto con un
servizio apposito di riduzione link (in gergo shorten) che verrà presentato all’interno del
capitolo 5 nel paragrafo 5.5.2 a pagina 116.
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PRIMA PARTE: Le nuove frontiere dell’internazionalizzazione
1. I rischi e le opportunità dell’internazionalizzazione
1.1. Aspetti generali e importanza delle PMI
La globalizzazione è un processo di integrazione economica a livello planetario che si va
intensificando e che coinvolge i mercati dei beni e servizi dei fattori produttivi e, in
particolare, del capitale, dell’informazione e delle competenza.
2
Essa ha coinvolto tutti gli
attori economici operanti su scala mondiale e ha sconvolto e rivoluzionato parte degli
equilibri che governavano i mercati fino a pochi anni fa.
Questo processo ha portato ad una serie di miglioramenti e benefici a livello globale
favorendo lo sviluppo del progresso tecnologico in zone scarsamente sviluppate, ha ampliato
il livello di diffusione della conoscenza e ha omologato alcuni consumi, comportamenti e
sistemi di linguaggio e di comunicazione. Questo processo ha portato anche ad un aumento
della competizione tra le imprese, stimolandole a pensare non più soltanto in termini nazionali
e locali ma anche in termini internazionali, portandole a cercare di sviluppare e sfruttare al
meglio le opportunità e le possibilità di business create dai mercati esteri.
Il concetto di vendita all’estero ha subito quindi una mutazione: dalla semplice e tradizionale
attività di esportazione, intesa come uscita dal territorio nazionale di beni e/o servizi, si è
passati a delle forme di internazionalizzazione basate su una presenza effettiva e rilevante sui
mercati esteri e sulle economie extra nazionali. Tra questi sistemi ci sono: la delocalizzazione
degli impianti produttivi, la costituzione di succursali o filiali estere, la cessione di know how,
il trasferimento di tecnologie produttive, la costituzione di società di diritto all’estero o di
particolari società come ad esempio la Società Europea, la costituzione di particolari accordi
commerciali come il franchising o la joint venture con partner esteri.
Tradizionalmente, quando si parla di internazionalizzazione, si fa riferimento alle grandi
multinazionali o alle grandi imprese con grandi fatturati e quindi ampie possibilità di
investimento. Tuttavia, grazie allo stimolo fornito dall’apertura e dallo sviluppo dei mercati
internazionali, oggi possono trovare spazio e slancio internazionale anche le imprese che
tradizionalmente sono state considerate non adeguate ad attuare un processo di
internazionalizzazione: le PMI.
2
Camagni R. (1999), “Globalizzazione e sviluppo delle economie locali: la sfida per le grandi aree urbane”,
Sinergie numero 49, Maggio-Agosto 1999.
10
Le piccole e medie imprese (PMI) sono aziende le cui dimensioni rientrano entro certi limiti
occupazionali e finanziari prefissati. Con la raccomandazione 2003/361/CE la Comunità
Europea ha suddiviso le PMI in:
• media impresa, quando il numero dei dipendenti è inferiore a 250, quando il fatturato
annuo non supera i 50 milioni di Euro o il totale dell'attivo dello Stato Patrimoniale
non supera i 43 milioni di Euro;
• piccola impresa, quando il numero di dipendenti è inferiore a 50, quando il fatturato
annuo o il totale dell'attivo dello Stato Patrimoniale annuo non superino i 10 milioni di
Euro;
• microimpresa, quando il numero dei dipendenti è inferiore a 10, quando il fatturato
annuo o il totale dell'attivo dello Stato Patrimoniale annuo non superino i 2 milioni di
Euro.
3
“Le microimprese e le piccole e medie imprese (PMI) costituiscono il motore dell’economia
europea. Sono una fonte essenziale di lavoro, generano spirito imprenditoriale e innovazione
nell’UE e sono quindi essenziali per favorire la competitività e l’occupazione.”
4
Da queste parole si capisce che le PMI hanno assunto un’importanza fondamentale all’interno
della Comunità Europea prendendo, ormai, coscienza dell’importanza che può avere per loro
lo sviluppo del mercato e l’internazionalizzazione. Non esiste più, infatti, una forte differenza
e demarcazione tra il mercato domestico e il mercato estero. Esiste il “mercato”.
3
Raccomandazione 2003/361/CE della Commissione Europea del 6 maggio 2003.
4
Verheugen Günter, membro della Commissione Europea responsabile per le Imprese e l’Industria.
Fig. 1.1: Classificazione imprese Italiane
Fonte: EUROSTAT (2011)
Micro Piccole Medie PMI Grandi Total
Imprese
Numero 3.557.818 186.027 19.076 3.762.921 2.904 3.765.825
% 94,5 4,9 0,5 99.9 0,1 100
Fatturato
Mln euro 213.000 153.000 99.000 465.000 187.000 652.000
% 32,6 23,5 15,2 71,3 28,7 100
11
La Figura 1.1 mostra il numero di imprese Italiane classificate in base alle classi di addetti.
Per permettere un’armonizzazione a livello europeo, i dati non comprendono le imprese che
svolgono la loro attività in campo agricolo, della silvicoltura o della pesca, oppure che offrono
servizi nel campo dell’educazione o della sanità.
Considerando come PMI le aziende con meno di 250 addetti si può vedere che in Italia oltre il
99% delle imprese è costituito da questa grande categoria. La maggioranza delle imprese sono
micro-imprese aventi meno di 10 addetti. La Figura ci fornisce inoltre i dati relativi al
fatturato complessi. Nella seconda parte della Figura 1.1, invece, viene preso in analisi il
fatturato delle imprese. Si può notare che le PMI hanno un’importanza non solo a livello
occupazionale, ma anche e soprattutto a livello di crescita nazionale e produttività economica
costituendo il 71,3% del fatturato complessivo italiano.
I dati analizzati sono confermati anche in ambito della Comunità Europea. Come si può
vedere nella Figura 1.2, anche a livello Europeo le PMI hanno un’importanza fondamentale
per la crescita e l’economia, costituendo oltre il 99% del totale delle imprese e il 58,4% del
fatturato complessivo della Comunità Europea.
1.2. L’impresa internazionalizzata
Come si può capire dai due paragrafi precedenti, l’internazionalizzazione rappresenta una
scelta strategica per le imprese che vogliono avere un ruolo da protagonista, migliorare,
crescere ed affermarsi in nuovi scenari competitivi. Vediamo dunque cos’è effettivamente
l’internazionalizzazione e quali sono i processi che un’impresa affronta per attuarla.
Fig. 1.2: Classificazione imprese della Comunità Europea
Micro Piccole Medie PMI Grandi Total
Imprese
Numero 19.198.539 1.378.401 219.252 20.796.192 43.034 20.839.226
% 92,1 6,6 1,1 99,8 0,2 100
Fatturato
Mln euro 1.293.391 1.293.391 1.067.387 3.492.979 2.485.457 5.978.436
% 21,6 18,9 17,9 58,4 41,6 100
Fonte: EUROSTAT
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Il “Processo di Internazionalizzazione di un’impresa” trova diverse definizioni nella
letteratura economica. Per Sciarelli (2001) “l’espansione internazionale può essere definita
come la politica diretta ad assicurarsi in modo sistematico nuovi sbocchi all’estero per le
produzioni poste in essere in patria o direttamente nei Paesi stranieri”
5
. Per Stampacchia
(2001) l’impresa internazionalizzata è l’impresa che deve sapersi adattare a tutte le
problematiche che derivano da un contesto esterno ormai globalizzato, in modo da poter
soddisfare il cliente così da ottenere il maggior vantaggio competitivo (sulle risorse) e
comparato (sulle attività)
6
. Depperu si riferisce al processo di internazionalizzazione quale il
“processo nel quale l’impresa avvia e consolida rapporti con interlocutori esteri secondo
diversi vettori”
7
mentre Scott afferma che l’internazionalizzazione è sia un’opzione strategica
che consente di amplificare la performance dell’azienda esportandone il vantaggio
competitivo, sia un mezzo per presidiare tale vantaggio, controllando o replicando le mosse
dei concorrenti domestici o esteri.
8
Il processo di internazionalizzazione, dunque, non è un processo immediato, ma richiede del
tempo ed una serie di accorgimenti successivi. Come suggerisce Sciarelli
9
, la politica di
penetrazione nei mercati esteri segue solitamente delle tappe che presentano gradi di impegno
e di rischiosità crescenti, come vedremo nel prossimo paragrafo.
1.3. Le strategie di internazionalizzazione
Una volta stabilito di procedere con un processo di internazionalizzazione che permetta
all’impresa di entrare in un mercato globale, bisogna identificare la strategia di ingresso in
tale mercato, basandosi sulle prospettive e sulle necessità dell’azienda che si vuole espandere.
Le forme di internazionalizzazione più diffuse sono quattro: esportazioni, licensing, joint
venture, investimento diretto estero.
La Figura 1.3 a pagina 13 illustra la correlazione esistente tra le diverse strategie e il
potenziale profitto che si può ricavare da ognuna di esse. Muovendosi lungo la freccia si può
notare che partendo da in basso a sinistra e dirigendosi verso l’alto, crescono sia il livello di
controllo sul mercato che le potenzialità di profitto, ma aumentano anche l’impegno
finanziario e il rischio in caso di fallimento. Tutti questi fattori concorrono nella scelta della
strategia migliore che un’impresa può adottare.
Nei prossimi paragrafi verranno dunque illustrate le quattro strategie possibili.
5
Sciarelli S. (2001), “Economia e gestione dell’impresa”, pag. 292, Cedam, Milano.
6
Stampacchia P. (2001), “L’impresa nel contesto globale”, Giappichelli, Torino.
7
Depperu D. (1993), “L’internazionalizzazione delle piccole e medie imprese”, pag. 127, Egea, Milano.
8
Scott G. W. (1983), “L’internazionalizzazione dell’impresa minore”, Mediocredito Lombardo.
9
Sciarelli S. (2001), “Economia e gestione dell’impresa”, pag. 292, Cedam, Milano.
13
Fig. 1.3: Strategie di entrata nel mercato internazionale
10
1.3.1. Esportazioni
Le esportazioni sono l’insieme dei beni e servizi prodotti all’interno di un Paese e destinati ad
altri Paesi. Questa modalità di internazionalizzazione consente ad un’impresa di portare
all’estero i suoi beni o servizi senza compiere grandi investimenti e senza apportare modifiche
sostanziali al prodotto. Come si può osservare nella Figura 1.3, il grado di impegno
finanziario e il rischio sono molto bassi però anche il potenziale di profitto è minimo.
Vi sono due forme di esportazione: l’esportazione indiretta e l’esportazione diretta. Le
esportazioni indirette consistono nella vendita in un mercato estero tramite l’utilizzo di un
intermediario. Il problema principale di una PMI che si affaccia per la prima volta in un
determinato mercato estero, è quello di riuscire a relazionarsi con il target e iniziare a
commercializzare i propri prodotti. Questa strategia può essere utile in una fase iniziale per
“ambientarsi” in un nuovo mercato sfruttando le conoscenze e i contatti del distributore
locale. Le esportazioni dirette consistono invece in una vendita diretta da parte delle imprese
nei mercati esteri. Questa strategia ha sicuramente in impatto maggiore poiché permette alle
aziende di relazionarsi direttamente con gli acquirenti generando quindi maggiori profitti,
tuttavia è anche più rischiosa e richiede più sforzi.
10
Kerin R. A., Hartley S. W., Berkowitz E. N., Rudelius W. (2007), “Marketing”, Pellegrini L. (a cura di),
McGraw-Hill, Milano.
14
1.3.2. Licensing
Con il termine licensing si intende la concessione da parte di un impresa del diritto di
utilizzare un suo marchio, un suo brevetto, un suo segreto industriale, un suo processo
produttivo o qualsiasi altro importante elemento che costituisce proprietà intellettuale, dietro
pagamento di una royalty. L’impresa che cede la licenza è detta licenziante (licensor), mentre
quella che la acquista è detta licenziatario (licensee).
Questa forma di internazionalizzazione presenta, per il licenziante, sia aspetti positivi sia
aspetti negativi. Il vantaggio per il licenziante, consiste nel riuscire a penetrare un mercato
senza dover effettuare investimenti diretti e garantendosi introiti regolari a basso rischio.
Tuttavia il licenziante, rinunciando al controllo sui suoi prodotti, rischia di trovarsi un giorno
a dover competere con il licenziatario. Quest’ultimo, infatti, partendo dalle tecnologie e dalle
conoscenze acquistate, può sviluppare internamente un brevetto simile. Per ovviare questo
problema molte imprese attuano una continua ricerca e un impegno costante al fine di
mantenere le imprese licenziatarie in uno stato di dipendenza.
Esistono due tipologie di licensing: una che riguarda l’intero ciclo di produzione, l’altra la
sola fase di assemblaggio. Nel primo caso un’impresa affida a un’azienda straniera tutto il
processo produttivo, imponendole delle modalità specifiche di produzione. Il prodotto finito
viene quindi venduto nel Paese in cui viene prodotto o esportato anche in quello dell’azienda
licenziante. Nel secondo caso, invece, un’impresa affida a un’azienda straniera la fase di
assemblaggio. Il licenziante quindi spedisce i componenti da assemblare al licenziatario il
quale si incarica di comporre il prodotto finito secondo le regole e le modalità specificate.
Un’alternativa al licensing molto diffusa è il franchising. Il franchising, o affiliazione
commerciale, è un accordo contrattuale fra un’impresa che fornisce beni o servizi (franchisor)
e una rete di imprese (franchisee) che svolgono, seguendo le regole definite dal contratto ma
rimanendo indipendenti, le funzioni di commercializzazione dei suoi prodotti con la
possibilità di usare il suo marchi. Questo contratto rappresenta una delle più diffuse strategie
di ingresso nei mercati internazionali.
1.3.3. Joint venture
La Joint venture è un contratto con cui due o più imprese, anche appartenenti a stati diversi, si
impegnano a collaborare nella realizzazione di un determinato progetto per suddividere i
rischi e sfruttare le reciproche competenze. Il vantaggio derivato da questa strategia è duplice:
finanziario e burocratico. Il vantaggio finanziario consiste nel fatto che collaborando con
un’altra azienda un’impresa può trovare risorse finanziarie e fisiche adeguate per poter entrare
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in un nuovo mercato. Il vantaggio burocratico, invece, consiste nel fatto che molti Stati
pongono dei vincoli all’investimento diretto, obbligando le aziende a costituire delle Joint
venture prima di consentire loro di entrare nel mercato nazionale.
Gli unici vincoli posti da questo tipo di strategia consistono nelle differenze culturali e di
cultura manageriale che possono esistere tra le imprese, per questo motivo è consigliabile una
conoscenza adeguata del partner prima di procedere con una Joint venture.
1.3.4. Investimenti diretti esteri (IDE)
L’investimento diretto estero (foreign direct investment, FDI) è quel tipo di investimento
internazionale effettuato, da parte di un soggetto residente in un dato paese (investitore diretto
estero), in una impresa residente presso un altro paese (impresa oggetto di investimento
diretto). Tale investimento ha l’obiettivo di ottenere un interesse durevole, cioè esso mira ha
stabilire una relazione di lungo termine tra il soggetto partecipante e l’impresa partecipata
nonché un grado di influenza significativo nelle gestione dell’impresa.
11
Dalla definizione fornita dal BDFDI3 e BPM5 si capisce quindi che questa strategia
rappresenta il modo più impegnativo per internazionalizzarsi ed entrare in un mercato estero,
tuttavia questa permette di risparmiare sui costi di intermediazione e di conoscere meglio le
condizioni del mercato locale.
Secondo il Fondo Monetario Internazionale e l'OCSE si ha un IDE quando l’investitore estero
possiede almeno il 10% delle azioni ordinarie di un’impresa estera con l’obiettivo di
stabilire un interesse duraturo nel paese, una relazione a lungo termine e un’influenza
significativa nella gestione dell’impresa stessa.
Si possono distinguere due forme principali di IDE: l’impianto di un nuovo stabilimento in un
paese straniero; l’acquisizione o fusione (M&A) di un’azienda del paese estero. Vi sono poi:
• IDE orizzontali: se effettuati nello stesso settore estero in cui l’impresa opera nel
mercato domestico;
• IDE verticali: a monte (investimenti in un settore estero che fornisce gli input per i
processi produttivi domestici di un’impresa) oppure a valle (quando un settore estero
vende l’output dei processi produttivi domestici di un’impresa);
• IDE attivo (o in uscita): quando dall’economia domestica si investe in paesi stranieri;
• IDE passivo (o in entrata): quando l’economia domestica riceve investimenti da paesi
stranieri.
11
BDFDI3 (Benchmark Definition of Foreign Direct Investment), BPM5 (Balance of Payments Manual).