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Capitolo 1
Introduzione
I modelli di campo medio, dallo storico e fondamentale Hartree-Fock alle moderne teorie
quantoadrodinamiche, sono gli ambienti matematico-fisici all’interno dei quali si costruisce la
teoria del nucleo. Essi hanno tutti un forte potere predittivo, che ci consente di analizzare in
dettaglio il landscape nucleare conosciuto e di fare previsioni oltre la valle dei nuclei stabili.
Ogni modello ha punti di forza e debolezze, che discendono dalle ipotesi e dalle
approssimazioni sulle quali si fonda lo stesso; possiede inoltre un modo proprio per costruire la
fisica del sistema fermionico nucleare, a partire dal potenziale del campo. Nonostante
l’indiscussa versatilità, ogni modello di campo medio ha una regione di applicabilità nel piano
N – Z e, per estendere il proprio potere predittivo, necessita dell’introduzione di forze efficaci
residuali, come il pairing, che contengono “tracce” dei modi d’interazione nucleone-nucleone. I
modelli di campo medio relativistici descrivono molto bene la struttura a shell del nucleo e,
attraverso l’azione dinamica di campi mesonici scalari e vettoriali, generano l’interazione spin-
orbita osservata empiricamente. Si possono inoltre sviluppare teorie di confine, come il Point
Coupling density dependent, capaci di gettare un ponte tra la teorie di campo medio e il più
fondamentale gruppo SU(3)
Color
QCD.
Fissando le proprietà di simmetria del ground state nucleare, corroborate dagli ultimi 50 anni
di esperimenti di scattering, risulta evidente che protoni e neutroni hanno anche un modo
tensoriale di interagire: senza di esso il deutone, mattone fondamentale del nucleo, non
sarebbe legato. L’interazione tensoriale, così manifesta nel semplice sistema protone-
neutrone, diviene più sfuggente man mano che aumenta il numero atomico Z e, se ancora è
possibile riscontrare sperimentalmente gli effetti del canale quantistico tensoriale nel Litio e
nel Berillio, sembra scomparire, o meglio, si nasconde nei nuclei più pesanti.
Bisogna ora ricordare che il potenziale tensoriale deutonico, nella sua forma originaria con
dipendenza dall’isospin, non può essere utilizzato nella descrizione dei nuclei complessi e che
disponiamo, ad oggi, solamente di potenziali efficaci fenomenologici di scambio mesonico,
frutto di una progressiva calibrazione storica. Non si può neppure affermare con chiarezza,
all’interno di una teoria di campo con un’interazione veicolata dallo scambio di bosoni, quale
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sia il vero mesone responsabile del canale tensoriale, oltre al pione e al mesone ρ delle
parametrizzazioni Meson Exchange. Si prevede che l’interazione tensoriale sia responsabile sia
di una modifica delle proprietà nucleari di natura centrale, che degli splitting spin-orbita.
Fino al 2000, l’interazione tensoriale è stata studiata, senza troppo interesse, a partire dalle
evidenze sperimentali, come fosse una realtà fenomenologica con la quale fare i conti
ogniqualvolta si affronta il problema multicorpi nucleare. La spettroscopia nucleare degli
ultimissimi anni ha però messo in luce aspetti inattesi della fisica dei nuclei, quali evoluzioni
non convenzionali delle shell neutroniche e protoniche nelle catene di isotopi lontane dalla
valle di stabilità; ciò ha riportato il termine tensoriale all’attenzione della comunità scientifica
internazionale, come possibile e probabile candidato per spiegare questa complessa e
inesplorata fisica. Molto importanti i lavori degli ultimi cinque anni di Otsuka, Kaiser, Colò,
Duguet, Dobaczewski e Schiavilla, per citarne solamente alcuni. Con “evoluzione” degli spettri
nucleari s’intende, ad esempio, la riduzione dei gap energetici fra partner spin-orbita o tra
particolari coppie di livelli e l’eventuale rottura di alcuni numeri magici conosciuti e la
comparsa di nuovi numeri magici.
Nonostante sia stata un po’ trascurata, l’interazione tensoriale è una forza che si ritrova in
tutte le teorie dei sistemi fermionici interagenti (come la Landau-Migdal) e può essere
affrontata con metodi matematici moderni. Lo scopo di questa tesi è infatti quello di
dimostrare che è possibile costruire diversi approcci teorici complementari, con i quali
affrontare il problema tensoriale in modo fondamentale, anche nei nuclei medio-pesanti.
Questi approcci discendono dal formalismo delle teorie del funzionale di densità energetico e
possono essere “calati” efficacemente nei modelli di campo medio relativistici e non
relativistici.
Nel particolare, partendo da una descrizione relativistica del ground state nucleare di tipo
Point Coupling density dependent, ho sviluppato una procedura di perturbazione tensoriale
degli spettri energetici di molti nuclidi, utilizzando sia funzionali energetici centro-tensoriali e
spin-orbita di tipo Skyrme, che funzionali discendenti dalla Teoria Perturbativa Chirale. Gli
strumenti di calcolo utilizzati sono stati il software PC-dis, Mathematica e il software HFBrad.
Nel Capitolo 2 sono affrontati i modelli nucleari di campo medio, dando particolare rilievo ai
modelli quantoadrodinamici e Point Coupling density dependent.
Nel Capitolo 3 viene discusso il problema dell’interazione tensoriale, partendo dalla teoria del
deutone fino ad arrivare ai moderni formalismi della Density Functional Theory.
Nel Capitolo 4 è introdotta l’ipotesi di Otsuka e viene proposta la rassegna dei risultati ottenuti.
Nel Capitolo 5 vengono discusse le conclusioni.
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Capitolo 2
Modelli nucleari di campo medio
2.1 Basi teoriche
Un sistema multicorpi con interazioni tra i suoi componenti è un oggetto fisico difficile da
trattare. Un sistema a n-corpi può essere quindi sostituito da un problema ad 1-corpo, con un
campo consistente, che sostituisce e riassume l’interazione di ciascuna particella con tutte le
altre. Questo campo acquista il ruolo dell’interazione efficace nella teoria di campo medio MFT
(Mean Field Theory).
L’Hamiltoniana quantistica del sistema multi-corpi può essere espansa attorno al valor medio
del campo. In questo contesto, la MFT può essere vista come l’espansione di ordine zero
dell’Hamiltoniana; le fluttuazioni attorno al valor medio nascono all’accensione di
un’interazione e spostano, separano e mescolano gli stati energetici del sistema fisico [1, 8].
Nel caso nucleare, considerando i nucleoni puntiformi, ci troviamo di fronte a un sistema finito
auto-legato (self-bound) di particelle quantistiche con gradi di libertà di spin, isospin, carica, nel
quale ogni particella si muove in una buca di potenziale prodotta dagli altri n-1 corpi. La
difficoltà principale sta nel dare una forma al potenziale del campo medio. Si possono
grossolanamente distinguere due approcci:
1. L’approccio fenomenologico consiste nella parametrizzazione, con un’appropriata
funzione analitica, del potenziale nucleare per il modello a shell [163, 164]. Questa è la
procedura storica applicata da S. G. Nilsson, che utilizzò un potenziale di oscillatore
armonico 3D; parametrizzazioni più recenti sono basate su funzioni più realistiche e
accurate, modellate a partire dai risultati degli esperimenti di scattering. Ben noto è il
potenziale Woods-Saxon.
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2. L’approccio autoconsistente, o di Hartree-Fock [8], consente di dedurre il potenziale
nucleare in modo iterativo, a partire da un’interazione nucleone-nucleone che soddisfa
certe proprietà matematico-fisiche (vedi Appendice A). A differenza del caso degli
elettroni atomici e dell’interazione coulombiana, non vi è però una conoscenza analitica
fondamentale dell’interazione nucleone-nucleone, a partire dalla sottostante
interazione tra quark.
Secondo l’idea originaria di Hartree, il campo medio è un campo di natura collettiva che
contiene un numero potenzialmente infinito di gradi di libertà e che “trasmette” informazioni
collettive. Il potenziale nucleone-nucleone, conseguenza delle interazioni forti residuali, ha la
peculiarità di possedere un range in prima approssimazione finito: svanisce quando la distanza
tra due nucleoni diventa troppo grande, ovvero di qualche fermi, è attrattivo a range
intermedio e repulsivo a corto range [18, 19]. Il fatto che un potenziale ad 1-corpo governi la
dinamica a bassa energia del nucleo, sostituendosi all’interazione forte del potenziale
nucleone-nucleone, risiede nella natura quantistica delle particelle del sistema. In primo luogo
le particelle sono soggette al principio d’esclusione di Pauli, che origina il core repulsivo; inoltre
la dinamica è determinata dal rapporto tra il libero cammino medio dei nucleoni e le
dimensioni nucleari. Una semplice stima , che porta ad un libero cammino medio
di diversi fermi, è alterata dal principio di esclusione di Pauli. Per un nucleone di energia
vicino alla superficie di Fermi, vale la relazione di Galitskii , che porta a dei
ancora più pronunciati, confrontabili con i diametri dei più grandi nuclei esistenti. L’elevato
libero cammino medio, confermato dagli esperimenti di scattering, ha portato all’elaborazione
di modelli a particelle indipendenti. L’approccio di campo medio offre una valida descrizione
della dinamica delle reazioni nucleari fino ad energie dell’ordine di 10 MeV per nucleone [19].
I modelli nucleari MF sono, in molti aspetti, complementari alle teorie del funzionale di densità
(DFT), che affronteremo nel cap. 3.4.2. Questi modelli poggiano sul potente teorema formulato
da Kohn [3] nel 1965, che proviene dalla fisica atomica degli elettroni.
Teorema di Hohenberg-Kohn [165, 166]:
Il valore di aspettazione di un qualunque osservabile sullo stato fondamentale non degenere
(GS – Ground State) del sistema può essere descritto con la sola densità del GS; inoltre, se il
valore di aspettazione dell’Hamiltonina è un funzionale della densità, la densità esatta del
ground può essere determinata minimizzando il funzionale energetico
T e U, operatori universali identici per ogni sistema, sono rispettivamente l’operatore cinetico
per gli N fermioni e l’energia d’interazione fermione-fermione, V il potenziale N-corpi di un
campo esterno. Conosciuta , è teoricamente possibile calcolare gli altri osservabili del GS.
(2.1)
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In termini più moderni, si può dire che le esatte densità scalari e vettoriali del GS, l’energia e il
potenziale chimico per un sistema a molti fermioni interagenti possono essere riprodotti da un
insieme di (quasi)fermioni che si muovono in campi classici locali opportunamente definiti.
Dal teorema di Hohenberg-Kohn discendono le equazioni autoconsistenti per un sistema a
molti corpi interagenti, ovvero le cosiddette equazioni Kohn-Sham (KS), che rappresentano una
generalizzazione delle equazioni di Hartree [166]: la dinamica multicorpi può essere riscritta
con un’equazione di Schrödinger per particelle non interagenti, nella quale si introduce il
potenziale efficace
dove il secondo è il cosiddetto termine di Hartree e il terzo è il potenziale di correlazione di
scambio dipendente dalla densità, che include tutte le correlazioni a molte particelle.
Si noti che questo teorema e le equazioni che ne discendono sono stati originariamente
proposti per sistemi legati elettronici e non per sistemi self-bound [3]. Da qui in avanti, con
quasifermioni si intenderanno particelle molto simili a neutroni e protoni, ma con alcune
proprietà efficaci (ad esempio una massa efficace), derivanti dall’interazione dinamica col
mezzo e il potenziale nucleare, che differiscono da quelle “nude”.
I modelli Mean Field tradizionali non sono capaci di riprodurre le proprietà nucleari
fondamentali, quali energia media di legame, densità di saturazione, modulo di
compressibilità, ecc..., senza l’introduzione di interazioni residuali e correlazioni nucleone-
nucleone: stiamo parlando ovviamente di interazioni a 3-corpi, di interazioni dipendenti dalla
densità e di pairing (per nuclei con shell aperta); quest’ultima è rappresentabile con potenziali
effettivi, o efficaci, a range finito di tipo Dirac-δ o Gogny [8].
2.1.1 Forma generale del potenziale nucleone -
nucleone
Presentiamo brevemente una forma generale teorica per l’interazione nucleone-nucleone [8].
Questa può essere schematizzata in almeno tre componenti:
(i) Fra le forze locali che non dipendono dalla velocità, la forza centrale è la più
importante; essa dipende solamente dalla distanza r tra nucleoni:
(2.2)