Introduzione
le competenze necessarie per “capire” la complessa tecnologia che sta dietro la
schermata.
Nella seconda parte della tesi si è perciò cercato di capire come realizzare
un’interfaccia grafica utente di qualità, che facesse della semplicità d’uso il suo
punto di forza, e che comunicasse con l’uomo nel suo “linguaggio naturale”,
senza obbligarlo ad impararne un altro.
In seguito alle considerazioni che concludono la prima parte di analisi della tesi,
si è deciso di portare avanti l’esperienza condotta durante lo stage e coordinata
dal Prof. Davide Borra, che sfocia nella prima mostra di prototipi virtuali on line
(Virtual Prototype Exhibition 03), pubblicata sul sito del Politecnico di Torino
3
.
La VPE 03, oltre ad essere un’esposizione di modelli virtuali, rappresenta un
primo esempio di interfaccia di navigazione interattiva ottenuta con l’impiego del
3D (modellazione tridimensionale “web-based e rendering in tempo reale);
l’interfaccia crea un vero e proprio spazio virtuale in cui è possibile una
riconfigurazione tematica delle modalità di navigazione degli oggetti.
Di fondamentale importanza, a questo punto, si è rivelato lo studio condotto
sulla modellazione tridimensionale per il web e sui software di visualizzazione in
real-time attualmente presenti sul mercato. Sono state prese in esame le qualità
che un modello virtuale deve possedere per essere utilizzato sul web (estrema
semplificazione delle matematiche e delle texture superficiali), in un secondo
momento sono stati analizzati e confrontati diversi software di rendering in
tempo reale, valutandoli dal punto di vista della semplicità di gestione e della
resa estetica finale, optando per il valido Viewpoint.
Alla luce delle considerazioni fatte nella prima parte di analisi, utilizzando
correttamente le tecnologie analizzate nella seconda sezione della tesi e
portando avanti l’idea nata dal progetto VPE 03, nasce il Progetto VPE 04
(Virtual Prototype Exhibition 04), che si posiziona all’interno dello studio come
un valido esempio di interfaccia tridimensionale completamente interattiva, in
grado di rendere la navigazione nella mostra di prototipi virtuali ancor più
3
Consultabile all’indirizzo www.polito.it/disegnoindustriale nella sezione zoom-news
II
Introduzione
agevole ed intuitiva, sfruttando un’estrema semplicità d’uso e dimostrandosi
altamente comunicativa, funzionale ed efficace.
L’interazione, possibile grazie alla tecnologia impiegata, permette di esaminare
visivamente l’interfaccia, di appropriarsene e di manipolarla come se la si
avesse realmente tra le mani; inoltre le diverse chiavi di lettura e di
riorganizzazione degli spazi che propone, garantiscono anche all’utenza meno
esperta di trovare tutte le informazioni ricercate con il minimo sforzo e un buon
livello di divertimento.
Scopo della tesi è sicuramente quello di dimostrare come tecnologie esistenti,
ma scarsamente sfruttate, possono rappresentare un valido aiuto per la
realizzazione di interfacce capaci di semplificare la, troppe volte complessa,
navigazione sul web.
L’interfaccia di VPE 04 vuole porsi come un metodo alternativo di navigazione,
capace di superare i limiti presenti attualmente nell’esplorazione del web, grazie
alla possibilità di riformulare continuamente organizzazione e dimensione dei
suoi spazi virtuali. L’interfaccia è ancora a livello di prototipo e non di prodotto
definitivo poiché gli studi finora svolti mostrano come numerose possibilità e
miglioramenti siano ancora da implementare.
Infine si vuole lasciare un capitolo aperto sulle riflessioni derivanti da un
possibile impiego di interfacce grafiche utente di qualità e dal conseguente
miglioramento della navigazione su web.
III
1. Definizione di interfaccia
1. Definizione di interfaccia
Il termine interfaccia deriva dal latino, inter facies, che significa tra le facce.
Nasce in contesti del tutto estranei all’informatica e alle scienze umane; esso ha
inizialmente a che fare con la chimica, la fisica, la meccanica e indica il punto di
contatto, di trasmissione tra due o più elementi. Applicata successivamente
all’interazione uomo-calcolatore, l’interfaccia indica all’inizio le parti
dell’hardware che permettono di interagire con il calcolatore, poi acquisisce un
significato più forte, oggi più diffuso, indicando anche le modalità di
presentazione delle informazioni sullo schermo.
Secondo Anceschi quindi :
“Il computer deve rappresentare se stesso all’utente in modo che egli
possa comprenderlo e la realizzazione delle sue potenzialità dipende
soprattutto dalla sua capacità di auto-rappresentarsi e di creare uno
spazio di azione in cui l’utente possa inserirsi facilmente. L’interfaccia
è quindi l’insieme dei dispositivi materiali e concettuali mediante i
quali entriamo in relazione con computer. Essa è il “mediatore” della
comunicazione tra individuo ed elaboratore, è lo strumento attraverso
il quale avviene l’interazione. L’interfaccia è insieme organo
dell’interazione e luogo dell’interazione.”
4
Da questa citazione si capisce che l’interfaccia è uno strumento per il fare, ma
anche uno spazio in cui agire. Brenda Laurel afferma:
“Quando il concetto di interfaccia cominciò ad emergere essa era
comunemente riconosciuta come insieme di hardware e software
attraverso i quali un uomo e un computer potevano comunicare.
Quando essa si è evoluta il concetto ha cominciato a includere anche
aspetti cognitivi ed emotivi dell’esperienza dell’utente.
4
Giovanni Anceschi, Il progetto delle Interfacce, Domus Academy Edizioni, Milano 1993
1
1. Definizione di interfaccia
[…] Un’interfaccia è una superficie di contatto, riflette le proprietà
fisiche degli inter-attori, le funzioni che devono essere svolte,
l’equilibrio tra potere e controllo”
5
Si comprende quindi come il termine interfaccia sia una parola chiave
nell’ambito dell’interazione uomo-computer e per lo sviluppo stesso di sistemi
interattivi, in quanto essa influisce sulla nostra capacità di utilizzarli, oltre che
sulla nostra motivazione a farlo.
Ciò ha una grande importanza perchè i sistemi interattivi vengono ormai
utilizzati in tutti i settori della vita: intrattenimento, tempo libero, lavoro, servizi.
Figure 1 e 2 - Comunicazione uomo computer mediata dall’interfaccia
Ogni volta che si parla di interfaccia è ovvio che siamo in presenza di almeno
due entità, e che fra questi due entità avviene uno scambio di informazioni e\o
azioni che transitano attraverso un canale; alla fine della comunicazione si
verificano degli effetti, delle modificazioni di stato. Nel nostro caso parliamo di
un entità umana e di una tecnica, due soggetti quindi estremamente diversi, che
comunicano in maniera differente. E’ sulla soglia tra questi due sistemi così
differenti che è necessaria una progettazione, ed è proprio in questa
5
Brenda Laurel, The Art of human computer interface design,1990
2
1. Definizione di interfaccia
progettazione che deve subentrare il design, in particolare quella parte che si
occupa di design di interfacce.
“Nel momento in cui le macchine cominciano a comunicare con
l’uomo, questa comunicazione va progettata”.
6
Grande importanza assume inoltre l’analisi dell’uomo, in qualità di utente
dell’interfaccia, che, come vedremo nei capitoli successivi, diviene
progressivamente elemento centrale e decisivo per la progettazione.
In particolare nella tesi verrà approfondito il concetto di interfaccia grafica utente
(GUI
7
), ovvero di quelle interfacce che nascono con l’introduzione del display e
che permettono all’uomo di comprendere ed utilizzare il computer attraverso le
informazioni visive che quest’ultimo fa comparire sul monitor.
Sarà proprio l’introduzione di questo genere di interfacce che porterà alla
nascita di una nuova disciplina, la Human Computer Interaction (HCI). La HCI si
occupa di studiare l’interazione tra l’uomo e il calcolatore, coinvolgendo diverse
ambiti di studio come la psicologia cognitiva, l’informatica e l’ergonomia.
6
Raffaella Scalisi, Users,Guerini e Associati, Milano 2001
7
Graphic User Interfaces: indica le interfacce che impiegano elementi grafici come forma di
comunicazione prevalente.
3
2. Design dell’Interfaccia
2. Design dell’Interfaccia
La tecnologia dei computer pone una nuova sfida all’Industrial Designer.
L’interazione uomo-computer rappresenta la comunicazione tra due sistemi
molto diversi. Prendendo in esame il sistema computer è possibile osservarlo
da due punti di vista complementari, ma abbastanza differenti. In primo luogo lo
possiamo considerare essenzialmente come un medium, che si occupa di
fornire l’informazione senza apportarne alcuna modifica (ad esempio un testo
scritto posto all’attenzione del lettore). In secondo luogo possiamo considerare
il computer come uno strumento che filtra l’informazione consentendo all’utente
di diventare parte attiva della comunicazione (ad esempio la TV interattiva che
consente all’utente di interagire con i programmi).
Il designer di sistemi basati su computer può quindi interpretare il suo lavoro in
modo molto diverso, a seconda che ponga l’accento sul primo o sul secondo
aspetto. Se si considera il computer principalmente come un nuovo medium, si
porrà enfasi nella progettazione della struttura dell’informazione, che attraverso
questo medium è presentata all’utente; se invece si considera il computer come
uno strumento, l’attenzione verrà posta sulle modalità attraverso cui l’utente può
“accedere”, “usare” e “interagire” con queste informazioni.
Nel primo caso il progettista sarà in qualche modo assimilabile ad un
“redattore”; nel secondo caso invece a un vero e proprio Industrial Designer,
progettista di nuovi strumenti. A questa “nuova” figura professionale,
identificabile con il termine di Virtual designer
8
, i software e il web forniscono
grandi possibilità e permettono grande libertà creativa.
Non più vincolato dalle leggi della meccanica, della statica, dell’elettricità, dalle
caratteristiche dei materiali utilizzati, dai processi industriali di produzione, il
nuovo designer ha come unici vincoli la necessità che il comportamento degli
“oggetti” progettati possa essere descritto in qualche linguaggio di
programmazione (supportato dalla tecnologia attuale) e la necessità che il
nuovo “prodotto” (interfaccia) comunichi e si adatti nella maniera più coerente
possibile al linguaggio e ai bisogni dell’utente. In altre parole, nella creazione di
8
Prof. Davide Borra, art. Faremo a meno del “Virtual Designer?” pubblicato sul sito:
www.mimos.it
4
2. Design dell’Interfaccia
interfacce, i vincoli fisici di progettazione vengono sostituiti da vincoli di natura
esclusivamente logica:
“La sfida è quella di creare sistemi che, attraverso un’intima
interazione cognitiva con l’utilizzatore, lo aiutino a strutturare e
manipolare le proprie idee. Con l’aiuto di tali sistemi la gente sarà
allora in grado di fronteggiare compiti intellettuali sempre più
complessi di ogni tipo.”
9
Con questa citazione, già nel 1988 Card e Moran modificavano il concetto
stesso di “strumento”: da “arnese per fare” ad “arnese per pensare”. Il
calcolatore, come presenza tangibile, scompare; assume di volta in volta uno
specifico aspetto e, di per sé, non è più visibile. Agli occhi dell’utente
l’interfaccia diviene lo strumento per comunicare con la macchina virtuale che
si sovrappone e si sostituisce alla macchina reale costituita dal computer
10
.
Gli utenti interagiscono sul piano cognitivo, attraverso l’interfaccia, mediante la
quale si comprendono le regole di comportamento e le risposte; è
quest’interfaccia che il designer deve progettare, affinché l’utente possa
comunicare ed interagire nel migliore dei modi con i dati.
L’aspetto centrale per il progettista deve dunque essere il rapporto tra l’utente e
il computer, ovvero l’interfaccia. Due parole chiave per il progettista, a nostro
avviso, saranno :
• Adattabilità del linguaggio
• Interattività
L’adattabilità del linguaggio è fondamentale nella progettazione di interfacce
poiché bisogna prevedere le diverse modalità con cui si può attuare il processo
di comunicazione dall’uomo al computer e dal computer all’uomo. Nel primo
caso la scelta del linguaggio comunicativo dovrà essere svolta in funzione della
tipologia d’utenza interessata. Per quanto riguarda invece la comunicazione del
9
Card e Moran, The psychology of human computer interaction, 1988
10
Roberto Polillo, Il design dell’interazione, Domus Academy, Milano 1993
5
2. Design dell’Interfaccia
calcolatore verso l’uomo, si tratterà di dotare il computer di opportuni “sensi”
che gli permetteranno di recepire e poi fornire le informazioni in una maniera
comprensibile all’utente. Compito del progettista sarà quindi sviluppare il
metodo più corretto per semplificare questa comunicazione.
Il secondo aspetto fondamentale è quello dell’interattività. Il Virtual Designer ha
il compito di prevedere l’interazione fra i due attori della comunicazione e
renderla il più vicina possibile al concetto di intelligenza artificiale. L’interazione
attuale è programmata secondo schemi fissi che consentono azioni prestabilite.
Progettare un nuovo tipo di interazione vuol dire quindi eliminare questi schemi
e dotare la macchina di una maggiore adattabilità alle scelte dell’utente. Questo
garantirà all’utente maggior “collaborazione” da parte del computer.
“Progettare l’interattività significa progettare nella quarta dimensione
temporale: dare al tempo il valore di parametro organizzatore della
qualità. Per la cultura del progetto, che ha sempre avuto come ruolo
centrale quello di dare qualità a delle forme nello spazio, occuparsi
dell’interattività significa dunque avventurarsi su un territorio del tutto
nuovo, i cui riferimenti culturali vengono, caso mai, dal cinema, dal
teatro, dalla musica; da attività cioè in cui la qualità si produce
appunto organizzando sequenze di tempo”.
11
Per svolgere bene questo compito è necessario disporre, da un lato, di
tecnologie appropriate; dall’altro, di conoscenze e di principi ben fondati che
orientino il designer nel progetto di prodotti interattivi di qualità. Dal punto di
vista della tecnologia (che nell’ambito del nostro discorso è essenzialmente
tecnologia software) in questi anni sono stati sviluppati applicativi molto
sofisticati che offrono al designer un valido supporto nella progettazione di
interfacce. Dal punto di vista delle conoscenze utili al designer in fase di
progettazione di interfacce “usabili”, un valido aiuto è costituito dalla moderna
psicologia cognitiva, ambito all’interno della quale si distingue la recente
disciplina che oggi viene spesso denominata Human Computer Interaction.
11
Mantovani, L’interazione uomo computer, Il Mulino, Bologna 1995, p.140
6
3. Human Computer Interaction (HCI)
3. Human Computer Interaction (HCI)
Alla fine degli anni ’60 si incomincia a parlare si “software crisis”, per descrivere
le difficoltà associate alla produzione di software realmente usabili e affidabili.
Dagli anni ’80 in poi la maggior parte delle ricerche verte su questioni che
riguardano la qualità dell’interazione uomo-computer e nasce la Human
Computer Interaction (HCI), un settore che si sviluppa dalla convergenza di
psicologia cognitiva, informatica ed ergonomia e definisce un campo di indagine
che sottolinea in particolare gli aspetti cognitivi dell’interazione tra l’uomo e il
calcolatore.
Alessandra Re, docente di ergonomia presso la Facoltà di Psicologia
dell’Università di Torino, afferma:
“Tutto l’impegno di risorse umane e finanziarie che ha trasformato il
calcolatore mi era sembrato un fatto informatico più che un fatto
ergonomico. Al contrario, oggi ritengo che il processo di adattamento
del calcolatore, che ha permesso di passare da una macchina senza
volto, scatola nera con una fessura per l’introduzione delle schede
perforate e un’uscita per la stampa, a uno schermo colorato,
animato, capace di dialogo interattivo, sia stato il capitolo più ampio
dell’ergonomia. Nello stesso tempo, il processo di adattamento del
calcolatore ha dato all’ergonomia un carattere assolutamente
psicologico: oggi risulta sempre più sottolineata la centralità delle
caratteristiche cognitive dell’uomo. La necessità di descrivere e di
migliorare la dimensione d’uso del calcolatore ha riportato
l’ergonomia a occuparsi dell’uomo, più che della macchina: a
recuperare, ripulire, mettere in chiaro le sue procedure mentali, la
sua organizzazione, le sue aspettative. Ha riportato allo studio
dell’uomo inserito nei sistemi sociali in cui vive e lavora.”
12
12
Alessandra Re, Ergonomia per psicologi, Raffaello Cortina Editore, Milano 1995
7
3. Human Computer Interaction (HCI)
Il campo di indagine dell’interazione uomo-computer vede un grande
trasferimento di metodi e di modelli dalla psicologia cognitiva. Nel testo di
Kempen vengono sottolineati tre tipi di contributi della psicologia cognitiva
13
alla
HCI:
• sviluppo di modelli di rappresentazione della conoscenza dell’utilizzatore;
• impiego delle teorie cognitive nella costruzione di interfacce per la
presentazione di informazioni;
• procedure per una valutazione dei prodotti orientata sull’utilizzatore.
La disciplina interazione uomo-computer è quindi relativamente giovane e si
struttura con la nascita del PC, con la sua introduzione negli ambienti di lavoro,
nelle organizzazioni, nelle case.
Nel 1982 si svolse la prima conferenza in “Human factors and computing
systems” negli Stati Uniti e nel 1985 la prima edizione di quello che oggi è
riconosciuto come l’appuntamento più importante della HCI e cioè il convegno
organizzato dall’“Association for Computer Machinery”.
Negli ultimi anni il settore ha registrato una crescita eccezionale di interesse e
soprattutto ha consolidato la sua natura di disciplina collegata sia alla Computer
Science sia alla psicologia cognitiva e all’ergonomia cognitiva. Gli stessi ambiti
di applicazione della HCI si sono ampliati moltissimo, spaziando dalla
progettazione del software alla progettazione dell’interfaccia utente.
Oggi possiamo dire, quindi, che la HCI abbia una posizione e un ruolo
imprescindibile nello sviluppo delle applicazioni informatiche, anche se continua
ad essere più consolidata nel settore della ricerca che non in quello produttivo,
soprattutto nell’industria dei componenti software. Se infatti ambiti industriali
come, ad esempio, quello automobilistico hanno una tradizione di ricerca nel
campo dell’ergonomia fisica e cognitiva abbastanza forte da registrare una
maggiore domanda di studi su modelli di interfacce tra uomo e ambiente-auto,
13
G. Kempen, Acta Psychologica, pp. 205-206
8
3. Human Computer Interaction (HCI)
nell’ingegneria del software gli approcci formali matematici fanno in realtà
ancora resistenza a una prospettiva di stampo più cognitivo.
14
Si è visto come lo studio dell’interfaccia utente ricada sotto il più ampio ombrello
della Human-Computer-Interaction, che a sua volta non è che una
specializzazione della disciplina del design: progettare un'efficace interfaccia
utente infatti non è molto diverso dal progettare un cruscotto di automobile, i
controlli di un apparato stereo o addirittura un rubinetto o una maniglia. In tutti i
casi, esistono considerazioni di immediatezza, usabilità, idoneità, non-
ambiguità, chiarezza, e così via, che vanno attentamente vagliate se si desidera
ottenere il miglior risultato.
L'uomo e il calcolatore però sono entità radicalmente diverse; lo studio della
disciplina dell’HCI può essere utile per comprendere come migliorare
l'interazione tra essi, essenzialmente agendo sui punti di contatto (cioè le
interfacce) ovvero i dispositivi di input e output che permettono lo scambio di
informazioni.
Migliorare il mouse o la tastiera del computer (chi non ha mai sentito parlare
della tastiera ergonomica?) fa certamente parte degli obiettivi da raggiungere
per facilitare l'interazione con i calcolatori, ma questo compito è strettamente
legato alle caratteristiche fisiche dell'utilizzatore (grandezza delle mani,
mancinismo, sforzo muscolare, precisione dei movimenti, ecc.). Le informazioni
più importanti vengono scambiate grazie allo schermo, ed è a questo livello che
entrano in gioco i processi cognitivi dell'utilizzatore come la ricerca
dell'informazione voluta, e il suo trattamento. Il ruolo dell’utente è quindi
fondamentale e proprio per questo motivo è importante capirne l’evoluzione
parallela a quella dei PC.
14
Raffaella Scalisi, Users, Guerini e Associati Editore, 2000, p.60
9
3. Human Computer Interaction (HCI)
3.1 L’utente
L’utente del computer, nell’accezione moderna del termine, è colui che usa la
tecnologia come strumento di lavoro, di comunicazione, di intrattenimento; la
tecnologia oggi giorno è un tramite per raggiungere obiettivi che non
necessariamente hanno a che fare con l’informatica: scrivere una lettera,
dialogare con un amico, giocare a un videogame.
Prima dell’introduzione dei personal computer, la figura dell’utente
dell’informatica (all’epoca dei grandi elaboratori) era radicalmente diversa da
quella attuale, a tal punto che l’utilizzatore delle macchine informatiche non
poteva nemmeno essere definito utente.
Quando si pensa all’informatica si fa riferimento ai personal computer e, in
maniera specifica, ai programmi che si è in grado di utilizzare, allo schermo
grafico del PC e alle azioni che si compiono attraverso il mouse e la tastiera.
E’ necessario attendere quindi fino agli anni ‘80 (nascita del Personal Computer
con mouse e Interfaccia Grafica) per poter parlare di utente come lo si intende
ai giorni nostri.
Qui di seguito si ripercorrono le tappe fondamentali della storia dell’utente, utili
per comprendere i tempi e le modalità con cui si afferma il concetto di
interfaccia utente.
10
3. Human Computer Interaction (HCI)
3.2 L’evoluzione dell’utente
Nel 1974 i ricercatori dello Xerox Palo Alto Research Center progettavano
“Alto”, il primo computer dotato di mouse, finestre, menu e icone, cioè degli
elementi fondamentali di quella che oggi è riconosciuta come la Graphical User
Interface (GUI). Alto non fu mai messo sul mercato. Nel 1975 veniva venduto
“Altair 8800”, che aveva come linguaggio di programmazione il BASIC, molto
semplice e accessibile agli utenti appassionati di programmazione intenzionati a
costruire applicazioni per la propria macchina. Molti riconoscono Altair 8800
come il primo Personal Computer, che aveva però una caratteristica
fondamentale: era venduto come un kit da assemblare, quindi niente a che
vedere con l’attuale acquisto di un PC e tanto meno con i successivi obiettivi di
rendere la macchina il più facile possibile da utilizzare. L’utente in questa fase
era un hobbyist
15
, il mercato era molto di nicchia e l’offerta era destinata a quei
pochi consumatori tecnofili intenzionati a costruirsi la propria macchina. Si
trattava di una fascia di consumatori che identificava nel processo di
assemblaggio uno degli aspetti più divertenti e appassionanti dell’acquisto.
Infatti, anche in seguito all’introduzione di computer già assemblati, continuò a
sopravvivere un mercato di computer-kit di seconda generazione che i
computer-hobbyists preferivano per un risparmio economico, ma soprattutto per
il divertimento di assemblarli. Questo approccio uomo-macchina era
radicalmente opposto rispetto ai successivi, basati sul principio del user friendly.
Sherry Turkle nel suo libro “La vita sullo schermo”
16
analizza la nascita
dell’utente identificandone due predecessori, che corrispondono a due
subculture informatiche della fine degli anni ’70:
• Hackers;
• Hobbyists.
15
Come viene definito da Raffaella Scalisi nel testo Users, p.63
16
Sherry Turkle, Life on the screen,tr. It. La vita sullo schermo, Apogeo, Milano 1995, p.6
11
3. Human Computer Interaction (HCI)
“Gli hackers erano esperti e appassionati di programmazione,
interessati a mettere alla prova i grandi sistemi informatici. Gli
hobbyists invece erano i primi possessori di personal computer e
concepivano un’estetica informatica del tutto opposta. Il loro obiettivo
e il loro piacere era scomporre e comporre la propria macchina per
comprenderla nei minimi dettagli, soprattutto a livello hardware”.
Entrambi i tipi non hanno a che fare con l’utente contemporaneo, cioè colui che
usa la tecnologia come tramite di lavoro-piacere e non come oggetto di lavoro-
piacere.
Con il proseguire del tempo i sistemi migliorarono notevolmente a livello grafico,
ciascuno con il proprio sistema operativo e il mercato iniziò ad essere molto
competitivo e vario.
I PC cominciarono a uscire dalle case dei tecnofili e a entrare negli uffici e nelle
case della gente comune. Il VIC-20 (1981) fu il primo PC a vendere un milione
di modelli. Si trattò sempre più di sviluppare uno strumento in grado di
potenziare il rapporto uomo-macchina. Non più un computer da laboratorio ad
uso di ingegneri, non più un computer da assemblare per appassionati;
nasceva in questa fase un PC per un utente completamente diverso che
diventerà poi l’oggetto di tutti gli studi di Human Computer Interaction destinati
al design di interfacce.
Il 1984 è l’anno in cui Apple lancia sul mercato il Macintosh, PC commerciale
con interfaccia grafica; fu introdotto il concetto di personal computer come
strumento per incrementare le capacità delle persone. L’introduzione del
Macintosh rappresentò infatti un nuovo modo di rapportarsi alla macchina, esso
incoraggiò l’utente a rimanere ad un livello superficiale di comprensione del
funzionamento intimo; il messaggio fu quello dell’uso semplice e della
possibilità di usarlo intuitivamente senza interessarsi alle tecnologie che
stavano sotto la superficie dell’ interfaccia grafica. L’ interfaccia interattiva
spinse infatti verso un’esperienza di dialogo e non di comando.
12