5
maniera più trasparente e pragmatica, in virtù, forse, di una concezione di Stato e di ragion di
stato che, sempre per ragioni culturali e politiche, è maggiormente radicata in tutti i settori
politici dei vari Stati.
Esistono sì polemiche, ma queste non si spingono mai oltre il limite di negare, a priori,
l'utilità delle stesse strutture d'intelligence, per l’evidente pericolo che ne potrebbe derivare alla
sicurezza nazionale.
I servizi d’informazione sono, principalmente, uno strumento essenziale d’adattamento al
cambiamento, uno Stato che non sappia o preveda le azioni o le intenzioni dei suoi vicini, paga
conseguenze molto care e spesso fatali.
In ogni epoca della Storia, il conoscere in anticipo gli intenti degli Stati (amici o nemici
che fossero), ha costituito il dilemma fondamentale ed il problema principale da risolvere per i
decisori di politica estera; le informazioni raccolte da spie, diplomatici, traditori, sono state
utilizzate per dirigere le scelte politiche, per decidere della pace e della guerra.
Per secoli, i servizi, hanno servito i loro referenti raccogliendo informazioni su amici e
nemici, la storia dello spionaggio è antichissima, essendo questa “la seconda professione più
vecchia del mondo”.
Ogni Nazione ha bisogno d’informazioni, l’individuo ha necessità di conoscenze e dati, per
tale motivo, specie in un’epoca come quell’attuale detta dell’Information Technology, la valenza
e l’attitudine a conoscere “le carte in mano all’avversario”
3
, appare sempre più utile e vitale.
Nel periodo successivo alla Guerra Fredda, in cui l'ordine bipolare (schematico e rigido) ha
ceduto il posto all'instabilità di un sistema multipolare
4
, anticipare le mosse degli avversari o
modellarle secondo i propri interessi nazionali, ci sembra debba costituire un imperativo per ogni
nazione.
D’altro canto, l’attività d’intelligence è strettamente collegata all’attributo della sovranità
statale, ed è una funzione così intima cui difficilmente le nazioni rinunciano od intendono
mettere in discussione; raramente i paesi condividono i loro segreti, fra Stati amici si può mettere
3
Un Segretario di Stato, Ministro degli esteri, negli Stati Uniti degli anni ’20, dichiarò che “leggere la posta altrui non
era da gentiluomini”. La dichiarazione in sé, sicuramente meritoria, tuttavia, mal si addiceva al responsabile della
politica estera di una nazione dal peso politico sempre più decisivo, in quanto, proprio la convinzione
dell’establishment statunitense circa la non rilevanza dell’intelligence, fu una delle cause del fallimento informativo
nelle successive vicende belliche, con l’attacco giapponese a Pearl Harbour del Dicembre 1941. Forse, come riporta
un altro detto “in amore ed in guerra osservare la carta altrui, è lecito!”.
4
Ferrante e Margherita Pierantoni, Combattere con le Informazioni. Dalla geopolitica alla realtà virtuale, CeMiSS,
Franco Angeli, Milano, 1998.
6
in comune le Forze Armate, vincolandole con la formazione d’alleanze militari, ma il settore
informativo rimane sempre saldamente nelle mani dei vari esecutivi.
In Europa, ad esempio, si discute, da molto, di Forze di Polizia a livello comunitario ma
nessuno, assolutamente, ipotizza la creazione di un servizio d’intelligence europeo, perché, di là
della normale collaborazione fra organismi alleati, nessun Stato rinuncerebbe a spiare il suo
amico vicino.
Per quanto riguarda gli studi universitari sull’intelligence, poi, si evidenzia un gran divario
fra paese e paese e, in particolar modo, fra le due sponde dell'Oceano Atlantico; mentre nella
vecchia Europa il settore è misconosciuto, negli Stati Uniti fioriscono le cattedre di Relazioni
internazionali, con i relativi corsi d'intelligence strategico
5
, giacché per il pragmatismo tipico di
quella Nazione, sono considerati insegnamenti utili a fornire, alle future classi dirigenti, gli
strumenti per poter ben operare nel contesto strategico internazionale.
Tanto per quantificare la situazione, negli Stati Uniti ed in Canada, vi sono circa 120
Università e centri universitari, che si dedicano alla ricerca nel settore dell’intelligence; in Gran
Bretagna, paese che in Europa vanta un’ottima tradizione in materia, n’esistono solamente una
dozzina.
6
In Europa, quindi, escludendo la citata Gran Bretagna, gli studi di settore, seppur molto
validi, sono limitati e non rientrano negli interessi dei corsi accademici, per diverse ragioni, la
prima delle quali può individuarsi nella difficoltà a rompere con gli schemi della tradizione
7
.
Obiettivo di questo studio è quello di evidenziare l’utilità dell’intelligence, chiarendo i
motivi che, in generale ed a maggior ragione dopo la Guerra Fredda, premono non solo per la
conservazione ma, addirittura, verso l'incremento delle competenze dei servizi d'intelligence,
proprio alla luce (ed in relazione) dei nuovi scenari mondiali che, attese le strette connessioni
esistenti col ben più ampio settore delle Relazioni Internazionali, influenzano i processi
decisionali degli Stati.
5
In merito cfr.: Marjorie W Cline, in Teaching Intelligence in the Mid-1980s: A Survey of College and University
Courses on the Subject of Intelligence. Washington, DC: National Intelligence Study Center, 1985. - Jerome K.
Clauser e Elton S. Carter, The Design of an Intelligence Education: Assessment of Intelligence Educational and
Training Requirements. State College, PA: H.R.B. Singer, 1965. - Consortium for the Study of Intelligence,
Resource Reports on Intelligence for Teaching Faculty. Washington, DC: National Strategy Information Center,
1988. - Judith M.Fontaine, Teaching Intelligence in the Mid-1990s: A Survey of College and University Courses
on the Subject of Intelligence. Washington, DC: National Intelligence Study Center, 1992.
6
Pierre Lacoste, op. cit., pp. 673
7
Pierre Lacoste (già direttore della DGSE francese ed ora professore all’Università di Marne la Valleè, nei pressi di
Parigi), nell’opera in precedenza citata in nota, riporta, come esempio, il rifiuto d’alcuni docenti di Storia ad
occupare una nuova cattedra sull’intelligence poiché, il fatto di affrontare una disciplina non contemplata nei
programmi tradizionali, avrebbe significato la fine dalla loro carriera
7
Cercheremo di aprire una finestra, o meglio uno spiraglio, seppur limitato e ristretto, sul
panorama dell'attività degli organi d'informazione, analizzando i compiti e le strutture degli
apparati deputati alla raccolta informativa.
In un'ottica rivolta al futuro, esamineremo lo spazio creatosi per i nuovi settori
dell'intelligence e gli scenari in ambito geostrategico, affrontando, complessivamente, la
problematica intelligence – relazioni internazionali.
In particolare, nel primo capitolo ci porremo il quesito iniziale, e cruciale, su che cosa
s’intenda per intelligence, rifacendoci ad alcune definizioni degli studiosi in materia di relazioni
internazionali. Ci collegheremo, poi, al concetto di sicurezza nazionale (nei suoi rapporti con
l'intelligence), nozione che ci porterà alla dimensione effettiva e concreta del fenomeno, nel
variegato mondo dei rapporti fra gli Stati, alla luce del rinnovato quadro strategico complessivo,
e degli scenari posti dal multipolarismo.
L'esame delle difficoltà esistenti nelle relazioni internazionali, in ragione del dissolvimento
dei blocchi contrapposti est-ovest, ci consentirà di affrontare il nodo cruciale delle relazioni fra
intelligence e rapporti internazionali, specie nel campo delle decisioni di politica estera.
Nel secondo capitolo esamineremo la struttura tipica di un servizio di spionaggio e le
attività propriamente di controinformazione; nel capitolo affronteremo i vari settori d'interesse
dell'intelligence, da quello politico a quello militare, per giungere allo spionaggio economico e
scientifico.
Il terzo capitolo, prettamente teorico, illustrerà la problematica del prodotto dell’attività
d’intelligence, esamineremo, perciò, tutta la complessa struttura della gestione informativa, del
ciclo e del processo informativo tipo, con i relativi concetti di notizia e di informazione.
Nel quarto capitolo, vedremo l’attuale struttura dell'intelligence in Italia, per poi passare ad
analizzare l’esistenza o meno di una politica di sicurezza nel nostro Paese!
Nel quinto capitolo, ci riferiremo ai servizi d’intelligence dei paesi di maggior rilievo nel
settore, osservandone analogie, difformità strutturali nonché i compiti assegnati.
Il sesto capitolo, in cui tratteremo del passaggio dal bipolarismo al multipolarismo, con i
relativi problemi e le conseguenze inattese, ci porterà ad analizzare le sfide che, nel nuovo
millennio, si presenteranno nell'ambito dei rapporti fra gli Stati, sia in modo palese, sia in forma
più subdola, e quindi più pericolosa, osservando, dal punto di vista dell’intelligence, il fenomeno
del momento, in altre parole, la “globalizzazione”.
8
In ultima, per terminare, esamineremo brevemente come la funzione intelligence sia stata
riorientata dopo il 1989 nei principali Stati, per fronteggiare le sfide future.
Per quanto riguarda la bibliografia utilizzata, risulta composita e formata in gran parte da
testi di relazioni internazionali, storia contemporanea, geopolitica e riviste militari; vi è, poi, una
buona percentuale di pubblicazioni in lingua inglese, che risultano essere, invece, i veri e propri
testi specialistici del settore intelligence.
I motivi di questa diversità di fonti, come già evidenziato, vanno ricercati essenzialmente nel
minor interesse istituzionale ed accademico per l’intelligence in se stessa.
D’altra parte vi sono molte ritrosie negli apparati d'intelligence ad aprirsi al mondo
universitario e della ricerca, unite al fatto che, almeno in Italia, tali organi hanno un peso
veramente limitato nell’elaborazione delle politiche di sicurezza e nel campo delle relazioni
internazionali.
Fondamentalmente l’intelligence è relegato in una posizione marginale nel dibattito della
ricerca internazionalista.
Questo insieme di fattori non ha facilitato, certamente, il lavoro anche perché la nostra realtà
politica ed istituzionale, nel complesso, risulta ben diversa da quell’anglosassone, in cui fervono
convegni, dibattiti e ricerche.
Le fonti utilizzate, specie per la manualistica e pubblicistica militare, sono molto ridotte per
due ordini di problemi; il primo riguarda la classificazione del materiale e, quindi, l'impossibilità
non solo nella consultazione, ma pure nell’utilizzo e riferimento anche a singoli paragrafi di
pubblicazioni, utili nella stesura del lavoro.
Per ovviare a tale situazione, si è ricorso, specie per la stesura del capitolo riguardante “Il
Processo Informativo”, oltre l’ottimo testo di Anna Maria Di Palo, “Elementi di Intelligence e
tecniche di analisi investigativa, ai cicli di lezioni frequentate dallo scrivente nel corso della
propria carriera militare, ed all’ampia manualistica militare statunitense, accessibile al pubblico su
Internet.
Questo fatto ha consentito di “bypassare” classifiche di segretezza e di vietata divulgazione,
invero attribuite in Italia ad argomenti pubblicati liberamente all’estero.
Ci riferiamo, ad esempio all’impossibilità ad avere gli organigrammi dei nostri servizi
segreti, la cui struttura è stata rilevata da pubblicazioni non ufficiali, mentre in internet o su
pubblicazioni in libera vendita, troviamo ampiamente gli organigrammi dei servizi segreti di
mezzo mondo!
9
Mancano del tutto fonti ufficiali, se escludiamo la pubblicazione del SiSDE, "Per asperam ad
veritatem" col relativo sito web, non vi sono riviste ufficiali su cui poter basare una ricerca
bibliografica completa.
Da ultimo, sono stati inseriti nella bibliografia i siti Internet d’interesse, per lo specifico
argomento in disamina e per il più ampio settore dell’intelligence e delle relazioni internazionali.
4
CAPITOLO I
L'INTELLIGENCE
1.1. Che cosa è l’intelligence
Il termine "intelligence", la cui traduzione in italiano può essere considerata come
intelligenza, da intendersi come conoscenza d'informazioni, è un sostantivo molto utilizzato nella
narrativa, nella pubblicistica e nei mass-media, ma, in effetti, poco conosciuto nel suo intimo
significato, con riguardo alle caratteristiche dell'attività ad esso connessa, più avvolta nell’aura di
mistero rispetto al fatto di essere un’attività umana concreta ed importante.
Tutti parlano d’intelligence, ma non molti sono effettivamente a conoscenza di che cosa sia
e quali siano le sue peculiarità. La natura stessa dell’attività, spiega per quale ragione gli Stati
creano organismi specializzati nello svolgimento di questa funzione.
Il termine, spesso, è utilizzato come sostituto del più esecrato concetto di “spionaggio”,
quasi a voler dare una rispettabilità ad un'attività considerata dalla gran parte dell'opinione
pubblica amorale se non immorale.
Utilizzare la traduzione inglese, serve quasi a sfumare in senso più tecnico e meno
valutativo il concetto, che giovandosi del tecnicismo e dell’anglicismo, acquista nuova dignità.
Possiamo considerare come Intelligence sia una branca dell'attività governativa sia uno
specifico campo di studio accademico, collegato ai rapporti internazionali ed ai relativi scopi di
politica estera e sicurezza nazionale; in ogni caso è corretto definirla come l'insieme delle attività
finalizzate all'acquisizione d'informazioni rilevanti per la sicurezza dello Stato.
La citata attività è profondamente diversa dall'azione investigativa delle forze di Polizia,
cui talvolta è confusa. L'investigazione è per sua natura “aperta” (negli Stati di diritto), tende ad
acquisire elementi oggettivi, secondo procedure formalizzate, da impiegare nella repressione, il
tutto alla luce del sole per le legittime e necessarie garanzie difensive.
Le attività informative non hanno effetti giudiziari diretti e sono svolte in maniera
sovente occulta o quantomeno riservata. Nelle operazioni condotte dai servizi d'informazioni,
non sono osservate le rigide e strutturate regole del procedimento penale; i risultati dell'attività
hanno funzioni diverse e più ampie di quelle meramente repressive.
Sono importanti per orientare le scelte del decisore politico ed indispensabili per lo
svolgimento d’operazioni “speciali”, all’estero e all’interno, per reprimere lo spionaggio
avversario od individuare persone pericolose per la sicurezza nazionale.
5
L'investigazione opera per garantire e ripristinare l'ordinamento giuridico violato,
l'intelligence funziona in vista della “salus rei pubblicae” di romana memoria, tesa
principalmente a funzioni di prevenzione ed acquisizione della conoscenza dei pericoli e delle
minacce verso lo Stato. Il suo obiettivo è la sicurezza dello Stato, non inteso come ordinamento
giuridico, ma quale centro d’interessi politici ed economici, suscettibili di essere minacciati da
un’infinità di soggetti potenzialmente ostili.
In quest’ottica il ruolo dell’intelligence appare più simile a quello delle Forze Armate che
non a quello delle Forze di Polizia, favorendosi il momento preventivo rispetto alla funzione
repressiva,
1.1.1. Circa alcune definizioni d'intelligence
Come accennato in precedenza, il termine, per il tecnicismo e l'intrinseca avalutatività, trova
un vasto uso, proprio per evitare l’intima riprovazione del suo sinonimo "spionaggio". Ci sembra
molto utile vedere, quale sia il significato della parola nella sua lingua originaria, l’inglese.
L'edizione standard dell'American Heritage Dictionary, fornisce del termine intelligence
diverse definizioni, le ultime due, per altro canto, direttamente collegate all'oggetto del presente
lavoro:
1. la capacità di acquisire ed applicare le conoscenze - la facoltà del pensiero e della ragione -
un potere superiore della mente;
2. informazioni, notizie;
3. informazioni segrete, specialmente su nemici attuali o potenziali - un'agenzia, uno staff, un
ufficio impiegato nella raccolta di tali informazioni - agenti di spionaggio, organizzazioni ed
attività considerate nel loro complesso.
Il dizionario internazionale d'intelligence
1
, la definisce come:
“il prodotto risultante dalla raccolta e dal trattamento delle informazioni, relative a
situazioni attuali o potenziali, concernenti le attività interne od estere o delle aree di
competenza”.
Un significato del vocabolo, comunque accettato dalla comunità degli studiosi e degli
specialisti, tuttavia, non è ancora pacifico, i tentativi condotti, infatti, si scontrano con le diverse
posizioni dottrinali, ideologiche ed operative.
1
. Carl Leo D, International Dictionary of Intelligence, Mc Lean, VA Maven Books, 1990.
6
Negli Stati Uniti, paese fra i più sensibili all'argomento, esistono diverse posizioni circa
la definizione da dare
2
, riconducibili, in ogni modo, a due diverse ma non contrapposte visioni
del problema
3
.
Una visione "classica", mutuata dagli scritti del cinese Sun Tzu
4
, e ripresa con vigore
dagli autori più tradizionali (Angelo Codevilla
e Roy Godson
5
), in cui l'intelligence è visto
primariamente in termini di sicurezza militare e nazionale, come parte di una guerra silenziosa
fra Stati, condotta avvalendosi delle sue quattro attività fondamentali, ovvero, la raccolta,
l'analisi, le azioni segrete ed il controspionaggio; in tale ambito, è data maggior importanza e
centralità all'attività di raccolta (lo spionaggio vero e proprio) svolta sui settori più "tradizionali",
quasi a voler essere fedeli ad un’impostazione e concezione tipicamente militare del problema
sicurezza.
Una seconda visione, più moderna e totale, è molto più rispondente alle attività ed ai
compiti attuali.
In tale contesto, è posta maggiore enfasi nel settore dell'analisi (di tutti i tipi di notizie),
concentrando l'attenzione, non solo sulla sicurezza militare ma, soprattutto, su tutti quei campi,
di fondamentale importanza per i policy makers e policy decisors, quali le minacce non
convenzionali, l'inquinamento, le emigrazioni e gli scambi commerciali, i conflitti culturali, per
esempio.
Sebbene più ampia e, verosimilmente, “politically correct”, la seconda visione è anche
quella maggiormente sostenuta dagli stessi organi d’intelligence, perché amplia gli spazi di
manovra e le possibilità d’azione, specie in uno scenario mondiale come quello post – 1989,
potenzialmente ricco d’opportunità ma anche di minacce e sfide non sempre chiare e ponderate.
Una definizione d’intelligence ufficiale, aderente alla visione da ultimo proposta, si può
ritrovare in un documento ufficiale della Central Intelligence Agency (la CIA) in cui è data una
prima descrizione di ciò che si ritiene intelligence
6
:
"Considerata nei termini più semplici possibili, l'intelligence è la conoscenza e la previsione del
mondo che ci circonda. Il preludio alle decisioni ed alle azioni degli attori della politica degli Usa.
Le organizzazioni informative raccolgono queste notizie in un modo che sia d'aiuto agli utilizzatori
civili ed ai comandanti militari, al fine di considerare alternative, scelte e conseguenze. Il processo
2
John Macartney, "How do you define intelligence", Intelligencer 6, no. 1 (Jan. 1995): 3,4.
3
Abram N. Slusky, Silent Warfare, Washington D.C.: Brassey’s 1993;
4
Sun Tzu – Sun Pin, “L’arte della Guerra – I metodi militari”, Vicenza, Editore Neri Pozza, 1999.
5
Roy Godson, United States Intelligence at the Crossroad—Agendas for Reform, Washington D.C.: Brassey’s 1995;
6
U.S. Central Intelligence Agency, Cia's Guide to Intelligence, Washington, DC: Feb.1994.
7
informativo richiede una scrupolosa e certosina raccolta dei fatti, la loro analisi, una veloce e
chiara valutazione, fornire stime e tempestivamente distribuirle agli utenti. Soprattutto il processo
analitico deve essere rigoroso, in tempo ed utile alle necessità e problematiche dei politici".
In tale circostanza, proprio la capacità di fornire risposte, dati, opzioni e possibilità, appare
essere il ruolo dell'attività d'intelligence, quindi non più spiare e raccogliere dati ma fornire
elementi tali da condurre a scelte politiche chiare, coerenti e risolutive.
Il confronto, la contrapposizione fra le diverse visioni, circa il ruolo delle informazioni,
non va considerata una mera disputa accademica fra studiosi, il fatto di definire in maniera chiara
e coerente un ruolo, una parte da recitare in uno scenario totale e poliedrico come quello attuale,
rappresenta il primo passo nel “posizionare” l’attività informativa nel contesto delle relazioni
internazionali.
Aderire alla posizione più classica, in altre parole intelligence strettamente ed
univocamente collegata alla sicurezza militare nazionale, significa considerare l’attività
informativa alla stregua di un processo sussidiario e subordinato al decision making di politica
estera.
All’opposto, la visione più moderna ed omnicomprensiva dell’intelligence, conduce
all’attribuzione di un ruolo di fondamentale importanza all’interno del processo decisionale, in
cui parametri e linee decisionali si devono comunque rifare alla valutazione informativa del
contesto oggetto d’esame.
Ad avvalorare quanto sopra detto, giova ricordare come la Commissione presidenziale sui
servizi d'informazione degli Stati Uniti (President's Commision on Intelligence), istituita per
adeguare e definire gli scopi dell'intelligence nel nuovo millennio
7
, nelle sue prime fasi di studio
abbia, innanzi tutto, affrontato il problema su che cosa sia e come definirlo, fondando proprio su
tal elemento la determinazione del futuro budget
e dell'intera struttura operativa.
Nell’ambito del presente elaborato, ci riferiremo, pertanto, all’intelligence nei termini
indicati dalla CIA, nel documento “Cia's Guide to Intelligence”, tale definizione, sembra la più
idonea a lumeggiarne i rapporti con le relazioni internazionali, in una situazione di mondo
multipolare e multiculturale, portatore di sfide sempre più pericolose.
7
John Macartney, op. cit., pp.4;
8
1.2. Sicurezza nazionale ed intelligence
Parlando della differenza fra intelligence ed investigazioni, si è evidenziato come la
funzione informativa si riferisca alla “salus rei pubblicae”, in altre parole, sia tesa a prevenire ed
a conoscere i pericoli e le minacce verso lo Stato.
Sebbene, come in precedenza visto, la prima attività tenda ad avere, secondo una visione più
moderna ed aderente alla realtà attuale, un campo d’interesse sempre più vasto e variegato, non si
deve dimenticare che, in prima istanza, tutta l’attività informativa di un Paese ruota attorno
all’imperativo fondamentale della sua sicurezza.
La sicurezza nazionale è un concetto pertinente all'idea di nazione, non intesa in termini
etnici di nazionalità, ma nel senso lato di difesa dello Stato come centro d’imputazione d’interessi
politici, economici, sociali e culturali.
In una visione semplicistica della sicurezza dello Stato, tipica della dottrina
costituzionalistica meno recente
8
, la funzione di quest'ente sovrano è finalizzata principalmente
alla difesa dalle minacce esterne ed al mantenimento dell’ordine interno.
Tuttavia, proprio in una situazione d'evoluzione dei compiti e dell'idea propria dello Stato
contemporaneo, attesa la presenza d'organizzazioni internazionali e regionali, di soggetti giuridici
di diritto internazionale e di una struttura delle relazioni internazionali sempre più complessa, la
sicurezza nazionale tende a coinvolgere tutte le attività di un Paese, i cittadini ed i loro beni
materiali ed immateriali, la cultura e l'identità culturale.
Il bisogno dello Stato di dotarsi d’apparati d’intelligence nasce dal fatto che il possesso delle
informazioni, ed il loro controllo, sono fattori di sicurezza.
Il mantenimento di una sfera di sicurezza nazionale, per altro, coinvolge tutta l'articolazione
amministrativa e di governo dello Stato, in quanto la ricerca, la formulazione e la definizione di un
oggettivo e concreto "interesse nazionale", costituisce un momento fondamentale nelle scelte
politiche e strategiche connesse al contenuto del concetto di sicurezza.
Senza una chiara politica non si potrà disporre e fruire di una situazione di sicurezza, senza
degli obiettivi precisi non si potrà, in ogni caso, esigere che il sistema possa funzionare al meglio.
Lo Stato deve informarsi, impedire agli avversari di informarsi e, se necessario,
disinformarli, cercando di mantenere il vantaggio informativo per proteggere i propri interessi
nazionali
9
.
8
Costantino Mortati, “Le forme di governo”, Padova, CEDAM, 1973, pp.9-12.
9
Senato della Repubblica - Camera dei deputati, Relazione del Comitato Parlamentare per i Servizi d'Informazione e
Sicurezza e per il segreto di Stato. Doc. XXXIV, nr.1. 6 Aprile 1995.
9
Questo vantaggio può assumere forme diverse: si va dalla cognizione della vulnerabilità del
potenziale avversario, alla conoscenza delle intenzioni politiche, sino a giungere alla definizione
degli obiettivi cui tende e dei mezzi da utilizzare.
Si può configurare come il mantenimento dell’incertezza negli interlocutori in merito alla
propria effettiva volontà o la deliberata mistificazione di una politica.
In tale contesto l’azione degli organismi d’intelligence è simile, nelle sue finalità, alla difesa
militare dello Stato, cui è stata intimamente collegata sin dalle sue origini
10
Se ci riferiamo, per esempio, all'attuale situazione italiana, contraddistinta dal passaggio da
una condizione tipica di "sovranità limitata", funzionale alle esigenze del mondo bipolare e, quindi,
fortemente appiattita sulle posizioni del confronto fra blocchi, ad uno scenario multipolare (in cui il
fattore geopolitico e strategico si esaltano), sembra evidente come nel nostro paese, vi sia ancora
bisogno di un momento di riflessione circa la definizione degli interessi nazionali, cui giungere
attraverso la precisazione di una strategia complessiva di sicurezza nazionale
11
.
L'obiettivo principale della sicurezza italiana deve essere finalizzato all’integrità del paese e
dell’ordinamento, considerare quindi il territorio nazionale e la Zona Economica Esclusiva, le
istituzioni pubbliche e private, le persone ed i beni presenti sul suolo patrio, i connazionali e loro
beni all’estero, la struttura economica e sociale e tutte le linee e le aree d'approvvigionamento di
materiali strategici
12
, senza limitazioni geografiche; andranno, certamente, commisurate le capacità
d’intervento di una media potenza regionale con interessi economici globali, alle disponibilità
economico-finanziarie, incentrando prioritariamente l'attenzione, anche se non esclusivamente,
all’area geopolitica di principale interesse, costituita dal “Mediterraneo allargato” (Mar
mediterraneo, Balcani, Medio Oriente, Golfo Persico, Mar Rosso, Corno d’Africa).
13
Una volta che siano stati stabiliti gli interessi nazionali, di conseguenza, vengono a definirsi
implicitamente i limiti concernenti la sicurezza nazionale e, quindi, circoscritti gli obiettivi
dell'attività di ricerca informativa, da indicare alle relative strutture d'intelligence. In tal modo,
dalla definizione d’interesse nazionale scaturiscono i parametri e l’ampiezza da dare al termine
sicurezza nazionale ed agli obiettivi informativi.
10
Già nella Bibbia si trova traccia delle prime forme d’intelligence, infatti, è scritto che il Signore ordinò a Mosè
d’inviare alcuni uomini a spiare nella Terra di Canaan, per giudicare l’entità della resistenza che sarebbe stata
frapposta agli Ebrei. L’esistenza di forme organizzate di spionaggio si rinviene già nell’epoca egizia ed assiro-
babilonese. Cfr. sul punto Marco Cannavici, Il personale dei servizi d’Intelligence, Informazioni della Difesa,
nr.4/1996, pag.10
11
Riccardo Nassigh, “Perché Strumento Militare e non Forze Armate?”, RID, 9/97, pp.20-24 ;
12
Riccardo Nassigh, op. cit., pp.23-24;
13
Rapporto Marina Militare, Stato Maggiore Marina, Roma, 1996.
10
I compiti dei servizi d'informazione, pertanto, si saldano in un tutt'uno con la sicurezza,
tendendo al soddisfacimento delle necessità conoscitive dello Stato (attività di ricerca -
"spionaggio") ed al mantenimento di una difesa idonea a proteggerlo da ogni tipo di minaccia e di
rischio (attività controinformativa o controintelligence), con un particolare rilievo all'insieme delle
operazioni finalizzate al mantenimento del suo potenziale difensivo.
La natura e le finalità dell’azione d’intelligence, invero, determinano il carattere peculiare
dell’attività degli apparati che la svolgono, la cui legittimità, più che formale risulta sostanziale,
basandosi sulla difesa dello Stato e correlata alla non convenzionalità dei beni da acquisire e dei
pericoli cui proteggersi.
14
A conferire carattere legale ad azioni che ricadrebbero sovente nei rigori della legge penale,
non può essere, quindi, il criterio di legalità oggettiva (stretta osservanza della legge), ma un
criterio di conformità ed aderenza ai fini legittimi, determinati dal Governo secondo le procedure
costituzionalmente previste
15
1.2.1. Il potenziale difensivo di una Paese - le minacce.
Gli obiettivi d’intelligence perseguiti da un Paese e, quindi, le attività informative portatele
contro da un altro Stato, rappresentano le minacce al potenziale difensivo di quest’ultimo.
L’attività di ricerca condotte da organizzazioni statali, da organizzazioni criminali e, al
giorno d’oggi, addirittura da multinazionali ed aziende private, oltre a costituire elementi naturali
e “reali” dello svolgersi quotidiano delle relazioni internazionali, rappresentano elementi di
perturbazione al manifestarsi della sovranità di uno Stato
16
.
I compiti dello Stato nazionale, venutosi a formare dalla pace di Westfalia in poi (1648),
man mano che sono trascorsi i secoli si sono affinati ed ampliati; non vi è settore della vita
economica, culturale, artistica ecc., che non sia, direttamente od indirettamente, riferibile allo
Stato moderno.
L’analisi della minaccia appare, per tale motivo, essenziale per predisporre la sicurezza del
sistema, per assegnare obiettivi e compiti alle strutture d’intelligence, in funzione eminentemente
controinformativa e difensiva, e, soprattutto, per individuare le aree d'interesse per l'attività di
ricerca e spionaggio avversarie.
14
Francesco Cossiga, Intelligence: istruzioni per l'uso, liMes, 3/1997, pag. 270.
15
Francesco Cossiga, op. cit.., pp.271.
16
Giulio Tremonti , “La Guerra “civile” . La competizione al posto della guerra”, Per Asperam ad Veritatem, anno
V, n.14, maggio- agosto 1999, pp. 571-585.
11
Le minacce, attuali o potenziali, che insidiano uno Stato, pur essendo innumerevoli
possono essere sinteticamente ricondotte a tre principali forme:
1. minaccia alla sicurezza del territorio
2. minaccia alla stabilità dello Stato
3. minaccia gli interessi nazionali
La classica forma di minaccia, quella che maggiormente ha interessato i policy makers e
gli operatori dell'intelligence, sino alla Seconda Guerra Mondiale e per buona parte di tutto il
periodo della Guerra Fredda, è stata quella alla sicurezza del territorio.
Il territorio ha sempre rappresentato il motivo del contendere fra Stati, dalle guerre
dinastiche, alle espansioni coloniali e di conquista.
La strategia era quella militare, o della guerra classica, in cui eserciti avversari si
scontravano per avere il controllo ed il dominio del terreno.
Nel nuovo scenario internazionale sono stati elaborati nuovi concetti di “softwar, netwar o
cyberwar”
17
, che prescindendo dall'elemento materiale del territorio e dalla forza fisica insistono
sulla capacità di moltiplicatore di forze assunta dal dominio sulle informazioni; pertanto la
minaccia militare appare sempre un elemento di potenziale pericolo, ma di minore attualità.
Una seconda forma di minaccia è quella portata contro la stabilità dello stato.
Si tratta in altri termini della cosiddetta minaccia non ortodossa; il termine usato, in
opposizione concettuale alla guerra classica o minaccia militare, sta ad indicare tutta la panoplia
di situazioni aventi valenza interna oppure provenienti dall'esterno di un Paese, idonee a
sovvertirne l'ordinamento politico e giuridico.
Ultima, ma non d'importanza è la minaccia agli interessi nazionali, sostanziata nella
minaccia economica.
Più subdolo e meno appariscente, il rischio derivante da tale pericolo, incombe sui vari
Paesi in maniera inversamente proporzionale alle potenzialità e capacità dei sistemi economici,
bancari e finanziari.
Minaccia non ortodossa e minaccia economica costituiscono quella che si può considerare
guerra surrogata, condotta sulla base di strategie offensive, sviluppate esternamente, in forma
coordinata o meno, con lo strumento militare classico.
17
Ferrante e Margherita Pierantoni, Combattere con le Informazioni. Dalla geopolitica alla realtà virtuale, CeMiSS,
Franco Angeli, Milano, 1998.
12
Nel contesto della guerra surrogata distinguiamo:
1. Minaccia non ortodossa ed interna, nelle sue articolazioni di:
- Spionaggio;
- Sabotaggio;
- Sovversione;
- Terrorismo;
- Guerriglia;
- Ingerenza;
- Propaganda;
- Influenza;
- Disinformazione;
- Separatismo.
2. Minaccia economica, identificabile in:
- Traffici illegali;
- Trasferimenti di tecnologia;
- Penetrazione economica.
Identificate le varie minacce, possiamo definire quale oggetto di possibili attacchi il
potenziale difensivo dello stato, che va inteso come l'insieme delle risorse, delle capacità
produttive, dell'organizzazione e delle potenzialità spirituali ed immateriali di una nazione.
Risultano, pertanto, obiettivi, tutte le risorse economiche, energetiche, industriali, minerarie
ed agricole; in particolare quelle industriali, dei trasporti e commerciali e per ultimo, non
d'importanza, le potenzialità spirituali intese come intellettuali, culturali, sociali, scientifiche e
politiche.
Possiamo osservare come l’incessante processo di globalizzazione economica, le
dinamiche aggressive portate contro lo Stato nazionale e la sua sovranità, rappresentano elementi
di una struttura delle relazioni internazionali, basata su una micidiale combinazione di fattori
politici, economici, culturali e tecnologici, tali da scardinare l’idea classica di Stato, quella che ci
appare ai nostri occhi, ponendo eventualmente serie ipoteche sulle stesse scelte democratiche che
i cittadini compiono nei rispettivi paesi
18
.
24
Robert Dahl, Sulla Democrazia, Bari, Laterza, 2000.