2
quelli della ricerca. La possibilità di cogliere i benefici socio – economici creati
dall’immigrazione, infatti, è fortemente influenzata dalla capacità della società che accoglie
gli immigrati di assicurare la loro piena integrazione, non solo sul mercato del lavoro ma
anche nella società in generale. L’inserimento in una comunità di gruppi che sono portatori di
altre culture crea una sorta di squilibrio che può dar vita, con il passare del tempo, al
processo d’integrazione o a quello di marginalizzazione. Per questo, il questionario in
questione è molto interessante, poiché interroga i migranti su una serie di temi fondamentali
per realizzare l’integrazione sociale nella comunità ospitante, indagando l’esistenza di
elementi comuni che vadano oltre le diversità della pluralità dei modelli culturali ed
individuando i bisogni e le necessità dei migranti.
L’obiettivo di questo lavoro è quello di contribuire alla formazione di un quadro di
riferimento che aiuti ad individuare politiche adeguate, volte a favorire la convivenza civile e
l’integrazione attraverso la conoscenza delle opinioni degli immigrati. Occorre, infatti, una
maggiore conoscenza e una maggiore consapevolezza su questo fenomeno di cui tutti
parlano ma su cui circolano molte “voci” poco veritiere e portatici di pregiudizi.
Abbiamo scelto di iniziare l’analisi tracciando un quadro generale di riferimento in materia
di immigrazione, passando poi ad analizzare le caratteristiche del contesto italiano,
soffermandoci su quello toscano ed in particolare su quello grossetano, per avere maggiori
elementi per comprendere il fenomeno dell’immigrazione nell’area in cui il questionario è
stato somministrato e per poter analizzare al meglio i dati, inserendoli nel contesto di
riferimento. Abbiamo ritenuto opportuno, inoltre, fornire un breve quadro normativo sul tema,
analizzando le diverse leggi sull’immigrazione che si sono succedute nel tempo, ed
effettuare una breve analisi della proposta di legge della Regione Toscana, oggetto del
questionario (cap. 1). Sono stati poi presentati, nel capitolo 2, l’indagine, i sui obiettivi e il
questionario.
L’analisi dei dati si articola in quattro parti: la prima si basa sull’analisi dei dati socio –
anagrafici dei membri del campione (cap. 3), la seconda tratta delle prime due sezioni del
questionario, la conoscenza della proposta di legge e dell’Ente promotore e la condivisione
di alcuni principi fondamentali (cap. 4); la terza, della vicinanza o meno degli Enti e delle
associazioni alle esigenze degli immigrati e, dell’importanza che questi attribuiscono alla
partecipazione alla società italiana (cap. 5); la quarta, infine, si occupa della diffusione delle
discriminazioni tra i membri del campione e, delle opinioni su argomenti quali: casa, scuola,
salute, lavoro e dei problemi, dei bisogni e delle proposte degli immigrati (cap. 6).
3
I dati della ricerca mi sono stati forniti direttamente dal responsabile della Simurg
Ricerche, il dott. Moreno Toigo, previa autorizzazione dall’Assessorato alle Politiche Sociali
della Provincia di Grosseto. È stata fatta una personale elaborazione dati tramite il
programma statistico SPSS.
4
Cap. 1 Un quadro di riferimento
1. IL FENOMENO DELL’IMMIGRAZIONE
La mobilità, data dall’attitudine della popolazione a spostarsi sul territorio, è un fenomeno
connaturato e fisiologico nelle società umane. Non esistono, in genere, società statistiche e,
se esistessero non sopravvivrebbero a lungo o lo farebbero male. La mobilità è infatti
funzionale all’equilibrio sociale: gli individui si muovono perché le occasioni di lavoro
diventano scarse, per sposarsi, per fondare un nuovo nucleo familiare ma anche per trovare
condizioni ambientali, culturali o economiche più favorevoli.
Le migrazioni sono fatti sociali totali, perché sono spostamenti nel mondo, di esseri
umani
3
, i quali possono essere definiti una specie migratoria
4
. Con il termine migrazioni
indichiamo quegli spostamenti che implicano un trasferimento della dimora abituale, cioè il
luogo in cui una persona mangia, dorme, consuma, produce, ha le proprie relazioni sociali e i
propri affetti. Le migrazioni contribuiscono pertanto all’evoluzione numerica della
popolazione, ogni individuo che arriva in un nuovo territorio accresce la popolazione e ogni
partenza la diminuisce; contribuiscono anche alla modifica dei tratti culturali di una società e
alla sua economia grazie al contatto tra culture e lingue diverse.
La definizione di immigrato varia a seconda dei sistemi giuridici di riferimento, delle
vicende storiche e delle contingenze politiche. Le Nazioni Unite hanno definito il migrante
come “una persona che si è spostata in un paese diverso da quello di residenza abituale e
che vive in quel paese da più di un anno”.
La mobilità spaziale può essere classificata in base alla durata del trasferimento e in base
alle caratteristiche dei luoghi di partenza e di destinazione. Nel primo caso il trasferimento
può essere classificato come temporaneo, se è di durata inferiore ai sei mesi, o permanente,
se ha una durata superiore ai sei mesi. Nel secondo caso si parlerà di migrazioni rurali –
rurali, quando le coltivazioni industriali attirano i lavoratori da altre zone rurali; rurali – urbane
(es. esodo rurale), urbane – urbane, in questo caso la migrazione avviene per tappe: da città
di secondaria importanza si passa a quelle principali ed, infine, si parlerà di migrazioni
urbane - rurali, quando gli emigrati ritornano alle campagne a causa delle crisi economiche
che colpiscono le zone urbane.
3
T. Barucci, S. Liberti, Lo stivale meticcio. L’immigrazione in Italia oggi, Ed. Carocci, Roma, 2004. 14.
4
M. Ambrosini, Sociologia delle Migrazioni, Il Mulino, Bologna, 2005, p. 15.
5
All’interno dei processi di migrazione possiamo distinguere tra emigrazione, data
dall’uscita di individui dal proprio paese d’origine e immigrazione, data dall’ingresso in un
paese, di gruppi di persone provenienti da un altra nazione, che hanno intenzione di
rimanervi in maniera permanente o semipermanente.
È quest’ultimo aspetto che ci interessa per poter procedere nella nostra ricerca. Oggi non
è più possibile parlare solo di un'unica tipologia di immigrato come in passato, cioè quello
che si muoveva in qualità di lavoratore manuale, solitamente poco qualificato. Le tipologie,
infatti, si sono differenziate sensibilmente. Tra gli immigrati per lavoro, stanno assumendo
sempre una maggior importanza le donne primomigranti
5
, cioè coloro che si recano in “avan
scoperta” per un eventuale immigrazione familiare successiva. Altre tipologie sono costituite
dagli immigrati stagionali o lavoratori a contratto, dagli immigrati qualificati e dagli
imprenditori oltre che dai familiari a seguito, e da coloro che ambiscono al ricongiungimento
familiare
6
, così che è divenuta la motivazione più frequente per gli ingressi ufficiali di cittadini
provenienti da paesi stranieri. L’importanza dei motivi familiari è un indicatore significativo
per l’insediamento strutturale degli immigrati. Con gli anni ‘90 sono sensibilmente cresciute le
categorie di rifugiati e di richiedenti asilo. I primi sono stati definiti dalle Nazioni Unite, alla
Conferenza di Ginevra del 1951
7
, come persone che risiedono al di fuori del proprio paese
d’origine e che non possono o non vogliono tornare, a causa di un “ben fondato timore di
persecuzione per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza a un particolare
gruppo sociale, opinione politica”. I richiedenti d’asilo sono coloro che si spostano attraverso
le frontiere alla ricerca di protezione, ma che non possono provare di essere oggetto di
persecuzione.
Appare necessario annoverare tra le nostre tipologie anche gli immigrati irregolari, i
clandestini e le vittime del traffico di esseri umani. L’immigrato irregolare è colui che è entrato
in maniera legale nel territorio di un paese ma che ha prolungato la sua permanenza anche
dopo la scadenza del permesso di soggiorno, del visto turistico, ecc… . Al contrario il
clandestino è colui che è entrato in una nazione in maniera irregolare, cioè illegalmente. La
vittima del traffico di esseri umani, infine, è una persona straniera, molto spesso di sesso
5
Inizialmente i lavoratori migranti erano di sesso maschile, ad oggi molte sono le donne che migrano
per lavorare nel settore dei servizi alla persona e alle famiglie.
6
Il cittadino straniero, titolare del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo o di un
permesso di soggiorno per lavoro subordinato o autonomo, per asilo, per studio, motivi religiosi, motivi
familiari con durata non inferiore ad un anno, può richiedere di essere raggiunto in Italia dai parenti più
stretti (il coniuge, i figli minori anche del coniuge o nati fuori del matrimonio o dei genitori non
coniugati, i figli maggiorenni a carico che sono impossibilitati a soddisfare le proprie esigenze primarie
a causa dello stato di salute, e i genitori a carico che non abbiano un adeguato sostegno familiare nel
paese nativo) per poter tenere unita la sua famiglia. Diverso è il discorso per il visto per familiari a
seguito concesso ai cittadini stranieri che seguono nel suo trasferimento un familiare italiano o
cittadino dell’Unione o di un Paese aderente allo Spazio Economico Europeo. In questo caso
l’ingresso dei parenti avviene contestualmente a quello del titolare del visto, o del cittadino italiano o
comunitario.
7
Viene stabilita la nascita dell’Unhcr, l’Ufficio dell’Alto Commissariato delle Nazione Unite per i
rifugiati.
6
femminile, che viene costretta ad entrare nel paese di destinazione con la forza o con
l’inganno di poter scegliere liberamente il proprio lavoro. I flussi di irregolari sono diffusi in
tutta l’Unione Europea e si calcola che ogni anno ne entrino mezzo milione. La maggioranza
di loro è costituita dagli overstayers, quei soggiornanti cioè ai quali è scaduto il permesso di
soggiorno e che non l’hanno rinnovato, seguiti da coloro che entrano nel nostro paese con
un visto non autentico o ottenuto con mezzi fraudolenti. Gli ingressi irregolari via mare,
invece, riguardano circa un decimo dei flussi irregolari
8
.
L’ultima categoria è quella dei migranti di seconda generazione che comprende i figli di
immigrati nati nel paese d’origine e ricongiunti alla famiglia o la prole nata nel paese dove i
genitori sono immigrati. Quest’ultima tipologia comporta una serie di problematiche in quanto
le legislazioni nazionali non hanno un atteggiamento univoco a riguardo
9
.
Nella scelta della rotta e della destinazione della migrazione sono molto importanti le reti
migratorie. Queste sono costituite da complessi legami interpersonali che collegano migranti
precedenti e i non migranti, attraverso vincoli di parentela, amicizia e comunanza d’origine. I
legami sociali, quindi, appaiono importanti quanto i calcoli economici, nel determinare i
percorsi e la destinazione della migrazione. Aiutano nel processo di inserimento lavorativo e
abitativo e nella costruzione di legami di socialità e di mutuo sostegno. Le reti migratorie
rivestono una particolare importanza per le donne provenienti principalmente dai paesi in cui
la religione cattolica è più diffusa, le quali sembra si affidino in maniera maggiore ai network
rispetto agli uomini e attraverso l’emancipazione che conquistano con l’emigrazione,
accrescono il loro status all’interno della famiglia e della comunità di origine. L’azione delle
reti femminili ha però come esito involontario il consolidamento dell’immagine di una donna
immigrata come icona di una femminilità atta ad accudire, in quanto le immigrate, inserite in
maniera sproporzionata nei circuiti del lavoro domestico, troveranno un lavoro alle proprie
connazionali nell’ambito che conoscono meglio, cioè quello della cura e dell’assistenza.
Quest’aspetto può essere allargato ai gruppi etnici, si parla così delle cosiddette
specializzazioni etniche: la provenienza diventa un indicatore della capacità di un lavoratore
di inserirsi in un determinato ambito occupazionale, ad esempio gli albanesi nell’edilizia. In
realtà ciò è determinato dai network informali attraverso cui circolano le informazioni sulle
opportunità d’impiego e non su una particolare capacità di un determinato popolo.
Le migrazioni sono un fattore di globalizzazione anche religiosa, perché la copresenza di
diverse fedi all’interno di una nazione richiede apertura nei paesi di accoglienza e di origine.
La libertà religiosa è un diritto pubblico soggettivo fondamentale che in realtà non è garantito.
8
Caritas / Migrantes, Immigrazione Dossier statistico 2005, XV rapporto, IDOS, Roma, 2005.
9
Ibidem, pp. 15 - 25.
7
Giovanni Paolo II nell’Enciclica Redemptoris missio, sottolinea che le migrazioni hanno
portato i non cristiani nei paesi dell’antica cristianità, sollecitando la chiesa a trovare nuove
forme di contatto e di scambio
10
. Avremmo modo del corso dell’analisi di approfondire
l’argomento.
1.1 L’immigrazione in Italia
L’Italia, a differenza di ciò che accade negli altri paesi, non ha al suo interno nessun
gruppo nazionale che si collochi in una posizione maggioritaria rispetto agli altri
11
, si può
parlare pertanto di policentrismo migratorio, cioè di frammentazione della componente
straniera. Alla base del policentrismo migratorio vi sono ragioni di matrice storica, in quanto il
nostro paese è divenuto meta di immigrazione solo dopo che i grandi Stati europei avevano
posto un freno alle entrate per lavoro sul proprio territorio. Anche la particolare posizione
geografica ha contribuito in modo non trascurabile a rendere la nostra penisola una meta
appetibile, e non più solo di transito per i flussi
12
provenienti dall’Africa e dall’Europa
Orientale.
Dobbiamo però ricordare che con la sanatoria 2002 - 2003 è stata modificata
sensibilmente la composizione della presenza straniera nel nostro paese: si è avuto infatti un
sensibile incremento delle Comunità provenienti dall’Europa dell’Est
13
.
Analizzando i dati Istat relativi alla presenza della popolazione straniera
14
vediamo come
dal 2002 al 2007 questa sia incrementata di ben il 116,64%, infatti nel 2002 la popolazione
straniera residente in Italia era di 1.356.590 unità mentre nel 2007 ha raggiunto i 2.938.922
unità
15
. Calcolando la percentuale di questa, sul totale della popolazione residente, vediamo
che raggiunge il 5,0%.
La percentuale di stranieri di sesso femminile è salita lievemente, dal 49,43% nel 2006 al
49,87% nel 2007 con un incremento del 11,05% mentre la presenza maschile ha subito una
10
A questo proposito una curiosità è data dal fatto che i sacerdoti ricorrono sempre più spesso ad una
perpetua straniera, talvolta anche di religione diversa.
11
Come ad esempio gli Indiani in Inghilterra o i Turchi in Germania.
12
I flussi sono definiti da Stalker come il numero di individui che ogni anno transitano attraverso le
frontiere internazionali. Si distinguono dai gruppi che consistono nell’accumularsi dei flussi, ciè nel
numero complessivo di immigrati che in un determinato periodo si trovano a vivere in un determinato
paese. P. Stalker, L’immigrazione, Carocci, Roma, 2003, p.18.
13
I cittadini dei paesi dell’Europa Orientale hanno presentato il 60% delle domande di regolarizzazione
(132769 lavoratori rumeni, 100.135 lavoratori ucraini, 47.060 albanesi, 30.343 polacchi e 29.154
moldavi). T. Barucci, S. Liberti, cit. .
14
Coloro che sono stati regolarizzati come cittadini del nuovo paese nel quale risiedono cessano di
essere stranieri anche se rimane uno che è nato all’estero. P. Stalker, cit. .
15
Popolazione straniera residente al 1° gennaio. Nel 2003 la popolazione straniera residente in Italia
ammontava a 1.549.373, nel 2004 la quota è salita a 1.990.159, nel 2005 a 2.402.157 e nel 2006 a
2.670.514 persone residenti sul nostro territorio.
8
aumento del 9,07% rispetto all’anno precedente. L’immigrazione femminile, quindi, cresce in
maniera maggiore rispetto a quella maschile
16
.
Analizzando la tabella 1 possiamo notare anche l’esistenza di una lieve correlazione
presente tra il sesso degli stranieri residenti in Italia e la loro nazionalità: maggiore è la
presenza femminile proveniente dai paesi dell’Europa Centro - Orientale, l’Ucraina ha il
maggior numero di donne presenti in Italia, rispetto agli uomini della medesima nazionalità,
ben il 320,7% in più. Alta è la presenza femminile anche per la Polonia, la Romania, la
Bulgaria, e la Moldova e per i paesi dell’America Centro - Meridionale, Ecuador e Perù in
prima linea.
La maggior comunità residente in Italia è composta dagli albanesi, con un incidenza
percentuale del 22,0% sul totale degli stranieri. Questi sono seguiti in ordine decrescente da
marocchini, rumeni
17
, cinesi e ucraini
18
. È possibile vedere (tab. 1) che tra il 2004 e il 2007 la
presenza di stranieri provenienti dalla Polonia è aumentata del 79,7%, del 92,5% per coloro
che vengono dalla Romania, del 73,8% per i bulgari. Ma gli aumenti maggiori si hanno per i
moldavi (126,4%), per gli ucraini (con un incremento del 107,1%) e per coloro che
provengono dall’Ecuador (105,6%).
16
1.319.926 sono le donne straniere residenti in Italia al 1° gennaio 2006 e 1.465.849 quelle presenti
nello stesso mese del 2007.
http://www.istat.it/salastampa/comunicati/non_calendario/20061017_00/testointegrale.pdf ,
http://www.istat.it/salastampa/comunicati/non_calendario/20071002_00/testointegrale20071002.pdf .
17
Dal 1° gennaio 2007 i cittadini rumeni possono circolare liberamente nei Paesi dell’Unione
Europea e svolgere anche lavoro autonomo o stagionale senza nulla osta.
Da questa data infatti la Romania è diventato un Paese membro dell’Unione Europea e i loro cittadini
godono dei diritti previsti dall’articolo 18 del Trattato istitutivo della Comunità Europea.
Non sono quindi più sottoposti alla normativa prevista dal Decreto Legislativo 28 luglio 1998, n. 286 e
possono richiedere la carta di soggiorno direttamente alle Questure competenti o tramite gli Uffici
Postali abilitati.
Per entrare in Italia sarà sufficiente la carta d’identità o il passaporto in corso di validità. Ciò vale
anche per i bulgari.
18
Rispettivamente gli albanesi contano 375.947 presenze, i marocchini 343.228, i rumeni 342.200, i
cinesi hanno raggiunto la cifra di 144.885 unità e gli ucraini di 120.070.