PREFAZIONE
Nel presente lavoro orientato nell’ambito della proprietà intellettuale vengono indicati gli
indirizzi che sono stati espressi dalla dottrina sulla natura e sul carattere immateriale o materiale
del marchio.
Si tracciano i confini e sono individuate le differenze tra il marchio e la marca, il based
brand equity ed il valore finanziario della marca, attraverso un esame trasversale di tipo giuridico,
economico ed analitico del marketing.
Nell’esaminare il marchio sotto l’aspetto del diritto viene data importanza sia alle fonti
normative nazionali sia ai regolamenti europei ed alle convenzioni. Ciò al fine di avere un
framework di tipo comparatistico intercettando le somiglianze e le differenze con le norme che
regolano il marchio comunitario ed il marchio internazionale.
Non si tralasciano riferimenti alla tutela doganale del marchio, alle modalità di ricerca di
anteriorità, di registrazione, alla contraffazione e concorrenza sleale, alla mediazione ed all’
arbitrato nell’ambito della proprietà intellettuale dei marchi.
Sotto l’aspetto economico si esaminerà la valutazione contabile e la classificazione in
bilancio del marchio nell’ambito dei beni immateriali secondo i principi OIC ed i principi
internazionali IFRS/IAS 38.
Si effettuerà anche un esame degli intagible assets gettando uno sguardo sulla valutazione
economica del marchio attraverso il metodo del costo, il metodo economico ed il metodo di
mercato, per chiudere il lavoro con le forme possibili di gestione finanziaria del portafoglio di IP.
Un sentito ringraziamento di cuore al Direttore del Master Prof. A. Nigro, al coordinatore
Prof. A. Clemente e Prof.ssa E. Finazzi Agrò, al tutor Prof. N. Francione, per i loro insegnamenti
e per la loro cortese disponibilità.
Roma, lì Dicembre 2010 Roberto Lo Presti
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1. Natura e nozione di marchio. Confronto con la nozione di marca (brand) e di
brand equity. Differenze tra la consumer - based brand equity e valore finanziario
della marca. Marchio come bene materiale e/o immateriale.
I termini marchio (trademark), marca (brand) e brand equity vengono spesso
usati impropriamente come sinonimi. Ed allora attraverso la loro classificazione è
importante capire in che modo tali termini si differenzino tra loro avendone chiari i
rispettivi confini.
Il marchio (trademark) è anzitutto un segno distintivo dell’azienda,
rappresentabile graficamente, che consente al consumatore di distinguere l’impresa e di
segnalare la provenienza dei propri prodotti e sevizi rispetto ai marchi più o meno simili
di un altro imprenditore.
Il marchio da una parte è il nome dell’azienda ed è il bene immateriale che viene
iscritto in bilancio.
Dall’altra può essere oggetto di trasferimento da un soggetto ad un altro e si
potrebbe sostenere che il marchio apposto sul prodotto costituisca un oggetto tangibile.
Si è dibattuto in dottrina se il marchio come segno distintivo debba essere
inquadrato nella categoria dei beni immateriali o materiali.
L’orientamento espresso dalla tesi negativa, vedi Di Cataldo, Ferri, Messinetti,
ritiene che il marchio come segno distintivo si immedesima nel bene che identifica e ne
segue le sorti, rimanendo tutelato per la sua funzione identificatrice ed efficacia
distintiva.
In tal caso il marchio rimarrebbe privo di autonomia e non potrebbe qualificarsi
come bene immateriale, escludendosi la possibilità di configurare diritti sul medesimo.
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Contrariamente l’orientamento maggioritario espresso dalla tesi affermativa
sostiene che il marchio rimane autonomo rispetto al bene o servizio che identifica, ha di
per sé un valore economico e può essere oggetto di distinti rapporti giuridici.
Ed allora la dottrina, vedi Vivante, Campobasso, Ascarelli, Santini, ritiene che sia
qualificabile come bene immateriale.
Secondo la giurisprudenza prevalente si configura sul marchio un diritto di
proprietà analogo a quello che si ha sui beni materiali ma di tipo limitato e funzionale
che può esser acquisito anche per usucapione.
Passando dal concetto di marchio al concetto di marca (brand), benché su tale
termine non vi sia un’univoca definizione, si può definire brand quel concetto che
costituisce un insieme più ampio di valori attraverso i quali l’azienda venditrice non solo
identifica se stessa od il proprio prodotto e differenzia la propria offerta da quella dei
propri concorrenti ma offre valore ai propri acquirenti - consumatori.
La marca dunque non è solo una proprietà dell’azienda per la quale svolge
funzioni di identificazione di beni e servizi ma svolge una funzione diretta nei confronti
del consumatore.
La marca nei confronti dell’acquirente - consumatore: 1) offre una guida nella
scelta del prodotto e rispetto alle sue aspettative sulle qualità del prodotto (detta
componente identificativa); 2) determina un superamento della fase di incertezza iniziale
sulla scelta ed una creazione di un rapporto di fiducia con il cliente (componente
fiduciaria); 3) crea un segno di appartenenza sociale, un senso di autostima e di pregio
(componente valutativa).
Il brand si può in sostanza definire come il segno o nome distintivo attraverso il
quale il consumatore raggiunge una consapevolezza del prodotto tale da indurlo a
preferire rispetto a prodotti simili anche pagandolo un prezzo superiore (premium price)
rispetto al prezzo medio per un bene somigliante, acquisendolo con maggiore frequenza
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rispetto a quelli della concorrenza.
E’ stata assimilata la funzione del brand a quella di un biglietto da visita che un
impresa presenta sulla scena competitiva per identificarsi e differenziarsi dal resto del
mercato.
Il brand può essere espressione di un singolo prodotto, come i il caso Nutella –
Ferrero, o riferirsi ad un gruppo di prodotti che assolvono a funzioni differenti ma che
hanno caratteristiche riconducibili alla stessa realtà aziendale ed allora si parlerà di
corporate brand come nel caso di Gilette, IBM o Nestlé.
Si ha brand equity quando la marca viene a creare valore economico finanziario
ed avviene l’incontro tra la funzione che la marca svolge da una parte per l’azienda e la
funzione che la marca svolge dall’altra per il consumatore e per i soggetti esterni
all’azienda ma legati alla marca, distributori e fornitori ecc.
Il concetto di brand equity data dal Farquahar e ripresa dal Shocker e Srivastava
non è altro che il valore finanziario incrementale di un prodotto dovuto al brand.
Aakear definisce la brand equity come risorsa strategica costituita da un insieme
di attività e passività legate al marchio che accrescono o diminuiscono il valore di un
prodotto o servizio per un impresa e verso i clienti dell’impresa.
Il termine brand equity nasce in occasione delle grandi acquisizioni o divisioni di
multinazionali alla fine degli anni ottanta ed usato dagli acquirenti e dai venditori per
riuscire a misurare in termini monetari il valore del brand.
Nel tempo il termine brand equity ha assunto un doppio significato:
1) consumer – based brand equity inteso dagli studiosi di marketing (vedi Keller)
come l’effetto che la conoscenza del brand determina sulla risposta del consumatore
ovvero la percezione che del brand hanno i consumatori ed il comportamento dei
medesimi;
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Nell’ambito della consumer – based brand equity i fattori, che secondo gli
studiosi di marketing ed Aaker determinano la forza del brand equity ai fini della
determinazione del suo valore, sono: a) la fedeltà; b) la notorietà; c) la qualità percepita
dal consumatore; d) i valori associati alla marca; e) beni immateriali dell’impresa..
Tali requisiti sono stati racchiusi all’interno di una area detta DAD che individua
nella diffusione, nell’affidabilità e nella differenziazione le basi su cui deve poggiare il
brand.
2) un valore economico finanziario della brand equity inteso come valutazione
monetaria di un marchio secondo criteri economici e finanziari che comunque non può
prescindere da una analisi di marketing del valore cosumer - based della brand equity.
E’ importante dunque come l’esame del marchio al fine di individuarne gli
elementi di differenza e di assonanza con istituti simili venga svolto attraverso uno
studio trasversale sotto il profilo: 1) giuridico, 2) economico, 3) ed analitico del
marketing.
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1. VANZETTI – DI CATALDO Manuale di diritto industriale, Giuffrè Editore Milano 2005;
2. AUTERI – FLORIDIA – MANGINI - OLIVIERI - SPADA – RICOLFI Diritto industriale proprietà
intellettuale e concorrenza, Giappichelli editore Torino 2009;
3. D. PREDOVIC La valutazione del marchio dal consumer – dalla based brand equity alla valutazione
finanziaria, Egea editore Milano 2004;
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2. Disciplina giuridica del marchio: fonti normative nazionali, Regolamenti CE e
Convenzioni internazionali in riferimento rispettivamente al marchio nazionale,
marchio comunitario e marchio internazionale.
L’analisi del marchio sotto il profilo giuridico ci porta necessariamente a dover
ricercare ed individuare in via preliminare le norme in cui tale istituto viene richiamato.
Sotto tale profilo occorre fare sin da subito una distinzione tra la normativa che
regolamenta il marchio nazionale, i regolamenti che trattano del marchio comunitario e
le convenzioni relative al marchio internazionale.
I confini normativi del marchio nazionale sono: 1) gli artt.2569 – 2574 del Codice
civile che nell’ambito del libro V del Lavoro richiamano il capo relativo al Marchio, 2) il
Codice della proprietà industriale D.Lgs 2005 n.30 artt 7 - 28 relativo alla sezione sui
Marchi; 3) gli artt.473 - 474 quater e 517 ter – 517quater Codice penale relativi ai delitti
sulla proprietà industriale; 4) il D.M. n.33/2010 contenente il Regolamento di attuazione
del Codice della proprietà industriale; 5) l’art.54 L.1995 n.218 e l’art. 22 del Reg.CE
n.44/2001 .
L’ art. 2569 c.c. richiama il diritto di uso escluso del marchio idoneo a
distinguere prodotti o servizi di chi lo ha registrato nelle forme stabilite dalla legge; 2) l’
art.2570 c.c. richiama i marchi collettivi a garanzia della natura, dell’origine di
determinati prodotti o servizi che una volta registrati possono essere concessi in un uso
ai produttori nel rispetto dei rispettivi regolamenti; 3) l’art.2571 c. c. regola il diritto di
preuso di un marchio non registrato con diritto del preutente di continuare ad usarne nei
limiti in cui se ne è valso nonostante la registrazione di altri marchi, 4) l’art. 2572 c.c.
richiama il divieto da parte del rivenditore di sopprimere il marchio del produttore; 5)
l’art. 2573 c.c. richiama il diritto di trasferimento o di concessione in licenza parziale o
totale del marchio purché non derivi inganno nei caratteri dei prodotti o servizi; 6)
l’art.2574 c.c. richiama leggi speciali ed il codice della proprietà industriale ai fini della
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regolamentazione dei marchi.
Il Codice della proprietà industriale del D.Lgs 2005 n.30 con gli articoli da 7 a
28, prende in considerazione i segni che suscettibili di essere rappresentati graficamente
possono essere registrati, i requisiti specifici di novità, capacità distintiva, liceità, verità
o non decettività richiesti ai fini della registrazione, i termini per la rinnovazione del
marchio, la protezione temporanea di sei mesi per i marchi di prodotti o servizi
presentati nelle esposizioni, il diritto di uso esclusivo del marchio registrato salvo
proprio consenso, la decadenza per volgarizzazione, illiceità sopravvenuta e non uso,
scadenza del termine e rinuncia del titolare come cause di estinzione, la convalidazione.
Gli artt.da 473 – a 474 quater e da 517 – a 517quater Codice penale introdotti con
la Legge sviluppo n.99/2009 riguardano rispettivamente: a) nell’ambito del titolo sui
delitti contro la fede pubblica, i delitti di contraffazione ed alterazione di marchi, sia
con il semplice uso di tali marchi sia con l’introduzione nello stato di prodotti con
marchi falsi e contraffatti; b) nell’ambito del titolo sui delitti contro l’ industria ed il
commercio, i delitti di vendita di prodotti con segni mendaci e usurpazione di titolo di
proprietà industriale commessi nella fabbricazione di oggetti o prodotti.
Il D.M. n.33/2010 contenente il Regolamento di attuazione del Codice della
proprietà industriale al fine di semplificare e stabilire le modalità di deposito delle
domande presso Ufficio Italiano Brevetti e Marchi, detta le norme sul procedimento di
opposizione, sulle modalità di deposito delle domande di trascrizione ed annotazione.
L’art.54 L.1995 n.218 di riforma del sistema italiano del diritto internazionale
privato, classifica il marchio come bene immateriale nell’ambito dei diritti reali,
richiamando nelle questioni di validità dei diritti di proprietà intellettuale relativi alle
azioni di nullità o di decadenza l’applicazione della legge dello Stato in cui viene
utilizzato il bene.
L’art. 22 del Reg.CE n.44/2001 sulla competenza giurisdizionale delle decisioni
in materia civile e commerciale, al comma IV individua in materia di registrazione o di
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